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Immigrazione e cambiamento delle società europee

14 Agosto, 2013 (12:33) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

di Livia Turco, da L’Unità del 14 agosto 2013

In questi giorni in cui si susseguono gli sbarchi sulle nostre coste di persone che fuggono dalla povertà e dalla guerra, Governo e forze politiche hanno giustamente posto la necessità che l’Italia non sia lasciata sola nel gestire l’emergenza e che ci sia una politica Europea sull’immigrazione. Essa è talmente necessaria e cruciale che è doveroso non solo invocarla ma entrare nel merito in modo concreto. Con una premessa: l’Europa non può essere invocata per esonerare in qualche modo il nostro paese dal dovere di accoglienza. C’è innanzitutto una questione di approccio.

Quello dell’immigrazione non è una questione specifica da trattare in un ottica e con politiche specifiche. Essa è un ingrediente ed è motore del cambiamento delle società europee. Dunque va collocata all’interno della politica estera e della politica economica e sociale europea. Nella consapevolezza che non è facile definire una politica comune perché diverse sono le configurazioni sociali, culturali e gli interessi dei singoli paesi europei, tra quelli del nord Europa e quelli che si affacciano sul Mediterraneo. Una politica comune e non solo intergovernativa deve partire dalla consapevolezza che proprio la crisi economica e sociale comporta delle innovazioni nella gestione del mercato del lavoro e del Welfare in cui l’elemento immigrazione può svolgere un ruolo importante. Per esempio la mobilità delle persone sarà un requisito indispensabile per un mercato del lavoro efficiente.

Ed allora ecco un primo indirizzo di una politica comune europea: facilitare la mobilità all’interno dei paese dell’Unione europea degli immigrati lungo residenti a partire dalla concessione dei visti per consentire loro di spostarsi dal paese di residenza per cambiare o trovare un nuovo lavoro. Ciò significa anche garantire la portabilità dei diritti per non penalizzare chi ha la disponibilità a muoversi ed a rischiare. Se e ‘ vero che la competenza relativa alle quote di ingresso per lavoro è in capo agli stati nazionali, anche in relazione alla crisi economica ed alle innovazioni da costruire, sarebbe utile definire un quadro europeo dei fabbisogni di professionalità e competenze per gestirli con flessibilità “ed il principio di mobilità prima indicato. È  urgente, inoltre, che l’Unione Europea solleciti gli Stati e promuova essa stessa in prima persona politiche di parternariato con i Paese del Mediterraneo e con l’Africa per la cooperazione ,il co -sviluppo, utilizzando anche le competenze degli immigrati che sono da molto tempo nei nostri paesi ma sono ben legati ai loro luoghi di origine.

Così come è importante incentivare l’immigrazione circolare e le politiche dei rimpatrii assistiti. L’altro indirizzo di una politica comune riguarda l’integrazione. Passi significativi sono stati compiuti in questi anni, almeno dal punto di vista de gli indirizzi politici e culturali. L’Unione Europea ci sollecita alla interculturalità attraverso la pratica della interazione, mette in risalto il ruolo della scuola, l’attenzione ai giovani ed alle donne, il ruolo fondamentale dell’associazionismo dei migranti. Bisogna estendere a livello europeo il riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati lungoresidenti come fattore di integrazione, di costruzione di un legame di appartenenza e dunque di diritti e doveri verso il paese in cui si è nati e si cresce. Bisogna rilanciare la cittadinanza di residenza ed il diritto i voto a livello locale come previsto da una ormai longeva Convenzione .Cruciale è la questione del diritto d’asilo.

Passi in avanti sono stati compiuti con la recente direttiva per quanto attiene la definizione di procedure comuni per la identificazione del rifugiato e di uno standard comune per l’accoglienza. Resta da risolvere la questione contenuta nel dispositivo”Dublino2″che obbliga il rifugiato a rivolgere domanda ed a permanere nel primo paese di approdo. Questo grava l’accoglienza su Paesi come l’Italia e lede i diritti delle persone che tante volte vivono il nostro paese come approdo e transito e non come meta. Così come vanno redistribuite le risorse per sostenere i paesi più esposti all’arrivo di persone in cerca di aiuto. Per una politica comune Europea bisogna che ogni paese guardi all’immigrazione in un ottica complessiva e con un idea di Europa. La Carta dei Diritti Umani Fondamentali dell’Unione è un riferimento prezioso. Parla di unità nella diversità, di un Europa Unita che riconosce e valorizza le sue differenze. Dobbiamo costruirla. Questa è una piattaforma che deve vedere il Partito Democratico determinato e combattivo. L’unità nella diversità dovrebbe essere un à tratto chiaro e netto della sua identità, una sua bandiera per la qualità della convivenza in Italia, in Europa ed in ogni parte del mondo.

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