Il Blog di Livia Turco

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Categoria: Post

Quale Welfare. Alcune riflessioni

22 Gennaio, 2011 (14:11) | Post | Da: Livia Turco

di Livia Turco
Promuovere le capacità di ciascuna persona, anche di quella più fragile e di quella diversamente abile; creare le condizioni affinché ciascuna persona possa essere attiva e dare il suo contributo alla comunità: questo è l’obiettivo di una società umana. Per promuovere le capacità di ciascuna persona bisogna creare il lavoro, investire sulla formazione, valorizzare la comunità ed i legami sociali, investire nella rete integrata dei servizi sociali.
Le politiche sociali e la rete integrata dei servizi sociali attivano relazioni umane e sociali, accompagnano ed inseriscono in modo attivo ciascuna persona, tirandone fuori e valorizzandone le capacità.
Per questo sono politiche di crescita e di sviluppo e di lotta alle diseguaglianze sociali. La rete integrata dei servizi sociali, così come previsto dalla legge quadro 328 del 2000 costituisce una condizione fondamentale per realizzare il welfare locale e comunitario che, insieme al lavoro consente l’inserimento attivo, combatte l’assistenzialismo e le diseguaglianze prende in carico le fragilità, è di sostegno ai compiti di cura svolti dalle persone e dalle famiglie. La rete integrata dei servizi sociali è ancora fortemente inadeguata alle esigenze del nostro paese ed è diffusa in modo diseguale. Essa subirà un forte arretramento dopo la cancellazione del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali operato dal governo con le ultime leggi di stabilità. Sono e saranno sempre più colpite le persone più fragili, aumenterà la loro solitudine e la fatica delle loro famiglie. Il PD considera la battaglia per i servizi sociali una fondamentale battaglia di civiltà e di giustizia.
L’attuazione della legge sul Federalismo Fiscale deve essere l’occasione per definire i livelli essenziali di assistenza, dotati di adeguato finanziamento, affinché siano riconosciuti diritti certi per le persone più fragili ed esposte: lotta alla povertà, inserimento delle persone disabili, presa in carico delle persone non autosufficienti, sostegno ai figli minori. Sono queste le priorità.
Nel mondo e nell’economia globale le persone devono essere capaci di rischiare, di intraprendere di spostarsi da una parte all’altra del paese e tra i paesi europei. È allora necessaria una rete di protezione per evitare che chi rischia, chi intraprende, chi si sposta da un paese all’altro cada nella povertà. Il Reddito di Solidarietà Attiva, una misura universalistica di lotta alla povertà è la prima innovazione che il nostro paese deve costruire. Il Reddito di Solidarietà Attiva è una misura universalistica rivolta alle persone che per qualunque ragione si trovano in condizioni di povertà, un reddito temporaneo erogato dall’INPS, accompagnato da un piano personalizzato di reinserimento sociale e di ricerca attiva del lavoro. Tale proposta è contenuta in un disegno di legge del PD.
Di fronte alla globalizzazione dei mercati nella libera circolazione delle persone, prevista dalla Carta dei diritti umani fondamentali dell’Unione Europea, bisogna pensare ad un welfare europeo che consenta la libera circolazione delle persone evitando sia la concorrenza tra i ceti deboli che la caduta nella povertà. Un reddito minimo di inserimento europeo potrebbe essere una proposta corrispondente a questa necessità.
Dobbiamo costruire un welfare europeo della sicurezza per tutti, italiani ed immigrati, basata sul riconoscimento di diritti doveri sulla lotta all’esclusione sociale e alla promozione della legalità. A partire dall’apprendimento della lingua e la cultura italiana da parte degli immigrati attraverso un adeguato programma di interventi predisposto dallo Stato, Regioni, Enti locali. È urgente un piano nazionale delle politiche di integrazione e di civile convivenza tra italiani ed immigrati elaborato dal Governo, Regioni, Comuni e le parti sociali dotato di un finanziamento adeguato in cui confluiscono risorse pubbliche, risorse private.
 

