Il Blog di Livia Turco

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Le giovani compagne

18 Aprile, 2020 (16:19) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Era il maggio del 1974. In piazza San Carlo a Torino si teneva la chiusura della campagna elettale del referendum sulla legge sul divorzio con il comizio di Nilde Iotti. Segretario del PCI torinese era Iginio Ariemma, un comunista speciale, dirigente politico ed intellettuale che ci ha lasciato pochi mesi fa dopo una dura malattia consegnandoci un suo ultimo bellissimo libro “ Perché sono stato Comunista”. E’ stata quella la prima occasione in cui ho ascoltato e visto ,seppur da lontano, Nilde Iotti.

Avevo 19 anni, da un anno vivevo a Torino, Borgo San Paolo, dopo aver lascato il mio paese Morozzo in provincia di Cuneo in cui la parola comunista o era sconosciuta o era un infamia. Ero stata conquistata dalla proposta del Compromesso Storico di Enrico Berlinguer e dal suo carisma. La molla era la giustizia sociale che avevo imparato dallo splendido esempio di vita di mio padre operaio e dalla lettura dei Vangeli nella parrocchia del mio paese. Quella campagna elettorale fu la scoperta della militanza politica e della passione politica. Segretario della Federazione Giovanile Comunista era Piero Fassino. Indimenticabile quel casa per casa, mercati, scuole, fabbriche, parchi la domenica, anche le chiese ed i comizi in tutte le strade del Borgo con un megafono  che a volte aveva una voce gracchiante ! Piero ci invogliava, ci faceva trottare!

Quella sera eravamo stanchi ma molto effervescenti, soprattutto noi giovani eravamo convinti che avremmo vinto perché avevamo sentito una sintonia tra il nostro modo di parlare di famiglia basata sui sentimenti, sulla pari dignità tra donne e uomini, sulla priorità che avevano temi come il lavoro, il salario, i servizi sociali, la sanità pubblica. Andai a quel comizio con una particolare curiosità perché sapevo che Nilde Iotti era una donna molto importante. Avevo letto i suoi articoli su Rinascita, su Donne e Politica riviste preziose del PCI. Anche se non potevamo votare perché il voto a diciotto anni fu una conquista successiva. Quella sera rimasi avvolta dall’eloquio semplice, autorevole, pieno di forza di quella donna bella ed elegante  che parlava di nuova famiglia basata sui sentimenti , dei problemi delle famiglie italiane, che si rivolgeva alle donne  perché fossero protagoniste di un cambiamento della loro vita, della società, che si rivolgeva alla coscienza cattolica ricordando che noi  comunisti volevamo una unità famigliare vera perché basata sulla forza degli affetti e dei sentimenti. Quella sera imparai anche che i comizi del PCI in Piazza San Carlo erano un evento speciale: prima la gara tra le sezioni su chi portava più persone, poi il piacere di incontrarsi, baci ed abbracci, poi l’ascolto in rigoroso silenzio di quella che era per noi militanti una vera lezione , il discorso del dirigente, gli scroscianti applausi  e poi il commento in piazza e successivamente nelle riunioni della sezione del discorso medesimo.

Nilde Iotti mi conquistò. La seguivo nei suoi discorsi e nei suoi scritti. Quando la vedevo alle tribune dei congressi del partito mi colpiva un particolare . In quei luoghi severi, con poche donne al palco lei, durante la discussione sempre profonda ed infervorata, tirava fuori dal suo borsello lo specchio ed il rossetto che si passava sulle labbra con grande tranquillità ed eleganza. Si, rimanevo colpita da questo gesto che mi appariva molto trasgressivo! Quando fu eletta Presidente della Camera il 20 giugno del 1979 fummo molto orgogliose e felici. Una donna, la nostra Nilde, un’altra personalità del PCI dopo Pietro Ingrao. Non erano anni facili per noi giovani comunisti. La scoperta drammatica del terrorismo rosso, il dovere di difendere lo Stato che noi volevamo anche profondamente cambiare, il sostegno al Governo Andreotti dopo il tragico assassinio di Aldo Moro. Ci volle il carisma di Berlinguer e di Massimo D’Alema per farcelo accettare ma furono soprattutto le grandi conquiste di quell’indimenticabile 1978- legge sul lavoro per i giovani, riforma Basaglia, legge 194, legge 833 sul sistema sanitario-  il frutto di battaglie sociali che venivano da lontano ma che trovarono il loro suggello nel momento del dramma, della unità parlamentare e del dialogo sociale.

