Il Blog di Livia Turco

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Il PD che vorrei: “Tolleranza zero contro la povertà”

17 Ottobre, 2013 (17:28) | Articoli pubblicati, Senza categoria | Da: admin

di Livia Turco, da L’Unità del 17 ottobre 2013

Oggi, giornata mondiale della povertà,tra convegni e parole di circostanza, c’è una iniziativa concreta che mi piace raccontare, l’Istituto Nazionale Malattie della Povertà e delle Migrazioni (che avevo avviato quando ero Ministro della Salute, compiutamente realizzato  poi dai miei successori, diretto ora dalla Dottoressa Mirisola, ed in cui svolgo attività di volontariato con sede presso lo storico ospedale S.Gallicano) porta da oggi, per una intera settimana e poi in modo permanente una volta al mese, il Camper Salute e Solidarieta’nei quartieri piu’difficili di Roma,dove maggiore è l’esposizione al rischio della povertà.

Offerto gratuitamente all’Istituto dalla Banca Nazionale del Lavoro,il camper si sposterà nei quartieri per incontrare le persone,informarle dei servizi sanitari a loro disposizione ed offrire loro interventi concreti di tipo oculistico, dermatologico,odontoiatrico,ginecologico.Un esempio concreto di quella medicina vicina ai cittadini, che va loro incontro per sollecitarli ad avere cura della propria della salute.

L’Istituto è dotato di ambulatorio che ogni giorno offre assistenza sanitaria gratuita a chi è più povero,agli immigrati anche privi del permesso di soggiorno,a tanti italiani. Colpisce vedere le lunghe file che attendono l’apertura dell’ambulatorio, ma anche la  professionalità e  l’umanità del personale  medico e sanitario che prende in carico le persone. Un esempio di buona sanità che si misura con la sua sfida più difficile: l’equità.

Come è noto la povertà è un determinante della salute. Le condizioni socio economiche incidono sulle condizioni di salute. Negli ultimi due anni le persone si curano di meno perche”dotati di minori risorse. Questo riguarda le persone più povere ma anche quelle del ceto medio. Tra gli adulti in difficoltà sono i disoccupati a morire prima,ammalarsi di più, a ricoverarsi di più in condizioni più severe e con esiti più sfavorevoli, seguiti dalle madri sole con figli a carico.

Le condizioni economiche e sociali sfavorevoli incidono fin dalle politiche di prevenzione che non sempre riescono a raggiungere i più poveri e non sempre sono da essi comprese nel loro valore ed utilizzate in modo adeguato. Dunque, per promuovere la salute bisogna combattere la povertà, attraverso il lavoro, l’istruzione ed un sistema sanitario universalistico e solidale. Da questo punto di vista e’una buona notizia quella che il governo abbia bloccato i tagli annunciati alla sanità.

Sono  importanti i provvedimenti adottati per la scuola pubblica, per creare lavoro. Mentre restano profondamente inadeguati gli interventi per la rete dei servizi sociali e la lotta alla povertà.E’certamente positivo che siano incrementate le risorse  per la social card. Ma sulla lotta alla povertà era doveroso operare una svolta ed avviare seppure con gradualità il reddito minimo di inserimento, annunciato dal Presidente del consiglio nel suo discorso programmatico alle Camere, ripetutamente riproposto dal Ministro del lavoro.

Se si vuole dichiarare tolleranza zero verso la povertà se la si vuole davvero estirpare bisogna che essa diventi una grande priorità. Servono politiche generali capaci di creare lavoro e sviluppo. Servono politiche che investano sulla scuola pubblica fin dall’infanzia. Ma servono anche politiche mirate come la rete integrata dei servizi sociali ed una integrazione al reddito collegata ad una misura di reinserimento sociale.

Nel 1997 con il governo dell’Ulivo nel quartiere Spagnoli di Napoli ed a Reggio Calabria facemmo un patto con le mamme  povere affinché portassero i loro figli a scuola in cambio di un reddito e verificammo che in quel modo si può vincere  la battaglia contro la poverta’minorile e l’abbandono scolastico. Si abbia dunque il coraggio di adottare,seppure in modo graduale,a partire dalla povertà assoluta,questa misura presente in tutti  i Paesi  Europei. E’una politica non più rinviabile  da parte di un governo che abbia a cuore l’equita’sociale e l’attenzione concreta agli ultimi.

