Il Blog di Livia Turco

www.liviaturco.it



Month: Gennaio, 2013

Delegazione candidati Pd a Lampedusa

31 Gennaio, 2013 (10:47) | Dichiarazioni | Da: Redazione

“Come promesso al sindaco Giusi Nicolini, siamo al suo fianco per costruire “la catena degli amici di Lampedusa”, una catena che possa promuovere una relazione costante con le istituzioni, le associazioni e i cittadini che hanno a cuore un’isola troppo spesso abbandonata”. Così Livia Turco, presidente del Forum Immigrazione del PD che, insieme ai candidati del PD “nuovi italiani” Khalid Chaouki e Cécile Kyenge, è stata in visita il 31 gennaio a Lampedusa.

“Abbiamo discusso di accoglienza, di rispetto della dignità umana, di una svolta politica nel governo dell’immigrazione e del diritto d’asilo. Lo faremo ascoltando le proposte politiche dell’amministrazione comunale, i cittadini e le associazioni impegnate sul fronte dell’accoglienza di quelle persone che sfuggendo da situazioni di disperazione cercano, raggiungendo l’Italia, una vita  più serena e più dignitosa”.

“Esprimo vivo apprezzamento per la visita a Lampedusa della delegazione del Pd, guidata dall’onorevole Livia Turco, che ha raccolto l’appello in cui chiedevamo a tutte le istituzioni maggiore attenzione per Lampedusa e il suo delicato ruolo sul fronte dell’immigrazione.
Siamo non solo la porta d’Europa per quanti attraversano il Mediterraneo in cerca di una vita migliore, ma anche il luogo in cui si concentrano gli effetti negativi dell’attuale legislazione, nazionale ed europea, in materia”. Così il sindaco delle Pelagie, Giusi Nicolini, sulla presenza questo pomeriggio dell’Onorevole Turco a Lampedusa, che appena arrivata visiterá il cimitero per rendere omaggio alle vittime dei viaggi della speranza, poi si recherá al centro di accoglienza e infine incontrerá l’amministrazione e i rappresentanti delle realtá che vivono e operano sull’Isola.
“Auspico - aggiunge - che occasioni di confronto come questa siano utili per aprire la strada a un cambio di rotta, sia politico che normativo, che riveda i presupposti delle scelte operate finora modificando radicalmente il modello di accoglienza del nostro Paese”.

Cittadinanza. PD: “Basta tentennamenti. Voltiamo pagina”

23 Gennaio, 2013 (18:42) | Dichiarazioni | Da: Redazione

Non possiamo che valutare positivamente la promessa di aggiornamento dell’Agenda Monti da parte del ministro Riccardi rispetto ai temi connessi all’immigrazione e in particolare alla riforma della legge sulla cittadinanza per i figli degli immigrati. Temi praticamente inesistenti sul documento presentato da Monti.
Lo sottolineano in una nota Livia Turco, Presidente del Forum Immigrazione e  Khalid Chaouki, responsabile Nuovi Italiani del PD.
Noi, come diciamo e confermiamo da anni, crediamo sia giunta l’ora di parlare in modo chiaro del diritto e non della “concessione” della cittadinanza italiana a chi nasce in Italia da genitori stranieri residenti da almeno cinque anni, così come prevede la nostra proposta di governo al primo punto dell’Agenda Bersani.
Il Partito Democratico sul tema della cittadinanza così come su altri temi cruciali sul fronte dei diritti, intende voltare definitivamente pagina rispetto agli anni disastrosi dei governi della destra e ai tentennamenti e alle indecisioni del governo Monti. Vogliamo lavorare per una convergenza, la più ampia possibile, di tutte le altre forze politiche e civiche al fine di dare un segnale di cambiamento culturale, oltre che politico e legislativo.

Ciao Parlamento!