Nilde , Presidente della Camera che veniva dalla Assemblea Costituente, varò in quei durissimi anni importanti riforme dei Regolamenti parlamentari per rendere più efficace l’azione del Parlamento. La incontrai personalmente parecchi anni dopo, in quel doloroso 1984 , l’anno della morte di Adriana Seroni, grande dirigente politica, di Enrico Berlinguer e  di una carissima compagna, che aveva la nostra età, Giusi del Mugnaio. Era la Festa Nazionale delle donne comuniste che organizzammo a Torino  insieme a Lalla Trupia, Grazia Labate, la Sezione Femminile nazionale e tutta la mia bella squadra torinese. Una festa bella, colorata, piena di iniziative culturali nuove. L’avevamo costruita con cura per allontanare da noi quel profondo senso di tristezza ed anche di smarrimento, perché sapevamo che le donne nella società erano forti, c’era un onda lunga del femminismo che aveva coinvolto tutte, le operaie della Fiat, le donne cattoliche, le intellettuali. Vennero in tanti: Alessandro Natta, Giorgio Napolitano. Massimo D’Alema, ovviamente Piero Fassino.

E venne lei Nilde, allora Presidente della Camera, venne per ricordare la figura di Adriana Seroni. Fu prima di tutto un incontro umano bello. Voleva farci sentire la sua vicinanza, ci ascoltava con curiosità , ci incoraggiò ad essere forti e determinate nelle nostre battaglie. Mi resta nel cuore quel sentimento di vicinanza e di incoraggiamento. Smisi di vederla come la dirigente autorevole ma fredda e lontana. Quando fui chiamata da Lalla Trupia a far parte della Sezione Femminile Nazionale del PCI e poi quando divenni responsabile nazionale delle donne comuniste la cercavo sempre per confrontarmi con lei perché avevo colto che lei investiva su di  noi, su quelle che lei chiamava le “giovani compagne”.

Nella discussione politica interna non sempre mi ritrovavo con le sue posizioni. Io sono sempre stata convintamente vicina alle posizioni di Enrico Berlinguer anche nella sua ultima fase quando parlava di Alternativa Democratica, di centralità della questione morale e quella sua proposta, quel suo investire sui movimenti, sui nuovi soggetti politici come le donne, l’ambientalismo, il pacifismo non erano  condivisi da tutto il partito, anzi erano motivo di discussione. Anche Nilde non era molto d’accordo. Quando Achille Occhetto propose la Svolta della Bolognina nel 1989 per il superamento del PCI , mi furono di aiuto per districarmi nei miei contradditori pensieri e sentimenti l’intervento di  Nilde ed anche di Giglia Tedesco svolti nel Comitato Centrale a favore di quella svolta con argomenti che parlavano della necessità di un nuovo pensiero e di essere coerentemente parte della famiglia del socialismo europeo.

Con le “giovani compagne” tante, che non posso nominare tutte, decidemmo un’ azione di forte innovazione del partito , della sua cultura politica, partendo dalla convinzione che ci fosse una forza sociale, culturale delle donne che doveva diventare forza politica, e per questo doveva esprimersi con una forte autonomia ed un forte gioco di squadra. Quella che chiamavamo la trasversalità femminile: insieme donne dei partiti, il femminismo, i sindacati, le associazioni. ” Dalle donne la forza delle donne” era la parola d’ordine della Carta delle Donne Comuniste nata in particolare dal dialogo con il femminismo della differenza sessuale. Eravamo nel 1986. Nilde mi sostenne nella riunione della  autorevolissima Direzione del PCI dove le donne erano 4. Ci sostenne in tutte le nostre battaglie : contro la violenza sessuale, per il riequilibrio della rappresentanza,  quando nel 1987 raggiungemmo il 30% di donne elette alla Camera.

