Il Blog di Livia Turco

www.liviaturco.it



Categoria: Articoli pubblicati

Intervista a il Manifesto sulle primarie del PD

1 Marzo, 2023 (09:52) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Nella notte delle primarie Livia Turco, ex ministra della Salute, era al comitato Schlein. Così come era presente a diverse iniziative della neosegretaria, di cui è stata una grande sostenitrice fin dall’inizio. (Intervista di Andrea Carugati pubblicata su il Manifesto)

Si aspettava questo risultato?

Sì, perché col passare delle settimane avevo sentito crescere curiosità e consenso verso questa candidatura. Soprattutto fuori dai luoghi tradizionali del Pd, nel mondo del sociale, delle associazioni, tra persone che se n’erano andate dal partito. Direi nel popolo di sinistra che esiste ancora, cercava un punto di riferimento e l’ha trovato. Ho scelto subito Elly perché mi è parsa come la migliore risposta alla salita a palazzo Chigi di Giorgia Meloni.

Perché la migliore risposta? Solo per una questione di genere?

La questione di genere è molto politica. Per me e per tante donne di sinistra è stata una profonda umiliazione che la prima donna premier venisse da un partito che rivendica la fiamma tricolore nel simbolo. La fiamma di un partito che ha sempre contrastato le conquiste delle donne. Sentivo il bisogno di un riscatto. E ora nessuno potrà più dire che le donne di sinistra sono tappeti ai piedi degli uomini. Si è coronato il sogno di una vita, è stato il compimento di una storia.

Un traguardo, la leadership, che voi non avete conquistato.

Berlinguer nel 1981 parlava del rapporto tra il partito e le determinate fasi storiche. tutte le battaglie vanno parametrate al contesto storico. La leadership non era in cima ai nostri pensieri, avevamo l’ossessione di fare battaglie per modernizzare il paese. Spero non si cada nella tentazione di utilizzare il successo di Elly per liquidare le lotte delle donne che sono venute prima: il suo successo è anche frutto di quella storia.

Cosa l’ha convinta nel programma della neosegretaria?

Il suo programma certo, ma anche la novità e la credibilità che porta una donna di una donna figlia di una generazione che non porta solo sofferenze, ma anche potenzialità. La sinistra rinasce solo se saprà essere interlocutrice e rappresentante di questa generazione e dei suoi problemi. Di Schlein mi ha colpito il modo in cui ha saputo coniugare giustizia sociale e difesa del clima e la nettezza nella lotta alla precariertà. Da lei ho imparato questo approccio nuovo che non c’era nella nostra generazione. E poi mi è parsa coerente sull’immigrazione: si è sempre battuta contro il finanziamenti alla guardia costiera libica.

Bonaccini ha pagato l’assenza di critiche verso le scelte del passato?

Premetto che ho stima per lui e per il modo in cui ha partecipato a questo congresso. Ma il suo approccio sul passato non mi è parso convincente, dire “io non c’ero” non bastava, non mandava un messaggio di innovazione. Nell’era del governo Meloni ha pesato molto che Schlein fosse una giovane donna che non c’entrava con le scelte del Pd degli ultimi anni. 

Come immagina il Pd di Schlein?

Spero che sia unito e dia subito il senso di una nuova politica popolare, in viaggio nella società italiana, a stretto contatta con i luoghi di lavoro, gli ospedali, le universitàa. C’è un grande lavoro di ricucitura da fare. E poi mi auguro che prenda di petto il tema dell’immigrazione. Serve una proposta forte per una nuova legge che sostituisca la Bossi- Fini, il Pd non deve più avere imbarazzi o reticenza nel parlare di questo tema. Vorrei un Pd che esce della retorica della fresi fatte e abbia una politica sull’immigrazione, che è un fatto strutturale, che non si può affrontare sempre con la logica dell’emergenza: bisogna sfidare le paure. Immagino una grande conferenza nazionale per chiamare a raccolta le associazioni, gli esperti.

Vede rischi di scissione?

Credo che nel partito prevalga largamente lo spirito unitario, che riguarda sia i nativi democratici sia chi viene da storie precedenti. Vorrei che si rilanciasse lo spirito dell’Ulivo per elaborare pensieri nuovi. Il Papa per primo parla di immigrazione e lotta alle povertà, il pensiero cattolico democratico può dare un contributo enorme a partire dalla lotta alle diseguaglianze. Non c’è nessuna ragione perché le culture fondative del Pd che stanno insieme da 15 anni si dividano.

Cambierà la linea sulla guerra?

No, credo che Schlein saprà interpretare il sentimento pacifista che c’è nel nostro popolo ma nella nettezza della scelta di campo a favore dell’Ucraina. Oggi le parole d’ordine devono essere dialogo e negoziato per arrivare a un cessate il fuoco. Questa sarà la nostra priorità, bisogna fare di tutto per fermare l’escalation militare.

Il terzo polo sogna di rubare voti a un Pd molto più orientato a sinistra.

Un approccio politicista che non porta da nessuna parte. Il compito di Elly è tenere unito il Pd, dare battaglia al governo sui temi concreti e cercare convergenze con tutte le opposizioni su temi come il salario minimo. Il resto non conta.

Si può dire che da domenica una certa idea di «riformismo» è stata archiviata?

Ho imparato questa parola nel Pci, quando significava dare concretezza alle battaglie per migliorare vita dei più deboli. In questi ultimi anni è prevalsa l’idea di un riformismo contro la sinistra, che lodava Marchionne e considerava i sindacati come preistoria. Ecco, questa visione è stata finalmente archiviata.

 

Elly Schlein, Prima donna segretaria del PD

1 Marzo, 2023 (09:40) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Elly Schlein, prima donna segretaria del PD(e dei partiti costitutivi dell’Ulivo) rappresenta una novità storica. Non solo perché è prima, ma per come è diventata prima. 

Ha messo in gioco coraggio ed ambizione personale  facendo crescere attorno a sé una comunità con cui ha costruito e condiviso il suo progetto politico. Scommette sulla politica del Noi.

