Il Blog di Livia Turco

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40 anni di Ssn. La mia esperienza e le proposte per il futuro

24 Novembre, 2018 (11:48) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Gli atti parlamentari recitano: Presidente della Camera Pietro Ingrao, Ministra della Sanità Tina Anselmi. 23 Dicembre 1978, Pietro Ingrao: “Comunico il risultato della votazione: Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (già approvata in un testo unificato alla Camera e modificato al Senato). Presenti: 465,votanti 458, astenuti 7, maggioranza 230, Voti favorevoli 381, Voti contrari 70. ( La Camera approva . Applausi al Centro, a Sinistra, all’estrema Sinistra).

La riforma istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, universalistico e solidale fu il frutto di una intensa mobilitazione sociale e culturale maturata nel nostro Paese e di una intensa collaborazione tra le forze politiche democratiche del Centro sinistra: la DC, Il PCI, il PSI, il PRI, il PDUP. Clima di collaborazione sollecitato dal Governo delle Larghe Intese presieduto da Giulio Andreotti nell’anno drammatico della uccisione di Aldo Moro. Fu la terza “riforma della speranza” approvata in quel drammatico anno, dopo la riforma sulla Psichiatria, legge Basaglia, e dopo l’approvazione della legge 194 sulla interruzione volontaria della gravidanza e la tutela sociale della maternità.

Ricordo quell’anno, il terribile 1978, ricordo l’approvazione delle “riforme della speranza”. Fu l’occasione di una particolare maturazione politica. Ero la segretaria della Federazione Giovanile Comunista di Torino. La città era diventata l’epicentro di un terrorismo “rosso” che trovava ascolto in ambienti giovanili ed operai. Per noi giovani comunisti, cresciuti nella lotta per la democrazia e la riforma della politica, contro le stragi fasciste che attaccavano il cuore dello Stato e la democrazia, quella del terrorismo rosso, fu una scoperta sconvolgente.

Resa drammatica dai ripetuti assassini avvenuti nella città di cui il più duro fu la morte di un giovane studente, Roberto Crescenzio al Bar Angelo Azzurro di Torino. Lanciammo una petizione “Contro ogni forma di violenza” che suscitò una forte discussione nell’ambiente giovanile della sinistra. Non era facile per noi che volevamo cambiare il mondo, costruire una società nuova, accettare di sostenere un governo con la Democrazia Cristiana e presieduto da Giulio Andreotti.

Ricordo le discussioni accese e l’azione persuasiva di Enrico Berlinguer nei confronti di noi giovani. Uscimmo da quel dilemma-dovere di difendere lo Stato democratico e necessità di rinnovare la democrazia ed attuare le riforme utili al Paese ed ai giovani - mettendo al centro una piattaforma di obiettivi e di conquiste che dovevamo ottenere sia con la mobilitazione sociale che con il dialogo parlamentare. La legge 285 sul lavoro e le tre riforme sociali furono per noi un traguardo necessario per dare senso alla nostra militanza politica, al nostro desiderio di cambiare la società.

Il 19 aprile, approvazione legge “Accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori” che chiudeva i manicomi (esemplare per me il Manicomio di Collegno), il 22 maggio approvazione della legge 194 “Tutela sociale della maternità ed interruzione volontaria della gravidanza” per cui tanto mi ero impegnata con altre migliaia di donne e ragazze, il 23 dicembre approvazione della legge sulla Riforma Sanitaria, restano per me, giorni indimenticabili, di gioia e di maturazione democratica.

Constatammo che le battaglie sortivano risulti, valutammo l’efficacia di una forma della democrazia, quella basata sulla mobilitazione sociale e culturale, sulla iniziativa dei grandi partiti popolari, sulla centralità del Parlamento e sul dialogo parlamentare. Un ricordo particolare mi porto nel cuore. In quel Palazzo del Governo che sentivamo lontano e grigio vedevo spiccare il sorriso largo ed accogliente di una donna, una donna Ministra, la prima volta di una donna al governo, una donna che dialogava con tutti ed in particolare con quel dirigente comunista, medico, scienziato, un uomo molto buono che vedevo spesso venire a Torino e dialogare con i medici, con le donne, con gli operai. Erano Tina Anselmi e Giovanni Berlinguer. Per ma la Riforma sanitaria è prima di tutto una pagina di “Bella Politica”, di una democrazia popolare ed efficace, la scoperta e la pratica di una sinistra riformista.