Immigrazione. Un fazzoletto d’Africa in Italia

20 Maggio, 2010 (17:39) | Post | Da: Livia Turco

Voglio condividere con voi questo diario di un mio viaggio a Caserta in quello che, una volta, era un cotonificio…

di Livia Turco

A Caserta, vicino alla stazione, c’è il centro sociale ex cotonificio, sorto nel 1995. È una struttura grande, poco accogliente nelle sue stanze e nei suoi ambienti. Dentro entra anche l’acqua e fa freddo. È una struttura che la comunità di Caserta e di tutta Italia, a partire dalle istituzioni, dovrebbero considerare un loro gioiello. È animato da un gruppo di volontari tenaci, appassionati, competenti, generosi. Nessun aggettivo riesce a definire persone come Fabio Basile che ne è il fondatore, Mimma D’Amico sua alter ego e altri giovani di cui non mi sono annotata il nome. Il centro sociale ex cotonificio di Caserta accoglie gli ultimi della terra, uomini dalla pelle nera. Comincia da qui, con Pina Picierno, combattiva e radicata parlamentare del posto, e con Enzo Amendola, segretario regionale del Pd campano che con Pina rappresentano le giovani speranze del Pd, un “viaggio nell’Italia dell’immigrazione e della civile convivenza” che condurremo in ogni regione d’Italia. Prossima tappa: Rosarno e i paesi della locride. Bisogna guardare con i propri occhi, ascoltare con le proprie orecchie, cercare di dire qualcosa e prendersi degli impegni. Così, secondo me, si costruisce la battaglia culturale per affermare i diritti e la dignità delle persone e il radicamento nel territorio. È Fabio a raccontare: ”Il centro sociale nasce nel 1995 e abbiamo iniziato a lavorare con la comunità senegalese. Ora le comunità sono più numerose e tutte concentrate nella zona di Castel Volturno, circa 6000 persone, con ganesi, liberiani, e dalla Costa d’avorio. Offriamo assistenza legale agli immigrati, cerchiamo di aiutarli a sbrigare ogni tipo di pratica. Si rivolgono a noi per ottenere il permesso di soggiorno, quando arriva una bolletta, quando subiscono un sopruso o cercano un lavoro, per comunicare con la famiglia, quando hanno un problema sanitario. Vengono da noi perché noi andiamo da loro. Sappiamo dove e come vivono e periodicamente li incontriamo. Sono tutti senza permesso di soggiorno. Tenuti volutamente in condizioni di irregolarità perché altrimenti come potresti farli vivere in case diroccate, affittare un letto nel giardino a 20 euro e farli lavorare 12 ore al giorno per 25 euro? Castel Volturno è uno snodo importante per il governo dell’immigrazione nel sud perché è luogo di incontro di una presenza stabile di migranti, rifugiati, irregolari. Qui ritornano dopo le stagioni in Puglia a Calabria. Lavorano nell’agricoltura, ma anche nell’edilizia e nel terziario. L’immigrato irregolare a Castel Volturno fa diventare oro tutto ciò che tocca per i proprietari delle case e per gli imprenditori. Sono fragili e ricattabili perché senza permesso di soggiorno e per questo tenuti volutamente nella irregolarità”. Fabio, Mimma e Gianluca della Caritas parlano di un difficile rapporto con la Questura e gli enti locali, di un contatto positivo con il ministero degli Interni nella persona del prefetto Morcone, capo del dipartimento immigrazione che a Castel Voltura era venuto dimostrando particolare sensibilità. Il 18 settembre 2008 ci fu la strage con i 6 morti, a cui seguì la rivolta degli immigrati. Dopo i fatti di Rosarno, il governo ha istituito un task force con enti locali e associazioni di volontariato per contrastare il lavoro nero e bonificare le zone degradate. Ci spostiamo da Caserta per andare a incontrare le comunità di africani. Siamo accompagnati anche da Prospero, un mediatore culturale ganese, molto colto che parla