Da Presidente della Camera ruppe il protocollo e volle essere la prima firmataria della proposta di legge d’iniziativa popolare che avevamo elaborato noi donne comuniste “ Le donne cambiano i tempi” che prevedeva congedi parentali, riduzione dell’orario di lavoro, riorganizzazione dei tempi delle città. Partecipò alla manifestazione di lancio della proposta di legge che tenemmo in piazza del Pantheon a Roma il 9 aprile 1990 facendo un discorso che dimostrava ancora una volta quanto fosse vicina e condividesse la vita quotidiana delle donne ed avesse capito  la sfida culturale  e di trasformazione sociale che quella proposta conteneva. Diventata poi legge nel 2000(Legge 53 dell’8 marzo del 2000)con i Governi dell’Ulivo.  Nel corso degli anni ho portato nel cuore come un dono prezioso lo sguardo materno e complice che Nilde Iotti mi ha trasmesso durante passaggi politici cruciali dandomi sostegno e coraggio. Quando ero Ministra della Solidarietà Sociale dei governi dell’Ulivo, appena entravo nell’Aula di Montecitorio avevo bisogno di incontrare  quello sguardo e lo trovavo ancora più intenso e luminoso degli anni precedenti, seppure stanchi e sofferenti, perché nei suoi occhi brillava l’orgoglio della prima volta della sua sinistra  al Governo del paese. Quanta energia mi trasmetteva lo sguardo di Nilde.

Livia Turco

Dieci anni fa la Legge 38, contro il dolore e le cure palliative

19 Marzo, 2020 (12:45) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

E’ un triste compleanno quella della legge 19 marzo 2010 “Disposizioni per l’accesso alle cure palliative e alle terapie del dolore”. Tante persone stanno morendo per colpa di un virus maligno che non concede ai malati l’ultimo saluto dei propri cari.

Questa solitudine, questa lontananza dai propri cari, seppure alleviata dalla presenza affettuosa dei medici ed infermieri, è l’aspetto che più colpisce e ferisce il nostro animo in questo drammatico momento.

La solitudine è proprio ciò che vogliono evitare le cure palliative, il pallium, il mantello che avvolge il morente con l’amorevolezza delle relazioni umane e la cura della medicina.

In questi dieci anni la legge 38/2000 ha fatto del bene al nostro Paese , ha fatto crescere la cultura del sollievo dal dolore e della eguaglianza della dignità del fine vita.

Ha preso in carico tanti bambini e le loro famiglie costruendo politiche innovative, le cure palliative pediatriche iniziate dalla Fondazione Silvia Lefevre, come ho potuto ascoltare nel convegno del 21 gennaio scorso svoltosi all’ospedale Mayer di Firenze. Ha esteso la Rete degli Hospice e della assistenza domiciliare, ha avvicinato persone alle strutture per combattere il dolore severo , ha formato molti operatori sanitari.

Essa è stata il frutto della bella politica basata sull’ascolto degli operatori, dei volontari, di chi da tempo lavora sul campo. Una legge frutto del dialogo parlamentare in cui si sono confrontati diversi punti di vista culturali e valoriali, che fu votata all’unanimità anche se da parte della sottoscritta e di altre parlamentari rimase la contrarietà per la mancata soluzione del problema del riconoscimento della professionalità del personale che svolgeva già da anni attività nelle strutture di cure palliative e la critica all’inadeguato finanziamento.

La legge 38/2000 ha una storia che inizia con l’avvio degli hospice da parte di medici, giornalisti e volontari. Penso a Vittorio Ventafridda, Gigi Ghirotti, Virgilio Floriani. Ricordo inoltre una donna infermiera e poi medico , Cicely Saunders che fondò nel 1967 il San Cristofer Hospice, la prima struttura di cura palliativa al mondo.

Sul piano legislativo si iniziò con la legge istitutiva degli hospice varata da Rosy Bindi, gli ospedali senza dolore e l’istituzione della giornata nazionale del sollievo voluti dal Ministro Umberto Veronesi , il decreto per la semplificazione della prescrizione dei farmaci antidolore, il riconoscimento delle cure palliative pediatriche, il rifinanziamento della rete degli Hospice insieme al regolamento per la definizione degli standard dei medesimi e la istituzione di una Commissione sulla qualità delle cure e la dignità del fine vita che ebbi modo di realizzare da Ministra della Salute.