La legge 833 del 23 dicembre 1978 istituiva 40 anni fa il Servizio sanitario Nazionale, universalistico e solidale. Le motivazioni di tale riforma epocale erano sostanzialmente due: la necessità di garantire a tutta la popolazione il diritto alla salute; la sostenibilità finanziaria dell’assistenza sanitaria. A quarant’anni di distanza restano queste le sfide da governare.

Il cambiamento rappresentato dalla legge 833 fu radicale. Sostituiva il sistema delle mutue. Nel 1976 si contavano circa 100 enti mutualistici ed oltre 1000 minori. Il sistema determinava delle notevoli sperequazioni; parte della popolazione era esclusa dalla assistenza sanitaria. La gestione era prevalentemente orientata alle prestazioni di ricovero e di diagnosi ed erano caratterizzate da un elevato livello di inappropriatezza. Non vi era alcun interesse per la prevenzione in quanto le gli enti mutualistici si occupavano solo delle condizioni di malattia denunciate dai contribuenti.

La mutua consentiva l’accesso ad alcune specifiche categorie di cittadini sulla base della contribuzione lavorativa, della tipologia di lavoro svolto, della residenza anagrafica e soprattutto tali enti rappresentavano numerosi centri di spesa incontrollabili e con attività non coordinate. La situazione finanziaria delle mutue era al tracollo in quanto il pagamento delle prestazioni agli ospedali, alle cliniche e ad altri erogatori risultava sempre più difficile. Lo Stato decise pertanto di estinguere tutti i debiti delle mutue con la legge 386 del 17 agosto 1974.

Nei successivi anni, fino al 1978, lo Stato dopo questo salvataggio decise di gestire in prima persona la Sanità e di declinare l’articolo 32 della Costituzione in principi ed obiettivi. Il più importante è sicuramente l’articolo 1 della legge 833 del 1978: “Il Servizio Sanitario Nazionale è costituito dal complesso di delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza la distinzione di condizioni individuali e sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronto del Servizio”.

L’articolo 2 ribadisce ulteriormente tale concetto in quanto il legislatore aveva ben presente una situazione di grave difformità nell’accesso alle cure ed alla prevenzione. “Il servizio Sanitario Nazionale nell’ambito delle sue competenze persegue il superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio sanitarie del paese.”

La mia esperienza di Ministra della Salute

Sono stata Ministra della Salute negli anni 2006-2008 nel Governo Prodi. Il nostro progetto era chiaro: investire nella sanità pubblica e tutelare il bene salute secondo quanto indicato nella Costituzione. Praticare le tre “E”: Equità, Efficienza, Efficacia. In conformità con la legge 833/78, successivamente modificata dal Decreto legislativo 219 / 98, la riforma Bindi. Il primo segnale lo demmo in materia di onestà e trasparenza abrogando il 9 giugno 2006 la norma voluta dal centrodestra secondo cui consiglieri regionali e parlamentari avrebbero potuto dirigere le Asl o gli ospedali.

Non si trattava di non riconoscere la competenza maturata dai politici nella gestione della sanità attraverso l’esperienza politica. Ma un conto è la politica altra è la gestione ed organizzazione di aziende. Volemmo dare fin dall’inizio fiducia agli operatori della Sanità. Apparecchiai subito Tavoli di concertazione con le varie categorie ed i diversi soggetti sociali e sempre nel giugno 2006 sbloccammo il Contratto della Sanità per medici ed infermieri. Nel decreto Legge 223 del 4 luglio 2006, art. 22bis, venne stabilito l’obbligo del completamento degli interventi strutturali necessari ad assicurare l’esercizio dell’attività libero professionale intramuraria.

