Lo spinello spiegato a mio figlio
Mai e poi mai devi fumare uno spinello, mai e poi mai devi fare ricorso a qualche sostanza, perché sai dove inizi, ma non sai come finisci». A mio figlio, che ha oggi 25 anni, ho sempre detto così.
Mai e poi mai devi fumare uno spinello, mai e poi mai devi fare ricorso a qualche sostanza, perché sai dove inizi, ma non sai come finisci». A mio figlio, che ha oggi 25 anni, ho sempre detto così.
“L’eleganza della politica” questa è l’eredità che ci hanno lasciato donne come Nilde Iotti e Tina Anselmi.
In questi anni, lasciato il Parlamento, ho scelto di fare politica in modo diverso, dedicandomi a far vivere attraverso la Fondazione Nilde Iotti, insieme ad altre donne_ diverse per generazione, storia e cultura_ quel messaggio tra i giovani. Nelle scuole, parlando delle nostre Madri, della Costituzione, della storia delle donne. In queste occasioni ho constatato che quel messaggio veniva accolto, incuriosiva, coinvolgeva quei giovani che avevo di fronte. Ma anche nei circoli PD, nei centri sociali delle periferie, nelle associazioni di volontariato.
Ieri durante l’assemblea del PD , nel mio cuore sofferente, si sono affacciate Nilde Iotti e Tina Anselmi, ho cercato l’eleganza della politica in quel luogo.
Mi sono chiesta e mi chiedo come può accadere che padri del PD lascino il partito che hanno fatto nascere ed a cui hanno dedicato tante energie, tanta passione e tanta fatica.
La risposta l’ho trovata nell’eredità di quelle due Madri. Ciò cha ha smarrito il PD è proprio “l’eleganza della politica”. Eleganza, cioè perseguire sempre il bene comune, avere il gusto di ascoltarsi, la consapevolezza di quanto siano importanti le relazioni umane, il rispetto, la solidarietà tra le generazioni, la competenza, l’umiltà di imparare ed ascoltare. Avere degli ideali e praticarli. Verificare l’efficacia della propria azione nel rapporto con gli altri, risolvere giorno per giorno i problemi, far vivere una politica popolare che sappia prendersi cura delle persone.
“Prendersi cura” ecco una delle parole del Lingotto pronunciata da Walter Veltroni che è andata del tutto smarrita. Ecco una parola preziosa per fare una politica efficace nel rapporto con le persone e per essere comunità. Ecco una parola preziosa per combattere i populismi. Una parola preziosa per tessere relazioni tra di noi.
Al prendersi cura in questi anni si è sostituito l’ipertrofia dell’io maschile che ha massacrato le relazioni umane, ha fatto perdere di vista la solidarietà tra le generazioni. Ha sostituito la logica dell’apparire a quella dell’essere. La politica si è rinchiusa nei recinti delle istituzioni. Il tempo della politica è stato scandito dalla retorica “per la prima volta dopo vent’anni” mettendo sullo stesso piano destra e sinistra e dimenticando che tane cose dell’oggi erano iniziate durante i governi dell’Ulivo. Questa è la radice del male oscuro che vive il PD. Perché la politica è pensiero, abilità tattica, visione strategica, uso del potere ma è anche e molto “rammendo sociale”, cucitura delle relazioni umane.
Mi spiego anche così il silenzio delle donne in questo dibattito ed in questo scontro.
Ieri Matteo Renzi nella sua relazione ha rivendicato al suo Governo il merito di aver promosso donne in ruoli apicali. Ha ragione. Personalmente l’ho riconosciuto ed apprezzato in tante occasioni. Ho inteso il mio lavoro di questi anni come un passaggio di testimone e sono stata felice di apprezzare il protagonismo delle ministre, le loro competenze, i loro successi, le leggi importanti approvate.
Ma prima del tuo Governo, caro segretario non ci sono stati solo “convegni sulla differenza di genere” ci sono state dure battaglie che hanno visto protagoniste migliaia di donne ottenendo importanti risultati nei loro partiti, gruppi parlamentari, fino ad introdurre la modifica all’art. 51 della Costituzione il principio” A tal fine la Repubblica promuove le pari opportunità tra donne e uomini” (Legge Costituzionale n.1 del 30 maggio 2003).
