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La politica fuori dalla sanità? Non è vero che il Pd tace

10 Aprile, 2008 (12:19) | Articoli pubblicati | Da: antonella

La mia replica alle critiche di Mario Pirani su Il Riformista

di Livia Turco, 10/04/08

Caro direttore, sul Riformista di ieri Mario Pirani ci ha riproposto, con l’abituale efficacia, lo scenario di una sanità pubblica lottizzata e strozzata dal connubio perverso con la politica che decide manager e primari. Nulla di nuovo per chi, come me, legge sempre con attenzione i suoi articoli su Repubblica, e nulla su cui non concordare. Quello che mi ha lasciato perplessa è che tutto ciò sia stato premesso dalla apparentemente sconsolata considerazione su «un Pd che parla di odontoiatri ma non di concorsi». Sarebbe bastato andarsi a leggere il nostro programma per verificare che la questione del rapporto politica-sanità è oggetto di specifiche proposte, con l’obiettivo di far prevalere solo merito e competenza. Sia per la scelta dei manager che per quella dei primari. E per farlo il Pd propone soluzioni che, nella sostanza, coincidono tra l’altro con quelle avanzate da Pirani: bando pubblico e commissioni esterne per la selezione dei candidati: fine della discrezionalità assoluta nelle nomine da parte della Regione e dei direttori generali. Proposte che Walter Veltroni ha ampiamente illustrato alla stampa lo scorso 1° aprile a Roma, sottolineando che manager e primari devono essere lì perché sono i più bravi e non per questa o quella tessera di partito in tasca. Più chiaro di così! Detto questo, due parole ancora sul resto della conversazione con Pirani. Intanto non liquiderei come poca cosa l’impegno che abbiamo assunto per far diventare un diritto per tutti avere una bocca sana e un bel sorriso. Oggi per la cura dei denti spendiamo privatamente più di 15 miliardi di euro all’anno e non penso che provare a ridurre quest’onere con forme di intervento pubblico sia cosa da poco. Secondo. La questione della spesa sanitaria. Pirani sostiene che la sinistra si sia lasciata convincere dal «terrorismo contabile», che con l’aziendalizzazione si privilegia l’aspetto economico e che il sistema continua ad essere sottofinanziato. Anche in questo caso dissento. Quando abbiamo preso in mano il governo della sanità due anni fa, abbiamo trovato un sistema vicino al collasso e con un livello altissimo di conflittualità tra governo centrale e regioni. Se non fossimo intervenuti con decisione e con un obiettivo molto chiaro in testa, quello di coniugare efficienza e qualità delle cure, il nostro Ssn avrebbe fatto la fine dell’Alitalia. E invece, a partire dal Patto con le Regioni, sottoscritto ad ottobre del 2006, e poi con due leggi finanziarie di grande investimento nella sanità pubblica, abbiamo profondamente raddrizzato il sistema. Intanto ripristinando la cabina di governo tra Stato e Regioni. Poi rifinanziando adeguatamente il fondo sanitario, con un incremento di 10,5 miliardi di euro in due anni e riaprendo i cantieri per la costruzione di nuovi ospedali e nuovi servizi territoriali, con quasi 8 miliardi di euro di investimenti strutturali. E, infine, aggredendo le cause del deficit cronico della sanità, con la sottoscrizione di accordi vincolanti con tutte le Regioni in forte disavanzo e intervenendo sulla qualità della spesa senza tagliare le prestazioni ai cittadini. L’obiettivo di questi piani di rientro dal deficit è il pareggio dei conti sanitari entro il 2010, con la rimozione definitiva degli sprechi e delle inefficienze di sistema che sono poi le vere cause del dissesto della sanità e dell’insoddisfazione dei cittadini. I primi risultati di questa politica già si vedono. Nel 2007 la spesa sanitaria pubblica ha subito un incremento annuo di solo lo 0,9%, contro una media di oltre il 6% registrata in tutto il quinquennio berlusconiano. E ciò pur avendo aumentato, come ho ricordato, di ben 10,5 miliardi di euro le risorse pubbliche per le prestazioni e i servizi del Ssn. Non so perché Pirani non voglia prendere in considerazione tutto questo lavoro. Disattenzione? Per un professionista come lui, penso proprio non sia questo il caso. Penserei piuttosto a un evidentemente inguaribile scetticismo di fronte a qualsiasi possibilità di cambiamento nella sanità. Uno scetticismo che lo porta però a misconoscere o liquidare con sufficienza qualsiasi risultato ottenuto o qualsiasi proposta concreta avanzata, anche se supportati, come in questo caso, da dati, fatti e impegni reali e documentati.

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