“Tolleranza zero contro la  povertà” dovrebbe essere una parola d’ordine del Partito democratico, dovrebbe animare con ricette concrete il nostro dibattito congressuale. Mi auguro che ci sia una competizione proprio su questo tema.La  questione dovrebbe animare anche i circoli del PD. Avevo partecipato con molta gioia alla iniziativa promossa da Pierluigi Bersani nel quartiere Corviale di Roma.

Quante cose utili potrebbero fare i circoli del Pd …dal rapporto con le esperienze di volontariato,alla frequentazione di luoghi come le mense della Caritas,attivando progetti concreti per le persone e le famiglie,orientando i governi locali a promuovere le politiche giuste e necessarie. Combattere sul territorio la  povertà guardando negli occhi  le persone che ne sono coinvolte e che tante volte per dignità tengono nascosta la loro condizione, prenderle per mano e progettare insieme le soluzioni, le vie d’uscita…questo farebbe un vero partito. Non so se nuovo o vecchio ma certo immerso nel nostro tempo ed utile alle persone.

Livia Turco

Al via la Prima Conferenza nazionale sull’immigrazione

23 Marzo, 2011 (17:29) | Senza categoria | Da: Livia Turco

Si svolgerà il 25 e il 26 marzo a Roma la Prima Conferenza nazionale sull’immigrazione promossa dal Forum immigrazione del PD. “Oltre la paura per l’Italia della convivenza”, questo il titolo della manifestazione che sarà aperta da Livia Turco, in qualità di presidente nazionale del Forum. Venerdì l’intervento del segretario del PD Pier Luigi Bersani e sabato quello di Massimo D’Alema.

Leggi il programma del Forum

Immigrazione: il Governo passi dalle parole ai fatti

28 Aprile, 2010 (09:50) | Articoli pubblicati, Senza categoria | Da: Livia Turco

Così Livia Turco, in un articolo apparso pochi giorni fa su L’Unità.

La Fabbrica della clandestinità

di Livia Turco

Il Partito Democratico, attraverso la mozione discussa ieri alla Camera, ha sollecitato in Parlamento una discussione sul tema dell’immigrazione. Dispiace dover constatare che questa sia stata, però, un’occasione mancata per dare risposte concrete agli italiani su un tema importante e delicato. Il governo si è dimostrato, ancora una volta, sordo alle proposte dell’opposizione. Ci chiediamo che cosa succede a Rosarno oggi? In secondo luogo, che ne è di via Padova a Milano? Il 15 febbraio i ministri Maroni e Sacconi avevano annunciato un imminente piano per l’integrazione: che ne è stato? Come risponde il governo agli imprenditori agricoli ai quali è stato negato il decreto flussi perché nella maggioranza erano impegnati a lanciare slogan contro gli immigrati in campagna elettorale? Cosa devono fare i datori di lavoro di settori come l’edilizia, i servizi, la ristorazione, la manifattura che, nonostante la crisi, non trovano lavoratori italiani? I Comuni italiani chiedono di poter discutere una politica nazionale per l’integrazione e la civile convivenza. Deve essere chiusa subito la fabbrica della clandestinità, prodotta dalla Bossi-Fini, e combattere il lavoro nero. Dovrebbero poi essere aperti i rubinetti degli ingressi regolari. Chiediamo di adottare subito alcuni provvedimenti, possibili a legislazione vigente: il decreto flussi, il piano triennale per le politiche migratorie, l’applicazione dell’articolo 23 della Bossi-Fini (che è uno dei pochi positivi), il recepimento della direttiva comunitaria del 18 giugno del 2009 e la regolarizzazione mirata almeno nel settore agricolo. Inoltre, sollecitiamo la maggioranza a combattere il lavoro nero, perché quella è l’area in cui maggiore è la competizione tra immigrati e lavoratori italiani. Prosciugare il lavoro nero e sommerso è possibile attivando canali alternativi, come la regolarizzazione ad personam. Nella mozione abbiamo indicato un possibile piano nazionale da costruire con i Comuni, gli imprenditori, il volontariato per affrontare alcuni obiettivi immediati: il disagio abitativo, il degrado urbano, l’inserimento lavorativo e scolastico, la lingua e la cultura italiana per gli immigrati. Noi dovremmo proporci una grande ambizione. Gli esponenti della maggioranza dovrebbero andare, con molta umiltà, nei territori di cui tanto parlano (ad esempio a Padova, a Torino o a Genova). Scoprirebbero che in tanti Comuni non c’è soltanto la paura nei confronti degli immigrati ma che lì è cresciuta un’Italia della convivenza, una via italiana all’integrazione.

