Il Blog di Livia Turco

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Dobbiamo uscire dai «palazzi» e stare dentro la vita reale

28 Aprile, 2008 (09:33) | Senza categoria | Da: antonella

l’Unità 27 aprile

E’ tempo di analisi. Come è ovvio dopo una tornata elettorale. Soprattutto se alle elezioni si è perso. Il dibattito di questi primi dieci giorni post voto si è incentrato, con poche eccezioni, sulla questione settentrionale. Una scelta ovvia, visto il successo della Lega. Tuttavia non penso sia saggio limitare le nostre analisi esclusivamente al perché molti elettori di sinistra abbiano optato per il Carroccio. C’è infatti un altro terreno di riflessione pressoché inesplorato. Mi riferisco alla galassia giovani e al loro modo di sentire, praticare e sperare nella politica. E penso che un partito nuovo e giovane, se non altro anagraficamente, come il PD, non possa pensare al domani senza tener conto di come, quel domani, è pensato, sognato o temuto dalle giovani generazioni. E di come, in questo sogno, si collochi la politica e l’impegno. Per farlo siamo partiti da loro. Ascoltandoli attraverso un’indagine che l’associazione “a sinistra” ha commissionato alla SWG, prima delle ultime elezioni del 13 e 14 aprile. Un‘indagine che aveva come scopo principale quello di cogliere il significato, o meglio le suggestioni, che la parola “sinistra” ha, se ce le ha ancora, tra i giovani dai 16 ai 35 anni. Ma che, in più, ci ha offerto materiali preziosi anche per capire, e torniamo così alle riflessioni post elettorali, che cosa, dalla politica, le giovani generazioni si aspettano.  Partiamo dalla prima domanda. Ti interessa la politica? La risposta non è scontata: più di 6 su dieci si sono dichiarati tra il molto e l’abbastanza interessati. Ma solo 7 su cento vi partecipano attivamente. O, come loro stessi hanno detto: si sentono «politicamente impegnati». Il perché di questo distacco, tra interesse e impegno, è facilmente intuibile guardando la distanza tra ciò che la politica dovrebbe essere e ciò che la politica è, sempre secondo i nostri giovani. La politica dovrebbe essere prima di tutto «giustizia, democrazia, ideale». Nei fatti la si vive come «corruzione, potere, ipocrisia». Si manifesta così una forbice drammatica tra ciò che si vorrebbe e ciò che si vive o quantomeno si percepisce. Una forbice che si allarga paurosamente quando entra in campo la fiducia verso il politico di professione. Solo 11 su cento ne hanno fiducia. Un dato che accomuna giovani di destra e di sinistra. E anche questo penso debba farci riflettere. E sulla sinistra, sull’essere di sinistra e il suo significato, cosa dicono i ventenni e i trentenni di oggi? Per il 46% è un valore positivo per il Paese. Lo è oggi ma lo sarà anche per il futuro. E lo è perché la sinistra si fa carico dei lavoratori e difende le fasce più deboli. Perché difende democrazia e libertà. Perché è pacifista e solidale e predica la parità tra i sessi e l’uguaglianza sociale. Una piramide valoriale che si rispecchia anche guardando al totale del campione, compreso l’elettorato giovanile di centro destra, che riconosce anch‘esso che la parola sinistra evoca ancora oggi queste battaglie e queste bandiere. E il neonato PD? E di destra, centro o di sinistra? Per il 44% del campione non c’è dubbio, è di sinistra e lo diventa per il 54%, se si considera il solo elettore di centro sinistra. C’è comunque un buon 37% di intervistati che lo ritiene in realtà «poco di sinistra». Una percezione spiegabile forse con quel 61% di intervistati che sostiene come oggi «le divisioni tra destra e sinistra non hanno più senso perché il mondo e la politica si organizzano in base ad altre categorie». E queste categorie sono quelle di tipo economico, ambientale, più l’ampia sfera dei diritti civili. Su questi temi si giustifica una divisione e una chiave di lettura diversa della società, mentre sinistra e destra, di per sé, appaiono oggi troppo a rischio di ridursi a mere “gabbie” ideologiche. Che fare? E’ un po’ il senso dell’ultima domanda dell’inchiesta, con la quale ci siamo posti il “dove” lo Stato, inteso come istituzione rappresentativa al livello più alto della politica, debba investire e impegnarsi. Le risposte sono chiare e ci indicano tre priorità, sulle quali converge più della metà degli intervistati: lavoro, sanità, scuola e formazione. Seguono le politiche di sostegno ai giovani e alla famiglia, la sicurezza, l’ambiente e il sostegno alle imprese. Solo all’ultimo posto l’impegno per le pari opportunità. Un ultimo posto condiviso, da notare, sia dagli uomini che dalle donne.   Insomma. La politica c’è, eccome, in queste risposte. C’è come ideale di impegno per gli altri, di giustizia sociale. E c’è anche in quella diretta traduzione “dal pensiero al fare” per il bene del Paese, intesa come capacità della politica di fissare priorità che siano corrispondenti a quelle avvertite dal cittadino. Così la pensa questo pezzo ampio della nostra società. Quel pezzo che sarà classe dirigente tra pochi anni e che oggi ci guarda con attenzione, per valutarci e per decidere, anche nell’urna. Sia al Nord che al Sud. Se “sinistra” ha ancora un significato e lo ha, questi ragazzi e ragazze italiani ci dicono che esso va ricercato nella sua capacità di farsi carico dei problemi e delle aspettative delle persone reali. Un po’ più fuori dai palazzi e molto più dentro i luoghi e il sentire degli uomini e delle donne di questo Paese.

Livia Turco

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