Il Blog di Livia Turco

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Month: Aprile, 2008

Le nuove linee guida per l’applicazione della legge 40

30 Aprile, 2008 (15:22) | Articoli pubblicati, Senza categoria | Da: antonella

Le nuove linee guida per l’applicazione della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita sono il frutto di un lavoro rigoroso, con due precisi obiettivi: la piena e corretta applicazione della legge 40 e la trasmissione di indicazioni puntuali agli operatori sanitari sulla questione della diagnosi preimpianto.Con il decreto, da me firmato l’11 aprile scorso e pubblicato sulla Gazzetta di ieri, abbiamo centrato questi obiettivi. Ma non solo. Con queste nuove linee guida, recependo appieno i suggerimenti del Consiglio superiore di sanità, siamo venuti anche incontro alle esigenze dei cittadini con tre indicazioni innovative. Intanto abbiamo riconosciuto lo stato di infertilità, e quindi la possibilità di accedere alle tecniche di fecondazione assistita, alle coppie in cui l’uomo è sieropositivo ai virus di malattie sessualmente trasmissibili, come l’Hiv o le epatiti B e C. Queste coppie, se lo vorranno, potranno ora avere un figlio senza il rischio di provocare infezioni nella madre e nel nascituro. E poi, raccogliendo una forte domanda di assistenza da parte delle coppie, abbiamo stabilito che ogni centro dovrà attrezzarsi per garantire adeguato sostegno psicologico durante tutto il percorso assistenziale. Soprattutto nelle eventualità di un fallimento dell’inseminazione artificiale.Ma è certo che la parte più significativa delle nuove linee guida è quella con la quale abbiamo cercato di dare una risposta a quanti, operatori e cittadini, richiedevano chiarezza sulla possibilità di effettuare la diagnosi preimpianto. In proposito abbiamo chiarito che le linee guida, in quanto tali, non possono prevedere divieti che non siano già contemplati nella legge stessa. Per questo il nuovo testo non contempla più la limitazione alla sola diagnosi osservazionale, mantenendo comunque il divieto di qualsiasi diagnosi a fini eugenetici così come previsto dall’articolo 13 della legge 40. Una scelta in assoluta coerenza con l’evoluzione dell’ordinamento, testimoniata da diversi pronunciamenti della magistratura, sia ordinaria che amministrativa, ed in particolare quello del Tar del Lazio con il quale è stata annullata la parte delle precedenti linee guida in cui si limitavano le indagini sullo stato di salute dell’embrione a quelle di tipo osservazionale. So che su questo tema ci sono state e ci saranno polemiche e diverse interpretazioni. Il mio decreto si muove su una linea di assoluto rigore legislativo. Sia nel merito che nella procedura istituzionale seguita. Ma voglio però sottolineare che è forse giunto il momento di avere maggiore serenità e fiducia nei confronti della comunità scientifica e degli operatori. E’ a loro che dobbiamo affidare l’approfondimento necessario sulla complessità dei temi relativi all’accuratezza e affidabilità delle indagini diagnostiche genetiche nell’ambito della procreazione assistita e nella medicina prenatale. Sono infatti convinta che solo una responsabile autonomia della comunità scientifica possa valutare, caso per caso, le soluzioni e i percorsi diagnostici, clinici e terapeutici più idonei per garantire il pieno rispetto dei principi costituzionali del diritto alla salute, della dignità della persona e della tutela della vita. E ciò anche nel caso della procreazione medicalmente assistita.Così come penso sia un bene proseguire nel lavoro che abbiamo avviato in questi ultimi due anni per la piena applicazione di un altro aspetto molto importante della legge 40, di cui si è sempre parlato troppo poco. Mi riferisco alle norme per la prevenzione delle cause di sterilità e infecondità, per la quale abbiamo finanziato  specifici progetti di ricerca, sia dell’Istituto di Sanità che di altri enti. Studi e ricerche che avranno come scopo la prevenzione e l’analisi delle cause dell’infertilità ma anche la promozione di maggiore consapevolezza tra i giovani sulla loro salute riproduttiva e tanti altri specifici aspetti del problema. C’è poi un ultimo punto sul quale ritengo importante che prosegua l’impegno delle istituzioni, come ci è stato suggerito dallo stesso Consiglio superiore di sanità. Mi riferisco alla garanzia di equità nell’accesso ai trattamenti di procreazione assistita su tutto il territorio nazionale. E questo sia in termini di competenza professionale che di efficienza organizzativa e sicurezza nell’erogazione delle prestazioni. Un’altra sfida, che lascio in eredità a chi mi sostituirà, per una piena applicazione di questa legge, che presenta ancora oggi troppe disparità nell’accesso e nella qualità dei trattamenti con una forte migrazione delle coppie da una regione e all’altra del Paese. Livia Turco