Da L’Unità del 9 aprile 2010

Pd: autosufficienza addio

11 Giugno, 2009 (14:52) | Interviste, Senza categoria | Da: Livia Turco

Questo il titolo di un’intervista a Livia Turco apparsa lo scorso 4 giugno su “l’Altro”, il nuovo quotidiano diretto da Piero Sansonetti, da metà maggio in edicola. “Per il Pd l’esito del voto è senz’altro rilevante - dice Livia Turco - ma non si tratta dell’ultima spiaggia. Sono ben più preoccupata per l’Italia, per la nostra vita democratica, per quel che può succedere alle persone”. E ancora: “Non credo allo schema bipartitico e il tema delle alleanze è molto importante e verrà posto nella fase congressuale…” E poi: “Sono convinta che serva dar vita a un nuovo centro sinistra e la vocazione maggioritaria non è e non può essere una proposta politica”.

intervista-a-laltro-pd-autosufficienza-addio.pdf

Le nuove linee guida per l’applicazione della legge 40

30 Aprile, 2008 (15:22) | Articoli pubblicati, Senza categoria | Da: antonella

Le nuove linee guida per l’applicazione della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita sono il frutto di un lavoro rigoroso, con due precisi obiettivi: la piena e corretta applicazione della legge 40 e la trasmissione di indicazioni puntuali agli operatori sanitari sulla questione della diagnosi preimpianto.Con il decreto, da me firmato l’11 aprile scorso e pubblicato sulla Gazzetta di ieri, abbiamo centrato questi obiettivi. Ma non solo. Con queste nuove linee guida, recependo appieno i suggerimenti del Consiglio superiore di sanità, siamo venuti anche incontro alle esigenze dei cittadini con tre indicazioni innovative. Intanto abbiamo riconosciuto lo stato di infertilità, e quindi la possibilità di accedere alle tecniche di fecondazione assistita, alle coppie in cui l’uomo è sieropositivo ai virus di malattie sessualmente trasmissibili, come l’Hiv o le epatiti B e C. Queste coppie, se lo vorranno, potranno ora avere un figlio senza il rischio di provocare infezioni nella madre e nel nascituro. E poi, raccogliendo una forte domanda di assistenza da parte delle coppie, abbiamo stabilito che ogni centro dovrà attrezzarsi per garantire adeguato sostegno psicologico durante tutto il percorso assistenziale. Soprattutto nelle eventualità di un fallimento dell’inseminazione artificiale.Ma è certo che la parte più significativa delle nuove linee guida è quella con la quale abbiamo cercato di dare una risposta a quanti, operatori e cittadini, richiedevano chiarezza sulla possibilità di effettuare la diagnosi preimpianto. In proposito abbiamo chiarito che le linee guida, in quanto tali, non possono prevedere divieti che non siano già contemplati nella legge stessa. Per questo il nuovo testo non contempla più la limitazione alla sola diagnosi osservazionale, mantenendo comunque il divieto