E’ proprio alle donne che mi rivolgo. Dobbiamo aggredire questo male oscuro che attanaglia Il PD e la politica nel suo insieme.
Dobbiamo essere capaci di andare controcorrente, non farci affascinare noi stesse dall’ipertrofia dell’io, dalla logica del puro apparire. Dobbiamo smetterla di essere “seconde” ai nostri presunti capi. Dobbiamo esercitare la nostra autonomia e costruire un’alleanza tra donne. Dobbiamo imporre con passione e determinazione la superiorità della pratica del “prendersi cura”, del “rammendo sociale”. Solo così salveremo la politica, salveremo la sinistra, salveremo il PD.
Livia Turco
da l’Unità
Fermiamo il degrado della politica. Facciamolo noi del PD prima di essere anche noi travolti dall’infamia più dura che è il disprezzo e la lontananza del nostro popolo.
Guai se il PD diventasse complice di questo degrado! Quando un uomo come Giorgio Napolitano che ha dedicato la sua vita al bene comune ed alla nostra nazione viene travolto dagli insulti di uomini e donne come Salvini e Meloni perché svolge un argomentazione pacata circa la necessità che il Governo prosegua la legislatura la nostra preoccupazione di democratici deve essere molto alta.
Non solo perché viene colpita una grande persona e le istituzioni che rappresenta ma per il linguaggio che trasuda disprezzo e per le affermazioni che non si preoccupano di entrare nel merito e di argomentare una tesi differente ma sono un miscuglio di volgarità che esprimono il totale disinteresse verso il paese. Per fermare il degrado della politica bisogna sprigionare la forza della democrazia, far vivere nella società la rivoluzione democratica. Ed allora bisogna invertire nettamente la rotta che governa il nostro partito.
Dare forza alla democrazia significa prima di tutto amare il proprio Paese e le sue persone. Che senso ha dirsi democratici e di sinistra se non si decide di usare tutto il tempo della legislatura per fare quelle riforme che non possono più attendere come la legge contro la povertà; la riforma della cittadinanza che consenta ai giovani figli di immigrati che sono italiani di fatto di esserlo anche per legge, e non vivano più l’angoscia , al compimento dei 18 anni anche se sono cresciuti in Italia ma non hanno un lavoro o non frequentano l’università di essere espulso dal nostro paese; la legge quadro che riconosce l’identità ed i diritti dei minori non accompagnati che sono numerosi nelle nostre città. Che vergogna sarebbe se il PD concludesse questa legislatura senza aver approvato queste leggi!
Vogliamo continuare ad essere l’unico Paese in Europa senza un reddito di inserimento contro la povertà? Facciamola ed applichiamola questa benedetta legge! La sperimentammo già con i Governi dell’Ulivo nel 1998! Costruiamo con le imprese un Fondo Nazionale e Fondi regionali per finanziare il Reddito di Inclusione Sociale e renderla una misura decente. Alle aziende non dobbiamo solo dare le detrazioni fiscali per il welfare aziendale.
Chiediamo anche a loro di dare un contributo per combattere la povertà. Quando il PD attorno al tema della lotta alla povertà dedicherà un po’ di passione, un po’ di discussione, un po’ di tempo per girare tra le varie Caritas sarà un partito autorevole. E’ questa la vera sfida, di civiltà e di sinistra, contro la demagogia dei Cinque Stelle. Non la campagna sui costi della politica che sta creando la singolare situazione per cui la politica sta diventando un affare per ricchi. Quanti operai, quanti lavoratori eleggeremo in Parlamento? Domanda antiquata?