L’applicazione della legge vede molte criticità messe in rilievo dalla Relazioni Ministeriali e dalle indagini attivate dall’Osservatorio istituto presso la Fondazione Gigi Ghirotti realizzate attraverso l’ascolto delle persone con un questionario distribuito nelle strutture ospedaliere, negli studi medici e nelle farmacie(cui ho avuto l’onore di collaborare).

Le criticità sono: la scarsa conoscenza della legge da parte delle persone, la ancora inadeguata formazione del personale sanitario e del volontariato per il quale la legge prevede specifici corsi di formazione, la disomogeneità territoriale della rete degli hospice, il breve tempo trascorso negli hospice da parte delle persone che sono nella parte finale della vita, la disomogenea ed inadeguata diffusione della assistenza domiciliare e delle cure palliative pediatriche. La scarsa diffusione della cultura della lotta contro il dolore severo e dell’utilizzo delle strutture a questo dedicate.

Si conferma, a mio avviso, la necessità di avere nel Ministero della Salute un Ufficio dedicato alle cure palliative ed alla lotta al dolore per applicare la legge, Ufficio che negli anni passati aveva dimostrato una efficace utilità. Va riconosciuto che in questa legislatura il Parlamento ha riservato una rinnovata attenzione al tema ad esempio varando la norma che riconosce la professionalità degli operatori che hanno svolto attività nelle strutture di cure palliative.

La promozione della dignità del fine vita, che nessuno resti solo nella fase finale della vita, che si combatta per tutti e tutte il dolore severo: è la più grande sfida che sta di fronte al valore della eguaglianza.

La medicina delle cure palliative è un servizio alla salute ed al benessere delle persone Non dunque una medicina per il morente e per aiutare a morire ma una medicina per l’uomo che rimane una persona vivente fino alla morte.

La tragedia che stiamo vivendo dimostra il grande bene rappresentato dal Servizio Sanitario Pubblico, Universalistico e Solidale. Che dovrà avere grandi investimenti orientato da una concezione della salute come promozione del benessere, come attivazione delle competenze delle persone, come relazione di cura e presa in carico della persona attraverso una conversazione tra medico e paziente, con un forte investimento sulla professionalità degli operatori e sulla promozione della salute come indicatore di qualità di tutte le politiche, la salute in tutte le politiche, attraverso una visione globale della medesima.

Per questo futuro da costruire della sanità pubblica, il paradigma delle cure palliative - una medicina per l’uomo che rimane una persona vivente fino alla morte - può aprire nuovi orizzonti e soprattutto indica che la priorità è sempre la dignità della persona, la sua vita e la sua salute.

Livia Turco

Abbiamo riscoperto il nostro Servizio sanitario nazionale

15 Marzo, 2020 (13:48) | Dichiarazioni | Da: Redazione

Siamo tutti ammirati della dedizione, della professionalità e delle capacità dei nostri medici, infermieri, operatori sanitari, scienziati. Persino  i commentatori che fino a ieri ci propinavano su autorevoli giornali e tv il racconto del Servizio Sanitario Nazionale come cumulo di inefficienze, sprechi, corruzione politica, oggi difronte alla dimostrazione di forza, autorevolezza ed umanità  nell’affrontare il male del virus oscuro, ne tessono  le lodi.

Il mio grazie di cuore a chi oggi opera ed è dedito alla ricerca ed alle  cure per liberarci da questo virus lo esprimo così: finalmente!!! Finalmente la larga opinione pubblica, i media, gli intellettuali e la politica si accorgono di una realtà  che non nasce certo ora come reazione alla malignità di un virus oscuro che ci fa sentire tutti fragili, precari e accomunati da un identico destino.

Competenza, efficienza, amorevolezza non nascono all’improvviso. Sono un patrimonio costruito in quarant’anni e che costituiscono quel bene prezioso che è la sanità pubblica.

