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Perché voterò sì al referendum elettorale

7 Settembre, 2011 (16:49) | Articoli pubblicati | Da: Livia Turco

di Livia Turco, da Europa del 31 agosto 2011 

Firmerò il referendum per l’abrogazione dell’attuale legge elettorale perché non possiamo consentirci di andare a votare con il sistema attualmente in vigore.
Il PD, con impegno rilevante del suo Segretario, ha depositato una proposta di riforma limpida e forte, coerente con la visione della democrazia contenuta nella nostra Costituzione. Una democrazia bipolare, maggioritaria, basata su un ruolo dei partiti e la loro capacità di costruire alleanza.
Un bipolarismo maturo imperniato intorno a progetti di governo tra loro alternativi e che tenga conto della pluralità delle tradizioni culturali radicate nel nostro Paese. Ora bisogna puntare sull’avvio dell’iter parlamentare e costruire il consenso di una larga maggioranza. Con le necessarie mediazioni tenendo conto in modo particolare delle posizioni delle forze del centro moderato. Ma per costruire le necessarie mediazioni è essenziale la chiarezza e la forza della proposta. Il referendum può essere stimolo  per avviare l’iter legislativo. Anzi qualcosa di più. Può essere uno scossone ad un processo riformatore non più rinviabile. È stato ed è il lavoro quotidiano in Parlamento a farmi sentire l’urgenza del cambiamento della legge elettorale e a farmi preferire in modo netto il collegio uninominale.
Nel corso di varie legislature sono stata eletta con il sistema proporzionale, maggioritario, con la lista bloccata. Credo di aver svolto meglio la mia funzione di rappresentanza quando sono stata eletta nel collegio uninominale. Ero Ministro della Repubblica ma la mia agenda prevedeva sempre la presenza nel collegio. Perché la gente lo pretendeva, perché sentiva di avere il suo rappresentante, voleva vederlo, ascoltarlo, parlargli, sentire rendere conto di ciò che aveva fatto e controllare il suo operato. Questo rapporto diretto con i cittadini e la loro azione di controllo è, tra l’altro, lo strumento più efficace per prevenire e combattere la corruzione e il trasformismo. Ma del rapporto con il collegio ne sentivo la necessità anche per svolgere la mia funzione di Ministro. Il rapporto con il territorio non è la riduzione localistica della rappresentanza. Al contrario, è proprio nel vivo dei legami quotidiani con le persone, nel rapporto con i singoli problemi e questioni che si costruisce in modo più efficace un indirizzo ed una visione politica generale. Il collegio uninominale, molto di più che il voto di preferenza, non solo obbliga ad un rapporto diretto con i cittadini, ma sollecita a rappresentare tutto il territorio ad avere una visione complessiva dei problemi e dunque a promuovere il bene comune. In questa fase contrassegnata in modo così pesante dal degrado della politica, credo sia importante dotare il nostro Paese di un sistema elettorale che incentivi una pratica della politica e della democrazia come esercizio del bene comune. E che contenga gli anticorpi per combattere la corruzione e promuovere la moralità dei comportamenti individuali. La democrazia del bene comune ha però bisogno insieme a regole elettorali di forti soggetti collettivi che promuovano la partecipazione, costruiscano in modo condiviso un progetto di governo e combattano attivamente le diseguaglianze applicando pienamente l’articolo 3 della Costituzione. Da questo punto di vista è molto importante la Conferenza del PD sul partito prevista per l’autunno e sarà importante una legge che dia attuazione all’articolo 49 della Costituzione per fare sì che i partiti politici si dotino di regole che garantiscano una vita interna basata sulla democrazia, la trasparenza, l’onestà. Ma intanto c’è bisogno di uno scossone. Per dare forza alla democrazia del bene comune.

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