di qualsiasi diagnosi a fini eugenetici così come previsto dall’articolo 13 della legge 40. Una scelta in assoluta coerenza con l’evoluzione dell’ordinamento, testimoniata da diversi pronunciamenti della magistratura, sia ordinaria che amministrativa, ed in particolare quello del Tar del Lazio con il quale è stata annullata la parte delle precedenti linee guida in cui si limitavano le indagini sullo stato di salute dell’embrione a quelle di tipo osservazionale. So che su questo tema ci sono state e ci saranno polemiche e diverse interpretazioni. Il mio decreto si muove su una linea di assoluto rigore legislativo. Sia nel merito che nella procedura istituzionale seguita. Ma voglio però sottolineare che è forse giunto il momento di avere maggiore serenità e fiducia nei confronti della comunità scientifica e degli operatori. E’ a loro che dobbiamo affidare l’approfondimento necessario sulla complessità dei temi relativi all’accuratezza e affidabilità delle indagini diagnostiche genetiche nell’ambito della procreazione assistita e nella medicina prenatale. Sono infatti convinta che solo una responsabile autonomia della comunità scientifica possa valutare, caso per caso, le soluzioni e i percorsi diagnostici, clinici e terapeutici più idonei per garantire il pieno rispetto dei principi costituzionali del diritto alla salute, della dignità della persona e della tutela della vita. E ciò anche nel caso della procreazione medicalmente assistita.Così come penso sia un bene proseguire nel lavoro che abbiamo avviato in questi ultimi due anni per la piena applicazione di un altro aspetto molto importante della legge 40, di cui si è sempre parlato troppo poco. Mi riferisco alle norme per la prevenzione delle cause di sterilità e infecondità, per la quale abbiamo finanziato  specifici progetti di ricerca, sia dell’Istituto di Sanità che di altri enti. Studi e ricerche che avranno come scopo la prevenzione e l’analisi delle cause dell’infertilità ma anche la promozione di maggiore consapevolezza tra i giovani sulla loro salute riproduttiva e tanti altri specifici aspetti del problema. C’è poi un ultimo punto sul quale ritengo importante che prosegua l’impegno delle istituzioni, come ci è stato suggerito dallo stesso Consiglio superiore di sanità. Mi riferisco alla garanzia di equità nell’accesso ai trattamenti di procreazione assistita su tutto il territorio nazionale. E questo sia in termini di competenza professionale che di efficienza organizzativa e sicurezza nell’erogazione delle prestazioni. Un’altra sfida, che lascio in eredità a chi mi sostituirà, per una piena applicazione di questa legge, che presenta ancora oggi troppe disparità nell’accesso e nella qualità dei trattamenti con una forte migrazione delle coppie da una regione e all’altra del Paese. Livia Turco

