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Lampedusa. Condividere e fare

30 Dicembre, 2012 (12:07) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

“Per rompere il silenzio nei confronti di quelle morti dobbiamo esserci, condividere il dramma ed il lutto con tutti i cittadini di Lampedusa. Non solo mandare un telegramma come ci chiede provocatoriamente la sindaca. Costruiamo la “catena degli amici di Lampedusa” che promuova una relazione costante con le istituzioni, le associazioni, i cittadini”. Così Livia Turco su l’Unità di oggi.

La sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini, ha proposto a noi tutti, nel suo articolo di giovedì su questo giornale, una denuncia impietosa sulla situazione della sua isola che è ormai diventata “un fardello di dolore” per le tante persone che arrivano con i barconi dalle zone di guerra e di disperazione e vengono inghiottite dalle onde del mare.

“Quanto deve essere grande il cimitero della nostra isola ” si chiede accorata la sindaca. La sua è una dura denuncia sul silenzio che è calato sulla morte in mare dei migranti, sulla nostra assuefazione e sulle politiche sbagliate nei confronti dell’immigrazione attuate prima di tutto dall’Europa. Una denuncia chi mi squote, che voglio e dobbiamo raccogliere. Vorrei dire a Giusi Nicolini che di fronte a quel susseguirsi di morti c’è anche il silenzio di chi si sente impotente e non vuole lavarsi la coscienza con frasi di circostanza e sente che è più dignitoso il silenzio.

Ma il silenzio è sempre silenzio. Dunque bisogna trovare le parole giuste e compiere atti dignitosi e coerenti con il rispetto della dignità umana. Perché quei morti non sono solo di Lampedusa, sono di noi tutti. Sono convinta che il gesto più dignitoso sia quello della “condivisione”. Condividere: essere con, dare una mano, guardare le cose con gli occhi degli altri. La condivisione è una pratica di vita ma anche un modo di essere cittadino ed è un alimento prezioso dell’etica pubblica. Per rompere il silenzio nei confronti di quelle morti dobbiamo esserci, condividere il dramma ed il lutto con tutti i cittadini di Lampedusa. Non solo mandare un telegramma come ci chiede provocatoriamente la sindaca. Costruiamo la “catena degli amici di Lampedusa” che promuova una relazione costante con le istituzioni, le associazioni, i cittadini.

Una catena di persone che condividano i problemi dell’isola, siano presenti nei momenti dell’emergenza, partecipino alla accoglienza, condividano fatiche e dolori. Condividano il bel progetto proposto in questi giorni di costruire un luogo pubblico della memoria  delle persone inghiottite dalle onde del mare. Ma, insieme all’accoglienza ed al rispetto concreto della dignità umana ci vuole la politica. E’ necessaria una svolta politica nel governo dell’immigrazione e dell’asilo. A partire dall’Europa. Il punto essenziale è una nuova politica europea ed italiana verso il Mediterraneo ed il nord Africa che non si limiti al contrasto della immigrazione clandestina ma promuova parternariati tra pari, parternariati di dignità che puntìno a promuove lo sviluppo in loco, a combattere la povertà, a definire modalità nuove dell’ingresso regolare come l’immigrazione circolare, la mobilità all’interno dei paesi dell’Unione europea, il sostegno ai migranti che vogliono tornare nel loro paese per trasferire in esso l’esperienza maturata in Europa. Solo così,tra l’altro, si sostengono i contraddittori processi di democratizzazione avviati. Una occasione importante sarà il dibattito che si svolgerà in sede Europea sul bilancio UE per gli anni 2014-2020 che dovrà decidere sulle risorse da destinare ai vicini del Sud. Inoltre, sempre l’Europa deve concludere il progetto relativo alle regole comuni sull’asilo e l’Italia dovrà finalmente dotarsi di una legge organica sul diritto d’asilo.

Livia Turco

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