Ha praticato i luoghi della società, non solo nella campagna elettorale ma in tutta la sua storia politica. Intende cimentarsi  con le sfide del nostro tempo con gli occhi e lo sguardo di oggi, della sua generazione, questa generazione della precarietà, che coinvolge sia i giovani più poveri e meno istruiti sia i giovani che hanno avuto la possibilità di formarsi e di valorizzare i propri talenti ma li vedono troppe volte sviliti, impediti a realizzare i loro progetti ed a pensare il futuro.

Elly mette  in gioco il suo essere donna femminista per un progetto di netto cambiamento della società, ha intercettato un desiderio femminile di “riconoscimento” delle battaglie compiute nel corso degli anni con tanta generosità ed impegno contro la destra che oggi è al governo, battaglie che hanno realizzato le riforme più importanti del nostro paese. Ha intercettato un desiderio femminile di rinnovamento della politica e di riconoscimento da parte della politica, a partire dalla sinistra, dell’autorevolezza delle donne.

Questa incapacità di riconoscere l’autorevolezza femminile è la scoria dura del maschilismo che permane, perché riconoscere l’autorevolezza delle donne significa mettere in discussione se stessi ed il proprio potere. Per capire che non è enfatico parlare di rottura storica basta leggere la storia  della nostra Repubblica.

Si scoprirà cosi che le donne del PCI, PDS, DS non furono animate dalla passione politica per diventare segretaria del partito, questo obiettivo non era in cima ai loro pensieri.

La loro passione politica era rivolta a modernizzare il loro paese, a cambiare la politica attraverso la promozione di una vivace politica popolare. E ci riuscirono, insieme alle donne cattoliche e socialiste. Immerse nel e contaminate dal femminismo.

Per evitare una lettura liquidatoria sulla storia delle donne di sinistra, ma anche delle donne cattoliche, che non riuscirono nel traguardo di eleggere nel corso di tanti anni una donna segretaria vale la pena di rammentare una affermazione di Enrico Berlinguer “Rinnovamento della politica, rinnovamento del PCI”, Rinascita del 1981 “Le scelte del partito di massa e la sua azione si riferiscono  alla determinata situazione storica e politica del paese, ad una determinata condizione della società, ad un determinato stadio del costume, ad una determinata fase economica, e ad un determinato livello di coscienza del popolo italiano”.

Dunque il traguardo storico di Elly non costituisce una rottura rispetto alla storia delle donne del Centrosinistra, semmai un compimento, reso possibile proprio da quella storia. Dalle battaglie femministe per la libertà delle donne.

La storia ci dice anche che il PCI ebbe una donna segretaria, Camilla Ravera, seppure in condizioni particolari quando si  forma l’organizzazione clandestina del partito per combattere il fascismo, nel 1927, e la stessa fu la prima donna senatrice a vita nominata da Sandro Pertini nel 1982.

Giglia Tedesco fu Presidente del PDS e poi dei DS. Adriana Seroni, responsabile dell’organizzazione, la sottoscritta entrò a far parte della mitica segreteria del PCI a 32 anni chiamata da Alessandro Natta.

Le donne della sinistra si batterono per promuovere una LAEDERSHIP DIFFUSA, con tante donne ,a tutti i livelli delle istituzioni. Scontrandosi con il maschilismo e le arretratezze del partito. L’obiettivo e la passione politica erano quelle di costruire un rinnovamento profondo della società a misura di donne e uomini,  far contare la forza delle donne, innovare la cultura politica della sinistra.

I fatti e la storia dicono che abbiamo ottenuto risultati importanti, che andrebbero di più studiati e fatti conoscere.

Ci fu un limite in quella storia: amavamo il NOI, vivemmo la bellezza della sorellanza ma non fummo in grado  di mettere in gioco l’ambizione personale per misurarci in prima persona con la leadership del partito.

Altrettanto si può dire per le donne cattoliche che insieme a Tina Anselmi ebbero ministre importanti e personalità con un grande ruolo nel partito come Rosa Russo Jervolino che fu Presidente del Partito nel difficile passaggio dalla DC al Partito Popolare durante la segreteria Martinazzoli e poi reggente del partito difronte alle sue dimissioni e prima donna Ministra all’Interno.

Fu importante il ruolo delle donne nella costruzione dell’Ulivo  e poi nella nascita del PD. Rosy Bindi ne fu autorevole Presidente.

Credo vada riconosciuto che negli anni del PD, quella storia collettiva delle donne si è affievolita, per non dire interrotta.

Prevalse l’idea che il tetto di cristallo fosse rotto e ciascuna potesse condurre il gioco da sé in alleanza con gli uomini. Ruoli apicali e di Ministre importanti, senza precedenti, ma che  mancando il patto tra donne nel partito e con le donne dei movimenti ne hanno vista affievolita l’efficacia.

Ma anche in questi anni difficili le donne del PD e della sinistra ci sono state ,nelle battaglie nel partito e nella società.

Oggi Elly vince con la forza del coraggio individuale e con la forza del Noi. Ci conferma che questa è la strada da seguire per affermare una leadership efficace. Anche a questo proposito la storia ce lo conferma.

Come l’esempio e l’eredità di Tina Anselmi e Nilde Iotti, la rottura storica di Elly segretaria del PD è in realtà il compimento di una lunga  storia di lotte e di battaglie.

Un catena generazionale che lei ha riconosciuto nelle sue parole.

Una innovazione profonda  che sarà bella ed efficace se saprà, con la nuova generazione di cui Elly è espressione, costruire una nuova politica popolare, per tessere un legame intenso e profondo tra la politica e la vita delle persone.

Livia Turco

Articolo pubblicato su Strisciarossa 

Rileggere Enrico Berlinguer

23 Maggio, 2022 (10:28) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

“Il tempo, grande scultore”, di Marguerite Yourcenar, racconta come lo scorrere del tempo illumina il senso profondo, non transitorio dei pensieri e delle azioni umane. In questo nostro tempo, in cui abbiamo vissuto l’imprevisto più duro, leggere i pensieri di Enrico Berlinguer su taluni temi cruciali come la pace nel mondo, la costruzione di un nuovo modello di sviluppo incentrato sui beni comuni, la moralità della politica, conferma che il tempo è davvero grande scultore. Nel senso che restituisce la forza di pensieri che sono stati lungimiranti. Come quelli elaborati e tenacemente perseguiti dal grande dirigente comunista.