Se vogliamo veramente rendere onore alla sanità pubblica, ai medici, agli infermieri, agli operatori  dobbiamo avere il coraggio di dire: scusateci abbiamo sbagliato.

Abbiamo sbagliato a sentire, vivere e raccontare la sanità  pubblica come spreco, inefficienza, corruzione. Il nostro paese da un ventennio è attraversato da una penetrante retorica sulla Malasanità..che ha esaltato le indubbie criticità ed ha nascosto il bene quotidiano che essa produceva..

Una retorica non casuale ma animata dall’idea che il pubblico sia portatore di male. Invece il pubblico e portatore di bene. Sfido s trovare trasmissioni ed articoli che parlino della normale umanità ed efficienza della sanità.

Una minoranza contro una marea di rappresentazioni e racconti di malasanità.

Se vogliamo costruire una svolta profonda per fare della Salute un grande e primario bene pubblico servono risorse, investimenti sul personale, ricerca, governance che si misuri con la natura globale dei problemi. Come si sta facendo. Come stanno facendo il governo e le istituzioni tutte della Sanita pubblica e privata.

Ma questo non sarà sufficiente se non sarà  accompagnato da un nuovo discorso pubblico sul valore della salute su come si promuove e tutela  la salute, sulla importanza del ruolo attivo e competente dei cittadini e sul primato indiscutibile del pubblico, del Sistema Sanitario Pubblico, Universalistico e Solidale.

D’altra parte così  è nato il SSN con la legge 833/78: una forte partecipazione popolare, una battaglia competente di medici, professionisti ,lavoratori e lavoratrici.

E da un profondo dialogo parlamentare guidato da personalità che avevano nel cuore la politica come Bene Comune come la Ministra della Sanità, la democristiana Tina Anselmi ed il medico e scienziato comunista Giovanni Berlinguer.

Per costruire nuovi orizzonti, per vincere le sfide dure bisogna anche avere l’intelligenza e l’umiltà di tornare alle origini, di continuare ad imparare dalle radici che hanno saputo costruire un albero forte. Per farlo crescere ancora.


Livia Turco

Coronavirus. Appello alla solidarietà tra generazioni

11 Marzo, 2020 (13:58) | Dichiarazioni | Da: Redazione

«Anche i giovani sono chiamati a proteggere gli anziani. – dichiara Livia Turco, Presidente della Fondazione Nilde Iotti - Abbiamo ascoltato ieri le parole del Ministro Roberto Speranza e del presidente dell’Istituto Superiore di Sanità rivolto ai giovani perché proteggano gli anziani. Ci sembra un messaggio molto umano e doveroso da raccogliere e tradurre in atti concreti da parte di noi cittadini».

Le donne della Fondazione Nilde Iotti, impegnate a diffondere i valori umani di solidarietà e senso civile verso le giovani generazioni incoraggiano i più giovani ad assumersi la responsabilità dell’intera comunità e a prendersi carico degli anziani e delle persone più fragili, in questi giorni di emergenza nazionale a causa del diffondersi del Coronavirus.

«Possiamo fare molti gesti concreti ed utili della vita quotidiana con le persone anziane che conosciamo, che vivono nei nostri condomini o accanto a noi applicando le regole che sono state emanate. – prosegue Livia Turco - Andare a fare la spesa ed in farmacia; aiutare a conoscere ed interpretare bene le istruzioni cui dobbiamo attenerci in questo momento; tenere loro compagnia e tanti altri gesti della vita quotidiana».

Il 2020 è l’anno del centenario della nascita di Nilde Iotti. Numerose le iniziative che la Fondazione ha organizzato in tutta Italia, con due obiettivi principali: ricostruire la memoria e trasmettere alle nuove generazioni i valori, la passione per la politica e l’impegno civile della nostra Madre Costituente.

Le leggi e la vita delle persone

19 Novembre, 2019 (11:36) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Cosa sono le leggi nella vita delle persone, quanto sono conosciute, come sono utilizzate, come sono applicate? Quanto le riforme legislative hanno inciso nella storia politica, sociale e culturale del nostro paese? Quanto le donne ne sono state protagoniste ed in quale contesto il loro protagonismo è stato efficace? Rispondere a questi interrogativi attraverso il dibattito pubblico è questione cruciale per promuovere la buona politica ed una efficace azione di governo.

