Il Blog di Livia Turco

www.liviaturco.it



Categoria: Interviste

Sì a Monti, ma resta aperto il cantiere dell’alternativa

22 Novembre, 2011 (10:29) | Interviste | Da: Livia Turco

“Sosteniamo al massimo il governo Monti senza rinunciare alle nostre idee e senza appiattirci sull`emergenza”, così Livia Turco in questa intervista a l’Unità di Maria Zegarelli del 20 novembre scorso. 

Il giorno della fiducia a Mario Monti alla Camera indossava un tailleur rosso, come il giorno in cui giurò da ministro, anzi ministra, come le piaceva essere definita. Due ere politiche che sembrano secoli, due situazioni neanche lontanamente equiparabili. L`unica cosa in comune, oggi con allora, a parte il colore indossato, è «la consapevolezza che bisogna ricostruire tutto ciò che è stato distrutto dal governo di centrodestra». Solo che stavolta i danni «sono enormi, il Paese è nel pieno di una crisi economica senza precedenti» e la politica «deve ritrovare la sua centralità e la sua autorevolezza». E non è detto che sia davvero finita un`epoca. 

L`altro giorno alla Camera lei è sembrata preoccupata. Dubbi sul presente? 
«Diciamo che sono ancora lì a ripetermi che è finito un incubo e che l`aver chiuso con Silvio Berlusconi è una svolta storica». 
Stenta ancora a crederci? 
«Il fatto è che eravamo arrivati a un punto inaudito e insopportabile di degrado della politica. Per questo la data dell`8 novembre con quei 308 voti di Pdl e Lega è davvero storica e non era né scontato né prevedibile che la fine del governo Berlusconi avvenisse in Parlamento e per di più su un documento fondamentale come il Rendiconto dello Stato». 
Il risultato è il governo Monti, che nella sua composizione non conosce precedenti. Solo tecnici. Un fallimento della politica? 
«Questo è un passaggio inedito, quello di Monti è il governo del Presidente perché è evidente a tutti il ruolo fondamentale avuto dal Capo dello Stato in questa fase difficilissima e molto rischiosa per il Paese. E vero, sono tutti ministri tecnici con il compito di rimettere in piedi l`Italia, ma tutto questo è frutto di una iniziativa politica, di una precisa strategia delle opposizioni. E proprio questa può essere l`occasione per legittimare una politica che ormai aveva perso credibilità. Il passaggio che più ho apprezzato nel discorso di Monti è stato quello in cui ha sottolineato che il suo governo vuole aiutare la politica». 
Neanche un dubbio sui rischi che corre il suo partito, il Pd, durante questa fase, lunga non si sa quanto, che potrebbe ridisegnare il quadro politico? 
«Intanto il Pd ha giocato benissimo la sua partita fino ad oggi perché se il governo di Berlusconi è caduto non è solo a causa dell`implosione del Pdl. È caduto grazie al ruolo delle opposizioni che in Parlamento hanno agito con tenacia e compattezza, e il Pd è stato centrale in questa fase. Questo dimostra che quando in politica si ha un pensiero strategico poi arrivano i frutti. Oggi però dobbiamo essere assolutamente lucidi». 
Vietato sbagliare anche solo una mossa. 
«Già, vietato sbagliare. Dobbiamo non soltanto sostenere il governo Monti, ma far sì che sia davvero un governo per l`Italia. Devono esserci riforme e misure che portino rigore, crescita ed equità. Il Pd deve starci con le proprie idee, con il proprio tratto distintivo e non a caso in Aula abbiamo proposto sin da subito di votare una legge con un solo articolo, quella sulla cittadinanza, perché è anche in questo modo che si dà un`idea del cambiamento che è in atto». 
Non c`è il rischio di restare “schiacciati” da questa posizione di grande responsabilità, come l`ha definita il segretario Bersani? 
«Sgombriamo il campo: noi non sosteniamo massimamente questo governo, vogliamo che operi massimamente. E sono due cose diverse. In questo senso la partita è complicata perché dobbiamo essere in grado di praticare i due tempi della politica: far sì che questo governo lavori bene e intanto tenere aperto il cantiere dell`alternativa». 
E chi dovrebbe lavorare con voi al cantiere? 
«La domanda è: a cosa si deve lavorare in questo cantiere? Io credo sia necessario analizzare questa crisi economica, assolutamente inedita, che ci ha imposto categorie nuove. Fino a qualche mese fa nessuno di noi parlava di spread, oggi sono l`argomento quotidiano dell`economia e della politica. Poi, dobbiamo saper interpretare questo cambiamento che è avvenuto, dobbiamo chiederci cosa voglia dire oggi democrazia e quale modello di società vogliamo costruire. Il Pd non può essere appiattito sulle risposte da dare nell`emergenza, deve lavorare ad un nuovo modello di sviluppo, dell`assetto dei poteri e delle istituzioni europee». 
Ma intanto la politica si interroga molto più banalmente su cosa succederà dopo quello che viene definito il governo Monti-Passera e sono in parecchi a sostenere che sarà proprio il ministro allo Sviluppo Economico e le Infrastrutture, il prossimo candidato premier. 
«Credo che sia finalmente esaurito il tempo in cui il tema è quello del papa bianco. L`autorevolezza della politica ha subìto un colpo durissimo, questi ultimi anni sono stati devastanti. Sarebbe meglio concentrarsi su questo».