22 Gennaio, 2013 (14:59) | Interviste | Da: Redazione

Intervista di Claudia Daconto a Livia Turco su Panorama.it del 18 gennaio 2013

Era il 1987 e il Pci aveva perso una barca di consensi alle prime elezioni dopo la morte di Enrico Berlinguer. Alla prima Direzione nazionale del dopo voto prendono parte quaranta uomini e tre donne: Nilde Jotti, Lalla Tropia e una giovanissima Livia Turco. Felice del suo primo ingresso alla Camera insieme a tante altre compagne elette grazie a una durissima battaglia all’interno del loro partito per ottenere il 30% di rappresentanza, è lei la prima a prendere la parola: “Il Pci ha perso, ma le donne hanno vinto”. “Sì – il commento gelido di Giancarlo Pajetta – le disgrazie non vengono mai da sole”.
“Il clima dell’epoca era questo, fuori e soprattutto dentro il Pci” ricorda oggi Livia Turco, 58 anni il prossimo 13 febbraio, 25 dei quali trascorsi in Parlamento e che adesso si appresta a lasciare.  Non si sente, infatti, né troppo giovane per chiedere una deroga al Pd per farsi ricandidare, ma nemmeno troppo vecchia per mettersi in pensione.

“Sto sempre qui a combattere – esordisce con noi - mica penserete che sono a casa a girarmi i pollici?”
Ai vertici della Figc prima, del Pci poi, dei Ds, del Pd, ministro della Repubblica per quattro volte: ma perché proprio adesso ha deciso di dire basta?
E’ una decisione maturata nel mio cuore da molto prima che Renzi iniziasse a parlare di rottamazione. Credo che le donne della mia generazione debbano fare un passo al lato e investire sulle giovani.

E cosa pensa di chi, come Rosi Bindi, si è battuta fino in fondo per rimanere in campo?
Penso che abbia fatto bene a puntare i piedi perché se da una parte è giusto che il Parlamento si rinnovi, altrettanto giusto è che ci rimanga anche chi ha fatto la storia di questo partito. Ritengo che ci sarebbero dovuti rimanere anche Veltroni e D’Alema. E probabilmente anch’io, ma ho deciso di fare una scelta diversa.

D’Alema e Veltroni potrebbero essere chiamati al governo. Piacerebbe anche a lei rifare il ministro?
Le esperienze di governo sono state per me le più belle e le più importanti, quindi sarei molto ipocrita se dicessi che non mi piacerebbe, ma penso che Bersani proseguirà nell’azione di rinnovamento che ha iniziato.

Come ricorda il primo giorno, nel 1987, che mise piede in Parlamento?
Ah lo ricordo benissimo! Soprattutto perché in quell’occasione entrò con me una frotta di donne giovani del Pci con cui avevo combattuto una battaglia durissima all’interno del nostro partito cui imponemmo il 30% di presenze femminili tra i candidati. Fu una rottura.

E come fu presa?
Nel Pci, che da quelle elezioni era uscito pesantemente sconfitto, malissimo. Ricordo una riunione della direzione in cui, tra quaranta uomini, eravamo presenti, come donne, solo io, Nilde Jotti e Lalla Tropia. Io presi la parola e dissi: “Il Pci ha perso, ma le donne hanno vinto”. Mi rispose Pajetta: “Sì, le disgrazie non vengono mai da sole”.

E gli altri parlamentari come vi accolsero?
La battuta che girava era: “Vedremo cosa saprete fare”. Ma ricordo anche Andreotti che entrando alla Camera chiese: “Cos’è tutto questo colore?”. Eravamo noi che sfidavamo anche nell’abbigliamento il grigiore di quell’ aula. Tanto che, ancora oggi, le mie amiche Rosa Russo Jervolino e Maria Pia Garavaglia, che allora stavano con la Dc, riconoscono la grande scossa che demmo anche a loro.

Qual è stato il risultato più importante che ritiene di aver raggiunto nella sua carriera politica?
Ce ne sono diversi: tutte le leggi che ho fatto da ministro, quella sulla violenza sessuale. E sono anche molto orgogliosa di aver contribuito ad aprire il dibattito sulle quote rosa che oggi ha portato alla legge sulla doppia preferenza di genere.

Di cosa le resta invece il rimpianto?
Mi dispiace molto non poter essere in Parlamento per votare la legge per la cittadinanza ai minori figli di stranieri che ho voluto con tutto il cuore quando ero ministro per la Solidarietà sociale. Nel 1999 presentai anche il primo testo di legge che però rimase nel cassetto dell’allora ministro Giuliano Amato il quale mi disse: “Ma sarai mica matta, con i tempi che corrono, a voler cambiare la legge sulla cittadinanza?”

