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Casa, cultura e lavoro per l’integrazione

22 Ottobre, 2017 (09:59) | Documenti | Da: Redazione

Relazione di Livia Turco al Convegno Sidief,  Banca d’Italia , 18 ottobre 2017

Il tema di questo convegno è molto importante perché affronta una questione  cruciale per ogni persona, italiana o immigrata , e per la nostra comunità : l’accesso alla casa.

 E’ altrettanto meritevole di sottolineatura il fatto che il convegno e le ricerche preparatorie si siano soffermate su quegli immigrarti di cui non parla nessuno che sono i cinque milioni di persone regolarmente presenti sul nostro territorio, che lavorano, studiano, pagano le tasse, versano i contributi Inps, aiutano il nostro welfare. Quegli immigrati che come dicono tutti i dati, a partire dalle tasse versate e dai contributi pagati, dai lavori svolti,  considerando anche il  loro attaccamento e culturale e sentimentale con  nostro paese, sono una ricchezza e ci aiutano a vivere meglio.

La vostra ricerca ci dice che la casa è un fattore di grande precarietà per le persone immigrate a fronte di un loro desiderio e di una loro propensione ed impegno ad essere inseriti pienamente nella nostra  società rispettando i suoi valori e le sue regole.

AFFITTO TROPPO COSTOSO

SOVRAFFOLLAMENTO

PRECARIETA’ ALLOGGIO

QUALITA’ DELL’ALLOGGIO

CONCENTRAZIONE IN DETERMINATI QUARTIERI INDOTTI DA FATTORI ESTERNI E NON PER SCELTA

DISCRIMINAZIONI

MANCANZA DI UNA POLITICA PUBBLICA RELATIVA ALL’EDILIZIA SOCIALE SIA PER ITALIANI CHE PER IMMIGRATI.

LA STRETTA CHE E’ INTERVENUTA NELLA CONCESSIONE DEI MUTUI.

Va ricordato che per quanto riguarda gli alloggi  di edilizia residenziale pubblica messa a disposizione dai Comuni , mentre la partecipazione ai bandi da parte degli immigrati è pari al 50% degli italiani  la quota si riduce nel momento dell’assegnazione dell’alloggio .Gli alloggi assegnati agli immigrati sono in percentuale più bassa rispetto al numero di immigrati residenti in quel quartiere. Ciò è dovuto al fatto che il punteggio che sta alla base delle graduatorie tiene maggiormente conto dei profili delle famiglie italiane.

COSA PREVEDE LA NOSTRA LEGISLAZIONE

La legge 40/98- Turco Napolitano  al Capo terzo, articolo 40 prevede disposizioni in materia di alloggio ed assistenza sociale. Punta in particolare sulla costituzione dei Centri di Accoglienza per organizzare la prima accoglienza; prevede  l’accesso alla edilizia popolare e sociale prevista dalle Regioni e dai Comuni. Prevedeva inoltre la concessione di contributi da parte delle Regioni  ai Comuni o ad enti morali  privati e pubblici che intendevano ristrutturare  alloggi da destinare all’affitto  per  persone immigrate regolarmente soggiornanti. Tale articolo fu poi abrogato dalla Bossi Fini. All’articolo 43 comma 2 lettera c  la legge 40/98  (diventata poi Dgl 286) considera discriminatorio il comportamento di chi illegittimamente impone condizioni più svantaggiate o si rifiuta di fornire accesso all’alloggio allo straniero regolarmente soggiornante ,in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione , etnia, nazionalità. Contro questi tipi di atti di discriminazione è prevista una specifica tutela giurisdizionale: l’azione civile contro la discriminazione ex articolo 44 del Testo Unico sull’ immigrazione (Dgl286/98).

La legge 189/2002 , Bossi-Fini subordina l’accesso alle misure di integrazione sociale al possesso del permesso di soggiorno di durata biennale con regolare contratto di lavoro. E’ questo il requisito per poter accedere agli alloggi di edilizia pubblica. Sono escluse le persone iscritte all’ufficio di collocamento. La legge prevede altresì che il datore di lavoro che stipula un contratto di lavoro debba farsi carico di trovare un alloggio al  lavoratore immigrato il cui costo verrà decurtato mensilmente dallo stipendio del lavoratore medesimo.

Il recente  PIANO PER L’INTEGRAZIONE E LA CONVIVENZA  DEI RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO  proposto dal Ministro Minniti  contiene anche qualche disposizione sulla casa.

Le cito “ Includere i rifugiati e richiedenti asilo verificando anche la possibilità’ di includerli negli interventi di edilizia popolare e di sostegno alla locazione. Incentivare fin dalla fase dell’accoglienza l’avvio di percorsi volti a favorire iniziative di caobitazione,  affitti condivisi, condomini solidali come pure la sperimentazione di pratiche di buon vicinato. Prevedere programmi di intervento sociale per rispondere alla complessità relativa agli insediamenti informali nei centri urbani stabilendo procedure di accompagnamento alla fuoriuscita anche attraverso la ricognizione di edifici pubblici in disuso da destinare all’abitare sociale”.