Intervista sulla sanità: “Questo governo la sta distruggendo”

29 Settembre, 2011 (16:01) | Interviste | Da: Livia Turco

Ecco l’intervista a Livia Turco pubblicata oggi su www.quotidianosanita.it all’indomani dell’approvazione del ddl Fazio in prima lettura alla Camera.  Per Livia Turco non c’è dubbio: “il ddl Fazio ha anche aspetti positivi ma non affronta i veri nodi e soprattutto viene annullato dalla politica di questo governo fatta solo di tagli a sanità e sociale”. 

Onorevole Turco, il ministro Fazio ha presentato questo ddl come una sorta di manutenzione del sistema sanitario, che “va a colmare tutta una serie di lacune che si sono verificate negli anni nell’ambito della sanità”. È così?
È un provvedimento che sicuramente contiene elementi importanti, che abbiamo condiviso, ma definirlo manutenzione è improprio. La manutenzione del sistema sanitario l’avevamo pensata noi, durante il Governo Prodi, con il ddl sulla Promozione della qualità e della sicurezza del sistema sanitario che affrontava le questioni di fondo. Rispondeva a una domanda essenziale: cosa significa un sistema sanitario unitario in un regime di federalismo fiscale? E a questo interrogativo rispondevamo attraverso due assi portanti: l’aggiornamento dei Lea quale responsabilità nazionale a garanzia dell’unitarietà dell’assistenza e con una vera politica di messa in sicurezza del sistema sanitario dal punto di vista della trasparenza, dell’efficienza e della qualittà delle cure.
Il ddl Fazio, invece, si colloca in modo isolato e parziale all’interno di un quadro generale della sanità e del sociale caratterizzato dalla logica dell’abbandono e dei tagli trasversali senza una visione chiara di dove si voglia arrivare e di come si voglia rispondere ai nuovi bisogni e alle nuove complessità sociali ed economiche.
 
Colpa del Governo nel suo complesso quindi?
La nostra posizione sulla politica sanitaria di questo Governo è fortemente critica. Stiamo assistendo alla progressiva riduzione delle risorse per i Lea e per gli investimenti, al taglio insostenibile agli enti locali, al massacro delle politiche sociali e alla cancellazione del fondo per la non autosufficienza. Il Governo pretende di realizzare l’integrazione socio-sanitaria utilizzando le risorse del fondo sanitario nazionale e attraverso una legge delega fiscale e assistenziale che riteniamo assolutamente inappropriata.