C’è qualcosa invece di cui si è pentita?
Francamente no. Nemmeno dell’appoggio al governo Monti.

C’è stato un momento in cui, prima di oggi, ha pensato di voler mollare?
Spesso durante quest’ultima legislatura. Ho molto sofferto nell’assistere al degrado della politica e per la polemica sulla casta, questo essere stati messi tutti sullo stesso piano.

Tra i suoi avversari politici chi ha stimato di più?
Ne ho stimati molti. Ci sono tante donne del centrodestra con cui sono in ottimi rapporti. Penso ad Alessandra Mussolini, Adriana Poli Bortone, Margherita Boniver, Angela Napoli, Beatrice Lorenzin, una giovane che mi piace molto.

A chi si è ispirata di più in questi lunghi anni?
Sicuramente a Nilde Jotti che è stata per me una vera madre. Ma anche a Tina Anselmi, di cui ricordo il sorriso aperto, la pacca sulla spalla quando perdevo delle battaglie e lei mi consolava: “Non ti abbattere”. E mi fa piacere citare Maria Eletta Martini che da democristiana stimava molto il Partito Comunista e una volta mi si avvicinò e ammirata mi chiese: “Ma da dove avete tirato fuori tutte queste giovani?”.

Cosa ne pensa davvero della cosiddetta società civile quando “ruba” il posto ai professionisti della politica come lei?
Io non ho mai capito bene questa distinzione tra società civile e politici visto che io sono teoricamente una professionista della politica che è sempre stata, però, anche nella società civile. Ho iniziato nelle parrocchie, con le donne credenti, nei movimenti delle donne. Nella mia biografia è molto difficile distinguere.

Cosa consiglierebbe a un giovane che volesse impegnarsi in politica?
Di stare il più possibile in mezzo alle persone. Gente come Grillo, che si rapporta con gli altri solo attraverso la rete, mi fa paura. A me hanno insegnato che dovevo conoscere tutto del quartiere dove abitavo e guardare negli occhi le persone.
La vera novità di queste elezioni secondo lei quale è stata, qual è o quale sarà?
Senza dubbio le primarie del centrosinistra. Ho percepito nella scelta di Pier Luigi Bersani una svolta, un colpo al degrado della politica.

Chi vorrebbe fosse il prossimo presidente della Repubblica?
Romano Prodi o Massimo D’Alema.

Qual è il suo sentimento dominante in questo momento?
Sono molto serena. E se pensate che mi stia riposando vi sbagliate. Sto lavorando come una pazza per organizzare la campagna elettorale del mio gruppo di immigrati e vado in giro a sostenere le mie amiche. E anche dopo il 26 febbraio continuerò a fare politica. Magari prima, però, mi riposo un po’.

L’immigrazione e i primi “100” giorni di Bersani

19 Gennaio, 2013 (13:41) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Di Livia Turco, da l’Unità del 19 gennaio 2013

È difficile parlare di immigrazione in tempi di crisi economica e sociale. È difficile farlo in campagna elettorale. Perché è uno di quei temi su cui difficilmente scatta l’applauso. Eppure è sul governo dell’immigrazione, sul progetto di convivenza tra italiani e immigrati che si decide quale sviluppo economico si intende promuovere, se basato sulla valorizzazione del capitale umano oppure sulla sua umiliazione attraverso la competizione  sul basso costo del lavoro; se saremo un paese euromediterraneo e se sapremo  aiutare  gli italiani a diventare cittadini europei e del mondo.

Colpisce l’assenza di questo tema nei programmi elettorali degli altri partiti. Lo si comprende nel centro destra: il fallimento delle loro politiche in termini di compressione dei diritti umani fondamentali e creazione di inefficienze è sotto gli occhi di tutti. Basti  ricordare i richiami delle autorità internazionali rispetto alla condizione cui le persone sono  tenute nei CIE o la mancata integrazione dei rifugiati, lo sfruttamento del lavoro, l’ampia fascia di immigrazione irregolare.
C’è da aspettarsi che il rinato Berlusconi rispolveri nel suo discorso populista il no agli immigrati perché ci portano via il lavoro e la casa. Dovrà però fare molta attenzione perché anche le favole più accattivanti possono essere smentite dalla realtà. Molti  sono gli immigrati che hanno perso il lavoro, che tornano nel loro paese e quelli che sono qui e vivono con noi sono dotati di un corredo di diritti - dal salario all’accesso al welfare - che li vede ultimi nella scala sociale. Inoltre il governo Monti ha dovuto emanare un decreto flussi per la necessità di lavoratori in determinate professioni e perché anche dentro la crisi permangono quei lavori che gli italiani non vogliono fare.