Spetterà alle Asl ed alle aziende ospedaliere predisporre spazi idonei all’interno delle strutture pubbliche per l’attività libero professionale dei Medici. Viene così regolamentata, dopo dieci anni di proroghe, la libera professione dei medici all’interno delle strutture ospedaliere pubbliche. Viene stabilito anche un tempo massimo di attesa per le prestazioni essenziali onde scoraggiare il fenomeno delle lunghe liste d’attesa.

Il 5 luglio presentai un New Deal per la Salute alle Commissioni riunite Affari Sociali e Sanita della Camera e del Senato che, arricchito dei contenuti del dibattito parlamentare costituì la base della definizione del Documento di programmazione economica e finanziaria, il DPF, successivo. Sua idea guida era quello di ridefinire modi e forme del sistema perché esso sia orientato verso i bisogni e le esigenze dei cittadini e di realizzare un governo partecipato e condiviso della sanità a partire dal lavoro comune con le Regioni.

Il 22 settembre 2006 siglammo il Patto per la salute che aveva tra i suoi contenuti fondamentali: la certezza degli investimenti, il miglioramento dell’assistenza attraverso l’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza, il controllo della spesa, l’efficienza, la riorganizzazione della medicina territoriale attraverso la costruzione delle Case della Salute. Nelle due leggi finanziarie aumentammo le risorse per il Servizio Sanitario Nazionale: nel 2007 stanziammo 6 miliardi aggiuntivi alle risorse esistenti.

Nel triennio 2007-2009 gli stanziamenti complessivi per la sanità pubblica sono stati complessivamente 300 miliardi di euro. A ciò si aggiungano 3 miliardi nella legge sugli Investimenti in sanità per l’ammodernamento tecnologico, l’ammodernamento degli ospedali ed l’apertura di nuovi servizi sanitari (con particolare attenzione al Mezzogiorno) quali le case della salute, le strutture residenziali per i malati terminali , il potenziamento dei consultori famigliari.

Avviammo la politica dei Piani di Rientro con le Regioni che erano in condizioni di forte disavanzo e di cattiva gestione della sanità per ripianare i debiti e riqualificare i servizi. Chiudere piccoli ospedali ed aprire le Case della Salute fu una battaglia difficile ma, come dimostrano le esperienze degli anni successivi, in particolare in alcune Regioni, tale scelta ha consentito di migliorare la sanità pubblica.

Promuovemmo un Tavolo con le Aziende Farmaceutiche e le Farmacie per aggiornare la politica del farmaco. Tanti furono i provvedimenti concreti per garantire sicurezza ed appropriatezza delle cure. Puntammo sulla promozione della dignità del fine vita e la lotta a contro il dolore incrementando le cure palliative a partire dalle cure palliative pediatriche e migliorando il funzionamento degli hospice; facilitammo la prescrizione dei farmaci antidolore; promuovemmo l’attenzione ai malati di SLA stanziando 10 milioni di euro per l’acquisto dei “comunicatori vocali”.

Promuovemmo la medicina di genere attivando Una Commissione sulla Salute delle donne che predispose un articolato Rapporto, progetti di ricerca ed attività formative nelle università .Mettemmo al centro della nostra agenda la salute delle donne attraverso azioni concrete: l’analgesia epidurale per il parto senza dolore nei LEA, potenziamento dei consultori, iniziative rivolte alla prevenzione dell’aborto e la tutela della maternità delle donne immigrate, l’apertura di Sportelli Antiviolenza nei Pronto Soccorsi.

Aggiornammo le Linee Guida applicative della legge 40 sulla procreazione assistita. Fummo li primo paese in Europa a garantire in modo gratuito - a partire dal febbraio 2007 - alle ragazze di 12 anni il vaccino contro il cancro alla cervice uterina. Ponemmo al centro i temi della fragilità come la salute mentale, le tossicodipendenze, le persone con malattie rare, la condizione di non autosufficienza puntando sulla integrazione socio sanitaria. Promuovemmo la salute nelle carceri trasferendo le competenze della salute dal Ministero Di Grazia e Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale ed avviammo la chiusura degli OPG.