Il libro curato dalla Fondazione Nilde Iotti “ Le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia “ (Ediesse Editore),proposto in una seconda edizione, sollecita tale ricerca e discussione ed aiuta anche a trovarne le risposte. E’ stato presentato e discusso martedì 29 ottobre 2019 presso la Casa internazionale delle donne a Roma con la partecipazione della Ministra Elena Bonetti , di Simona Feci Presidente della Società delle Storiche, di Giulia Iacovelli coordinatrice nazionale della associazione FutureDem. Il libro espone in ordine cronologico e descrive le leggi che hanno avuto le donne come protagoniste dal 1950, Legge Noce -Federici sulla tutela sociale della Maternità, fino alla legge 11 gennaio 2018 n.4, Disposizione in favore degli orfani per i crimini domestici, l’ultima della diciassettesima legislatura.

La seconda edizione del libro aggiorna la legislazione fino al 2018.La scansione e la lettura delle leggi consente di definire questa legislatura come contrassegnata da un efficace protagonismo femminile nelle Aule Parlamentari e nei Governi che si sono succeduti. Un protagonismo che si è dispiegato in tutti gli ambiti promuovendo un ampia gamma di leggi attinenti ai diritti civili, sociali, allo sviluppo economico, alla riforma della pubblica amministrazione, alla lotta contro le mafie, contro il caporalato, alla riforma della scuola, alla lotta contro la violenza sessuale, alla estensione a tutti i livelli istituzionali delle norme sulla parità di genere nelle istituzioni. Quanto sono conosciute queste leggi, quanto si sono incontrate con la vita delle donne? Sono questioni cruciali non solo per ottenere il consenso delle donne ma anche per applicare bene le leggi.

Ho avuto il privilegio di essere protagonista nelle battaglie per la conquista, la difesa e la realizzazione di molte riforme legislative. Quando sento rappresentare il Parlamento con il termine “poltrone”, quando sento trattare le norme legislative come cavilli burocratici e/o pezzi di carta qualsiasi mi viene un colpo al cuore. Sento il dovere di indignarmi e di reagire . Sento il dovere di testimoniare la fatica, le battaglie, il gioco di squadra ,la bella politica che è contenuta in molte conquiste legislative troppe volte dimenticate o non applicate. Sento il dovere di mettere in gioco la “cassetta degli attrezzi del buon governo” che quella fatica, quelle battaglie e la concreta esperienza di governo mi hanno consentito di accumulare. Per metterla a disposizione di altre e nuove generazioni di donne.

L’esperienza mi ha insegnato che per svolgere una efficace azione di governo bisogna avere un progetto, un ‘idea di società. Così abbiamo costruito la prima legge quadro sull’immigrazione (40/98); promosso la riforma delle politiche sociali ed un welfare dalla parte dei bambini e delle famiglie( 285/97 e 328/2000); la politica dei tempi di vita e di lavoro per vivere con pienezza tutti i tempi della vita(53/2000).Le leggi di riforma non nascono dalla testa illuminata di un legislatore ma dalla creatività e dalle competenze diffuse nella società.

Per questo è importante che chi governa e chi opera nelle istituzioni abbia come pratica quotidiana quella di “apparecchiare Tavoli” per ascoltare, imparare, condividere e poi decidere, assumersi la responsabilità della scelta. Senza uno di questi Tavoli, ad esempio, non sarebbe mai nato l’articolo 18 della legge 40/98 che prende in carico le vittime di tratta, norma che ha fatto scuola in Europa e da cui è poi derivata una elaborazione complessiva di lotta contro la tratta degli esseri umani. Bisogna tessere un legame costante con la vita delle persone ed essere consapevoli che il tempo dell’ascolto è uno dei tempi più preziosi e ben spesi.