inglese ed è punto di riferimento di tutti gli africani della zona. Percorriamo la famosa domiziana, strada lunghissima, fiancheggiata da una pineta verdissima e popolata quasi tutta da immigrati, lì fermi che aspettano il bus inframezzati da qualche italiano. Stanno insieme tranquillamente. Si capisce guardandoli che è una convivenza di lungo periodo divenuta abituale anche se non è proprio felice. Spesso si accendono conflitti per chi deve salire sul pulman. Il primo incontro è in una abitazione diroccata, in stato di totale abbandono in mezzo ai campi al confine con il comune di San Giuliano, un paesaggio indescrivibile: materassi, letti, frigoriferi accatastati. Vivono lì dentro oltre 100 persone. Vengono ad incontrarci e ci sono quasi tutti. Prospero dice loro chi siamo, che siamo lì in difesa della loro dignità e dei loro diritti, per cambiare le leggi che li opprimono; si raccontano molto volentieri. Raccontano dello sfruttamento, delle 12 ore di lavoro, della paga che tante volte non arriva, del paradosso che se protestano perché non sono pagati vengono denunciati per estorsione, delle irruzioni della polizia alle 4 del mattino che sequestra soldi e telefonini. Delle bollette carissime che devono pagare, della paura di andare in ospedale perché temono di essere denunciati. La stragrande maggioranza sono arrivati nel 2002, dopo l’ultima sanatoria. Il loro miraggio è il permesso di soggiorno. Quando riescono a averlo, in genere emigrano al nord. Il lavoro non gli manca, sono molto ricercati in tante parti del Mezzogiorno. Quando ci congediamo ci dicono con i loro occhi intensissimi “aiutataci ad avere un lavoro dignitoso”. Ci spostiamo a Prescopagano, una frazione di Castel Volturno che in realtà è un fazzoletto di Africa. Case basse, assolate, per lo più degradate, pochi negozi, gruppi di persone che parlano fra loro. Ci accoglie nella sua casa mamma Agata, una delle poche donne africane presenti che prepara un piatto per tutti. Ci troviamo nel giardino, accorrono in tanti. Magari con la speranza che il politico che viene da Roma porti buone notizie. Anche qui, le persone si raccontano volentieri e i problemi sono sempre gli stessi. Quando li salutiamo, un uomo giovane con le lacrime agli occhi mi dice: “Voglio vedere mia madre, è dal 2002 che sono qui e da allora non la vedo”. Non è il solo, quasi tutti hanno lasciato in Gana, in Senegal o nella Costa d’Avorio i genitori e anche i bambini. Dovremmo andare a fare visita in un’altra frazione ma Fabio e Mimma, che sono molto ospitali, vogliono che concludiamo la giornata portandoci via un po’ di speranza e ci fanno incontrare l’altra faccia di Castel Volturno, quella del regolare permesso di soggiorno. Valeria, rifugiata delle Liberia, con la figlia Celine che ha frequentato il 4° anno dell’istituto alberghiero e parla un italiano fluente, hanno aperto il ristirante ‘african point’. Ci offre il cous cous con molte verdure e spezie in un locale accogliente, pulito e pieno di colori dove una tv trasmette programmi africani. Regolarizzare queste persone, senza ricorrere a sanatorie ma con interventi mirati, applicando la nuova direttiva europea che prevede la denunciare del datore di lavoro che sfrutta immigrati irregolari e mettere in galera chi affitta a prezzi esosi case degradate e letti nel giardino, sono misure che cambierebbero il volto di Castel Volturno e di tanta parte del Mezzogiorno. Ne guadagnerebbero anche gli italiani onesti del posto e sarebbe un colpo alla criminalità. Su questi aspetti insistono molto Fabio, Mimma, Gianluca e gli altri. Noi lo diremo al ministro Maroni. Queste misure sarebbero un tassello a quella lotta alla criminalità che lui sta conducendo con impegno.