Pensieri elaborati nel vivo della battaglia politica misurandosi con le storture dello sviluppo capitalistico, le ferite sociali, le impetuose domande di cambiamento che nel corso degli anni settanta ed ottanta avevano posto i lavoratori, i giovani, le donne, le novità emerse nel mondo cattolico. Ciò che in Enrico Berlinguer alimenta l’elaborazione di pensieri che permangono nel tempo è la pratica politica, la sua “cura etica” del giorno per giorno, la presa in carico della vita concreta delle persone, la moralità dell’azione politica, lo sguardo che va in profondità e cerca di capire l’impatto che i processi in corso avranno sul futuro. Per Berlinguer la struttura del mondo viene definita da due caratteristiche principali: lo sviluppo dell’ordinamento nucleare che minaccia lo sterminio universale; il divario crescente tra aree ad alta industrializzazione ed il terzo mondo, cui aggiungerà negli ultimi anni la rivoluzione scientifica e tecnologica. A partire da qui avanza la proposta di un governo mondiale e nel 1982 sollecita il PCI ad elaborare la Carta per un nuovo ordine economico e politico internazionale.

Un’ idea, quella della Carta per un nuovo ordine mondiale, che comincia a maturare alla fine degli anni settanta e che si intreccia con l’affermazione del valore universale della democrazia, con la costruzione di una politica europea che solleciti la distensione tra le due superpotenze-USA ed URSS- a partire da una riduzione degli armamenti e ed una politica di una cooperazione con i paesi del Sud del mondo per renderli attori, alla pari, della costruzione di un nuovo sviluppo economico mondiale. Colpisce leggere oggi il discorso che Enrico Berlinguer pronunciò a Strasburgo, nel Parlamento Europeo, contro l’intervento sovietico in Afghanistan, (16 gennaio 1980), in cui riflette su qual è il ruolo dell’Europa e come si sta nella Nato. Insieme alla netta condanna della invasione da parte dell’Unione Sovietica in Afghanistan esprime profonda preoccupazione per la corsa agli armamenti attivata da Usa ed Urss e l’inasprirsi del conflitto tra le due superpotenze.

“Si è come in presenza di una intensificata militarizzazione della politica e dello stesso pensiero politico…Bisogna aprire la via del dialogo e del negoziato. Per fare questo è necessaria una politica europea che sia di moderazione, di saggezza, e di iniziativa costruttiva”.

“E’ in questa direzione che deve andare la politica europea, promuovendo iniziative, anche nuove, per il disarmo; rifiutando ogni forma e tentazione di neo colonialismo; stabilendo con i popoli e i paesi del Terzo mondo uno schema di rapporti fondati non sul semplice aiuto ma sull’uguaglianza e la cooperazione reciprocamente vantaggiosa. Ma bisogna anche dare la prova di comprendere che la causa della pace e della giustizia nel mondo non tollera più quei privilegi e quegli sprechi, quei modelli di vita e di consumi propri della società industrializzate, i quali offendono feriscono e suscitano la legittima reazione di grandi masse umane, di interi continenti”.

La pace, il governo mondiale si intreccia con il tema di un nuovo modello di sviluppo di cui leva è una politica di austerità . “Abbandonare l’illusione che sia possibile perpetrare un tipo di sviluppo fondato su quella artificiosa espansione dei consumi individuali che è fonte di sprechi, di parassitismi, di privilegi, di dissipazione delle risorse, di dissesto finanziario. Bisogna promuovere un modello di sviluppo che sia ispirato e guidato dai principi della massima produttività generale, della razionalità, del rigore, della giustizia, del godimento di beni autentici quali sono la cultura, l’istruzione, la salute, un libero e sano rapporto con la natura” (gennaio 1977).

Le battaglie delle donne in particolare hanno messo in evidenza che i problemi che scandiscono la vita umana vanno oltre la dimensione economica e sociale, riguardano le relazioni tra donne e uomini, tra genitori e figli, le relazioni famigliari, la dimensione affettiva delle persone. Riguardano la qualità dei tempi di vita, in particolare il rapporto tra il tempo di lavoro ed il tempo della cura. Cura delle persone e cura dell’ambiente e delle città, dei borghi, delle periferie, delle campagne in cui le persone vivono. Riguardano la qualità del welfare, per garantire i fondamentali diritti sociali come la salute, la formazione, i servizi sociali. Il diritto al lavoro e la qualità del lavoro. Le battaglie delle donne sono state capaci di tenere insieme i diritti civili ed i diritti sociali.

Dunque bisogna “allargare i confini” della politica, dotarsi di un progetto di trasformazione sociale che sia di liberazione umana. Ma per fare questo bisogna contrastare una concezione e pratica povera e riduttiva della politica, quella per cui essa viene ridotta “ai rapporti, ai giochi tra i partiti , tra maggioranza ed opposizione e tutto finisce lì.”

Bisogna ascoltare e fare pesare nell’agenda politica le domande di una vita dignitosa che provengono da strati sociali diversi, da movimenti animati da nuove culture come quella ecologista e pacifista. Bisogna che esse incidano nell’agenda politica e trasformino le istituzioni della politica, i partiti. Questo è un pensiero ed una ricerca costante di Enrico Berlinguer che si accentua negli anni ottanta, con la proposta dell’Alternativa Democratica, quando si assiste ad una degenerazione della vita pubblica, all’emergere di una acuta questione morale, al distacco dei cittadini dalla politica dei partiti e delle istituzioni, che si traduce nella crescita dell’astensionismo dal voto. Fenomeno inedito nel nostro paese e che conferma la crisi della politica tradizionale. Accompagnata dall’emergere di forme nuove di impegno civico. C’è un rapporto stretto tra la costruzione di un nuovo modello di sviluppo e la riforma della politica.