L’iter alla Camera per l’approvazione del ddl Omnibus si è svolto tuttavia in modo molto collaborativo.
Certamente, perché il provvedimento contiene elementi che abbiamo molto apprezzato, che peraltro noi abbiamo contribuito a migliorare con molti emendamenti. Si tratta inoltre, in molti casi, di interventi che avevamo già avviato con il precedente Governo. Mi riferisco alla velocizzazione del sistema delle sperimentazioni, alla valorizzazione dei giovani ricercatori e della ricerca di genere, e all’avvio di una riforma importante degli Ordini professionali, che però non si può fare per delega.
 
Perché?
Nonostante nel merito fossimo d’accordo sulla necessità di un riordino degli Ordini professionali, questo è un Governo così screditato che affidargli una delega va ben oltre quello che per noi è possibile fare nonostante la volontà di collaborare.

La commissione Affari Sociali della Camera sta lavorando a un altro importante provvedimento ma dall’iter molto sofferto ed incerto, quello sul governo clinico. Sul nuovo testo proposto dal relatore potrà esserci una collaborazione tra parti politiche?
Direi di no. Non si tratta di mancanza di volontà, ma nonostante sia stato giusto lo stralcio delle norme sull’intramoenia, questo testo resta fortemente insoddisfacente e, se non sarà migliorato, noi continueremo ad opporci alla sua approvazione.

La libera professione è uno dei temi caldi della sanità, sul quale si cerca di intervenire da anni e su cui lei stessa è intervenuta in qualità di ministro della Salute. Secondo lei come va affrontata la questione, tenuto anche conto che il 31 dicembre scadrà la proroga per l’intramoenia allargata?
Bisogna applicare una legge, la n. 120 del 2007, ed è una buona legge. Purtroppo questo è un Paese che dimentica le leggi che approva. Abbiamo sempre giudicato grave la decisione di questo Governo di non applicare la legge 120/2007 ma anzi, di stravolgerla. Abbiamo invece condiviso la scelta di stralciare la riforma dell’intramoenia sia dal Ddl Omnibus che dal Ddl sul governo clinico, ed è proprio questo uno dei fatti che ci ha consentito di collaborare.
Sull’intramoenia non c’è niente da fare se non applicare la legge del Governo di centrosinistra che, trta l’altro, fu approvata con il contributo di una parte dell’attuale Maggioranza.
 
Lucia Conti
 

Biotestamento. “E’ una vendetta postuma contro la Englaro”

12 Luglio, 2011 (12:53) | Interviste | Da: Livia Turco

“In Parlamento contano i numeri e questa legge passerà, ma ormai è stata del tutto svuotata: le Dat non ci sono più perché la maggioranza è animata da un pessimismo antropologico che la spinge a credere che in Italia ci sia una deriva eutanasica”. Così Livia Turco in un’intervista a Quotidiano Sanità (www.quotidianosanita.it) sulla legge sul biotestamento che la Camera si appresta a licenziare oggi. Una legge animata dal  “duo inossidabile Roccella-Binetti” che ha sfiducia nelle persone, nei medici e nella società.
 
Onorevole Turco, che legge è questa che sta uscendo dalla Camera?
Con gli emendamenti Barani-Binetti e con un’emendamento della Commissione di fatto non c’è più la legge sulle Dat, perché tutto si risolve in questo: un documento su cui una persona scrive le proprie riflessioni affinchè il medico non pratichi l’accanimento terapeutico. Tutto qui. Non si parla di volontà sui trattamenti ma si dice che nelle Dat vengono scritte le riflessioni, gli orientamenti, in modo che non si applichino interventi sproporzionati o di tipo sperimentale. Quindi la Dat non c’è più. In più si cancella il piccolo tentativo che il relatore, l’onorevole Di Virgilio, aveva fatto di apertura della “platea” e si dice che le Dat assumono rilievo soltanto per gli stati vegetativi persistenti e gravi, cioè le situazioni di stato vegetativo terminale. Questa legge potrebbe avere un preciso nome si chiama “vendetta postuma contro Eluana Englaro”. Non è una legge sulle Dat, che non ci sono più, ma c’è scritto che al medico è vietato applicare qualsiasi sospensione della nutrizione quando si è nella fase di stato vegetativo persistente a meno che una persona non stia morendo. Questo è quello che verrà fuori con il voto finale.
 