Dobbiamo uscire dai «palazzi» e stare dentro la vita reale

28 Aprile, 2008 (09:33) | Senza categoria | Da: antonella

l’Unità 27 aprile

E’ tempo di analisi. Come è ovvio dopo una tornata elettorale. Soprattutto se alle elezioni si è perso. Il dibattito di questi primi dieci giorni post voto si è incentrato, con poche eccezioni, sulla questione settentrionale. Una scelta ovvia, visto il successo della Lega. Tuttavia non penso sia saggio limitare le nostre analisi esclusivamente al perché molti elettori di sinistra abbiano optato per il Carroccio. C’è infatti un altro terreno di riflessione pressoché inesplorato. Mi riferisco alla galassia giovani e al loro modo di sentire, praticare e sperare nella politica. E penso che un partito nuovo e giovane, se non altro anagraficamente, come il PD, non possa pensare al domani senza tener conto di come, quel domani, è pensato, sognato o temuto dalle giovani generazioni. E di come, in questo sogno, si collochi la politica e l’impegno. Per farlo siamo partiti da loro. Ascoltandoli attraverso un’indagine che l’associazione “a sinistra” ha commissionato alla SWG, prima delle ultime elezioni del 13 e 14 aprile. Un‘indagine che aveva come scopo principale quello di cogliere il significato, o meglio le suggestioni, che la parola “sinistra” ha, se ce le ha ancora, tra i giovani dai 16 ai 35 anni. Ma che, in più, ci ha offerto materiali preziosi anche per capire, e torniamo così alle riflessioni post elettorali, che cosa, dalla politica, le giovani generazioni si aspettano.  Partiamo dalla prima domanda. Ti interessa la politica? La risposta non è scontata: più di 6 su dieci si sono dichiarati tra il molto e l’abbastanza interessati. Ma solo 7 su cento vi partecipano attivamente. O, come loro stessi hanno detto: si sentono «politicamente impegnati». Il perché di questo distacco, tra interesse e impegno, è facilmente intuibile guardando la distanza tra ciò che la politica dovrebbe essere e ciò che la politica è, sempre secondo i nostri giovani. La politica dovrebbe essere prima di tutto «giustizia, democrazia, ideale». Nei fatti la si vive come «corruzione, potere, ipocrisia». Si manifesta così una forbice drammatica tra ciò che si vorrebbe e ciò che si vive o quantomeno si percepisce. Una forbice che si allarga paurosamente quando entra in campo la fiducia verso il politico di professione. Solo 11 su cento ne hanno fiducia. Un dato che accomuna giovani di destra e di sinistra. E anche questo penso debba farci riflettere. E sulla sinistra, sull’essere di sinistra e il suo significato, cosa dicono i ventenni e i trentenni di oggi? Per il 46% è un valore positivo per il Paese. Lo è oggi ma lo sarà anche per il futuro. E lo è perché la sinistra si fa carico dei lavoratori e difende le fasce più deboli. Perché difende democrazia e libertà. Perché è pacifista e solidale e predica la parità tra i sessi e l’uguaglianza sociale. Una piramide valoriale che si rispecchia anche guardando al totale del campione, compreso l’elettorato giovanile di centro destra, che riconosce anch‘esso che la parola sinistra evoca ancora oggi queste battaglie e queste bandiere. E il neonato PD? E di destra, centro o di sinistra? Per il 44% del campione non c’è dubbio, è di sinistra e lo diventa per il 54%, se si considera il solo elettore di centro sinistra. C’è comunque un buon 37% di intervistati che lo ritiene in realtà «poco di sinistra». Una percezione spiegabile forse con quel 61% di intervistati che sostiene come oggi «le divisioni tra destra e sinistra non hanno più senso perché il mondo e la politica si organizzano in base ad altre categorie». E queste categorie sono quelle di tipo economico, ambientale, più l’ampia sfera dei diritti civili. Su questi temi si giustifica una divisione e una chiave di lettura diversa della società, mentre sinistra e destra, di per sé, appaiono oggi troppo a rischio di ridursi a mere “gabbie” ideologiche. Che fare? E’ un po’ il senso dell’ultima domanda dell’inchiesta, con la quale ci siamo posti il “dove” lo Stato, inteso come istituzione rappresentativa al livello più alto della politica, debba investire e impegnarsi. Le risposte sono chiare e ci indicano tre priorità, sulle quali converge più della metà degli intervistati: lavoro, sanità, scuola e formazione. Seguono le politiche di sostegno ai giovani e alla famiglia, la sicurezza, l’ambiente e il sostegno alle imprese. Solo all’ultimo posto l’impegno per le pari opportunità. Un ultimo posto condiviso, da notare, sia dagli uomini che dalle donne.   Insomma. La politica c’è, eccome, in queste risposte. C’è come ideale di impegno per gli altri, di giustizia sociale. E c’è anche in quella diretta traduzione “dal pensiero al fare” per il bene del Paese, intesa come capacità della politica di fissare priorità che siano corrispondenti a quelle avvertite dal cittadino. Così la pensa questo pezzo ampio della nostra società. Quel pezzo che sarà classe dirigente tra pochi anni e che oggi ci guarda con attenzione, per valutarci e per decidere, anche nell’urna. Sia al Nord che al Sud. Se “sinistra” ha ancora un significato e lo ha, questi ragazzi e ragazze italiani ci dicono che esso va ricercato nella sua capacità di farsi carico dei problemi e delle aspettative delle persone reali. Un po’ più fuori dai palazzi e molto più dentro i luoghi e il sentire degli uomini e delle donne di questo Paese.