Incentivammo la ricerca scientifica aumentando le risorse e definendo criteri trasparenti di riparto con particolare riguardo ai giovani ricercatori. Definimmo regole trasparenti per la scelta dei Direttori Scientifici degli IRCSS. Varammo l programma Guadagnare in Salute per promuovere Stili di vita salutari. Mettemmo al centro l’attenzione sui Determinanti della Salute per promuovere “La Salute In Tutte Le Politiche” attraverso I piani Intersettoriali per la Salute. Ponemmo attenzione alla salute dei migranti ed all’impatto della povertà sulla salute avviando in modo sperimentale l’Istituto Nazionale Povertà ed Immigrazione INMP.

Approvammo con il Ministero del Lavoro il Testo unico sulla Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro. Promuovemmo la “Diplomazia della Salute” portando le buone pratiche della nostra Sanità in Paesi In via di Sviluppo o in condizioni di particolare emergenza come era allora l’Albania. Costruimmo un accordo con la Cina. Il Decreto relativo alla regolamentazione della Sanità Integrativa. L’ambizione era quella di una visione strategica della promozione del diritto alla salute misurandoci con le novità emerse e attuando le riforme necessarie. In quest’ottica elaborammo il disegno di Legge Collegato alla Legge Finanziaria 2008 “Interventi per la qualità e la sicurezza delle cure”.

Esso aggiorna i grandi principi ispiratori del SSN confermando l’unitarietà, l’universalità e l’equità del sistema alla luce dei cambiamenti del quadro costituzionale(ruolo delle Regioni) e della necessità di garantire appieno i nuovi bisogni di salute della popolazione. I contenuti fondamentali: riordino complessivo della medicina territoriale; governo clinico nelle aziende sanitarie, nuovi criteri per la nomina dei direttori generali; istituzione di specifiche unità per la gestione del rischio clinico; esclusività di rapporto per i primari ai quali sarà comunque garantito il diritto alla libera professione intramoenia; istituzione di un Sistema Nazionale di verifica della qualità delle cure erogate dal SSN, con la partecipazione dei cittadini nei processi valutativi; istituzione di un Sistema Nazionale di linee guida per l’appropriatezza, la qualità e la sicurezza delle cure.

Il provvedimento non poté essere approvato per la conclusione anticipata della legislatura. Dopo un intenso lavoro di confronto tra diversi soggetti e professioni sanitarie aggiornammo il Nomeclatore Tariffario dei presìdi ed ausili per persone disabili ed aggiornammo con Decreto approvato in Consiglio dei Ministri I Nuovi Livelli Essenziali di Assistenza. Fu l’ultimo atto del Governo Prodi. Il decreto fu revocato dal governo successivo per ragioni di sostenibilità finanziaria. Il mio rammarico è stato la mancata approvazione del Disegno di Legge “Interventi per la qualità e la sicurezza delle cure” e la revoca del Decreto sui Nuovi Livelli Essenziali di Assistenza.

Le nuove sfide

Le sfide cui è difronte il governo della salute restano i principi ispiratori della legge 833: l’universalismo del diritto alla salute e la sostenibilità finanziaria del sistema. Bisogna partire dai bisogni di salute della popolazione. Gli aspetti più rilevanti sono: le diseguaglianze nella salute; l’allungamento della vita e la condizione di non autosufficienza della popolazione anziana; l’aumento delle fragilità; la condizione di povertà in cui versano molti bambini ed adolescenti; il diritto alla salute dei migranti.

Bisogna dunque costruire una solidarietà tra generazioni, tra donne e uomini, tra nativi e migranti affinchè il diritto alla salute sia universalistico e solidale. Dando nuova linfa all’universalismo sanitario con l’attivazione di politiche differenziate capaci di andare incontro ai bisogni differenti di salute, la medicina d’iniziativa che va incontro e va a “scovare” i gruppi sociali più vulnerabili che da soli non sarebbero in grado di rivolgersi ai servizi offerti.

