Crisi di Governo. Perché avrei votato “No” in Direzione
di Livia Turco, da l’Unità del 16 febbraio 2013
Se facessi parte della direzione del PD, giovedì scorso, avrei votato No all’ordine del giorno che dichiara conclusa l’esperienza del Governo Letta. Per una ragione molto semplice. In quell’atto non è contenuta alcuna proposta politica ma si avvalla in modo ipocrita una operazione di potere cinica e spregiudicata. Dal mio punto di vista,grondante di immoralità.
Si chiude l’esperienza di un governo ,nata in un momento di eccezionale crisi sociale e della rappresentanza politica,voluta dal Pd e guidato da un suo leader di primo piano,in nome della responsabilità’ verso il Paese; si compie un atto duro e senza precedenti come la sfiducia del proprio leader in una sede di partito,si fa tutto questo senza che ne siano indicate le ragioni e che sia tracciata una prospettiva politica e programmatica per il futuro. l’unico elemento chiaro e’che bisogna cambiare leader e compagine di governo.
Guardo alle vicende con passione ma senza partigianeria. Ho criticato il Presidente Letta quando non è stato capace di sostituire la Ministra Cancellieri, ho criticato come tanti la vicenda dell’IMU, che un giorno c’era,l’altro scompariva per poi ritornare. Ma, questo governo ha fatto cose buone ed importanti per l’Italia.Se il PD non impara a valorizzare ciò che fa, se non adotta uno spirito di squadra, non sarà mai percepito come forza credibile, di cui fidarsi..
Bisogna cambiare passo, adottare una politica più netta per il lavoro, la crescita, contro le diseguaglianze. Nella consapevolezza che tale partita si gioca prima di tutto in Europa. Ciò che mi colpisce del linguaggio e delle mosse del segretario del PD è l’enfasi sulla velocità, sulla vitalità della giovinezza, sull’azzardo, sul giocarsi tutto.
Come se la questione della crisi italiana e del governo del Paese fosse legata essenzialmente alle capacità ed alla forza di un Leader. E’ stata importante la determinazione con cui ha imposto la riforma della legge elettorale, la riforma del Senato e del federalismo.
E’ bastato che dalle conferenza stampa si passasse alle Aule parlamentari perché la velocità si smorzasse e le indicazioni temporali si facessero più caute. Perché un conto sono le dichiarazioni altro è il percorso parlamentare, che certo va rivisto,razionalizzato ma, obiettivamente, e fortunatamente, contempla il tempo del dialogo, del confronto,della costruzione condivisa delle soluzioni. Perché questa è la democrazia. Ha ragione Enrico Letta quando osserva che da tempo chiedeva al PD le proposte per una nuova fase del governo e gli veniva risposto che prima bisognava portare a casa la riforma della legge elettorale.
Non è questione di galanteria ma di scelte politiche, di concezione e pratica della politica. Un partito che si rispetti ed una leadership all’altezza dichiara in modo esplicito le sue intenzioni e la sua strategia. Io credo che sarebbe stato meglio per il Paese la distinzione dei due piani:l’azione di governo aggiornata ed affidata ad un Letta bis;l’azione delle riforme istituzionali e della politica affidata al partito ed al suo leader. Il segretario del PD, proprio grazie al mandato delle primarie che lo ha eletto segretario, avrebbe dovuto proseguire l’azione per le riforme istituzionale accompagnandola con una mobilitazione del Paese, attraverso un dialogo vero con i cittadini, coinvolgendo il popolo delle primarie.
Perché la crisi profonda della politica è di legittimità ed autorevolezza; è crisi della rappresentanza. Per risalire la china bisogna ricostruire un legame vero e profondo con le persone. Bisogna frequentare i luoghi della vita quotidiana,le roccaforti del disagio sociale. In questi mesi, il partito, gli iscritti, il popolo delle primarie sono stati ridotti a spettatori delle mosse del leader e siamo ricaduti in taluni momenti al peggior politichese..
Quello che è accaduto in questi giorni ha aperto una ferita. Credo siano in tanti a viverla. La ferita provocata da una politica come gioco di potere,come personalismo,come indifferenza verso la comunità. Dove è finita la promessa di una politica nuova?
Livia Turco