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Alla amica Claudia Mancina rispondo: la 194 non ha bisogno di tagliandi, basta applicarla bene

19 Marzo, 2008 (11:19) | Lettere aperte | Da: cesare fassari

Con una lettera a Il Riformista ho voluto rispondere ad alcuni importanti quesiti sulla legge 194 sollevati da Claudia Mancina

di Livia Turco

Pubblicata su Il Riformista del 19/03/08

Caro direttore,

ma è proprio vero, come scrive Claudia Mancina (cfr. il Riformista di venerdì scorso), che la 194 è una legge di ispirazione perbenista, un esempio perfetto del catto-comunismo fine anni ’70? A tale convinzione Claudia Mancina arriva riflettendo ai margini della vicenda degli aborti illegali di Genova, riuscendo a portare alla luce un aspetto poco esplorato della 194. Quello delle modalità pratiche, reali e personali con le quali viene effettivamente garantita l’interruzione volontaria di gravidanza. Modalità che, scrive Mancina, possono andar bene a chi vuole “non essere lasciata sola” ma che potrebbero risultare invasive per altre donne che vorrebbero vivere la scelta di rinunciare alla gravidanza in piena privacy. Senza trafile o certificazioni di stampo burocratico. In effetti, e qui Mancina ha pienamente ragione, su queste tematiche è come se fosse calato un velo. Una sorta di rimozione da parte di tutti noi. Compresi i sostenitori convinti della validità e della “non modificabilità” della 194. Si parla infatti molto di prevenzione dell’aborto ma poco o per niente dei modi e degli ambiti sanitari, logistici, pratici insomma, dell’interruzione di gravidanza. E il rischio, come emerso dalle molte segnalazioni di questi ultimi mesi, di una deriva burocratica nell’applicazione della 194 c’è. Eccome. Tempi di attesa spesso eccessivi, demotivazione degli operatori, burocratizzazione dell’iter per l’autorizzazione. Ma, e qui non concordo con Mancina, non si possono attribuire tali scompensi alla legge. Intanto non è vero che la legge 194 vieta la possibilità di effettuare l’IVG nelle cliniche private convenzionate. Come riportato nella mia ultima relazione al Parlamento, quasi il 9% delle Ivg è praticato nelle case di cura convenzionate. Una percentuale che sale addirittura al 67% a Trento, al 50% in Puglia e al 40% in Sardegna. La possibilità per la donna di scegliere un percorso “alternativo” al pubblico è infatti contemplata dalla 194. Sia per la richiesta della prestazione, che può essere fatta anche al medico di fiducia privato (art.4), sia per l’intervento che, entro i primi 90 giorni di gravidanza, può essere effettuato anche presso una casa di cura privata autorizzata dalla Regione (art.8). Detto questo il problema della privacy esiste. Ma esiste a prescindere dalla natura pubblica o privata della struttura o dell’operatore coinvolti. La dignità e la riservatezza della donna devono essere rispettate sempre e comunque. Anche per questo ho voluto un atto di indirizzo da condividere con le Regioni che offrisse a tutte le strutture e agli operatori sanitari indicazioni e strumenti per la piena e migliore applicazione della 194. Perché, se è vero che il mancato rispetto verso la donna che sceglie di abortire è certamente frutto di una cultura che costruisce biasimo sociale nei suoi confronti, è anche vero che le condizioni in cui si opera e le modalità organizzative delle strutture coinvolte nel percorso dell’Ivg influiscono certamente sulle relazioni. Domani pomeriggio questo atto di indirizzo dovrebbe essere accolto nell’ambito di un Accordo Stato Regioni dalla Conferenza Unificata. Se lo sarà potremo contare, non su un “tagliando” della legge che non serve in chiave normativa, quanto su una sua nuova presa in carico da parte del Ssn. Sia nella sua componente pubblica che in quella privata accreditata. L’intesa ha sei obiettivi. La prevenzione dell’Ivg attraverso il potenziamento dei consultori e altre misure finalizzate alla promozione della contraccezione, alla formazione degli operatori con particolare riferimento alle donne immigrate. La riduzione della morbilità da Ivg e il miglioramento dell’appropriatezza degli interventi con la riduzione dei tempi di attesa e l’adozione di tecniche più appropriate di intervento e anestesia. L’aggiornamento delle procedure e del personale preposto. La rimozione delle cause che potrebbero indurre la donna all’Ivg, sostenendo le maternità difficili. L’appropriatezza e la qualità nel percorso della diagnosi prenatale e in particolare nei casi di anomalie cromosomiche e malformazioni. La promozione dell’informazione sul diritto a partorire in anonimato. Con l’intesa, infine, abbiamo indicato un parametro minimo essenziale a garanzia che vi sia almeno un medico non obiettore ogni 60.000 abitanti. E allora, per quanto mi riguarda, nessun tagliando per la 194 ma una sua vera e piena applicazione. Laica, serena, convinta e nello spirito di questa legge che, a rileggerla ancora oggi, appare tutto fuorché di stampo perbenista o vetero statalista.