Livia Turco

SANITA’. Liste d’attesa, i miei venti mesi di battaglia

24 Aprile, 2008 (11:54) | Articoli pubblicati, Senza categoria | Da: antonella

Lettera di risposta a Garattini 

Il Messaggero 23 aprile

GENTILE direttore, come ricorda giustamente il professor Garattini su Il Messaggero di sabato scorso, le elezioni sono finite. C’è una nuova maggioranza pronta a governare ed è pertanto opportuno iniziare

a promuovere il confronto sulle cose da fare, anche in sanità, per i prossimi anni. Devo però confessarle che la lettura del “programma per la salute” proposto da Garattini mi ha lasciata alquanto perplessa. Non per il merito, sostanzialmente condivisibile, quanto perché sembra ignorare del tutto ciò che, proprio sui temi trattati nell’articolo, è stato già fatto in questi venti mesi di Governo. Ringraziandola per lo spazio concessomi vorrei quindi ricordalo ai suoi lettori, oltre che al professor Garattini.  Primo. Garattini auspica che per mantenere in piedi un servizio pubblico equo e unitario si debbano promuovere investimenti adeguati per migliorare le strutture pubbliche. Giusto e infatti, con le finanziarie 2007 e 2008, il governo Prodi ha già stanziato ben 5,5 miliardi di euro per l’ammodernamento strutturale della sanità, più ulteriori 3 miliardi, desunti dai fondi strutturali europei, finalizzati allo sviluppo della sanità meridionale. Il che vuol dire: nuovi ospedali, nuovi servizi territoriali, nuove apparecchiature, nuovi poli d’eccellenza, anche nel Mezzogiorno. Ma non basta. In questi venti mesi abbiamo “riaperto i cantieri” della sanità sottoscrivendo 13 accordi di programma con 11 Regioni per utilizzare finalmente le risorse già stanziate, ma non spese per inerzia amministrativa del passato Governo (per un totale di ulteriori 1 miliardo e 900 milioni di euro). Con queste ultime risorse abbiamo già finanziato 335 interventi in edilizia e tecnologie sanitarie, per costruire 11 nuovi ospedali, ampliare e ristrutturarne altri 219 e realizzare 83 nuovi interventi per lo sviluppo dei servizi di assistenza territoriale.  Secondo. Le liste d’attesa causate dall’intramoenia. Anche in questo caso Garattini sembra non sapere che il Parlamento, con un voto bipartisan, ha approvato nel luglio scorso una legge proposta dal Governo che modifica profondamente l’intramoenia, prevedendo due novità tra tutte: che i tempi di attesa tra le prestazioni a pagamento e quelle in regime ordinario debbano essere gli stessi (quindi fine del doppio binario per il quale chi paga ottiene prima la prestazione)