Questo chiama in causa il modo concreto e quotidiano di essere del PCI. Ed ecco che tornano centrali le donne con la loro critica al maschilismo. Tema su cui si sofferma in un mirabile discorso svolto a conclusione della Settima Conferenza delle donne comuniste, (4 marzo 1984), uno dei suoi ultimi.” Bisogna superare quegli orientamenti culturali, quegli atteggiamenti mentali e pratici, quelle abitudini che sono proprie di una società e di una cultura e quindi anche di un modo di fare politica costruiti secondo l’impronta maschilista, cioè in nome di una pretesa supremazia dell’uomo sulla donna e delle concezioni che ne sono derivate e che egli ha ereditato.” Cita Karl Marx negli scritti giovanili là dove afferma “Nel rapporto verso la donna, preda sottomessa alla libidine della comunità, è espressa la smisurata degradazione in cui l’uomo si trova ad esistere di fronte a se stesso. Dal rapporto dell’uomo con la donna si può giudicare ogni grado di civiltà dell’uomo”.

Berlinguer riconosce che “nel partito permane uno scarto tra le acquisizioni e le posizioni a cui siamo giunti sulla questione femminile e l’attuazione di esse nella politica generale, nelle iniziative concrete e nella stessa vita di partito fino all’atteggiamento personale, al costume, allo stile nei rapporti con le compagne. Il superamento di questo scarto è diventato ormai condizione indispensabile imprescindibile per una generale avanzata del partito, per l’affermazione della sua politica complessiva, dato che incorporando in essa le questioni poste dalle donne e dai loro movimenti la nostra politica acquisterà maggiore incisività, una nuova grande ricchezza, anche modificandosi laddove deve essere modificata”.

Livia Turco

Le donne ucraine, maestre di vita

17 Marzo, 2022 (15:02) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Nel pieno di questa guerra assurda, crudele, che distrugge vite umane, dopo l’esperienza della pandemia che ci ha fatto toccare con mano la nostra fragilità ed il bisogno della relazione con gli altri e le altre dobbiamo costruire una Alleanza ed un Patto tra donne, cittadine del mondo, a partire dal riconoscimento della autorevolezza delle donne ucraine. Non solo le nostre badanti, non solo le donne che combattono una guerra ma le maestre della vita.

L’orribile guerra in cui siamo immersi in quel paese che sembrava lontano e che ritroviamo in casa nostra, l’Ucraina, Kiev, Khorkiv in cui sono stati ammazzati 100 bambini, ci ha fatto e ci fa incontrare quotidianamente l’azione straordinaria delle donne ucraine.

Donne che curano i corpi di bambini ed anziani, dei loro uomini che combattono la guerra. Donne che corrono nei rifugi e ricoprono con il loro corpo quello dei loro bambini. Donne che tengono viva la vita quotidiana in contesti di morte, che costruiscono con le loro mani bombe molotov per tentare di difendersi da quelle feroci e potenti dei loro invasori.

Donne che decidono l’esodo con i propri figli,mamme,papà.Donne che trovano il tempo di un sorriso per consolare,di pronunciare una parola per sperare. Donne che raccontano,denunciano,implorano,esprimono con dignità l’orgoglio del proprio paese,cercano volti amici che le possano aiutare e con cui costruire quella parola: Pace.

DONNE, MAESTRE DI VITA. Ecco la grande lezione che ci danno le donne UCRAINE mentre combattono per la difesa dei loro corpi,della loro dignità, per l’amore al proprio paese, per invocare la pace.Una lezione di vita che ci obbliga a ritessere il valore della pace, della democrazia, dell’Europa unita, della cooperazione tra i popoli di un mondo globale senza confini.

Ma, il messaggio più potente,che dobbiamo raccogliere e’ quello del valore della vita umana.

Valore, che, la civiltà della ricchezza,del primato delle tecnologie, della potenza dell’Io, della normalità delle diseguaglianze sociali,della prepotenza dell’uomo sulla natura ha sminuito in un relativismo etico per cui in nome della ricchezza e del possesso la morte di un lavoratore,la povertà di un bambino, la morte di un immigrato, il modo in cui le persone vivono e muoiono non e’ un problema, è qualcosa che si nasconde,si toglie dallo sguardo, si finge di non vedere.

Anche l’esperienza della pandemia in cui siamo stati travolti e da cui non diamo ancora uscita, in cui sono state stroncate migliaia di vite umane deve farci cambiare sguardo ed immergerci in un nuovo scenario di vita e di pensiero.Dobbiamo rifondare il valore della vita umana.

Nel pieno di questa guerra assurda, crudele, che distrugge vite umane, dopo l’esperienza della pandemia che ci ha fatto toccare con mano la nostra fragilità ed il bisogno della relazione con gli altri e le altre dobbiamo costruire una Alleanza ed un Patto tra donne, cittadine del mondo, a partire dal riconoscimento della autorevolezza delle donne ucraine. Non solo le nostre badanti, non solo le donne che combattono una guerra ma le maestre della vita.

Un patto ed una alleanza tra donne che riconosca che oggi il popolo delle donne e’ plurale e che dunque non può che costruire una cittadinanza plurale,basata sulla mescolanza di culture,esperienze,lingue,saperi.

Un patto ed una alleanza tra donne,che nella società e nelle istituzioni poltiche, assuma con grande radicalità il Paradigma della CURA DELLA VITA, per ripensare le poltiche ed i pensieri che governano la nostra società.

CURA DELLA VITA significa far rinascere la democrazia come partecipazione attiva dei cittadini, costruzione dei legami sociali e della comunità competente che si prende cura delle persone.

CURA DELLA VITA significa investire sui grandi BENI COMUNI: salute,ambiente,lavoro,formazione come priorità e motore dello sviluppo economico e sociale.

CURA DELLA VITA come riconoscimento del valore della differenza femminile ed una nuova amicizia tra donne e uomini,una nuova grammatica dei sentimenti.