Commenti

Commento da giambattistascire
Data: 30 Novembre 2008, 00:00

COMUNICATO:
Esce in questi giorni in libreria il volume
Giambattista Scirè, L’aborto in Italia. Storia di una legge, Bruno Mondadori, Milano 2008, pp. 320, euro 22
A trent’anni dalla legge 194, l’interruzione volontaria di gravidanza continua a essere un tema scottante e tocca molteplici aspetti: dalla questione morale e giuridica a quella di impronta più marcatamente ideologica. Il volume offre un quadro complessivo del cammino che ha portato alla regolamentazione dell’aborto in Italia, capace di prendere in considerazione i punti di vista di tutti i protagonisti della vicenda, dalle avanguardie intellettuali al mondo cattolico intransigente, dai movimenti femminili e radicali alle forze della politica e dell’informazione. Attraverso i documenti dell’epoca, l’autore ci offre una ricostruzione storiografica delle vicende che hanno segnato il dibattito culturale sull’aborto e il suo travagliato iter parlamentare, svelandone le sfumature e le molteplici contraddizioni.
Giambattista Scirè svolge attività di ricerca nell’ambito della Storia contemporanea presso il Dipartimento di Studi storici e geografici dell’Università degli studi di Firenze. Tra le sue pubblicazioni: La democrazia alla prova. Cattolici e laici nell’Italia repubblicana degli anni cinquanta e sessanta, prefazione di Mario G. Rossi, Carocci, Roma 2005; con G. Gozzini, Globalizzazione, Giunti, Firenze 2007 e Il mondo globale come problema storico, Archetipo libri, Bologna 2007; Il divorzio in Italia. Partiti, Chiesa, società civile dalla legge al referendum, B. Mondadori, Milano 2007; Poste: dal cavallo a internet. Storia dei servizi postali italiani, Giunti, Firenze 2008.
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Indice del volume

Premessa VII
Antefatto 1
Una storia italiana 1
Il caso degli altri paese 7
Due fronti contrapposti 17
L’avvio del dibattito culturale sull’aborto (1971-72) 25
Entra in scena la politica (1973-74) 41
La prima proposta di legge socialista e le reazioni della società 41
Le nuove acquisizioni mediche e il confronto con i modelli stranieri 48
La nascita del Cisa. Il dibattito sul diritto di famiglia e sui consultori 53
L’intervento della Chiesa 62
Aborto: diritto o delitto? (1975) 67
I radicali e la vicenda giudiziaria 67
Il fronte degli intellettuali 71
La sentenza della Corte costituzionale e una nota della Cei 77
I disegni di legge dei partiti 84
Dopo le elezioni del 1975 88
La via della mediazione: dalla depenalizzazione alla regolamentazione (1976)
Il Pci e la proposta dei cattolici democratici 95
L’ostruzionismo della dc e le sue conseguenze 100
Le opzioni politiche dei cattolici per il “no” 104
Dopo i fatti di Seveso 108
La discussione alla Camera 114
Le domande della società 119
Prove di legge (1977) 123
Il voto alla Camera: reazioni pubbliche e private 123
Un mondo cattolico non del tutto monolitico? 132
La discussione al Senato sul potenziamento dei consultori 139
La reazione cattolica e la nascita del Movimento per la Vita: la legge di blocca a Senato 148
Le polemiche sul fronte laico e la proposta del Mpv 153
Un anno cruciale (1978)
La questione parallela del Concordato 159
Prima della soluzione politica 159
La 194 diventa legge dello Stato 169
La polemica sull’obiezione di coscienza dei medici 174
Il dibattito sull’attuazione della legge: si scaldano gli animi 191
Si preparano i referendum (1980) 199
I nuovi dati nazionali ed esteri sull’aborto 199
Gli appelli del Papa e le critiche dei laici 203
La campagna referendaria 210
La risposta della società civile (1981)
La società italiana nei primi anni Ottanta 219
Una nuova consapevolezza per le donne 222
Nel vivo della battaglia 225
L’esito del referendum 252
Conclusioni 259
Epilogo 267
Un quadro sociologico sul funzionamento della legge (1981-2006) 267
Tra ieri e oggi: si riaccende la polemica (2007-2008)
Appendice 283
Indice dei nomi 291

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