Non credo se come ci ha insegnato Norberto Bobbio la forza della democrazia sta nel promuovere l’eguaglianza e l’inclusione anche nella sfera politica. Perché se si è poveri, se si è affannati ad arrivare alla fine del mese non si ha certamente voglia di occuparsi di politica. Se non c’è una politica popolare che si preoccupa di valorizzare il merito e di superare le diseguaglianze nella politica, in Parlamento e nelle istituzioni avremo solo i ricchi e benestanti, non i lavoratori ed i giovani laureati meritevoli.Se il PD non si impegnerà a fondo per ottenere queste riforme farò fatica a sentirmi a casa mia. Per le tante battaglie che ho fatto nel corso degli anni e per il senso che ha per me la parola sinistra.
Sprigionare la forza della democrazia significa fare ciò’ che fino ad ora non è stato fatto: dopo una sconfitta elettorale così pesante dove anche una parte del tuo elettorato vota contro le tue scelte e dove l’80% dei giovani ti dice No bisogna attivare in modo collettivo quella pratica impegnativa eppure così preziosa che è “l’ascolto” , e poi confrontarsi su quanto le persone ci hanno detto per farne tesoro nelle scelte politiche che si compiono.
Nell’era dei social resta comunque insostituibile la relazione umana, il guardarsi in faccia, lo scambio di pensiero e di umanità. Tanto più nel rapporto con i giovani. Perché abbiamo perso queste doti, questa pratica preziosa, proprio quando viviamo in tempo in cui, come ci hanno spiegato e spiegano tanti studiosi, nella società liquida ed atomizzata è con la forza delle relazioni umane, della comunità che si riscopre il senso della politica ed il gusto di costruire insieme un progetto, un idea di società, uno sguardo sul futuro. Questo per me è il congresso.
Non uno scontro tra ceti politici, non una conta, non l’annuncio solitario di laedership ma la costruzione attraverso un confronto schietto ed anche aspro di un progetto per il paese e per l’ Europa. Le novità sconvolgenti che attraversano il mondo, il deperimento del progetto europeo, la necessità di ridefinire i sistemi di welfare e le politiche di sviluppo, l’urgenza di discutere quale è la convivenza possibile tra italiani, europei ed immigrati sono temi impegnativi che richiedono studio, pensiero condiviso, elaborazione collettiva, scelte politiche. Insomma, un partito.
Altrimenti la sinistra diventa irrilevante. Nella vittoria dei populisti non c’è solo l’egoismo, il rancore, la paura di perdere diritti ed opportunità, la rivolta contro l’arretramento sociale c’è anche il bisogno del “ guscio”, di trovare il calore di una comunità, di sentire protetta la propria identità il proprio territorio. C’è la centralità della relazione umana.
Come spiegare che il calore del guscio lo si può vivere anche in una società aperta e mobile che anzi quel calore sarebbe arricchito da quello della creatività e della sfida, della curiosità che rende più bella la vita e più acuto il pensiero? Conta la battaglia culturale ma conta moltissimo la politica, per quello che dice per quel che fa e per la comunità che crea. Conta se sei partito e il partito che sei, se scontro di potere tra correnti e rissa oppure comunità di pensiero, di passione, di concretezza, di battaglia quotidiana per il bene comune.
Vogliamo, possiamo discuterne? O sono soltanto le ubbie di una romantica e di una nostalgica che non capisce la politica ai tempi moderni? Ho bisogno di saperlo e, come me, in tanti hanno bisogno di saperlo.
Livia Turco (da L’Unità)
PS. Massimo sostegno all’Unità. Impegniamoci tutti e tutte per salvare questo piccolo tesoro.
Un’idea di società
C’è una grande assente nel dibattito pubblico sull’immigrazione, una assenza che non consente di andare alla radice dei problemi che connotano l’immigrazione in questo nostro tempo. E’ il tema della convivenza tra europei, italiani ed immigrati. Come stiamo insieme noi e loro? Quale idea di società ? Come tradurre il motto costitutivo dell’Unione Europea dell’unità nella diversità? Porre questo tema significa incedere in una divagazione intellettualistica? Riproporre in modo stucchevole il dibattito sulla crisi o meno del multiculturalismo?