Anche perché suggerisce che cosa bisogna fare. E’ dall’ascolto delle madri dei ragazzi disabili che è nato il congedo di due anni per assistere i figli anche maggiorenni con grave disabilità, congedo retribuito e con contribuzione figurativa(Legge 53 /2000).Successive sentenze della Corte Costituzionale hanno esteso tale congedo ai figli o parenti di persone gravemente non autosufficienti, unica misura oggi esistente per la presa in carico delle persone non autosufficienti. Quante volte mi sono sentita dire dalle stesse mamme dei ragazzi disabili :”ma quando approvate quella legge, ho urgenza che mio figlio possa utilizzarla.” Il tempo della decisone politica deve essere in sintonia con i tempi della vita delle persone.

E’ stato uno degli insegnamenti più preziosi che mi fatto vivere con angoscia il tempo lungo della approvazione di una legge. Legiferare e governare significa fare i conti con le risorse, con la sostenibilità economica. Dunque è cruciale saper scegliere le priorità per orientare il tempo e le risorse. Quando si è approvata una legge bisogna applicarla. Sembra una banalità. Nei fatti non è così. Manca nel nostro Paese una cultura della applicazione delle leggi, manca anche nella mentalità e nell’atteggiamento di noi cittadini. Approvata una legge bisogna informare i cittadini della opportunità contenuta in quella legge. Si può esigere un diritto solo se lo conosci.

Quanto avrei voluto che la legislatura proseguisse per fare una campagna informativa sul congedo parentale e le altre opportunità contenute nella legge 53/2000 e nel Testo unico sulla Maternità del 2001 !! Applicare una legge per promuovere il bene comune significa monitorarla, valutare i suoi esiti e poi attraverso un dibattito pubblico valutare quali correzioni apportare. Nel nostro Paese invece le leggi si distruggono e si cambiano a prescindere dai risultati ottenuti ma in base alla scelta politica ed ideologica .

E’ prassi abituale che quando arriva un nuovo governo per principio cancella quello che è stato fatto dal governo precedente. Così facendo si arrecano dei danni al paese. Come nel caso della lotta contro la povertà. Nel 1998 (DL.18 giugno 1998 n.237) il Governo Prodi decise la sperimentazione del Reddito Minimo di Inserimento in 39 Comuni Italiani .La sperimentazione nasceva dalla volontà di dotare il nostro paese di una misura contro la povertà e dalla consapevolezza di quanto fosse tale misura esposta al rischio della trappola dell’assistenzialismo o dell’abuso ed andava verificata la capacità dei Comuni di promuovere progetti di inserimento attivo delle persone in condizione di povertà. Per questo la sperimentazione si era dotata di una Commissione Tecnica di esperti che aveva il compito di redigere una Relazione di Valutazione degli esiti della sperimentazione che avrebbe dovuto essere discussa in Parlamento per poi elaborare in modo compiuto una legislazione di lotta alla povertà.

Il Ministro che mi successe (Roberto Maroni) decise subito che il Reddito Minimo d’Inserimento era una misura assistenzialistica e che pertanto il suo governo l’avrebbe abbandonata. Così sono trascorsi vent’anni prima che fosse varato il Reddito di Inclusione Sociale( Legge 15 maggio2017 n.33 ).Anche essa neppure sperimentata e già superata dall’attuale Reddito di Cittadinanza.

Il libro suggerisce quanto sia prezioso praticare il reciproco riconoscimento tra donne e tra generazioni di donne. Madri che trasmettono alle figlie e le sostengono, figlie che riconoscono le madri e sperimentano nuove strade. La solidarietà tra generazioni di donne è fondamentale per costruire una genealogia femminile nella politica, fonte della autonomia e dell’esercizio della libertà, per camminare con le proprie gambe. Dalle donne la forza delle donne!! Solo così le donne hanno vinto.

Oggi bisogna passare dalle leggi alle politiche! Asili nido, congedi parentali, sostegno alla maternità e paternità , buona e piena occupazione femminile, lotta contro il femminicidio e contro la tratta degli esseri umani, non sono le politiche delle donne, sono le politiche cruciali per lo sviluppo del paese! Per questo devono essere centrali e prioritarie nell’azione di governo.