Dobbiamo uscire dai «palazzi» e stare dentro la vita reale

28 Aprile, 2008 (09:33) | Senza categoria | Da: antonella

l’Unità 27 aprile

E’ tempo di analisi. Come è ovvio dopo una tornata elettorale. Soprattutto se alle elezioni si è perso. Il dibattito di questi primi dieci giorni post voto si è incentrato, con poche eccezioni, sulla questione settentrionale. Una scelta ovvia, visto il successo della Lega. Tuttavia non penso sia saggio limitare le nostre analisi esclusivamente al perché molti elettori di sinistra abbiano optato per il Carroccio. C’è infatti un altro terreno di riflessione pressoché inesplorato. Mi riferisco alla galassia giovani e al loro modo di sentire, praticare e sperare nella politica. E penso che un partito nuovo e giovane, se non altro anagraficamente, come il PD, non possa pensare al domani senza tener conto di come, quel domani, è pensato, sognato o temuto dalle giovani generazioni. E di come, in questo sogno, si collochi la politica e l’impegno. Per farlo siamo partiti da loro. Ascoltandoli attraverso un’indagine che l’associazione “a sinistra” ha commissionato alla SWG, prima delle ultime elezioni del 13 e 14 aprile. Un‘indagine che aveva come scopo principale quello di cogliere il significato, o meglio le suggestioni, che la parola “sinistra” ha, se ce le ha ancora, tra i giovani dai 16 ai 35 anni. Ma che, in più, ci ha offerto materiali preziosi anche per capire, e torniamo così alle riflessioni post elettorali, che cosa, dalla politica, le giovani generazioni si aspettano.  Partiamo dalla prima domanda. Ti interessa la politica? La risposta non è scontata: più di 6 su dieci si sono dichiarati tra il molto e l’abbastanza interessati. Ma solo 7 su cento vi partecipano attivamente. O, come loro stessi hanno detto: si sentono «politicamente impegnati». Il perché di questo distacco, tra interesse e impegno, è facilmente intuibile guardando la distanza tra ciò che la politica dovrebbe essere e ciò che la politica è, sempre secondo i nostri giovani. La politica dovrebbe essere prima di tutto «giustizia, democrazia, ideale». Nei fatti la si vive come «corruzione, potere, ipocrisia». Si manifesta così una forbice drammatica tra ciò che si vorrebbe e ciò che si vive o quantomeno si percepisce. Una forbice che si allarga paurosamente quando entra in campo la fiducia verso il politico di professione. Solo 11 su cento ne hanno fiducia. Un dato che accomuna giovani di destra e di sinistra. E anche questo penso debba farci riflettere. E sulla sinistra, sull’essere di sinistra e il suo significato, cosa dicono i ventenni e i trentenni di oggi? Per il 46% è un valore positivo per il Paese. Lo è oggi ma lo sarà anche per il futuro. E lo è perché la sinistra si fa carico dei lavoratori e difende le fasce più deboli. Perché difende democrazia e libertà. Perché è pacifista e solidale e predica la parità tra i sessi e l’uguaglianza sociale. Una piramide valoriale che si rispecchia anche guardando al totale del campione, compreso l’elettorato giovanile di centro destra, che riconosce anch‘esso che la parola sinistra evoca ancora oggi queste battaglie e queste bandiere. E il neonato PD? E di destra, centro o di sinistra? Per il 44% del campione non c’è dubbio, è di sinistra e lo diventa per il 54%, se si considera il solo elettore di centro sinistra. C’è comunque un buon 37% di intervistati che lo ritiene in realtà «poco di sinistra». Una percezione spiegabile forse con quel 61% di intervistati che sostiene come oggi «le divisioni tra destra e sinistra non hanno più senso perché il mondo e la politica si organizzano in base ad altre categorie». E queste categorie sono quelle di tipo economico, ambientale, più l’ampia sfera dei diritti civili. Su questi temi si giustifica una divisione e una chiave di lettura diversa della società, mentre sinistra e destra, di per sé, appaiono oggi troppo a rischio di ridursi a mere “gabbie” ideologiche. Che fare? E’ un po’ il senso dell’ultima domanda dell’inchiesta, con la quale ci siamo posti il “dove” lo Stato, inteso come istituzione rappresentativa al livello più alto della politica, debba investire e impegnarsi. Le risposte sono chiare e ci indicano tre priorità, sulle quali converge più della metà degli intervistati: lavoro, sanità, scuola e formazione. Seguono le politiche di sostegno ai giovani e alla famiglia, la sicurezza, l’ambiente e il sostegno alle imprese. Solo all’ultimo posto l’impegno per le pari opportunità. Un ultimo posto condiviso, da notare, sia dagli uomini che dalle donne.   Insomma. La politica c’è, eccome, in queste risposte. C’è come ideale di impegno per gli altri, di giustizia sociale. E c’è anche in quella diretta traduzione “dal pensiero al fare” per il bene del Paese, intesa come capacità della politica di fissare priorità che siano corrispondenti a quelle avvertite dal cittadino. Così la pensa questo pezzo ampio della nostra società. Quel pezzo che sarà classe dirigente tra pochi anni e che oggi ci guarda con attenzione, per valutarci e per decidere, anche nell’urna. Sia al Nord che al Sud. Se “sinistra” ha ancora un significato e lo ha, questi ragazzi e ragazze italiani ci dicono che esso va ricercato nella sua capacità di farsi carico dei problemi e delle aspettative delle persone reali. Un po’ più fuori dai palazzi e molto più dentro i luoghi e il sentire degli uomini e delle donne di questo Paese.

Livia Turco