Una simile legge, non c’è il rischio, o la speranza a seconda dei punti di vista, che poi venga modificata da sentenze successive come è successo per la legge 40/2004?
Questa legge vuole soltanto vendicarsi della vicenda di Eluana Englaro. Ripropone pari, pari il testo del decreto che Berlusconi propose al Presidente Napolitano e che questi non firmò. Non ci siamo mossi un passo da lì. L’unico obiettivo è impedire che ci sia un altro caso Eluana Englaro.
 
Ma tutto questo è sufficiente a giustificare un simile acccanimento?
La visione di questi signori, in particolare del duo inossidabile Roccella-Binetti, è una visione dell’Italia che non corrisponde alla realtà per cui ci sarebbe una deriva eutanasica e il problema per loro è di fermare questa deriva eutanasica. Il pessimismo antropologico è alla base della legge: sfiducia nelle persone e sfiducia nei medici, come se i medici dovesssero essere bloccati perché altrimenti chissà quali interventi eutanasici farebbero. Questo è il punto: la visione che ha la maggioranza della società,  del Paese, delle persone.
 
Ormai non c’è più niente da fare?
Non vorrei dire una cosa banale ma la demcrazia è un fatto di numeri. Sono due anni che la legge è in Parlamento, abbiamo fatto una strenua battaglia di opposizione e di proposta alternativa ispirandoci al modello tedesco proponendo una legge di indirizzi incentrata sulla relazione di fiducia tra medico, paziente e fiduciario. Sono due anni che la legge è alla Camera ci siamo battuti, abbiamo fatto l’ostruzionismo cercando di far allungare i tempi, ce le siamo inventate di tutti i colori e soprattutto, ripeto, abbiamo presentato una proposta alternativa, dopodichè in Parlamento esistono i numeri.
 
Al Senato secondo lei cosa succederà?
La nostra parola parola d’ordine è “meglio nessuna legge che una brutta legge”, perché questa è indicibilmente pessima. Io credo che al Senato si farà di tutto per non farla passare e per impedire che sia approvata ma c’è una brutta furia ideologica. 
 

Biotestamento. Turco (Pd): “Legge tutta da riscrivere”

2 Maggio, 2011 (11:25) | Interviste | Da: Livia Turco

“Chiediamo un testo nuovo, ispirato al ‘diritto mite’. Perché lo Stato non deve intromettersi nel fine vita”. Così l’ex ministro della Salute, intervistata da www.quotidianosanita.it,  che assicura che sarà questa la posizione che il Partito Democratico porterà in Aula alla ripresa del dibattito sul biotestamento all’indomani delle amministrative di metà maggio. E sulle divisioni interne al partito: “Non esiste alcuna spaccatura nel Pd. Esiste pluralità di opinioni e libertà di coscienza”.
 
Onorevole Turco, cosa ne pensa dell’accelerazione imposta alla discussione del ddl sul biotestamento, per la quale si è speso anche Berlusconi con una lettera inviata ai singoli parlamentari del Pdl invitandoli a sostenere la legge?
L’aspetto smaccatamente elettoralista l’ha evidenziato il centrodestra stesso. Abbiamo assistito a una vera beffa, dove da una parte si è insistito per discutere il ddl e dall’altra se ne è chiesto l’immediato blocco per rinviare il testo alla commissione Bilancio. La verità è che l’orologio che anima questa legge è quello della convenienza politica. Non credo sia un caso se l’avvio dell’esame è stato calendarizzato in coincidenza con l’appuntamento elettorale per le amministrative di metà maggio. Come fu fatto con la RU486 nella precedente tornata elettorale per le regionali, la Maggioranza sta cercando di strumentalizzare il testamento biologico per raccogliere voti.

Secondo lei, dunque, la Maggioranza non ha una reale volontà di arrivare a una legge?
L’intento è quello di avere un’arma in più da giocarsi nella campagna elettorale. Sia in queste settimane precedenti il voto del 15 e 16 maggio, che dopo, quando il dibattito parlamentare coinciderà con i ballottaggi. La Maggioranza ha bisogno evidentemente di uno scalpo elettorale da giocare, soprattutto a Milano, ma anche in altre realtà.