Il PD ha compiuto in questi anni bui della politica del centro destra una scelta netta e coraggiosa: combattere le politiche disumane ed inefficaci del centro destra guardando all’Italia reale, ai suoi territori, alle sue persone. Abbiamo scelto di puntare sull’Italia della convivenza che c’è, che si sta sedimentando nelle nostre aziende, nelle nostre scuole, nei quartieri delle nostre città, nei piccoli borghi, nei paesi. Abbiamo messo in risalto e sostenuto la peculiare via italiana alla convivenza, costruita con il ruolo attivo dei comuni, delle regioni, delle associazioni, delle imprese, delle scuole.
Abbiamo scelto di investire sui giovani, su quelli che hanno una marcia in più, sui figli di immigrati che sono italiani di fatto ma non per legge.  I nuovi italiani meravigliosamente rappresentati dai nostri candidati al Parlamento, di cui siamo molto orgogliosi: Cécile Kyenge Kashetu, Khalid Chaouki, Nona Evghenie, Fernando Biague. Bene fa Bersani a ripetere in modo costante che la prima riforma del suo governo sarà la norma che consente a chi nasce e cresce in Italia, figlio di immigrati che risiedono nel nostro paese almeno da 5 anni di essere italiani. Nella consapevolezza che è in gioco non solo il cambiamento di una norma assurda e punitiva ma il riconoscimento di una risorsa, di una energia vitale per il paese.
Nei primi 100 giorni il governo Bersani, dovrà compiere delle scelte nette sull’immigrazione per segnare una chiarissima discontinuità rispetto ai disastri del centro destra. Pensiamo ad una azione in due tempi. Ci sono norme che vanno abrogate subito, come il reato di immigrazione clandestina, la tassa sul permesso di soggiorno, il superamento dei CIE per ricondurre l’istituto del trattenimento al limitato e temporaneo scopo dell’identificazione dello straniero. Contemporaneamente bisogna definire una nuova legge quadro sull’immigrazione e sul diritto d’asilo alternative alla Bossi Fini e alla Maroni Berlusconi che abbia il suo fulcro nel rendere conveniente e praticabile l’ingresso regolare a partire dal lavoro.

Le proposte sono: programmazione dei flussi di ingresso che siano più efficaci e snelli; forme di incontro tra domanda ed offerta di lavoro come l’ingresso per ricerca di lavoro e lo sponsor; trasferimento ai comuni della competenza del rinnovo del permesso di soggiorno;  potenziamento della formazione in loco; capacità di attrarre talenti; facilitazione degli ingressi agli studenti e ai docenti stranieri nelle nostre università; possibilità per i lavoratori immigrati che tornano nel loro paese prima dell’età pensionistica di accreditare i contributi lavorativi acquisiti; promozione delle politiche di coosviluppo e dell’immigrazione circolare; miglioramento della qualità dell’amministrazione dedicata alla gestione dell’immigrazione regolare per renderla più efficiente. Per prevenire e contrastare l’immigrazione clandestina bisogna prevedere la concessione di regolarizzazioni ad personam, puntare sul rimpatrio volontario, definire un sistema di espulsioni che sia compatibile con i valori della nostra Costituzione.
Il terzo pilastro delle nostre proposte riguarda le politiche dei diritti e dei doveri, per costruire una civile convivenza: diritto all’unità familiare anche per i rifugiati e richiedenti asilo; riconoscimento del diritto di voto amministrativo; attuazione del diritto costituzionale alla libertà religiosa; programma di lingua e cultura italiana; servizio civile per i giovani immigrati; forte investimento nell’educazioni interculturale rivolta a tutti anche per prevenire e contrastare il fenomeno in atto di abbandono scolastico e segregazione formativa dei giovani immigrati; fondo nazionale per le politiche dell’immigrazione cofinanziato anche dalle imprese e da soggetti privati.

