Il Blog di Livia Turco

www.liviaturco.it



Salviamo i Consultori familiari

12 Giugno, 2012 (16:17) | Articoli pubblicati | Da: Livia Turco

Troppe Asl li hanno abbandonati. Devono invece essere una priorità della politica sanitaria. Integrandoli nella rete dei servizi socio-sanitari, collegandoli alla scuola e andando incontro alla popolazione. A partire dai soggetti più vulnerabili, come le donne immigrate

di Livia Turco

I consultori familiari sono un gioiello del nostro paese, purtroppo caduto in disuso e trascurato da tante aziende sanitarie - basti pensare che nel 2007 ce n’erano in totale sul territorio nazionale 2.007, mentre nel 2009 il numero si è abbassato a 1.911- ma che, dove sono sostenuti e fatti funzionare, producono eccellenti risultati mantenendo le promesse che erano contenute al momento della loro nascita nella lungimirante legge istitutiva dei consultori medesimi, la numero 405 del 1975.

I consultori familiari sono strutture del Servizio Sanitario Nazionale che sin dalla loro costituzione si basano su un modello di salute che fa riferimento a quanto indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: “La salute è lo stato di completo benessere fisico, psicologico e sociale e non la semplice assenza di malattia o disabilità”. Si tratta quindi di un modello sociale di salute invece di un modello biomedico e, corrispondentemente, un modello di welfare fondato sulla partecipazione e sull’empowerment invece del tradizionale modello paternalistico direttivo.
In tale modello viene esaltata l’importanza della promozione della salute intesa come azione tendente a promuovere competenza e consapevolezza delle persone e delle comunità al fine di aumentare la loro capacità di controllo sul proprio stato di salute come ricordato nella Carta di Ottawa, espressa a livello internazione nel 1986.

I consultori familiari sono servizi che, dalla ricchezza di competenze multidisciplinari, mediche psico-sociali, possono svolgere al meglio le attività di promozione della salute mediante lo schema concettuale dell’offerta attiva.
Negli ultimi anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sottolineato nei suoi documenti l’importanza di servizi strutturati e organizzativi come i consultori famigliari italiani indicati come modello.

Già dal 2000 il maiuscolo Progetto obiettivo materno-infantile ha assegnato un ruolo centrale ai consultori famigliari e delineato con molto dettaglio non solo gli aspetti organizzativi ma anche gli obiettivi da raggiungere, le azioni da svolgere mediante offerta attiva ed i relativi indicatori.
Indagini dell’Istituto Superiore di Sanità, condotte nell’ultimo decennio sul percorso nascita, hanno evidenziato che questi servizi quando sono conosciuti e utilizzati sono apprezzati sia dalle donne che dalle coppie ed in particolare dai giovani. Negli ultimi anni si sono rivelati particolarmente utili per le donne immigrate tra le quali, come noto, resta elevato il tasso di abortività e per le quali è particolarmente importante l’azione di mediazione culturale. Resta un servizio cruciale per la prevenzione dell’aborto come indica l’ultima relazione del Ministero della Salute sull’applicazione della 194.

In essa si evidenzia che il ricorso al Consultorio familiare per la documentazione/certificazione rimane ancora basso (39,4%), specialmente al Sud. Ciò è dovuto al fatto che il consultorio non è stato integrato nella rete dei servizi socio-sanitari territoriali e non è stato collegato all’ospedale. Qualora ciò avviene, il rapporto diretto consultorio-ospedale riduce i tempi di attesa per le donne costrette ad abortire.
C’è da rilevare con preoccupazione un processo di svilimento e di impoverimento dei consultori familiari, particolarmente accentuato negli ultimi tempi: non si favoriscono i processo di integrazione tra servizi, si riducono gli organici, tante volte mancano figure professionali cruciali come l’ostetrica, si riducono le risorse.

Bisogna invertire questa tendenza. Bisogna farlo a partire da situazioni di eccellenza come l’Emilia Romagna. Bisogna dunque rilanciare sul piano culturale e delle priorità della politica sanitaria il ruolo dei consultori integrandoli nella rete dei servizi socio-sanitari di base, collegandoli alla scuola, sviluppando il loro ruolo attivo rendendoli capaci di andare incontro alla popolazione a partire dai soggetti più vulnerabili come le donne immigrate. Ciò significa risorse, personale adeguato, ma, soprattutto, la rimessa al centro della salute come processo attivo che deve avere come protagonista le persone e deve riproporre la salute delle donne come parametro del benessere dell’intera popolazione.

da: www.quotidianosanita.it

Scrivi un commento

Dovete essere connessi per poter inserire un commento.