Qual è il punto del ddl che ha richiesto il parere della commissione Bilancio?
Come sempre il centrodestra parla con grande facilità delle politiche di sostegno alle persone, ma quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, scopre il suo vero volto. Nello specifico, l’articolo 5 del ddl sul testamento biologico prevede il miglioramento dell’assistenza alle persone in stato vegetativo. Si tratta di un nostro emendamento, che la Maggioranza non poteva rifiutare, ma è evidente che questo ha un costo e non può avvenire, come la Maggioranza pretende, “senza maggiori oneri per lo Stato”.

Quali sono gli aspetti del ddl più critici?
È l’impianto stesso della legge a non essere condivisibile, perché nega le volontà del paziente affermando che le Dat hanno un puro valore orientativo sia per il medico che per i familiari e il fiduciario. Negando la volontà del paziente si nega anche la relazione di fiducia tra medico e paziente mentre, come è scritto nel Codice deontologico dei medici e come dalla comunità medica è stato più volte ribadito, l’alleanza terapeutica alla base del testamento biologico si fonda essenzialmente sulla capacità di ascolto e sulla relazione con il paziente.
Nel ddl, inoltre, da una parte si esalta la funzione dei medici ma dall’altra si tira in ballo il codice penale perché si teme che i medici compiano atti di eutanasia. È insito un profondo sospetto nei confronti dei medici, ignorando che tutta la deontologia medica è orientata a promuovere la salute e non certo a danneggiarla.
Non condividiamo, poi, la decisione di escludere dalle Dat sempre e comunque la nutrizione e l’alimentazione artificiale, salvo non risultino più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo. Secondo noi anche questi due elementi devono costituire materia di Dichiarazione anticipata di trattamento.

Sarà una battaglia che condurrete emendamento dopo emendamento?
Abbiamo presentato un pacchetto di emendamenti che configura una proposta alternativa, a partire dalla richiesta di sopprimere l’intera legge per arrivare a un solo articolo che indichi i principi e i valori su cui impostare una legge in materia.
Chiediamo un testo nuovo, ispirato al cosiddetto “diritto mite”, cioè a una legislazione che non sia intrusiva ma di indirizzo e non ponga divieti ed ostacoli. Perché lo Stato non deve intromettersi nel fine vita e nella vita privata delle persone. Tanto meno decidere.

Una legge mite non rischia di creare un’incertezza che potrebbe inasprire il rapporto tra medico e paziente e quindi portare la risoluzione dei singoli casi in tribunale?
Esattamente il contrario. Una legge mite è una legge che proprio perché non si intromette nella vita delle persone e non dice al medico cosa deve o non deve fare, apre un importante spazio alla relazione di fiducia medico-pazienti-familiari. È in quello spazio che si troverà soluzione, caso per caso. Perché quel che deve accadermi non lo deve decidere una legge. Né un giudice. Ma sarà deciso sulla base delle mie volontà e dell’alleanza tra i soggetti coinvolti. Partendo da un presupposto: la volontà del paziente non può essere solo tenuta in conto, come dice il ddl del centrodestra. Le volontà del paziente devono essere impegnative per il medico, per i familiari, per il fiduciario. Ma questo non vuol dire neanche che devono essere rigidamente vincolanti per il medico. Nessuno intende estromettere la scienza e la coscienza del medico. Una volontà “impegnativa” si realizza nella relazione di fiducia tra tutte le parti.