CURA DELLA VITA come possibilità di vivere con pienezza ciascuna stagione della vita in una mescolanza tra tempi di lavoro, di cura della formazione, del tempo per sé.

CURA DELLA VITA come mescolanza e cooperazione tra tutti i popoli del mondo superando steccati e confini perché solo in un mondo cosmopolita non ci saranno più le guerre.

Non è un Manifesto di utopie e speranze ma l’auspicio di un cimento che deve cominciare qui ed ora, con concretezza ed idealità. A partire dall’obiettivo immediato che tacciano le armi, si metta fine a questa strage di corpi, prevalga la costruzione della pace.

Livia Turco

Spunti per una legge quadro sugli anziani non autosufficenti

14 Dicembre, 2021 (09:42) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Credo sia opportuno riassumere gli aspetti più salienti emersi nell’ambito dell’ultimo rapporto congiunto della Commissione Europea e del Consiglio UE sui temi della non autosufficienza . Il Rapporto ha evidenziato per tutti i paesi europei un quadro fatto di luci e di ombre .Tutti i sistemi analizzati presentano, infatti , criticità e soluzioni che, pur con tutte le differenze, ci fanno chiaramente comprendere la vastità e la portata che questo tema ha per il sistema sociale europeo nel suo complesso. Tutti i paesi europei fronteggiano una identica dinamica demografica che vede un aumento della popolazione anziana. Ad essa è connessa una crescente domanda di prestazioni e sostegni in considerazione della impossibilità di lasciare da sole le famiglie e le persone nel momento in cui esse sperimentano una condizione di maggiore fragilità. Pertanto in tutta Europa si è da tempo sviluppato un sistema vasto, differenziato e articolato fatto di iniziative e modelli di intervento che hanno come obiettivo quello di garantire cure e diritti esistenziali per le persone anziane. Questo processo integra e completa, ovunque in Europa ,sul piano della struttura degli interventi di presa in carico, il quadro degli interventi sulle disabilità. 

In questa ultima edizione del rapporto congiunto ,L’Italia, al pari di altri grandi paesi dell’Unione viene considerata un paese sicuramente progredito e strutturato sul versante delle cure sanitarie ma ancora afflitto da problemi di scarsa omogeneità sul versante della presenza dei servizi e degli interventi sociali nei vari territori della penisola ,con standard disomogenei ,anche in relazione al tema della residenzialità. Inoltre viene sottolineata la mancanza di una politica nazionale coerente e sostenibile a fronte di risposte non coordinate e accessibili a livello territoriale. Sul piano finanziario viene peraltro sottolineato l’onerosità crescente della” indennità di accompagnamento” e la sua caratteristica neutralità alle condizioni reddituali dei percettori, nonché la non integrazione di questa misura con il sistema degli interventi di assistenza sociale. Come per altri paesi viene infine considerata preoccupante la condizione del mercato del lavoro delle “badanti” caratterizzato da livelli elevatissimi di lavoro nero.

L’Italia e il paese dell’Unione Europea -27 con la più alta percentuale di persone di 65 anni e più e 75 anni tra la popolazione. Ma vivere più a lungo in Italia non significa necessariamente vivere con una salute migliore; l’aspettativa di vita sana a 65 anni è di 9,5 in Italia, al di sotto del livello medio Ue 27 che è pari a 9,9 anni e inferiore alla maggior parte degli stati dell’Unione Europea ,Ue 15. Questi dati dimostrano che il problema degli anziani fragili in Italia è più pronunciato che in molti paesi europei.

Il PNRR contiene l’impegno del governo al varo di una riforma complessiva degli interventi per gli anziani non autosufficienti e quello relativo all’adozione di una legge quadro sulle persone disabili , di competenza del relativo dicastero. Questo gruppo di lavoro ha accettato di contribuire a questo processo e ha già iniziato il suo lavoro con la scrittura dei primi livelli essenziali sociali per le persone anziane non autosufficienti da inserire nella prossima legge di bilancio. Proprio alla luce degli elementi di scenario che ho voluto richiamare all’inizio di questa riunione mi sento di affermare come si sia trattato di un lavoro importante e approfondito, orientato nella giusta direzione. Un lavoro che ora vogliamo completare dando il nostro contributo alla scrittura della legge di riforma agli anziani non autosufficienti.

Durante il Covid-19 le fasce di popolazione che hanno sofferto di più sono stati gli anziani e i bambini. Il COVID-19 ha messo in evidenza una questione di fondo: la concezione della vita, delle stagioni della vita, del ciclo di vita che si è affermato nella nostra società, del consumismo, dell’individualismo, scandito dal tempo della fretta e della velocità ; dove il lavoro, più che nel passato, per alcune fasce di popolazione è diventato “tiranno” rispetto agli altri tempi della vita. Solo la stagione centrale della vita, quella produttiva quella del lavoro, ha una sua considerazione e rilevanza sociale e culturale. Le altre sono considerate appendici, soprattutto per quanto riguarda gli anziani. Bisogna capovolgere questa impostazione. La vita delle persone è un ciclo di vita scandito da diverse stagioni, ciascuna con una sua peculiarità, che deve essere vissuta con pienezza e pari dignità. Dunque una legge sugli anziani non autosufficienti deve avere come fondamento il riconoscimento del valore della stagione della vita anziana. Penso dunque sia giusto

affrontare la elaborazione della legge quadro, sulla base di un presupposto di fondo: non stiamo affrontando un’emergenza e non vogliamo affrontare il nostro lavoro senza considerare come sia importante avere un approccio politico volto a rendere” normalmente” più civile, più attiva e socialmente riconosciuta una importantissima stagione della vita. Una stagione preziosa per gli individui che la attraversano e per le loro famiglie. Non fosse altro che per l’importanza degli effetti, delle memorie, delle esperienze e delle differenze: l’età anziana è la stagione dei tesori e della vita che diventa storia. Una storia da condividere, ancora da conoscere meglio ,e ,soprattutto da vivere insieme

Per fare bene il nostro lavoro abbiamo bisogno di tornare a condividere un’idea della vita umana più completa, più duttile e articolata: un’idea che riconosce e valorizza ciascuna stagione della vita. Un’idea, questo è il punto , che riconosca le differenze e le rispetta, che protegge il diritto di ciascuno ad una vita dignitosa, intesa nel senso che abbiamo imparato da Amartya Sen” capacità di essere ,di esprimersi e di fare “e che afferma l’essenzialità e la indissociabilità del diritto alla cura e alle relazioni umane.

