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Dimenticare le curde rende fragile la nostra libertà di donne

16 Ottobre, 2019 (08:53) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

No, non possiamo lasciare massacrare le donne e gli uomini del popolo curdo. Hevrin Khalef, la sua storia il suo impegno e la sua barbara uccisione ci appartengono.

E insieme a lei ci appartengono le migliaia di combattenti per la libertà, la democrazia, la dignità femminile. Dimenticarle o sentirle lontane rende fragile la nostra libertà di donne. L’appello lanciato qui dal gruppo “Se non ora quando libere” va raccolto.

Non solo per partecipare doverosamente alle mobilitazioni in corso ma per guardare più in profondità e capire che la lotta delle donne curde per la loro libertà è la conferma drammatica e concreta che la lotta per la libertà femminile non ha confini e deve nutrirsi del riconoscimento e della pratica della pluralità di culture e religioni. Perché in ciascuna di esse agisce da tempo la libertà femminile.

La battaglia accanto alle donne curde per la libertà, l’indipendenza, la democrazia e in particolare la lotta contro l’Isis dice a noi donne europee che l’orizzonte della nostra libertà e della nostra dignità passa attraverso questa pratica di relazione con donne di culture e religioni diverse, passa attraverso la scoperta dei luoghi nel mondo in cui agisce la libertà femminile per conoscerla e sostenerla.

Dobbiamo imparare a praticare nella nostra vita quotidiana questo allargamento del confine e il rapporto con la pluralità di culture e religioni. A partire dalle nuove italiane che vivono con noi e che nonostante tanti anni di convivenza restano a noi invisibili come le persone della porta accanto con le quali non ci siamo neanche poste il problema di costruire una relazione di conoscenza e di condivisione di gesti, parole e pensieri.

Ci sono obiettivi immediati che dobbiamo perseguire attraverso una azione europea come il cessate il fuoco, la sospensione immediata della fornitura di armi e l’embargo verso la Turchia, una efficace azione umanitaria.

Ma c’è un orizzonte nuovo da praticare ed entro cui scandire la nostra libertà di donne europee. Partendo dalla consapevolezza che il mito del confine, del guscio, della omogeneità culturale diventati paradigmi del pensiero e ingredienti del sentimento comune in questo nostro tempo sono veleno mortale per la libertà femminile.

Con le donne curde perché quel popolo abbia una patria e sia riconosciuto nella sua identità culturale e nella sua storia, perché sia sconfitto l’estremismo islamico, per la democrazia, la pace e la libertà.

Con le donne curde per costruire da donne un mondo nuovo, dai confini porosi, dal volto plurale, scandito dalla democrazia inclusiva e della convivenza.

Livia Turco

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