di Livia Turco, da l’Unità dell’11 novembre 2013
Perché è importante nell’Italia di oggi un partito che sia comunità, soggetto collettivo che promuova una politica popolare, che attivi la militanza ed in cui le persone si iscrivano? Oggi, non ieri. Non è questione di nostalgia per le proprie tradizioni. Parliamo dell`oggi, di questa nostra Italia. Guardiamola ed ascoltiamo ciò che ci dice. C`è una domanda fortissima di giustizia sociale, di dignità; ci sono situazioni di profonda solitudine e di sofferenza.
C`è una estraneità dalla politica ed un silenzio vissuti soprattutto da chi è debole, è ai margini, vive tutto il suo tempo con l`assillo del reddito che manca, del lavoro che non c`è. C`è l`Italia del coraggio e dei talenti, di chi, imprenditore, lavoratore, operatore sanitario e sociale, si rimbocca le maniche ed inventa nuove strategie, nuovi stili di vita, nuovi beni o riscopre beni trascurati come la natura e l`uso del tempo. Il problema è, allora, come far sentire la politica utile a chi soffre ed è estraneo, rendendolo protagonista del suo destino, e come valorizzare le competenze e l`ingegno di chi inventa e costruisce strade nuove.
Sono due facce della stessa medaglia. È la sfida di una democrazia che voglia mantenere fede al suo ideale egualitario, eguaglianza di dignità e di opportunità. È la sfida di una democrazia inclusiva. Quella limpidamente scritta nell`articolo 3 della nostra Costituzione, in particolare nel suo secondo comma. Se il tema fondamentale dell`Italia e dell`Europa è la lotta alle diseguaglianze, per creare sviluppo e giustizia sociale non bastano politiche economiche e sociali che abbiano chiaro questo obiettivo.
Bisogna affermare una visione della società, un `idea, un progetto che metta al centro la dignità della persona e del lavoro. La rivoluzione della dignità come ci propone Gianni Cuperlo nella sua mozione. In particolare è necessario che rinasca un protagonismo sociale, che si ricostruisca a partire dalla vita delle persone una «pratica sociale del cambiamento». Questo è l`oggetto della militanza. Che si è smarrito perché, a partire dalla fine degli anni `80 si è frantumato l`agire collettivo. Con la crisi dei grandi e tradizionali soggetti collettivi, con la crisi e l`esaurimento dei movimenti. Sono prevalsi successivamente, anche per l`avvento della società liquida e della atomizzazione del mondo del lavoro, l`isolamento, l`individualismo, la cultura del fare da sé.
Bisogna ricostruire, rendere efficace e dotare di senso l`azione sociale, la pratica sociale del cambiamento. Ricostruire attori sociali. Ascoltare quelli e quelle che agiscono, sono all`opera, anche se lo fanno in modo silenzioso. Penso alle donne ed al volontariato. È un tema questo che riguarda il Pd? Io penso di si. Se lo riguarda allora bisogna chiedersi come, ad esempio, si combatté la povertà nel proprio territorio, come si costruisce convivenza tra italiani ed immigrati nel proprio quartiere, come si dà dignità al lavoro nel proprio luogo di lavoro, come si valorizza la formazione nella propria scuola.
Bisogna mettere i rete queste esperienze, per realizzare scambi di pensieri ed esperienze e produrre nuovi pensieri, nuova cultura. Bisogna ricostruire la pratica della collaborazione come scrive R.Sennet nel suo bel libro «Insieme». Trarre vantaggio dall`essere insieme, realizzare ciò che non si riuscirebbe a fare da soli. Bisogna essere curiosi ed umili, imparare da chi ogni giorno pratica la solidarietà ed inventa nuovi linguaggi. Per fare questo non basta un partito che consulti ogni tanto i cittadini, che consenta loro di eleggere i dirigenti ed i candidati alle primarie.
C`e`bisogno di un partito che abbia l`autorevolezza e la capacità di chiedere alle persone di dedicare un po` del proprio tempo, della propria passione civile, dei propri sentimenti, delle proprie competenze per costruire il cambiamento nel proprio ambiente di vita e di lavoro. Oltre che per il Paese intero. Questo è il senso della militanza. Altrochè zavorra del passato. Essa oggi è l`espressione più genuina ed autentica della politica come bene comune e come servizio. È volontariato per gli altri e non solo manifestazione dell` «io», della propria voglia di esserci e contare. Per questo chi decide di condividere e praticare un progetto di cambiamento, di costruire una comunità e lavora per gli altri non può solo essere ascoltato dai suoi dirigenti né può essere messo sullo stesso piano di chi intende e pratica la politica solo come scelta del suo leader.
Livia Turco