La presa in carico degli , anziani il riconoscimento della loro dignità deve appartenere a quella svolta culturale che costruisca una rivoluzione antropologica capace di riconoscere la “fragilità” umana, le connessioni che ci legano gli uni agli altri, che legano une alle altre le persone e le stagioni della vita.

Fare una buona legge per gli anziani non autosufficienti significa contribuire a costruire questo” nuovo umanesimo” per fare in modo che le interconnessioni che esistono tra le persone siano tradotte in solidarietà e perché venga finalmente riconosciuto il valore della cura della vita e del lavoro di cura delle persone.

Conosciamo i numeri e le tendenze e condividiamo l’urgenza di migliorare integrare il nostro sistema socio sanitario e socioassistenziale. Ma per fare bene il nostro lavoro dobbiamo partire dal fatto che la stagione anziana non può ridursi ad una categoria di problemi o di afflizioni: sarebbe un errore gravissimo sul piano culturale, sociale politico, ed economico.

Le persone anziane sono cerniere fondamentali della nostra cultura e della organizzazione sociale dei nostri territori .Una legge che si occupa di loro deve riconoscere e valorizzare le migliori esperienze” dell’attivismo solidale” delle persone anziane e di quello intergenerazionale. Intendo dire che queste esperienze dovranno poter essere considerate patrimonio collettivo di un territorio riconoscendo loro una speciale capacita di svolgimento e gestione di funzioni essenziali per la coesione e l’integrazione della vita delle persone.

Questo significa che la riforma del non della non autosufficienza si fonda su un principio secondo il quale quella anziana è una stagione” attiva” socialmente, economicamente e culturalmente. Sappiamo poi benissimo che molte persone nel corso di questa stagione si ammalano e che spesso diventano dipendenti dall’assistenza e dall’aiuto degli altri. È sempre stato così fin dagli albori della storia umana e anche se la ricerca medica è in grado di sorprenderci sempre con i suoi progressi i suoi risultati dobbiamo accettare la realtà e fronteggiarla al meglio delle nostre capacità. Ed è proprio nel momento in cui la persona anziana tra le sue condizioni fisiche e mentali diviene persona disabile che appare della massima importanza poter disporre di un unico sistema integrato che sia capace di garantire a tutte le persone non autosufficienti disabili e anziane disabili, le più accessibili e idonei forme per la valutazione e la presa in carico con una innovativa capacità di valorizzazione del contesto di vita domiciliare e la promozione degli interventi necessari a scongiurare la rischio di isolamento e confinamento ,nel rispetto delle differenze che ciascuna situazione presenta. La conoscenza enormemente accresciuta delle patologie connessa all’età anziana ci permette del resto di selezionare meglio le tipologie di intervento che dovranno essere previsti.

Una particolare attenzione dovrà essere riservata ai temi della residenzialità degli anziani e ai profili qualitativi specifici che dovranno caratterizzare l’offerta di servizi capace di offrire una varietà di soluzioni socialmente innovative in relazione ai diversi gradi e livelli di autonomia della persona. Da questo punto di

vista un sistema pensato per affrontare in modo innovativo il tema dell’invecchiamento della popolazione da un lato contribuirà al potenziamento del sistema degli interventi per le disabilità e dall’altro si potrà avvalere di tutte quelle buone prassi e di quelle competenze che il mondo della disabilità ha sviluppato nel corso degli anni proprio nello sviluppo di interventi domiciliari e nel coinvolgimento attivo di quella rete associativa e di prossimità indispensabile al sostegno attivo delle persone e delle famiglie. Il tema della residenzialità deve collocarsi comunque all’interno di un progetto di rigenerazione urbana, di rigenerazione del contesto sociale, di rigenerazione delle relazioni umane, di costruzione della comunità e della prossimità. Crediamo infatti in un concetto di sostenibilità ampio e inclusivo e riteniamo che la cura dei problemi che spesso affliggono la vita degli anziani e delle loro famiglie includa tutte quelle misure che contrastano l’esclusione sociale e promuovono le pari opportunità, presupponga la conoscenza e la pratica di stili di vita corretti, veda la presenza diffusa ed omogenea di servizi medici che promuovono attivamente la prevenzione delle malattie, comprenda servizi sociali e culturali adeguati e la possibilità di disporre di contesti abitativi intelligenti, dignitosi, rispettosi delle esigenze della persona e delle loro diverse stagioni di vita.

Occorrerà affrontare il tema della sostenibilità finanziaria di tutto il sistema. Con realismo e lungimiranza si dovranno riprendere le fila delle varie opzioni percorribili e valutarne gli impatti sociali politici ed economici per arrivare alla formulazione di una proposta solida e sostenibile.

Vivere pienamente e attivamente, essere ben curati, non restare a casa soli, a casa sì ma non confinati case diverse e informazioni diversi collocate in territori accoglienti sono gli ambiziosi obiettivi che dovranno essere trattati nella nuova legge e che il PNRR può contribuire a realizzare.

Una particolare attenzione dovremo dedicare al grande tema delle demenze dell’Alzheimer rispetto al quale molte associazioni ci hanno fatto pervenire una petizione contenente proposte molto concrete.

Quale può essere dunque l’articolazione della legge quali gli ambiti fondamentali che dovranno essere affrontati nell’ambito della legge che stante al l’indicazione contenuta nel PNRR dovrebbe trattarsi di una legge delega?

Provo ad indicarli :

1 articolo: il valore della vita anziana, i diritti e i doveri delle persone anziane, i doveri della società per la promozione della loro dignità ed inclusione sociale.