Questo il cambio di passo che il nostro Paese deve fare. Subito! Perché è già troppo tardi !

Politiche da costruire e condividere con il popolo delle donne, costruendo un forte legame sociale, un forte legame tra istituzioni e cittadine, cittadini del nostro Paese.

Livia Turco  

Caro Rampini, ti spiego io cos’è la sinistra

16 Novembre, 2019 (09:15) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Ho ascoltato Federico Rampini a Piazza Pulita (giovedì 14 novembre) e non osavo credere alle mie orecchie! C’è un limite a insultare la sinistra. C’è un limite a cavalcare la retorica sul buonismo della sinistra facendo smarrire di cosa stiamo discutendo.

Sono cresciuta anche io alla scuola del PCI che resta la mia scuola; ho contribuito a fare una legge organica sulla immigrazione che parlava di regole, di diritti e doveri a partire dalla stella polare della dignità umana. Mi occupo tutti i giorni di immigrazione da cittadina e la gente di sinistra che incontro non fa parte di salotti ma lavora nelle scuole, negli ospedali, nei servizi sociali e nelle periferie.

Si preoccupano di curare chi è in difficoltà anche se negro, fanno partorire le donne anche se non hanno il permesso di soggiorno come prevede la legge, cercano di dare vitto e alloggio a quei giovani, a quei lavoratori che avevano un lavoro e che con la cancellazione della protezione umanitaria sono diventati clandestini e scarti umani.

Popolo di sinistra che accoglie nelle proprie case minori abbandonati, che dedica il proprio tempo per insegnare la lingua e la cultura italiana. Che aiuta i giovani a superare i deficit scolastici, che combatte le droghe e chi le procura.

Cosa dobbiamo dire a queste persone? Che stanno sbagliando, che devono rinunciare al dovere di solidarietà come previsto dall’articolo 2 della Costituzione?

Penso che il dovere di autorevoli giornalisti come Rampini sarebbe quello di raccontare questo meraviglioso popolo e ringraziarlo, farlo conoscere. Solo così si costruisce la legalità, si avvicinano gli italiani e gli immigrati, si costruisce convivenza.

La sinistra va spronata ad avere coraggio, a chiamare a raccolta popolo e intellettuali a ragionare su come costruire l’Italia e l’Europa della convivenza, su come rendere concreto il motto europeo della unita nella diversità.

In Italia da anni si pratica il blocco dell’ingresso regolare per lavoro. Nel 2019 i nuovi ingressi sono 200.000 di cui 63.500 bambini figli di immigrati nati in Italia e gli altri sono persone già residenti nel nostro Paese che hanno cambiato il motivo del soggiorno.

Una sinistra coraggiosa chiede che si aprano canali regolari dell’ingresso per lavoro come richiesto da alcuni settori della nostra economia, cerca di togliere dalla illegalità le migliaia di persone con la regolarizzazione ad personam, abroga i decreti sicurezza di Salvini, costruisce una nuova legge quadro sulla immigrazione.

Promuove nei quartieri, nelle fabbriche e nelle scuole l’incontro tra italiani e immigrati. Apre un dibattito su “Come stiamo insieme noi e loro”, quale forma di convivenza superi i limiti del multiculturalismo e dell’assimilazionismo. Ci sono tanti quartieri, comunità, scuole, fabbriche in cui è cresciuta la convivenza.

Perché non imparare da queste esperienze? Perché non parlare del dovere degli immigrati alla partecipazione politica per dare il loro contributo alla vita della comunità?

Una sinistra coraggiosa guarda il volto dello sfruttamento, fa la fatica di unire le persone che vivono gli stessi problemi, bianchi o neri che siano, fa la fatica di costruire una relazione tra queste persone favorisce l’incontro la conoscenza il  gioco di squadra tra loro.

All’odio bisogna opporre la forza della convinzione che “insieme si può”. La forza del noi, la forza della vita concreta, la forza delle persone in carne e ossa.

Quelle che Salvini non conosce. A lui bastano gli slogan e i selfie. Ma la vita dura richiede la forza delle passioni. La pratica tenace e coerente dei valori più difficili come la tutela della dignità e della vita umana.

Livia Turco