Si tratta di un importante passo in avanti.

Ma, il Piano nazionale per le politiche di integrazione dovrebbe essere prassi normale e riguardare tutte le persone immigrate, tanto più quelle stabili, con lavoro, per studio, con famiglia. Come avviene in molti paese europei.

L’articolo 3 della legge 40/98 lo prevede in modo chiaro: Governo e Parlamento con i Comuni e le parti sociali devono elaborare  un programma triennale sulle politiche migratorie che valuti il fabbisogno di immigrati da parte della nostra economia , la sostenibilità sociale dell’immigrazione, le politiche di integrazione necessarie per dare coesione, serenità e sicurezza al nostro Paese.

Questo articolo, tutt’ora in vigore  è stato applicato solo nel 1998 .con un relativo Fondo nazionale per le politiche di integrazione . Poi l’articolo 3 pur in vigore è caduto nel dimenticatoio. Il fondo Nazionale cancellato. A  conferma che le politiche di integrazione non sono mai state considerate dai governi che si sono succeduti una componente importante del governo dell’immigrazione. Che ha sempre avuto una impostazione emergenziale, tanto più grave ed incomprensibile a fronte del carattere strutturale della presenza degli immigrati. Affidando le politiche di integrazione ai Comuni, alle associazioni, alla società civile ed al mondo economico.

PROPOSTA: COSTRUIRE  UN  WELFARE DELLA  SICUREZZA e DELLA CONVIVENZA  che coinvolga italiani ed immigrati.

Un welfare  che vada incontro alle persone attivando percorsi differenziati per intercettare e coinvolgere i gruppi più vulnerali che solitamente sono i più bisognosi ma anche quelli che restano esclusi dalle politiche pubbliche di sicurezza sociale. Praticare ” l’universalismo selettivo “ che non è un ossimoro ma una pratica reale dell’universalismo. Attivare percorsi  differenziati tenendo conto delle peculiarità dei bisogni delle persone.  Vanno evitate” politiche specifiche”  verso gli immigrati perché  esse alimentano la contrapposizione tra soggetti deboli ed immigrati. Bisogna attivare politiche mirate per superare le discriminazioni e favorire l’integrazione di tutti i gruppi sociali, compresi gli immigrati.

La nostra legislazione prevede parità di diritti tra italiani ed immigrati per quanto attiene l’educazione, l’accesso alle cure, l’accesso ai servizi sociali. Non  dà adeguata attenzione  al problema della casa.

Anzi vi è  il paradosso che per accedere alla casa devi essere in condizioni di regolarità quando questa regolarità è resa difficile proprio dalla carenza delle politiche pubbliche.

Bisogna puntare  come voi indicate  su nuove politiche sociali per la casa: favorire gli affitti; favorire l’accesso ai mutui; ridurre il costo degli affitti; ridurre la burocrazia per contrarre un mutuo.

L’esperienza delle politiche di integrazione e convivenza realizzate nel nostro paese ed in Europa suggeriscono  che bisogna evitare la concentrazione della popolazione migrante in determinati quartieri o caseggiati; bisogna promuovere l’accoglienza e la residenza diffusa; questo favorisce la mescolanza tra italiani ed immigrati, favorisce il dialogo e l’interazione nella vita quotidiana.

Bisogna puntare su un modello di CONVIVENZA  MITE   basato sul superamento delle discriminazioni, sull’inclusione sociale e culturale attiva, che punti al   superamento delle distanze tra italiani ed immigrati,  favorisca la fatica del conoscersi e riconoscersi, la condivisone di azioni quotidiane nel proprio quartiere o contesto di vita, la ricerca di obiettivi comuni e condivisi per quanto riguarda la vita nella propria comunità , dal quartiere alla nazione,  solleciti a costruire alleanze per vivere meglio nella propria comunità. Bisogna far sentire la persona immigrata, parte della comunità, soggetto della Polis con diritti e doveri.

Per questo la riforma della nostra legge sulla cittadinanza, la 91/92 , tutta  incentrata sullo ius sanguinis e lo ius connubi, grazie alla  quale la cittadinanza si acquisisce  solo per discendenza  o attraverso il matrimonio , va temperata con l’introduzione dello ius soli e lo ius culturae  per i giovani.

Per questo vanno promosse tutte le forme possibili di partecipazione attiva in particolare dei giovani, dallo sport, al servizio civile, alla promozione culturale e vanno estesi, con particolare attenzione alle donne , i corsi di lingua e cultura italiana.

L’accesso alla casa  può favorire,  anzi e’ determinante per favorire questa pacifica  convivenza.

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