2 articolo : la definizione della condizione di non autosufficienza .Secondo l’OMS, nel documento noto come ICF, la non autosufficienza è definita in termini di “funzionamenti”, termine ombrello che comprende tre domini : le strutture e funzioni corporee della persona; le attività che la persona è in grado di sviluppare; il modo con cui la persona partecipa al contesto in cui vive.

Dunque, anatomia del corpo umano, esecuzione dei compiti della vita quotidiana, capacità di interazione con l’ ambiente in cui la persona vive. Sulla base di questa visione della persona in termini di funzionamenti, la non autosufficienza nomina: le menomazioni, le limitazioni e le restrizioni che una persona vive. L’’approccio proposto è l’approccio biopsicosociale in base al quale la persona non può essere divisa tra parti del corpo e la sua anima ,ma la persona è la sua totalità, il suo insieme di vita.

La presa in carico della non autosufficienza deve fare proprio quel motto : “per un tempo di vita che duri tutta la vita”. Dunque un tempo di vita pieno anche quando esistono le condizioni di menomazioni limitazioni e restrizioni. È importante condividere con nettezza questo approccio e trarne tutte le conseguenze sul piano delle politiche

3 Articolo : definizione dei livelli essenziali di assistenza, cosa intendiamo per livelli essenziali di assistenza. Io credo, come peraltro è diffuso nella letteratura e in molte legislazioni, che il livello essenziale di

assistenza debba essere la creazione dei contesti e delle opportunità che consentano a ciascuna persona di esplicare ” le sue capacità di essere, di esprimersi e di fare”. Indica i diritti universali ed esigibili.

Gli ambiti in cui collocare la nostra proposta , da tradurre in termini di politiche:

1)La vita attiva degli anziani :una risorsa fondamentale per la nostra società ;

2) La prevenzione delle malattie e il contrasto all’ isolamento;

3) Le nuove forme della vita insieme, nuovi modelli per la semi autonomia;

4) Un servizio “amico di famiglia”: l’accessibilità e l’integrazione dei servizi, la complementarietà delle prestazioni della sanità e del welfare italiano;

5) La sfida della nuova domiciliarità, per superare confinamenti e solitudini nuovi modelli ,per le cure domiciliari e nuovi modelli di domiciliarità sostenibile per tutte le persone autosufficienti e per gli anziani non autosufficienti. Non si tratta solo di ampliare gli attuali interventi sanitari o di ampliare gli attuali interventi sociali. Si tratta di mettere al centro la complessità della vita della persona, definire un progetto integrato adeguato al suo bisogno, mettere in rete, fare interagire gli interventi necessari. Sapendo che una delle grandi questioni che vivono le persone non autosufficienti è quella delle relazioni umane , del superamento della solitudine, della vicinanza. Questo deve essere un ingrediente fondamentale della domiciliarità ,un suo requisito cruciale, un suo criterio di valutazione fondamentale;

6) Riqualificare il lavoro di cura degli assistenti familiari e riconoscere la figura del caregiver;

7) La riqualificazione delle RSA;

8) Gli assetti istituzionali e la governance con particolare riferimento al rapporto Stato, Regioni ,Comuni.;

9) La costruzione della prossimità e la valorizzazione delle reti di presa in carico delle persone. Considerate parte integrante della promozione del benessere delle persone ma anche portatrici di competenze che devono essere ascoltate per la definizione delle politiche;

10) Gli strumenti e le modalità per attuare la legge prevedendo anche norme per il monitoraggio e la valutazione degli esiti;

11) Le modalità di finanziamento del sistema.

In questo contesto, in particolare in riferimento ai punti 4 e 5 ,dovrà essere ricompreso tutto il contenuto dei LEPS elaborati da questo gruppo di lavoro e contenuti nel documento consegnato al Ministro nel mese di luglio 2021.

 Livia Turco

Riforma non autosufficienza parta da prossima legge Bilancio

11 Ottobre, 2021 (19:51) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Per costruire la nuova domiciliarità e l’integrazione socio sanitaria bisogna affrontare un nodo cruciale: rafforzare la struttura del sociale per renderla forte e competitiva con le strutture sanitarie. Bisogna potenziare gli Ambiti territoriali Sociali, previsti dalla 328/2000 e dal DL 117 /2017 attribuendo loro un riconoscimento giuridico e dotandoli della strumentazione e delle figure professionali adeguate per il loro funzionamento

Le riforme per essere efficaci hanno bisogno di una elaborazione ampia, approfondita e condivisa e di un avvio concreto.

In materia di non autosufficienza, ampio è stato il dibattito, grazie ai sindacati, alle tante organizzazioni sociali, oggi felicemente riunite nella Rete per la non autosufficienza che ha già svolto un ruolo importante nella elaborazione del PNRR.

Sarà importante poter leggere e dibattere i materiali prodotti dalla Commissione diretta da Don Vincenzo Paglia, istituita dal Ministro Speranza e che ha recentemente consegnato un dossier al Presidente del Consiglio.

Lungo è sul tema il percorso legislativo che non si è mai concluso ma che però ha prodotto uno strumento utile. Si tratta del Fondo per la non autosufficienza con relativo Piano, avviato in modo sperimentale dal governo dell’Ulivo nel 2006 (Art.1 comma 1264 della legge del 27 dicembre 2006,n.296) e divenuto nel corso degli anni un Fondo strutturale presso il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali.

Il gruppo di lavoro sugli interventi sociali e sulle politiche per la non autosufficienza istituito dal Ministro Andrea Orlando si è dedicato proprio a questo tema, in questi mesi con un intenso seppure silenzioso lavoro, in modo autorevole e concreto. Il Gruppo ha considerato decisivo questo frangente della legislatura valutando che deve costituire l’occasione a partire dalla prossima Legge di Bilancio, di “piantare un chiodo” solido per avviare concretamente la riforma prevista dal PNRR.

In concreto, definire i primi LEPS della legge quadro, che devono essere anticipati nella Legge di Bilancio con relativa copertura prevedendo dunque significativo aumento di risorse del Fondo Medesimo .

Quali le priorità che sono alla base dei LEPS e che mi auguro trovino un consenso da parte del MEF e dunque siano scritti e finanziati nella legge di Bilancio?

