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L’immigrazione e i primi “100” giorni di Bersani

19 Gennaio, 2013 (13:41) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Di Livia Turco, da l’Unità del 19 gennaio 2013

È difficile parlare di immigrazione in tempi di crisi economica e sociale. È difficile farlo in campagna elettorale. Perché è uno di quei temi su cui difficilmente scatta l’applauso. Eppure è sul governo dell’immigrazione, sul progetto di convivenza tra italiani e immigrati che si decide quale sviluppo economico si intende promuovere, se basato sulla valorizzazione del capitale umano oppure sulla sua umiliazione attraverso la competizione  sul basso costo del lavoro; se saremo un paese euromediterraneo e se sapremo  aiutare  gli italiani a diventare cittadini europei e del mondo.

Colpisce l’assenza di questo tema nei programmi elettorali degli altri partiti. Lo si comprende nel centro destra: il fallimento delle loro politiche in termini di compressione dei diritti umani fondamentali e creazione di inefficienze è sotto gli occhi di tutti. Basti  ricordare i richiami delle autorità internazionali rispetto alla condizione cui le persone sono  tenute nei CIE o la mancata integrazione dei rifugiati, lo sfruttamento del lavoro, l’ampia fascia di immigrazione irregolare.
C’è da aspettarsi che il rinato Berlusconi rispolveri nel suo discorso populista il no agli immigrati perché ci portano via il lavoro e la casa. Dovrà però fare molta attenzione perché anche le favole più accattivanti possono essere smentite dalla realtà. Molti  sono gli immigrati che hanno perso il lavoro, che tornano nel loro paese e quelli che sono qui e vivono con noi sono dotati di un corredo di diritti - dal salario all’accesso al welfare - che li vede ultimi nella scala sociale. Inoltre il governo Monti ha dovuto emanare un decreto flussi per la necessità di lavoratori in determinate professioni e perché anche dentro la crisi permangono quei lavori che gli italiani non vogliono fare.

Il PD ha compiuto in questi anni bui della politica del centro destra una scelta netta e coraggiosa: combattere le politiche disumane ed inefficaci del centro destra guardando all’Italia reale, ai suoi territori, alle sue persone. Abbiamo scelto di puntare sull’Italia della convivenza che c’è, che si sta sedimentando nelle nostre aziende, nelle nostre scuole, nei quartieri delle nostre città, nei piccoli borghi, nei paesi. Abbiamo messo in risalto e sostenuto la peculiare via italiana alla convivenza, costruita con il ruolo attivo dei comuni, delle regioni, delle associazioni, delle imprese, delle scuole.
Abbiamo scelto di investire sui giovani, su quelli che hanno una marcia in più, sui figli di immigrati che sono italiani di fatto ma non per legge.  I nuovi italiani meravigliosamente rappresentati dai nostri candidati al Parlamento, di cui siamo molto orgogliosi: Cécile Kyenge Kashetu, Khalid Chaouki, Nona Evghenie, Fernando Biague. Bene fa Bersani a ripetere in modo costante che la prima riforma del suo governo sarà la norma che consente a chi nasce e cresce in Italia, figlio di immigrati che risiedono nel nostro paese almeno da 5 anni di essere italiani. Nella consapevolezza che è in gioco non solo il cambiamento di una norma assurda e punitiva ma il riconoscimento di una risorsa, di una energia vitale per il paese.
Nei primi 100 giorni il governo Bersani, dovrà compiere delle scelte nette sull’immigrazione per segnare una chiarissima discontinuità rispetto ai disastri del centro destra. Pensiamo ad una azione in due tempi. Ci sono norme che vanno abrogate subito, come il reato di immigrazione clandestina, la tassa sul permesso di soggiorno, il superamento dei CIE per ricondurre l’istituto del trattenimento al limitato e temporaneo scopo dell’identificazione dello straniero. Contemporaneamente bisogna definire una nuova legge quadro sull’immigrazione e sul diritto d’asilo alternative alla Bossi Fini e alla Maroni Berlusconi che abbia il suo fulcro nel rendere conveniente e praticabile l’ingresso regolare a partire dal lavoro.

Le proposte sono: programmazione dei flussi di ingresso che siano più efficaci e snelli; forme di incontro tra domanda ed offerta di lavoro come l’ingresso per ricerca di lavoro e lo sponsor; trasferimento ai comuni della competenza del rinnovo del permesso di soggiorno;  potenziamento della formazione in loco; capacità di attrarre talenti; facilitazione degli ingressi agli studenti e ai docenti stranieri nelle nostre università; possibilità per i lavoratori immigrati che tornano nel loro paese prima dell’età pensionistica di accreditare i contributi lavorativi acquisiti; promozione delle politiche di coosviluppo e dell’immigrazione circolare; miglioramento della qualità dell’amministrazione dedicata alla gestione dell’immigrazione regolare per renderla più efficiente. Per prevenire e contrastare l’immigrazione clandestina bisogna prevedere la concessione di regolarizzazioni ad personam, puntare sul rimpatrio volontario, definire un sistema di espulsioni che sia compatibile con i valori della nostra Costituzione.
Il terzo pilastro delle nostre proposte riguarda le politiche dei diritti e dei doveri, per costruire una civile convivenza: diritto all’unità familiare anche per i rifugiati e richiedenti asilo; riconoscimento del diritto di voto amministrativo; attuazione del diritto costituzionale alla libertà religiosa; programma di lingua e cultura italiana; servizio civile per i giovani immigrati; forte investimento nell’educazioni interculturale rivolta a tutti anche per prevenire e contrastare il fenomeno in atto di abbandono scolastico e segregazione formativa dei giovani immigrati; fondo nazionale per le politiche dell’immigrazione cofinanziato anche dalle imprese e da soggetti privati.

Tutte queste proposte hanno un senso ed acquistano efficacia se sono collocate in un contesto europeo. Non  è più il tempo di chiedere  all’Europa di aiutare l’Italia ma è l’Italia che deve diventare protagonista nella costruzione di una politica europea e del diritto d’asilo, che sia adeguata alle novità emerse nel Mediterraneo, in Africa e che risponda in modo efficace alla crisi economica e sociale.
Unità nella diversità, queste sono l’Italia e l’Europa che vogliamo costruire.

Livia Turco

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