Niente affatto. Si tratta di un tema molto concreto ed urgente che va affrontato per rispondere alle emergenze che stiamo vivendo. Il Governo ed i Comuni italiani stanno affrontando l’emergenza rifugiati con quella che viene definito “modello diffuso di accoglienza”. Si tratta di un idea ed una pratica molto importante che va molto sostenuta , valorizzata e discussa perché potenzialmente contiene un progetto di convivenza.
Il modello diffuso accoglie in una comunità pochi nuovi venuti , li inserisce nei luoghi della vita quotidiana, costruisce con loro una relazione umana di conoscenza , di coinvolgimento nella cultura e regole del nostro Paese , di valorizzazione dei loro talenti in lavori utili alla comunità. Nel modello diffuso di accoglienza c’è l’ingrediente fondamentale della convivenza: conoscersi e riconoscersi, lavorare insieme, scoprire di avere obiettivi comuni. Contiene l’idea di una società della mescolanza sostenibile. Il problema è che solo 2000 Comuni hanno accettato di misurarsi con tale progetto.
Mancano all’appello seimila comuni. Come convincerli? Contano certamente gli incentivi economici ma conta soprattutto dimostrare che con quei nuovi venuti gli italiani non perdono la loro identità culturale, la comunità non viene deturpata, non si corre nessuna minaccia per la propria vita. Anzi, quelle persone nuove e diverse possono arricchire la vita della comunità ospitante. Come raccontano molte cronache di giornali locali che riferiscono dei successi ottenuti da tanti comuni anche piccoli.
C’è un’Italia della convivenza diffusa e sedimentata da tempo nei territori, nelle periferie delle città, nelle scuole, nei luoghi di lavoro . Essa è rimasta nascosta ed inascoltata. Bisogna raccontarla, farla conoscere, discuterla per capire cosa imparare da questi successi per definire una via italiana alla convivenza, un idea di società plurale. Solo con la pedagogia dell’esperienza, solo con la forza dell’esempio, fatto conoscere, discusso in modo collettivo si potranno convincere i seimila comuni e mettere così le basi per un Italia più sicura e serena. Non si può rimanere fermi al ritornello “ sicurezza e solidarietà” che ripetiamo da vent’anni.
L’Italia è già interetnica e multiculturale. Bisogna tradurre questo dato di fatto in consapevolezza culturale, civica, politica, in un idea nuova di società. La scelta che dobbiamo compiere attraverso un dibattito pubblico è molto netta: ci accontentiamo di stare gli uni accanto agli altri, tribù ’ separate che si ignorano, il cui problema è solo quello di non pestarsi i piedi?
Oppure vogliamo fare la fatica del conoscersi e riconoscersi, definire un orizzonte comune di valori, imparare a risolvere insieme i problemi , a condividere i momenti di difficoltà e quelli di festa? Vogliamo coinvolgere in questo processo gli immigrati stessi, a partire da quelli che da molti anni sono qui con noi, e sarebbero ben contenti di non essere considerati solo forza lavoro ma cittadini che agiscono nella polis dotati di diritti e doveri verso la comunità? Vogliamo finalmente guardare in faccia “ gli italiani senza cittadinanza” i figli dei migranti nati in Italia che non accetteranno l’integrazione subalterna che è stata riservata ai loro genitori e da loro accettata. Non vorranno sentirsi cittadini di serie B.?
Vogliamo approvare prima dello scadere della legislatura quella benedetta riforma della cittadinanza per cui questi giovani siano non solo italiani di fatto ama anche per legge? Vogliamo proporre l’educazione interculturale per tutti nelle scuole quale asse educativo fondamentale? Vogliamo imparare a praticare la mescolanza nei luoghi della vita quotidiana?
Costruire la società della convivenza in modo consapevole ed attraverso un dibattito condiviso valorizza le scelte importanti compiute dai Governi Letta, Renzi ed ora confermate da Gentiloni, della stipula di accordi bilaterali con i paesi da cui provengono i flussi migratori perché l’Italia potrà esibire la sua capacità di integrazione, valorizza le politiche di cooperazione con i paesi del Mediterraneo e con l’Africa.