e che le urgenze debbano comunque essere garantite entro 72 ore.
 Terzo. Dispositivi medici. Ancora una dimenticanza. Infatti, proprio al fine di garantire quegli obiettivi di trasparenza e concorrenzialità nell’acquisto dei dispositivi richiamati da Garattini, abbiamo già varato una norma che prevede un prezzo di riferimento per un’ampia quota di questi prodotti e apparecchiature sanitarie. Conseguentemente i ministeri della Salute e dell’Economia hanno già adottato i decreti attuativi e così Asl e ospedali possono effettuare gli acquisti in modo oculato, eliminando le sperequazioni di prezzo fino a ieri esistenti tra identiche apparecchiature. Inoltre, con un decreto del 20 febbraio 2007, è stato istituito il repertorio nazionale dei dispositivi medici che consentirà alle strutture acquirenti di conoscere e confrontare tutte le caratteristiche tecniche dei dispositivi utilizzabili nell’ambito del Ssn. E questo è stato fatto dal ministero della Salute, senza caricare l’Aifa (l’Agenzia italiana per il farmaco) di altre competenze, come vorrebbe Garattini. Anche perché i farmaci (di cui si occupa l’Aifa) e i dispositivi medici sono due “beni” estremamente diversi tra loro, sia per gli aspetti normativi che per quelli tecnologici.  Quarto. La formazione e l’aggiornamento.

E stato questo

Governo a chiudere la fase di sperimentazione infinita dell’educazione medica continua (

la cosiddetta Ecm), mettendo a regime regole e finalità di questa fondamentale attività, rilanciandone programmi e ambiti di interesse per avere medici e personale sanitario sempre più competente. Se poi si vorrà promuovere anche una scuola superiore di sanità come indica Garattini, nulla da obiettare. Ma intanto lavoriamo su quello che abbiamo, per farlo funzionare al meglio.

  Quinto. Sanità e politica. Pienamente d’accordo, in questo caso, con Garattini. La politica deve fare un passo indietro. In campagna elettorale è stato preso un impegno in tal senso sia dal Pd che dal Pdl. Per quanto ci riguarda abbiamo dimostrato di volerlo fare sul serio, con il mio ddl, approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 novembre 2007, per l’ammodernamento del Ssn e che prevede nuove norme per la selezione di manager e medici, tutte basate sul merito e la competenza dei candidati. Vedremo, ora, se la nuova maggioranza farà altrettanto.

Livia Turco 

Calderoli? Si all’armistizio, aspettiamo proposte

23 Aprile, 2008 (13:55) | Articoli pubblicati | Da: antonella

Corriere della Sera 23 aprile

Monica Guerzoni intervista Livia Turco 

Roberto Calderoli chiede all’opposizione «tre anni di armistizio». Lei è pronta, ministro Livia Turco?

“Ma come, non hanno fatto che seminare tempesta e alzare muri e ora parlano di armistizio?”.

«Per rimettere in moto l’Italia», ha detto al Corriere il coordinatore della segreteria leghista.

“Visto che per tutto il governo Prodi hanno lanciato bordate ed evocato spallate, le parole di Calderoli sono una virata a 360 gradi. Se è sincera e ponderata non può che essere apprezzata, perché il nostro Paese ha bisogno di normalità, serenità e dialogo. Quello che fino ad ora ci hanno sempre negato”.

La Lega è cambiata, dicono.

“Se di fronte alle responsabilità di governo e alla durezza dei problemi intendono davvero mantenere le tante promesse fatte, la richiesta di un armistizio non può che vederci disponibili”.

Calderoli vorrebbe coinvolgervi a tutto campo, dal lavoro alla pubblica amministrazione, dalle infrastrutture all’ordine pubblico.

“Io apprezzo le parole di Calderoli, però devono passare dalle minacce alle proposte. Quale riforme? Quale legge elettorale? Sulla sicurezza la smettano di fare i goliardi? Si decidono a governare? Mica penseranno di farlo con le ronde… Il nostro federalismo fiscale prevede che il diritto alla salute sia uguale per tutti. E il loro?”.

La Lega farà pressioni perché la CGIL accetti le gabbie salariali, Lei come la pensa?

“ E’ un dibattito arretrato. Nel programma del PD c’era la proposta di detassare la contrattazione di secondo livello, noi siamo più avanti”.

E’ disposta ad accettare che il Carroccio facci da “pontiere tra PdL e PD sulle riforme?