Le diseguaglianze di salute nel nostro paese stanno sensibilmente peggiorando. Vivere in Regione piuttosto che in un’altra modifica sensibilmente la speranza di vita. La maggiore sopravvivenza si registra nelle regioni del Nord Est dove la speranza di vita per gli uomini è di 81,2 e per le donne 85,6. Decisamente inferiore nelle Regioni del Mezzogiorno nelle quali si attesta a 79,8 anni per gli uomini e 83,3 per le donne (Dati Istat).

Anche la mortalità prematura (tra i 30 e 69 anni) presenta forti divari a livello territoriale. Dato molto negativo visto che si tratta di morti evitabili con idonee politiche di prevenzione. Sappiamo che le diseguaglianze nella salute hanno la loro radice nei cosiddetti “determinanti della salute”. Differenze geografiche, di classe sociale, l’istruzione, la condizione lavorativa, abitativa, le relazioni sociali. Bisogna dunque incidere sui determinanti della salute attraverso un programma mirato, guidato da questa idea semplice ma molto impegnativa: promuovere la salute in tutte le politiche, indicata dall’Unione Europea. Da tradurre in Programmi Intersettoriali per la promozione della salute che coinvolga tutti i Ministeri e Programmi Intersettoriali per la salute in ogni regione. Come scrive il grande studioso Marmot nel suo libro “La salute diseguale“, “A cosa serve curare le persone e poi riportale alla condizione che l’hanno fatta ammalare?”.

L’aumento delle diseguaglianze nella salute è rapportabile anche al processo di definanziamento del sistema sanitario pubblico che investe il nostro Paese da un decennio. Secondo i dati Ocse dopo il 2009 abbiamo il poco invidiabile record di fare parte del ristretto novero degli stati 8insieme a Grecia e Portogallo) che hanno ridotto la spesa sanitaria(meno 0,3%) in confronto ad un incremento medio dei paesi Ocse dell’1,4%. Il livello complessivo di spesa sanitaria sul PIL è composto da spesa pubblica e da una spesa privata a carico delle famiglie fortemente aumentata .attualmente quasi un quarto della spesa sanitaria 822,7%) è a carico dei cittadini.

Sulla qualità delle prestazioni sanitarie, sull’accesso ai servizi, sulle diseguaglianze nella salute incide moltissimo la questione del personale sanitario. Invecchiamento; blocco delle assunzioni; carenza di programmazione nella formazione di nuovi medici: sono gli aspetti più gravi ed urgenti. La giusta scelta di investire sulla riorganizzazione della medicina territoriale e la riduzione degli ospedali si è però tradotta, secondo forti differenze regionali, nella semplice riduzione dei posti letto in ospedale con gravi ripercussioni sulla condizioni di vita delle persone in particolare quelle più anziane.

Le priorità che devono comporre un agenda politica che sia fedele al principio Costituzionale del diritto alla salute eguale per ogni persona sono dunque molto chiare: aumento del Fondo Sanitario Nazionale; applicazione uniforme sul territorio nazionale dei Livelli Essenziali di Assistenza; aumento degli accessi alle Scuole di Medicina e programmazione accurata delle necessità di specialisti sul territorio nazionale; modifica del sistema formativo post laurea che garantisca l’immediata immissione nel mondo del lavoro gli specializzandi; riorganizzazione della medicina territoriale con la diffusione delle Case della Salute; un Piano Nazionale per la presa in carico delle persone non autosufficenti; lo sviluppo della integrazione socio sanitaria con un potenziamento dei servizi sociali; la promozione della salute delle donne in particolare il sostegno alla maternità e paternità, la prevenzione dell’aborto, la salute dei bambini e degli adolescenti; promuovere la lotta contro il dolore e la dignità del fine vita applicando le leggi dedicate.