Non si costruisce l’Italia della convivenza con il reato di immigrazione clandestina, con i Cie con le norme repressive ed inefficaci sulle espulsioni, con le norme sull’ingresso di lavoro che hanno fomentato la clandestinità contenute nella legislazione vigente, le norme della Bossi Fini e della Berlusconi Maroni. Per costruire una vera svolta nel governo dell’immigrazione, per costruire la società della convivenza è necessario costruire una nuova “ legge quadro sull’immigrazione” ed una legge organica sul diritto d’asilo.
E’ una priorità non rinviabile. C’è un precedente da cui si può imparare qualcosa ed è la legge quadro dei governi dell’Ulivo che nel 1998 con coraggio e spirito innovatore aprì una nuova pagina. Durò poco perché prevalse lo spirito ideologico e la cultura repressiva del centrodestra che ci ha lasciato in eredità tanti problemi non risolti. Potrebbe essere utile da parte del Governo promuovere una Conferenza nazionale sull’immigrazione che veda la partecipazione dei tanti attori economici, sociali , culturali del volontariato, cittadini migranti.
Potrebbe essere utile che Anci, Regioni, Governo promuovessero ogni anno un Forum sull’Italia della Convivenza , un luogo in cui si raccolgono si illustrano e si discutono le buone pratiche della convivenza realizzate nei territori del nostro paese ed anche in Europa. Per praticare la pedagogia dell’esperienza.
Livia Turco
Abbiamo letto sui giornali nei giorni scorsi che ad Udine una ragazza è svenuta a scuola perché da due giorni non mangiava non per anoressia ma perché i genitori non avevano il cibo sufficiente da darle e faceva la doccia con l’acqua fredda.
Un esempio concreto, drammatico di quella che con abbondanza di retorica chiamiamo “povertà minorile” di cui il nostro paese vanta un triste primato in Europa. Basta parlare con le insegnanti per sentire raccontare quanto sia frequente da parte loro intuire che alcuni alunni vengono a scuola senza aver fatto colazione e sentono lo stomaco vuoto, portano il panino perché i genitori non possono permettersi il costo della mensa scolastica , sono privi di alcuni strumenti per lo studio.
Dobbiamo guardare in faccia queste persone, andarle a scovare, conoscerle, stabilire con loro un dialogo. Questa relazione di fiducia è il primo ed insostituibile passo per costruire politiche efficaci di contrasto della povertà. Perché le persone che ne sono colpite vivono il disagio di farsi riconoscere nella loro condizione e, dunque, si nascondono; perché chi vive il bisogno non sempre conosce gli strumenti ed i diritti che ha a disposizione.
Ci vuole qualcuno che vada incontro a queste persone, vada a scovarle, dia loro fiducia trasmettendo il senso della dignità e del loro essere portatrici di diritti. Bisogna andare incontro a queste persone colpite dalla povertà, a partire dai servizi sociali e dagli operatori sociali, dal volontariato, dagli amministratori locali. Ma lo dobbiamo fare anche noi cittadini. Guardare in faccia il volto delle persone povere, stringere loro la mano per trasmettere calore umano e rispetto è compito della politica.
Dopo tanto parlare di diseguaglianze, periferie, inclusione sociale sarebbe bello ed utile che i militanti del PD ed i loro dirigenti, a partire dai circoli, decidessero di scoprire i volti della povertà nel loro territorio. A partire dalla cosa più semplice che è frequentare le mense della Caritas a quelle più difficili che è scoprire il volto delle povertà attraverso la relazione con il territorio e con le persone che in esso vivono, ascoltando le scuole, attraverso gli insegnanti ecc.
Sarebbe utile, bello ed efficace costruire politiche contro la povertà a partire dalla tessitura di queste relazioni umane. E’ importante che siano state adottate nel nostro Paese alcune misure di contrasto della povertà , che regioni come l’Emilia Romagna abbia definito un piano organico contro la povertà assoluta, sono importanti i provvedimenti adottati da Governo Renzi, sia il Fondo contro la povertà educativo sia le misure di sostegno al reddito.