“Questo non lo so, si mettano d’accordo tra di loro. Capisco che i leghisti vogliano sentirsi vincitori di queste elezioni…”

Perché, non lo sono?

“ Sì, è un dato che va riconosciuto. Sono loro i veri vincitori. Questo voto dimostra che la Lega è un fenomeno complesso, non esito a riconoscere che il partito di Bossi ha un radicamento popolare, una rete di amministratori locali. Dobbiamo dar loro atto che hanno un grande rapporto con la gente, a dimostrazione che in politica conta avere un rapporto vero con le persone e non con i media e le TV.”

Non è la prima a prendere a modello la Lega, dentro il PD.

“Io non prendo esempio dalla Lega perché vengo da una tradizione solida in cui la politica si è sempre fatta andando casa per casa. Non prendiamo lezioni da nessuno, noi. Semmai la Lega ha imparato dalle nostre Feste de l’Unità.”

E voi, avete disimparato?

«Noi non abbiamo disimparato niente. Il Pd è un grande partito popolare, fortissimamente radicato. Il più grande che ci sia”.

Però avete perso le elezioni e ora la Lega in Parlamento è determinante. Davvero non spera che prima o poi metta in difficoltà il governo?

“No, mi auguro che il consenso della Lega la faccia essere responsabile. Una democrazia matura è nell’interesse del Paese. Hanno vinto, provino a governare. E il primo passo è riconoscere l’eredità del governo Prodi e il serio lavoro fatto per il risanamento”.

Veltroni è l’unico interlocutore oppure ogni aspirante leader del Pd coltiverà i suoi rapporti col governo?

“Non c’è dubbio che il punto di riferimento per il dialogo sia il segretario del Pd, nessuno lo mette in discussione. Però il nostro è un partito che ha delle personalità. L’importante è mettersi d’accordo sulla linea politica”.

Calderoli sospetta che D’Alema e altri, nel Pd, vogliamo mettere Veltroni in difficoltà, è così?

“Lo escludo nel modo più categorico, queste dietrologie sono reperti archeologici. Il Pd ha dato prova di grande solidarietà e coesione e così sarà in futuro”.

Anche se perderete Roma?

“Roma non si perderà. Nonostante il centrodestra abbia strumentalizzato la violenza alle donne, che è tema di grande lavoro quotidiano e non di campagna elettorale, il Pd ha messo in campo una grande mobilitazione, forte, compatta, coesa”.

Farà il ministro ombra della Salute?

“Andrò in commissione Affari sociali e continuerò a occuparmi di queste cose, che mi stanno molto a cuore”.

Voto. Non abbiamo capito gli umori profondi del Paese

16 Aprile, 2008 (11:46) | Senza categoria | Da: antonella

l’Unità 16 aprile -  Maria Zegarelli intervista Livia Turco  

Al Senato abbiamo preso quasi 1,5 milioni di voti in più rispetto a Ds e Margherita, un anno in più di Prodi e sarebbe stata un’altra storia.L’operazione Pd prosegue, dovremo però essere più strutturati e a contatto con il territorio. L’azione riformista da sola non basta.  «Certo avremmo potuto ottenere un risultato migliore, ma il 33,2 alla Camera e il 33,7% al Senato non erano scontati considerando l’attuale fase economico-politico-sociale che attraversa il Paese. Sarebbe bastato un altro anno di governo Prodi per sconfiggere il berlusconismo e restituire fiducia ai cittadini».

Livia Turco ha davanti i dati definiti delle elezioni, regione per regione ed è sulle percentuali della Lega che più si interroga. 

Il 33% può davvero ritenersi un buon risultato? «Penso che sia un risultato importante, anche se è ovvio che ci aspettavamo di più, ma non scontato. Il Pd è un nuovo partito, sei mesi di vita, con un nuovo simbolo che è comunque riuscito ad affermarsi al Senato con un 1.439.000 voti in più rispetto

a Ds

e Margherita insieme nel 2006 e alla Camera con 164.636 voti in più. Sono convinta che se fosse proseguita la legislatura si sarebbero ottenuti i risultati dell’azione del governo Prodi in termini redistributivi. C’è un evidente dis

agio sociale, che noi avevamo percepito esattamente. A cui avrebbero dato una risposta i provvedimenti della Finanziaria Prodi se il governo avesse tenuto».