Bindi e Turco: le donne e il futuro del Paese

20 Ottobre, 2009 (14:43) | Post | Da: Livia Turco

La passione delle donne per il futuro del Paese

A Roma il 20 ottobre alle ore 18 al Teatro dei Satiri in via di Grottapinta (Campo dei Fiori) Rosy Bindi e Livia Turco parleranno al convegno su “La passione delle donne per il futuro del Paese” a sostegno delle candidature alle primarie del Pd di Pier Luigi Bersani e di Alessandro Mazzoli.

RU 486: bene Aifa. Sconfitta la destra

20 Ottobre, 2009 (09:54) | Post, Dichiarazioni | Da: Livia Turco

”Sono molto soddisfatta del via libera definitivo alla Ru 486 da parte dell’Agenzia italiana del farmaco. Nonostante i tentativi degli esponenti della destra e del governo di bloccare la commercializzazione della pillola, alla fine ha avuto la meglio la valutazione tecnico-scientifica sull’ideologia”.

Questa la dichiarazione di Livia Turco rilasciata ieri alle agenzie subito dopo l’autorizzazione dell’Aifa alla commercializzazione in Italia della Ru 486. 

Testamento biologico: sì al diritto “mite”

2 Ottobre, 2009 (16:08) | Post | Da: Livia Turco

Credo anch’io come Angelo Panebianco (vedi Corriere della Sera del 30 settembre scorso) che la strada da percorrere per una buona legge sulle dichiarazioni anticipate di volontà sia quella di una legge “il più possibile liberale, che lasci alle persone spazi di autonomia dallo Stato e che scommetta sulla responsabilità degli informati e competenti sul caso singolo”. Citando l’importante documento degli Ordini dei medici e delle Società scientifiche votato in un  convegno a Terni nello scorso aprile, la strada è quella del “diritto mite”, per costruire un bilanciamento di valori tra rispetto della volontà del paziente e la sua presa in carico costante ed amorevole per rispettarne fino all’ultimo la dignità umana, e dunque la vita. Ciò può essere ricercato e costruito solo all’interno di una relazione di cura medico-paziente che sia relazione di fiducia e nella comunità di affetti che circonda la persona malata. È questa, io credo, la zona grigia di cui parla Panebianco. Ed è proprio questa relazione e questa comunità di affetti, una sorta di diritto affettivo, che la legge deve riconoscere, sostenere e valorizzare. Anche perché solo all’interno di questa relazione di fiducia e di amorevolezza la volontà della persona può formarsi, esprimersi ed essere ascoltata. La volontà non è una decisione solipsistica governata dalla signoria della mente ma un progetto di vita. Le dichiarazioni anticipate di volontà non sono un succedaneo del consenso informato, non devono dire ora un sì o un no per un determinato trattamento. Esprimono un progetto di vita e di coerenza, indicano una scelta. Non a caso la Convenzione di Oviedo nell’art. 9 dice che bisogna “tenere in considerazione i desideri espressi dal paziente”. Per questo credo che anche sull’argomento controverso della nutrizione e idratazione la legge deve riconoscere, sostenere e rispettare la relazione di fiducia tra medico e paziente che non può che basarsi sulla esplicitazione e il riconoscimento della volontà del paziente medesimo. La forza e la intensità della relazione di cura  e della comunità di affetti è la sola che può consentire di attualizzare la volontà e la scelta al letto del paziente. Può arrivare anche a disattendere quanto il paziente ha indicato nella Dat se il medico e i familiari ravvisano una  motivata prospettiva di beneficio terapeutico da scrivere nella cartella clinica e fino a quando essa sia ragionevolmente attesa. Sono convinta che questo possa essere un interessante punto di incontro.

Livia Turco

larticolo di panebianco

A Roma si parla ancora de “Il Muretto”

29 Settembre, 2009 (16:55) | Post | Da: Livia Turco

Il prossimo mercoledi 30 Settembre  alle ore 17,00 presso la Casa internazionale delle donne, via della Lungara 19 si svolgerà la presentazione del libro di Livia Turco “Il muretto - Storie di ordinaria convivenza tra italiani e immigrati”.

Interverranno:
Delia Murer, Deputata del Partito Democratico
Aldo Morrone, Direttore dell’Istituto Nazionale promozione della salute delle popolazioni migranti
Riccardo Iacona, autore e regista, Terza Rete Rai
Coordina il dibattito: Bianca Berlinguer
Sarà presente l’autrice
Organizza DIFFERENZA DONNA