E’ essenziale che i comuni le applichino bene , attivando il “ sociale d’iniziativa”, vale a dire quella pratica prima indicata di andare incontro alle persone, di scovare chi è in difficoltà, di sollecitarle a reagire alla loro condizione. Particolarmente importante è la “ Delega recante norme relative al contrasto della povertà , al riordino delle prestazioni ed al sistema degli interventi e dei servizi sociali,” approvato il 16 luglio alla Camera(relatrice Ileana Piazzoni ) ed oggi all’esame del Senato.
Essa prevede tra l’altro l’introduzione della misura nazionale definita Reddito di Inclusione Sociale che riprende nella sua impostazione il Reddito D’Inserimento che sperimentammo nel 1998 con il Governo dell’Ulivo e che inserimmo nell’articolo 23 della legge quadro sui servizi sociali 328/ 2000.I governi di Centro destra abbandonarono e non applicarono quella normativa compresa la misura contro la povertà. Ora bisogna introdurla in modo sistematico e su scala nazionale. Bisogna prevedere, come accade in tutti i paese europei, un sostegno al reddito per chi si trova in condizione di povertà e vincolare l’offerta di tale reddito ad un percorso lavorativo o formativo di inserimento attivo.
Sappiamo che il nodo è quello delle risorse , oltre a quello altrettanto importante di una pubblica amministrazione efficiente che sia in grado di promuovere l’inserimento attivo.Bisogna trovare soluzioni Innovative per il recupero delle risorse necessarie.
Queste ad esempio. Destinare le risorse raccolte attraverso l’8 per mille previsto nella legge 222/1985 in quota allo Stato alla lotta contro la povertà incrementando un fondo apposito. Le finalità previste dalla legge medesima per l’utilizzo della quota dello Stato sono: interventi contro la fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati.
A partire dalla legge Finanziaria del 2004 il Governo decise che 80 milioni della quota spettante allo Stato sia trasferita in spesa ordinaria. Si potrebbe proporre una modifica alla legge e prevedere la destinazione delle risorse attribuite allo Stato esclusivamente alla lotta contro la povertà. Sono convinta che se si destinasse l’otto per mille dello Stato ad un Fondo per il Reddito d’Inclusione Sociale , contro la povertà molti cittadini sosterrebbero questa scelta e non credo che si creerebbe una concorrenza con la Chiesa. Comunque sarebbe una competizione virtuosa.
Penso inoltre che il finanziamento del Fondo nazionale per il Reddito d’Inclusione sociale dovrebbe coinvolgere il mondo delle imprese ed i soggetti economici. Un Fondo nazionale cofinanziato da risorse pubbliche e private. Questo significherebbe promuovere una attiva responsabilità dei soggetti economici verso la promozione di politiche per l’inclusione sociale.
Tali soggetti dovrebbero essere coinvolti nella progettazione , nella realizzazione, nella verifica di tali politiche attraverso la creazione di un Tavolo di Concertazione istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, cui partecipino i Ministeri interessati, le forze economiche e sociali, il no profit. Se la lotta contro le povertà ed alle diseguaglianze è essenziale per promuovere la crescita economica, occorre che i soggetti economici diventino attivi protagonisti nella definizione di politiche di inclusione sociale di cui la regia dovrebbe essere realizzata dallo Stato , dalle Regioni e dai Comuni.
Un soggetto pubblico autorevole è quello che non solo fa scelte politiche chiare, stanzia risorse e promuove la progettazione e la realizzazione delle politiche (ed anche la valutazione dei risultati) ma sa coinvolgere e promuovere la responsabilità di tutti gli attori economici e sociali attorno alle politiche di governo del paese comprese quelle di solidarietà ed inclusione sociale. Insomma, il tema lotta alla povertà attraverso il Reddito d’inclusione Sociale deve coinvolgere i cittadini e tutto il mondo economico e sociale.
Non può essere solo responsabilità della Chiesa, del volontariato e delle politiche pubbliche. Questo potrebbe essere un esempio concreto della innovazione del welfare che dobbiamo realizzare. Un modo realistico di promuovere in termini nuovi le politiche non più rinviabili di protezione sociale.
Livia Turco