Livia Turco 

Ex Ministro della Salute (2006-2008)

da Quotidiano Sanità

Rinascere a sinistra con la rinascita dell’Europa

15 Novembre, 2018 (10:56) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

È la sfida che dobbiamo tentare e vincere nei prossimi mesi.  C’è un nesso tra la rinascita della sinistra ed il rinnovamento dell’Europa. Perché  la sfida ardua riguarda  il progetto di società , la qualità della vita e delle relazioni umane, la qualità della democrazia. La sfida è tra una  Società Umana aperta, comunitaria che promuova per tutti e non solo i benestanti il diritto alla mobilità delle persone, in cui ciascuna persona possa vivere con pienezza tutti i tempi della vita a partire dalla dignità del lavoro, ed una Società del Guscio, comunità chiuse ed in contrapposizione  le une  alle altre; comunità  in cui paradossalmente ritrovano una identità e convivono  sia  la persona fragile che ha paura e vede nell’altro diverso da sé il nemico che gli sottrae risorse e spazi di vita  e la persona benestante ed egoista che vuole tenere per sè il suo benessere.

Per costruire la Società Umana bisogna riscoprire i valori dell’umanesimo che ha attraversato e formato la civiltà europea ed i valori costitutivi dell’Unione Europe, la pace ,la cooperazione tra i popoli ,  istituzioni autenticamente democratiche e partecipate, un sistema di protezione sociale che pur nei  differenti modelli ha garantito i fondamentai diritti umani e sociali. Ricordo il valore della Carta Europea dei Diritti Umani Fondamentali che nelle sue 5 parole chiave:  dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza racchiude un  modello sociale tra le più  avanzati del mondo. Bisogna rimettere al centro dell’agenda politica, del pensiero, della pratica sociale   l’eguaglianza e la giustizia sociale, la democrazia inclusiva come prevista dall’articolo 3 della nostra Costituzione che parla di  “Uguaglianza di fatto”(su proposta delle Madri Costituenti). In questa scelta non vi è nulla di antico , nulla di nostalgico, non c’è uno sguardo rivolto al passato. Al contrario c’è la ragione profonda della sinistra, la causa della  sconfitta squadernata difronte a noi . C’è la strategia per costruire l’alternativa sociale, culturale e politica al prevalere dell’egoismo, del rancore, della discriminazione attivate da questo governo. C’è l’alternativa che bisogna costruire per ritessere  un legame umano e sociale  con tante persone, ceti sociali del nostro paese e per realizzare la ragione costitutiva della sinistra.

Senza uguaglianza e giustizia sociale la sinistra non svolge il suo compito, non ha ragion d’essere. La questione è semplice ed è essenziale però l’abbiamo smarrito sia sul piano culturale che su quello delle politiche .Lo ha ben argomentato Massimo D’Alema  in un importante articolo su questo giornale il 20 ottobre scorso. La lotta contro le diseguaglianze è oggi più difficile non solo perché diseguaglianze ed ingiustizie sono aumentate ma perché hanno assunto volti nuovi, investono sfere nuove e non solo quelle del reddito e delle condizioni di vita. Povertà delle relazioni umane, povertà educativa, povertà nella mobilità da un luogo all’altro, tirannia del tempo di lavoro sugli altri tempi della vita .Diseguaglianze  tra i generi, tra nativi e migranti, tra le generazioni.

La Società Umana deve puntare su uno sviluppo sostenibile ,sulla tolleranza zero contro la povertà, sul rilancio dei beni comuni come la salute , l’istruzione, l’ambiente, le politiche sociali intesi come motore dello sviluppo e fattori di crescita  e di occupazione. Valorizzare i territori, salvaguardare le identità culturali locali .Costruire un welfare Generativo che guarda alle generazioni future e lascia loro beni comuni durevoli. Un Welfare Europeo che promuova il diritto alla mobilità delle persone ad esempio attraverso un reddito d’inserimento contro la povertà a livello Europeo, incentivando e rendendo accessibili  esperienze formative come gli Erasmus e l’esperienza volontariato europeo. Che abbia il coraggio lanciare la proposta della Cittadinanza civile Europea, il diritto  di voto  locale a livello locale per  gli immigrati lungo residenti  connessa ad un forte politica di integrazione basata sui diritti-doveri  per promuovere la responsabilità dei nuovi europei alla vita della Polis.  C’è infatti  una questione ineludibile per la rinascita della sinistra e per una nuova Europa: costruire l’Italia e l’Europa della Convivenza. La paura contro gli immigrati non si combatte solo attraverso il contenimento degli arrivi ma attraverso una politica che renda praticabile e conveniente l’ingresso regolare per lavoro e che affronti sui territori ed attraverso un dibattito pubblico il tema : “ Come stiamo insieme italiani, europei ed immigrati”? Non possiamo più continuare a rimuovere il tema di quale modello di convivenza ed attivare politiche pubbliche adeguate per realizzarla.