 Che idea si è fatta del paese durante questa campagna elettorale?«Di un Paese angosciato dal potere d’acquisto, dal reddito inadeguato rispetto al costo della vita».  Lei parla di un Pd giovane, con un nuovo simbolo C’è chi fa notare che anche il Pdl in fondo è un nuovo partito con un nuovo simbolo. Eppure ha vinto…

«Il Pdl è un cartello elettorale, non una forza politica giovane. E’ nato da una scelta solitaria durante un viaggio del Cavaliere. Casini si è ribellato al diktat mentre Fini si è adeguato tanto che An ha preferito dare i propri voti alla Lega. ll Pd ha avuto un percorso diverso, ha coinvolto 3,5 milioni di elettori per decidere il segretario, è passato attraverso i congressi Ds e Margherita, si è dato Statuto, Manifesto dei valori e Codice etico attraverso un ampio percorso partecipativo. E poi, guardiamoli i risultati: il Pdl rispetto al 2006 al Senato guadagna 73mila voti, alla Camera ne perde 123mila. Il risultato strepitoso si chiama Lega Nord». 

Lo sfondamento del Pd al centro non c’è stato, né si è fatto il pieno di voti da sinistra. Come va interpretato questo dato? «L’elettorato che ha scelto Pd è composito: di sinistra, della Margherita, giovane, cattolico. Milioni di persone che guardano a noi con fiducia, anche se non abbiamo raggiunto il 35 o il 4O% è comunque una forte affermazione. Non stiamo dicendo che abbiamo vinto le elezioni, le abbiamo perse visto che non governeremo il paese. Ma in questa sconfitta c’è una grande novità: un nuovo progetto politico che non finisce con le elezioni e che ha già svolto una funzione importante, la funzione di innovare la politica. Oggi non c’è soltanto una semplificazione della politicain parlamento, fortemente voluta dagli italiani, c’è un grande partito riformista, con il 33,7% al Senato e il 33,2% alla Camera. Il Pd si presenta come un robusto soggetto collettivo». Come si creano le condizioni per diventare non solo un grande partito riformista ma anche un partito maggioritario alle prossime elezioni?«Proseguendo sulla strada dell’innovazione programmatica, conquistando un maggior pezzo di società italiana. Per fare questo dobbiamo partire dal dato che arriva dalle urne: noi dobbiamo capire gli umori profondi della società. La vittoria della Lega, la riconferma di Berlusconi, mettono questa tema al centro delle nostre riflessioni. Il Pd dovrà lavorare per essere molto più in contatto con la vita delle persone, dovrà essere un partito fortemente strutturato, radicato, con una grande robustezza culturale e la capacità di condurre forti battaglie culturali. Non basta capire la società italiana, bisogna anche combattere le spinte più retrive che ci sono».    La Lega ha spopolato. Altro che boomerang la storia dei fucili…

«Conosco bene il Nord. La Lega è un partito popolare, che fa il porta a porta, parla alla gente, va ai mercati. Durante questa campagna elettorale ha fatto leva sul dis

agio sociale ed ha interpretato meglio di Sa il dis

agio degli operai, del precari, ovviamente cavalcandolo, perché adesso voglio vedere come faranno, dovranno tirare fuori la bacchetta m

agica. Ma la presenza della Lega ci dice anche che dovremo essere più forti e combattivi sul piano culturale, non può passare l’idea che gli immigrati vanno bruciati e cacciati, che il Paese va diviso. Non c’è bisogno soltanto di un’azione riformista, ma di una vera azione culturale». 

 La Lega più forte e la Sinistra Arcobaleno che non è più in parlamento. Questo cosa implica per la politica del Pd? «Intanto diciamo che il Pd èla sinistra. Poi, per quanto mi riguarda, sono d’accordo con Veltroni: il fatto che non sia rappresentata Sa in parlamento è una perdita per

la democrazia. Per questo sarà necessario un rapporto costante con questa sinistra che rappresenta valori e persone preziose per il Paese. E necessario anche costruire un lavoro comune partendo da una convinzione: deve esserci l’unità di tutte le componenti della sinistra nel governo del paese. Non si può essere di governo e di opposizione nello stesso tempo. Quello è stato un errore e le urne lo hanno detto con chiarezza».

Ore 23.30 commento al voto a Porta a Porta

15 Aprile, 2008 (18:58) | Appuntamenti | Da: antonella

15 Aprile 2008
23:30

Stasera alle 23.30  Livia Turco parteciperà alla trasmissione Porta a Porta su

il voto del 13 e 14 aprile