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Welfare: “Non svendiamo tutto per un piatto di lenticchie”

5 Agosto, 2008 (08:00) | Articoli pubblicati | Da: Livia Turco

Articolo pubblicato sul “il Sole 24 ore sanità” del 5 agosto 2008 a commento del Libro Verde sul welfare presentato dal ministro Sacconi

di Livia Turco

Il Libro Verde sul futuro del modello sociale ha l’indubbio fascino della novità. E’ un testo agile che porta il lettore per mano verso analisi e tesi suggestive, quanto però sfumate nei dettagli. Le proposte concrete sono infatti rimandate a un secondo appuntamento. Quello con il Libro Bianco. Che sarà sfornato in autunno, a conclusione di un dibattito pubblico (in quali sedi non è ancora chiaro) che si dovrebbe alimentare attorno alle 25 domande inserite nel documento e rivolte alle istituzioni centrali, alle regioni, alle parti sociali, alle associazioni e agli altri soggetti coinvolti.

Mi sembra quindi più giusto rimandare a questo futuro Libro Bianco l’analisi delle proposte in materia del Governo Berlusconi. Evitando così di anticipare giudizi e pareri su un testo che, oggi come oggi, è più dichiarazione di intenti che documento programmatico.Ciò che invece mi preme fare subito, anche nell’interesse dei cittadini e degli operatori, è di interrogarmi sul cui prodest di quest’iniziativa. Anche perché una risposta chiara e diretta non si ritrova nel Libro Verde. Quindi, con un pizzico di diffidenza, ispirata più dai primi atti di questo governo (tagli alla sanità, agli assegni sociali, ai diritti dei precari) che dai propositi dichiarati, provo ad azzardare una mia risposta.La finalità principale di questo lavoro non è quella di un welfare migliore (il miglioramento è dato infatti per scontato ma solo come conseguenza di determinate azioni) quanto piuttosto quella di spostare notevolissime poste finanziarie, dell’ordine delle decine di miliardi di euro, dal settore pubblico a quello privato.Ciò, lo dico subito, non deve suscitare di per sé tremori o anatemi ideologici.

Ma è chiaro che, se si fosse posto con chiarezza questo obiettivo, con onestà intellettuale e progettuale, chiarendone i traguardi in termini di bilancio pubblico ma anche di risultati sociali, la comprensione del documento sarebbe risultata più limpida e forse meno scontata. In fondo si tratta di ritornare a discutere su un’opzione culturale, sociale ed economica non nuova nel dibattito politico italiano. Mi riferisco al ruolo del pubblico e del privato in ambito sociale, previdenziale e sanitario. Un dibattito che, riconosciamolo, non è riuscito a fare molti passi avanti rispetto a quando fu lanciato con forza negli anni ’80, con lo slogan “meno Stato, più mercato”.Da allora, con capacità tutta italiana, ci siamo avvitati. Con difese di parte così esasperate, da portare i fautori del “più Stato” ad incensarne meriti e capacità strategiche che purtroppo esistevano solo in un terzo della Penisola e i fautori del “più mercato” a disegnare un privato tanto teso al bene della collettività, quanto disinteressato al profitto. Un errore che il Libro Verde rischia di ripercorrere, quando stigmatizza un sistema pubblico al capolinea, fatto solo di disfunzioni, sprechi e costi insostenibili.

Mi auguro che Sacconi abbia il coraggio di aprire un confronto serio e non ideologico su questi temi. Partendo però da un welfare inteso non come “apparato” ma come espressione articolata della società e della collettività. Un welfare pubblico che, fino ad oggi, con tutti i suoi difetti e le sue elefantiasi, ha contribuito a costruire un’Italia migliore, garantendo pace sociale, diritti e tutele per tutti. Senza distinzioni.

Oggi tutto questo appare superato? Forse lo è. Ma lo è per chi nella società ha più opportunità, non per chi resta l’ultimo e il più debole. Nel lavoro e nella vecchiaia, come nella malattia. E allora ben venga l’iniziativa privata ma se sarà capace di promuovere nuove opportunità e nuove possibilità di tutela e di servizi. Tutele e servizi che già oggi il cittadino più abbiente o più favorito contrattualmente si procura da solo. Ma attraverso formule spesso poco favorevoli sia in termini di costo che di redditività.Confrontiamoci su questo piano. Anche a partire dall’attuazione del Decreto, da me varato allo scadere della legislatura, che ha dato il via al secondo pilastro della sanità integrativa. Un lavoro già fatto, con la condivisione di tutti gli attori interessati. Pubblici e privati. Se veramente si vuol fare e non propagandare, si parta da lì.Ma stiamo attenti alle sirene di un privato di per sé efficiente e migliore. Rischieremo di svendere un patrimonio straordinario che appartiene a tutti gli italiani per un piatto di lenticchie.

Commenti

Commento da franca
Data: 3 Settembre 2008, 19:25

sono molto amareggiata per la mancata pubblicazione dei nuovi “l.e.a”. Forse non vi rendete conto di cosa significhi avere vicino persone disabili. Avrei voluto farvi vedere la reazione di mia mamma, da ottobre 2007 paralizzata in seguito ad una ischemia, quando ho dovuto dirle che l’asl non le prescrive il sollevatore per la vasca da bagno, i maniglioni per il water, ecc perchè il decreto è stato ritirato. Fatevi un’esame di coscienza.

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