Nella scorsa seduta dell’Aula abbiamo assistito a una spaccatura all’interno del Pd, con alcuni esponenti che non hanno votato le pregiudiziali di costituzionalità. Crede che alla fine il Pd riuscirà a trovare una posizione compatta per il voto sul ddl?
Non esiste alcuna spaccatura nel Pd. Esiste pluralità di opinioni e libertà di coscienza. All’interno di questa libertà c’è, però, una posizione prevalente elaborata nel corso di un lungo periodo e di un profondo confronto.
Il testamento biologico è stato oggetto di grande discussione e cura da parte del Partito Democratico, dove è si praticata quell’idea di confronto, di mediazione e di reciproco ascolto che ha portato alla costruzione di una posizione più avanzata. Parlare di “diritto mite”, di “relazione di fiducia tra medico e paziente”, usare il termine “impegnativo”, testimonia la volontà di compiere un passo avanti rispetto a impostazioni radicate in una certa tradizione della sinistra e da un lato e del cattolicesimo dall’altro. È una posizione innovativa sostenuta da una maggioranza nettamente prevalente nel Partito.
Il Pd, poi, non è un partito in cui il leader impone posizioni e scrive lettere alla vigilia delle elezioni, per cui continuerà ad esserci la libera espressione da parte di tutti anche se è evidente che le posizioni non si esprimono solo a parole, ma anche con il voto. Credo, tuttavia, che alla fine il Pd troverà una posizione prevalente anche nel voto.

L.C.

Stati Vegetativi: una provocazione scegliere quella data

10 Febbraio, 2011 (12:00) | Interviste | Da: Livia Turco

“Una Giornata come questa dovrebbe essere dedicata alla riflessione e, soprattutto, a iniziative concrete di sostegno alle famiglie che hanno persone in stato vegetativo da assistere”. “Ma il Governo ha scelto la via della provocazione”. Così, in un’intervsta a Quotidiano Sanità, Livia Turco ha commentato la scelta del Governo di far coincidere la Giornata nazionale degli Stati Vegetativi, celebrata ieri, con la data della morte di Eluana Englaro avvenuta il 9 febbraio 2009.

 Leggi l’intervista su: http://www.quotidianosanita.it/cronache/articolo.php?articolo_id=2794&&cat_1=1&&cat_2=0&&tipo=articolo

Immigrazione. I “nuovi” cittadini in Parlamento

1 Febbraio, 2011 (10:59) | Interviste | Da: Livia Turco

“Il Pd deve portare nuovi cittadini in Parlamento”, questo l’auspicio di Livia Turco in un’intervista al sito del Forum Immigrazione del Pd, www.immigrazione.forumpd.it,  all’indomani del Click Day che potete leggere anche qui.

“Questi flussi sono la clamorosa smentita della politica del governo, che per due anni ha chiuso i rubinetti degli ingressi regolari gridando “stop ai lavoratori immigrati, prima gli italiani”. Una campagna che ha fatto gravi danni, e ora la forza dei fatti costringe il governo a fare retromarcia”.

La pensa così Livia Turco, responsabile immigrazione del Partito Democratico, nel primo dei clic day che dovrebbero far arrivare in Italia (o regolarizzare) centomila lavoratori immigrati.

Meglio tardi che mai?
Non credo che questo basterà a risolvere i problemi di domanda di lavoro immigrato che c’è nel nostro Paese. Ed è grave che il decreto flussi non sia passato nelle aule parlamentari e che tutto sia stato fatto al di fuori della programmazione delle politiche migratorie prevista dal testo unico sull’immigrazione. Una vera programmazione è indispensabile per governare l’ immigrazione legale e combattere le paure dei cittadini.

Lei parla di domanda di lavoratori stranieri. Ma non c’è, piuttosto, per l’ennesima volta, il bisogno di dare un permesso di soggiorno a migliaia di clandestini?
Ci sono entrambe le cose. C’è la domanda di nuovi lavoratori immigrati, ma anche l’esigenza di regolarizzare molti irregolari. Irregolari che non sono delinquenti, ma semplicemente il risultato della combinazione tra lo stop agli ingressi regolari e la complessità delle procedure, che spingono aziende e famiglie ad assumere in nero.

Voi avevate chiesto in Parlamento una nuova regolarizzazione.
Noi abbiamo presentato un ordine del giorno e un disegno di legge per una regolarizzazione mirata in settori con più richiesta di lavoro immigrato e forti aree di irregolarità, come quelli agricolo e manifatturiero. Di fatto vorremmo estendere ad altri settori, individuati dal governo, la regolarizzazione già fatta per colf e badanti. Insisteremo ancora su questo.