Tutte queste proposte hanno un senso ed acquistano efficacia se sono collocate in un contesto europeo. Non  è più il tempo di chiedere  all’Europa di aiutare l’Italia ma è l’Italia che deve diventare protagonista nella costruzione di una politica europea e del diritto d’asilo, che sia adeguata alle novità emerse nel Mediterraneo, in Africa e che risponda in modo efficace alla crisi economica e sociale.
Unità nella diversità, queste sono l’Italia e l’Europa che vogliamo costruire.

Livia Turco

Tanti nuovi italiani in lista. Letta e Turco li presentano

18 Gennaio, 2013 (18:02) | Blogroll | Da: Redazione

“Un messaggio fortissimo di integrazione di cui siamo orgogliosi”. Così Enrico Letta presentando stamattina insieme a Livia Turco i ‘nuovi italiani’, candidati dal Pd al Parlamento alle prossime elezioni . Si tratta di Khalid Chaouki, giornalista e responsabile Nuovi italiani del Pd; Cecile Kyenge, medico e resposnabile immigrazione in Emilia Romagna; Nona Evghenie, consigliere comunale a Padova; Fernando Biague, ricercatore universitario di Bressanone.

“La rivoluzione delle liste del Pd non è solo nel maggior numero di donne presenti ma anche in questa forte scelta di integrazione voluta da Bersani -ha detto il vice segretario del Pd. Tutto questo rappresenta il modo di essere del nostro partito declinato al futuro, e il futuro è una buona integrazione”. Per Letta, che ha ribadito l’impegno a realizzare la legge sulla cittadinanza ai nuovi italiani nei primi 100 giorni di governo, “non è possibile andare in Parlamento e vedere tutti con gli stessi colori mentre ovunque nel Paese, in metro o sull’autobus, i colori sono diversi e c’è un arcobaleno positivo”.

“Il Pd si colora e noi siamo orgogliosi di questi nuovi colori che daranno un grande contributo di serenitá e fiducia al paese”, ha aggiunto Livia Turco. “Sono giovani che hanno dato un grande contributo al nostro paese, persone radicate nel nostro paese. Vengono da Marocco, Guinea, Congo e Romania. Ci aiutano a guardare con occhio meno provinciale. Bossi e Maroni sono fermi alla Padania ma noi pensiamo al mondo. Gli italiani hanno bisogno di pensare al mondo, se vogliono uscire dalla crisi”.

” Mi dispiace - ha proseguito Turco - che nell’agenda Monti non ci sia riferimento al tema dell’immigrazione e che la questione non sia presente nel dibattito politico. Sono felice che il Pd abbia avuto il coraggio di queste candidature e che abbia un programma in merito molto dettagliato. Vogliamo voltare pagina rispetto a l’obbrobriosa politica del centrodestra e della Lega”.

Immigrati. Cittadinanza negata: è colpa di destra e Governo

17 Gennaio, 2013 (17:57) | Dichiarazioni | Da: Redazione

“Dobbiamo correggere quanto detto oggi dal ministro Riccardi: non è il Parlamento che non ha voluto la riforma della legge sulla cittadinanza, bensì la destra e il governo che non ha avuto il coraggio di insistere”. Lo dichiara Livia Turco, Presidente del Forum Immigrazione del PD.
“Vogliamo ricordare – prosegue Turco - che se la legge sulla cittadinanza non è stata approvata è per un ostinato ostruzionismo attuato dalla Lega e dal centrodestra.
Inoltre, spiace non leggere nell’agenda Monti nulla sull’immigrazione e sulla cittadinanza. E spiace anche che il ministro Riccardi metta sullo stesso piano, in merito a questi temi, la destra e il centrosinistra, quando invece da parte nostra c’è stato il massimo impegno per contribuire alla riforma del diritto di cittadinanza. Non a caso, per serietà e per coerenza, avremo nelle nostre liste per il prossimo Parlamento una squadra di giovani rappresentanti dei “nuovi italiani”.