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“La Missione del Pd: tolleranza zero contro la povertà”

9 Settembre, 2007 (20:30) | Interviste | Da: admin

di Andrea Carugati

Intervista a Livia Turco su l’Unità del 18/09/2007
Basta con la retorica del meno tasse. Il welfare non è solo una questione di prestazioni, ma un’idea di società, di comunità. E per il Pd la vera missione deve essere la tolleranza zero verso la povertà. Non possiamo ricordarci che esiste a giorni alterni o pensare che sia qualcosa di ineluttabile». Livia Turco, ministro della Salute, si schiera in modo netto.
Ministro Turco, siete troppo distratti verso i cosiddetti “ceti medi”?

L’impegno per il risanamento che il governo ha affrontato quest’anno riguarda tutti, compresi i ceti medi. Era necessario farlo, altrimenti il Paese non ripartiva. Poi abbiamo scelto di aiutare i ceti più deboli, con un aumento delle detrazioni Irpef per i figli a carico e assegni familiari per i lavoratori dipendenti e per gli autonomi con reddito basso. Siamo partiti da qui, è stata una scelta precisa. L’altra cosa che abbiamo fatto, e che faremo anche con la manovra di quest’anno, è stato investire sulla sanità pubblica, che serve ai più deboli ma anche al ceto medio. Come ci ricorda anche Michael Moore, non è una cosa scontata: senza la sanità pubblica quante famiglie, anche di ceto medio, farebbero fatica a pagarsi una polizza che copra tutte le patologie? Il welfare, che è stato costruito storicamente sul maschio adulto capofamiglia e lavoratore dipendente, deve cambiare, per colmare due vuoti: i più poveri e gli autonomi».


Cambiare in che modo?

«Nel Dpef ci sono due elementi fondamentali in questa direzione: una “dote fiscale” per i figli a carico, che vuol dire una generosa detrazione fiscale che riguarderà tutte le famiglie, naturalmente sulla base del reddito. E poi una riduzione Ici e uno sgravio Irpef analogo per gli affitti. Queste sono misure pensate appositamente per il ceto medio. E poi c’è il piano per gli asili nido…»

A proposito, non sarà che voi tagliate l’Ici e poi i Comuni alzano le rette per gli asili, le mense. E solo i più poveri vengono esentati?

«Siamo stati noi, con il primo governo di centrosinistra, a introdurre l’accertamento del reddito per accedere alle prestazioni sociali: mi sembra una scelta equa. Il problema degli asili è far sì che accedano più famiglie possibili, per questo ne vogliamo costruire di nuovi. Se li aiutiamo, i Comuni potranno anche abbassare le tariffe. Asili e anziani non autosufficienti sono le due vere emergenze che incidono sui redditi familiari, anche quelli non bassi. E infatti con il ministro Ferrero stiamo preparando una legge per gli anziani che presenteremo nei prossimi giorni. Nella scorsa finanziaria c’è stato una stanziamento simbolico su questo: ora serve un vero incremento di risorse».

Nelle periferie del Nord, nelle famiglie “normali”, si sta «esaurendo la riserva di solidarietà», e un concetto duro ma chiaro…

«Per evitare che queste batterie si scarichino bisogna collocare in modo giusto se stessi, il proprio benessere e il proprio futuro: c’è benessere per tutti se ciascuno ha la percezione che il Paese ce la fa, che rinasce. Il problema non è dividere l’Italia in categorie, ma pensare all’insieme: quando penso al futuro di mio figlio non riesco a disgiungere le sue opportunità da quello che sarà l’Italia nel suo insieme. Se si assume quest’ottica si possono ricaricare le riserve della solidarietà. Se non pensiamo, anche alle periferie, come luoghi in cui ci incontra, si può stare bene insieme, è difficile pensare di poter essere davvero sicuri Il nostro messaggio è questo: porre l’accento sul “noi”, sul bene comune, combattere i corporativismi, parlare di diritti ma anche di doveri. Altrimenti saremo tutti più poveri, insicuri e soli».

Belle parole, ma poi l’andazzo di questa Italia è un altro. Lei crede che il centrosinistra abbia davvero proposto un modello diverso?

«Nel descrivere la nostra idea di società siamo stati un po’ contraddittori. Al nostro lettore voglio dire che è giusto allargare le tutele anche al ceto medio, ma la vera tolleranza zero è quella contro la povertà. Secondo me è questa la vera missione del Pd. Non possiamo scoprire la povertà solo a ondate alterne. Non ci può essere relativismo etico verso la legalità? Sono d’accordo, le regole le devono rispettare anche i lavavetri. Ma non si può pensare che la povertà sia inevitabile».

Insomma, lei non vuole un Pd che si sposta verso i ceti medi e dimentica gli ultimi. Non vuole rubare a Pisanu i voti moderati?

«L’ho già detto: il welfare si deve allagare. Dico di più: ha senso che esistiamo solo se questi due aspetti, i più poveri e i ceri medi, li “teniamo” entrambi. Ma il patto deve essere chiaro: welfare per tutti, ma questo ha un costo. E le tasse vanno pagate. Prodi ha ragione: è l’evasione l’emergenza italiana».

Cosa pensa della richiesta di abbassare le tasse, che arriva anche dal cuore del nascente Pd? Per lei è la priorità?

«Welfare significa un giusto equilibrio tra tasse e politiche pubbliche. La destra vuole ridurre le tasse e propone zero welfare: ma così anche il reddito più alto non ce la fa, perché poi ha bisogno della sanità pubblica, di qualcuno che si occupi degli anziani. Dunque basta con la retorica del meno tasse».

Lo dice anche ai suoi colleghi del Pd?

«Io penso questo, se qualcuno si sente chiamato in causa… Ma se sto agli atti di governo mi pare che la mia sia l’impostazione del Dpef».

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