I flussi non rispondono già a questa richiesta?
Sì, ma sono una risposta parziale e insufficiente. Tra l’altro, i lavoratori che sono già qui dovranno tornare in patria a prendere il visto, con un aggravio di procedure, costi e fatiche.

Sono partiti i primi testi di italiano per le carta di soggiorno. È giusto chiedere agli immigrati di imparare la nostra lingua?
Credo di sì. Soprattutto, è una grande opportunità che deve essere data a tutti gli immigrati, un tema che non deve ridursi solo al test. Noi vogliamo un piano nazionale per l’insegnamento della lingua e della cultura italiana agli immigrati, con corsi gratuiti organizzati dagli enti locali. Gli immigrati devono essere sollecitati a seguirli, devono averne le opportunità e non deve essere lasciato tutto sulle spalle del volontariato o dei Centri territoriali permanenti, già colpiti duramente dai tagli alla scuola pubblica.

Chi lavora come potrebbe trovare il tempo di imparare anche l’italiano?
Il nostro piano prevede anche che le aziende promuovano i corsi e che gli immigrati possano seguirli all’interno delle centocinquanta ore di permessi retribuiti previste per motivi di studio.

Chi pagherebbe i corsi?
Abbiamo previsto uno stanziamento 30 milioni di euro dal 2011. Deve esserci un fondo pubblico a cui concorrono governo e regioni, si può prevedere inoltre che vi confluiscano risorse private e parte di contributi versati dagli stessi lavoratori stranieri all’inps.

La direttiva europea sui rimpatri non è stata recepita in tempo e ora diverse procure stanno bloccando gli arresti dei clandestini. Che ne pensa?
Quella direttiva è una smentita clamorosa della Bossi-Fini, bisogna cambiare la legislazione italiana e questo è un duro colpo per la politica del governo. Non credo che la gestione di questo grande tema vada lasciata alla discrezionalità di magistrati che valutino e interpretino di volta in volta la direttiva. Bisogna prenderne atto e adeguare subito la legislazione italiana.

Maroni ha annunciato contromisure. Crede che il governo si adeguerà?
Non credo, vedo purtroppo il rischio di un ennesimo braccio di ferro con l’Europa, come per altre norme del pacchetto sicurezza.

Il Pd ha stretto un accordo con il Psd romeno per coinvolgere i romeni in Italia, anche in vista delle elezioni amministrative. Inoltre vi siete impegnati a candidare un italo-romeno in Parlamento…

Quell’accordo è coerente con la nostra battaglia per il diritto di voto degli stranieri. Qui poi parliamo di cittadini europei, della più grande comunità nel nostro Paese, bisogna coinvolgerli direttamente nella vita politica. Non possiamo demandare tutto a proposte di legge e petizioni e aspettare che in Parlamento ci sia maggioranza per il diritto di voto. Intanto facciamo crescere la cultura della cittadinanza e della partecipazione.

L’Italia è pronta per un parlamentare romeno?
Penso proprio di sì, e credo che il Pd debba candidare anche persone originarie di altri Paesi. È una battaglia che ho sempre portato avanti e stavolta vorrei essere più ascoltata dal mio partito rispetto al passato. L’idea di una nuova Italia e di una nuova classe dirigente deve prevedere anche nuovi cittadini in parlamento, non soltanto uno.

Eppure qualche giorno fa Walter Veltroni ha puntato il dito contro i cinesi che votavano alle primarie a Napoli come se fossero la spia di brogli elettorali. Non stona un po’ con le dichiarazioni di principio del suo partito?
Quella è stata una battuta infelice, l’applicazione di uno stereotipo. Gli immigrati possono votare alle primarie e i cinesi in fila sono un segnale di integrazione nel nostro Paese, testimoniano la voglia di partecipare. Io, diversamente da Veltroni, ho pensato che chi è riuscito a portarli alle urne ha fatto un buon lavoro con la comunità cinese.