Il Blog di Livia Turco

www.liviaturco.it



Per una società materna

18 Aprile, 2020 (16:22) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

E’ una scoperta che stupisce gli uomini per la sua intensità umana . Il  tempo della cura modifica l’identità maschile perché consente agli uomini di esplorare una nuova dimensione della vita, rompe gli archetipi del patriarcato che persistono  nel fondo del loro animo. Li rende padri più autorevoli e capaci di svolgere una funzione educativa più   efficace perché stanno  accanto ai figli,  sono con loro  a condividere    gli aspetti quotidiani della vita che mette a contatto con tutti i bisogni, i sentimenti ,i conflitti. Curare il corpo, procurare il cibo, capire il pianto ed il sorriso, inventarsi il gioco o partecipare ad esso, cercare di guardare le cose con gli occhi del bambino per capirlo meglio, cessano di essere dei dettagli cui si guarda distrattamente, diventano incombenze impegnative in cui devi essere attento ,disponibile, imparare a fare le cose per bene dunque acquisire competenze .L’esperienza della cura arricchisce e modifica l’identità maschile e contribuisce a rendere il tempo della cura un tempo sociale e non solo un tempo femminile.

Solo se donne e uomini vivono intensamente ed alla pari il tempo della cura sarà possibile arricchire le relazioni umane e praticare  quella “mescolanza” dei tempi di vita che  costituisce  l’ambizione di ciascuna persona . Perché   mescolare  i tempi della vita significa poterne  esplorare  tutte le sue dimensioni.Il tempo della paternità promuove una nuova identità maschile e femminile dove la cura e la dimensione pubblica sono esperienze ed ingredienti di vita di entrambi i sessi. Finalmente la cura delle persone, il lavoro e la polis, la dimensione pubblica, cessano di essere tra loro in conflitto.

In questo modo sarà possibile rompere in modo definitivo gli stereotipi di genere che sono alla base di tante forme di violenza degli uomini sulle donne.

Bisogna promuovere  la cultura del dono e della gratuità ed il valore della generazione,riscoprire il  valore della   funzione educativa   anche per scrivere una nuova grammatica dei  sentimenti: tra donne e uomini, tra genitori e figli; tra giovani ed anziani.

Bisognerebbe avere il coraggio di pensare e di parlare di una “società  materna e di una politica materna”,  che faccia vivere nella società e nella politica come  ingrediente prezioso  la cura della persona, la presa in carico dell’altro, la capacità’ di tessere   i legami che ci uniscono  alle persone, di promuovere l’autonomia, i talenti ,le abilità di chi è fragile.

Stiamo diventando una società sterile anche perché le relazioni umane si impoveriscono , perdono forza e calore.

L’etica della cura, che si sprigiona in modo particolare nell’esperienza della maternità ma che appartiene al materno che vive in ciascuna donna può immettere nella società e nella relazione con gli altri  energia  fiducia, calore umano, ottimismo.

E’ il rovesciamento della mistica della maternità, è l’idea che la relazione e la cura degli altri-dei bambini, dei vecchi- non sono responsabilità e destino privato e che non c’è specificità femminile nel pensare gli asili nido o nel richiedere i congedi parentali.

La cura delle persone deve diventare un grande obiettivo politico ,un orizzonte di vita, un modo di essere delle relazioni pubbliche, un tratto della democrazia. Che recupera in tal modo la sua  funzione propria che è la promozione dei beni comuni  e la partecipazione attiva delle persone. Rendendo  così’  concreta la sua capacità inclusiva e  realizzare l’ideale democratico dell’uguaglianza non solo di opportunità ma di partecipazione alla vita sociale e pubblica.

Non si tratta solo di rivendicare dei diritti, ma dobbiamo, donne e uomini ,essere capaci di costruire un progetto di cittadinanza sul riconoscimento dei legami reciproci e sulla capacità di prendersene cura. Bisogna avere l’ambizione di costruire una Società Umana.

Ed allora bisogna prendere di petto un’altra questione e porla al centro del dibattito pubblico: i processi di mercificazione dei corpi stanno diventando così invasivi e producono forti diseguaglianze tra donne che non possono essere tollerate in nome di una generica libertà personale. Mi riferisco alla pratica” dell’utero  in affitto” che vede donne ricche ricorrere alle donne povere delle parti povere del nostro continente per comprare il loro grembo materno ed avere un figlio/a. Come se il grembo materno fosse un oggetto qualunque .E, dimenticando tanti anni di esperienza e di elaborazione femminile e non solo che hanno nitidamente individuato nella relazione madre figlio/a che si forma nel grembo materno l’inizio della formazione di una persona e di una relazione che non può essere interrotta o snaturata. Perché il grembo materno non è solo un grembo fisico ma anche un grembo psichico in cui nasce e si forma la personalità del bambino attraverso la relazione con la madre.

Stiamo dimenticando queste elaborazioni e queste acquisizioni culturali e valoriali  in nome di un relativismo etico che trovo sconcertante. II tutto avviene senza un dibattito pubblico nella sinistra . Almeno si discuta dove stiamo andando e dove vogliamo andare.

Livia Turco

Scrivi un commento

Dovete essere connessi per poter inserire un commento.