I problemi che vivono le persone e che devono essere più presenti nel dibattito pubblico.

Superare la solitudine delle famiglie o delle singole persone, essendo molti anziani non autosufficienti persone sole. I dati Istat tratti dall’indagine di salute europeo EHIS 2019 delineano una fotografia preoccupante della domanda di assistenza che, nella classe di età 75 e più, assume una rilevanza preponderante a causa della compromissione delle capacità funzionali, della mancanza di supporto sociale ,del bisogno di sostegno, delle sfavorevoli condizioni abitative.

E’ dunque della massima importanza intercettare la domanda economica e sociale di questo “popolo” di anziani spesso soli, con scarse disponibilità economiche e senza aiuto, traducendola in una offerta di servizi di sostegno prioritariamente presso l’abitazione e sul territorio. Le persone con gravi difficoltà nelle funzioni di base sono più concentrate nelle Regioni del Mezzogiorno (32,1% del quoziente standardizzato) ,rispetto al 25,5% al Centro, ed al 22,9% al Nord. La prima cosa di cui hanno bisogno queste persone e le loro famiglie è un luogo prossimo presso una istituzione (La Casa della Comunità) a cui le persone possono rivolgersi ed in cui figure professionali informate ed accoglienti indichino alla persona ed alla famiglia tutte le opportunità che hanno a disposizione a seconda del loro grado di disabilità e non autosufficienza. Sappiamo che oggi bisogna rincorrere gli sportelli del Comune, delle Asl, dell’Inps, mentre le persone hanno bisogno di vedere semplificati i loro percorsi. Le persone e le famiglie hanno bisogno di un Amico di Famiglia, visibile ed accogliente.

Quello che si Chiama Punto Unico di Accesso.

L’altra grande necessità delle persone e delle famiglie è quella di poter vivere tranquillamente nella propria casa.

Il cuore della riforma deve essere il forte incremento della vita nel proprio domicilio. Per rilanciare correttamente le complesse attività ,concernenti la cura e l’assistenza delle persone fragili, anziane e non autosufficienti, il punto di partenza è rappresentato dalla piena adozione dell’approccio olistico, bio-psico-sociale indicato dalla Organizzazione Mondiale della sanità in occasione del varo del programma di azioni2021-2030 ”ll Decennio per l’invecchiamento sano”.

Che deve significare nuove forme di abitazione, di condivisione delle vita quotidiana, all’interno di una rigenerazione della vita, delle relazioni umane e sociali nella propria comunità . Deve significare la sperimentazione di nuove forme di vita comunitaria. Come indica, seppure con uno stanziamento limitato di risorse, lo stesso PNRR. Deve significare riformare le RSA per renderle più accoglienti. Luoghi di relazione umana, di cura delle persone. Deve significare un cambiamento profondo della concezione della domiciliarità. Che deve garantire un progetto personalizzato integrato per ciascuna persona.

Deve consentire alla persona ed alla sua famiglia di essere presa in carico nel suo bisogno di cure mediche, di sostegno alle funzioni della vita quotidiana, di sostegno alle relazioni umane. Aspetto quest’ultimo poco considerato dalle politiche pubbliche eppure aspetto cruciale della vita delle persone.

Dunque, le politiche pubbliche devono rispondere, con le reti del volontariato e terzo settore, con adeguate figure professionali, al diritto a non essere soli, al diritto a vivere in compagnia. Ciò comporta un deciso rafforzamento di servizi sociali di assistenza domiciliare, da integrare con le prestazioni sociosanitarie, nelle aree del supporto e del sollievo per le persone non autosufficienti e le loro famiglie; dello sviluppo di forme di coabitazione solidale delle persone anziane; dello sviluppo di servizi e soluzioni domotiche e tecnologiche che favoriscono la continuità delle relazioni umane personali e sociali a domicilio.

Va poi prevista la riqualificazione delle figure professionali mediante attività di formazione e di politica attiva del lavoro e la promozione di rapporti di lavoro regolari.

Attualmente l’assistenza domiciliare sociale è garantita dai Comuni (SAD) e gli ultimi dati Istat a disposizione, relativi al 2018, parlano di un servizio molto ridotto, che coinvolge una parte minima della popolazione che ne avrebbe bisogno, con una forte disomogeneità territoriale. Ed una spesa complessiva di 347 milioni . Il PNRR stanzia due miliardi al Ministero della Salute.

E’ utile richiamare i LEA sanitari e sociosanitari di cui al DPCM 12 gennaio 20217 recante “Definizione ed aggiornamento del Livelli Essenziali di Assistenza di cui all’articolo 1, comma 1 del decreto Legislativo 30 dicembre 1992,n,502)”.In esso l’assistenza domiciliare è definita sanitaria, sociosanitaria e sociale. E’ dunque compito ed interesse anche della Sanità, per costruire una nuova domiciliarità, potenziare l’aspetto sociale, colmare l’enorme squilibrio oggi esistente tra assistenza domiciliare sociale e quella sanitaria. Ed è altrettanto essenziale che nella prossima legge di Bilancio ci siano consistenti risorse aggiuntive per la domiciliarità sociale.

Per costruire la nuova domiciliarità e l’integrazione socio sanitaria bisogna affrontare un nodo cruciale: rafforzare la struttura del sociale per renderla forte e competitiva con le strutture sanitarie. Bisogna potenziare gli Ambiti territoriali Sociali, previsti dalla 328/2000 e dal DL 117 /2017 attribuendo loro un riconoscimento giuridico e dotandoli della strumentazione e delle figure professionali adeguate per il loro funzionamento.

Credo che questi punti tradotti in LEPS nella legge di Bilancio, insieme al Piano Sociale ed al Piano contro la Povertà varati nello scorso mese di luglio dalla Rete Sociale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali costituiscano (costituirebbero) un significativo cambio di passo nell’ambito del Welfare sociale

Livia Turco

Presidente gruppo di lavoro “Interventi sociali e politiche per la non autosufficienza” del Ministero de Lavoro e delle Politiche sociali