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Intervista a il Manifesto sulle primarie del PD

1 Marzo, 2023 (09:52) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Nella notte delle primarie Livia Turco, ex ministra della Salute, era al comitato Schlein. Così come era presente a diverse iniziative della neosegretaria, di cui è stata una grande sostenitrice fin dall’inizio. (Intervista di Andrea Carugati pubblicata su il Manifesto)

Si aspettava questo risultato?

Sì, perché col passare delle settimane avevo sentito crescere curiosità e consenso verso questa candidatura. Soprattutto fuori dai luoghi tradizionali del Pd, nel mondo del sociale, delle associazioni, tra persone che se n’erano andate dal partito. Direi nel popolo di sinistra che esiste ancora, cercava un punto di riferimento e l’ha trovato. Ho scelto subito Elly perché mi è parsa come la migliore risposta alla salita a palazzo Chigi di Giorgia Meloni.

Perché la migliore risposta? Solo per una questione di genere?

La questione di genere è molto politica. Per me e per tante donne di sinistra è stata una profonda umiliazione che la prima donna premier venisse da un partito che rivendica la fiamma tricolore nel simbolo. La fiamma di un partito che ha sempre contrastato le conquiste delle donne. Sentivo il bisogno di un riscatto. E ora nessuno potrà più dire che le donne di sinistra sono tappeti ai piedi degli uomini. Si è coronato il sogno di una vita, è stato il compimento di una storia.

Un traguardo, la leadership, che voi non avete conquistato.

Berlinguer nel 1981 parlava del rapporto tra il partito e le determinate fasi storiche. tutte le battaglie vanno parametrate al contesto storico. La leadership non era in cima ai nostri pensieri, avevamo l’ossessione di fare battaglie per modernizzare il paese. Spero non si cada nella tentazione di utilizzare il successo di Elly per liquidare le lotte delle donne che sono venute prima: il suo successo è anche frutto di quella storia.

Cosa l’ha convinta nel programma della neosegretaria?

Il suo programma certo, ma anche la novità e la credibilità che porta una donna di una donna figlia di una generazione che non porta solo sofferenze, ma anche potenzialità. La sinistra rinasce solo se saprà essere interlocutrice e rappresentante di questa generazione e dei suoi problemi. Di Schlein mi ha colpito il modo in cui ha saputo coniugare giustizia sociale e difesa del clima e la nettezza nella lotta alla precariertà. Da lei ho imparato questo approccio nuovo che non c’era nella nostra generazione. E poi mi è parsa coerente sull’immigrazione: si è sempre battuta contro il finanziamenti alla guardia costiera libica.

Bonaccini ha pagato l’assenza di critiche verso le scelte del passato?

Premetto che ho stima per lui e per il modo in cui ha partecipato a questo congresso. Ma il suo approccio sul passato non mi è parso convincente, dire “io non c’ero” non bastava, non mandava un messaggio di innovazione. Nell’era del governo Meloni ha pesato molto che Schlein fosse una giovane donna che non c’entrava con le scelte del Pd degli ultimi anni. 

Come immagina il Pd di Schlein?

Spero che sia unito e dia subito il senso di una nuova politica popolare, in viaggio nella società italiana, a stretto contatta con i luoghi di lavoro, gli ospedali, le universitàa. C’è un grande lavoro di ricucitura da fare. E poi mi auguro che prenda di petto il tema dell’immigrazione. Serve una proposta forte per una nuova legge che sostituisca la Bossi- Fini, il Pd non deve più avere imbarazzi o reticenza nel parlare di questo tema. Vorrei un Pd che esce della retorica della fresi fatte e abbia una politica sull’immigrazione, che è un fatto strutturale, che non si può affrontare sempre con la logica dell’emergenza: bisogna sfidare le paure. Immagino una grande conferenza nazionale per chiamare a raccolta le associazioni, gli esperti.

Vede rischi di scissione?

Credo che nel partito prevalga largamente lo spirito unitario, che riguarda sia i nativi democratici sia chi viene da storie precedenti. Vorrei che si rilanciasse lo spirito dell’Ulivo per elaborare pensieri nuovi. Il Papa per primo parla di immigrazione e lotta alle povertà, il pensiero cattolico democratico può dare un contributo enorme a partire dalla lotta alle diseguaglianze. Non c’è nessuna ragione perché le culture fondative del Pd che stanno insieme da 15 anni si dividano.

Cambierà la linea sulla guerra?

No, credo che Schlein saprà interpretare il sentimento pacifista che c’è nel nostro popolo ma nella nettezza della scelta di campo a favore dell’Ucraina. Oggi le parole d’ordine devono essere dialogo e negoziato per arrivare a un cessate il fuoco. Questa sarà la nostra priorità, bisogna fare di tutto per fermare l’escalation militare.

Il terzo polo sogna di rubare voti a un Pd molto più orientato a sinistra.

Un approccio politicista che non porta da nessuna parte. Il compito di Elly è tenere unito il Pd, dare battaglia al governo sui temi concreti e cercare convergenze con tutte le opposizioni su temi come il salario minimo. Il resto non conta.

Si può dire che da domenica una certa idea di «riformismo» è stata archiviata?

Ho imparato questa parola nel Pci, quando significava dare concretezza alle battaglie per migliorare vita dei più deboli. In questi ultimi anni è prevalsa l’idea di un riformismo contro la sinistra, che lodava Marchionne e considerava i sindacati come preistoria. Ecco, questa visione è stata finalmente archiviata.

 

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