Si discute sulla subalternità della sinistra degli anni novanta ai processi di globalizzazione, convinta che essi avrebbero allargato a tutti prosperità e benessere, avrebbe visto solo la positività dei processi di globalizzazione, si sarebbe attestata su una politica redistributiva nell’ottica non dell’uguaglianza ma delle pari opportunità , non sarebbe riuscita a creare l’integrazione politica a livello europeo creando nuove istituzioni europee. Obiettivo che si era prefissata ed ha perseguito. Sarà la storia, scrive D’Alema a dire quanto quella sinistra liberale , nella concretezza storica del nostro paese sia stata subalterna o non abbia contribuito in determinati frangenti a salvare il nostro Paese dal collasso economico e democratico. Quello che io non affido al giudizio della storia ma considero elemento di battaglia politica è la rivendicazione degli aspetti  sociali  e di sinistra contenuti in molte politiche di quegli anni a partire da quelle sull’immigrazione, sul welfare e sulla salute . Come ritengo foriera di gravi danni sul piano del pensiero e della coscienza collettiva aver fatto nostra, tra le fila della sinistra e del PD,  la retorica dei  “Vent’anni” come se nel ventennio che ci lasciamo alle spalle non ci fosse stata una forte  battaglia politica e culturale tra politiche di centrodestra e politiche di centrosinistra.

Questa retorica dei vent’anni tutti uguali ha contribuito ad alimentare l’antipolitica ed il populismo .Il ripensamento doveroso della cultura politica degli anni novanta coincidenti con l’affermarsi dei processi di globalizzazione e del neoliberismo deve concentrarsi anche su un aspetto finora taciuto ma che considero cruciale .La deriva individualista che tante volte ha prevalso nella sinistra. Condotta in nome della libertà personale e dei diritti individuali .Della politica delle identità con le loro differenze .Di  cui parla in modo efficace Mark  Lilla nel suo “L’identità non è di sinistra”. Che ha smarrito la sostanza della dignità personale che è la relazione con l’altro. La sua apertura all’altro, la sua dipendenza dall’altro e dunque la qualità dei legami umani e comunitari. Come pensiamo di poter costruire uguaglianza e giustizia sociale senza costruire legami umani e comunità? Come pensiamo di poterlo fare se nella nostra testa ,nel nostro cuore, nella nostra visione della vita campeggia un io solitario, chiuso nel suo bozzolo, che pensa di poter fare da se’ perché fare da sè significa essere padroni della propria vita e della propria libertà? Dimenticando che la a vera libertà è l’esercizio della responsabilità, il riconoscimento deli limite e del legame di interdipendenza che ci lega gli un agli altri. E’ questa deriva individualista, questa perdita del personalismo e del progetto dell’uomo onnilaterale, è questa visione antropologica  che comporta un impoverimento  dell’esperienza umana che va invertita, per riscoprire la complessità della  persona, e della vita. Per porre l’obiettivo per tutti e tutte  di vivere con pienezza tutte le sfere ed i tempi della vita. Più  semplicemente per vedere l’altro accanto a noi. Se non abbiamo visto i poveri e le persone fragili ciò  è avvenuto anche perché imbrigliati in questa cultura  dell’esaltazione della libertà e dei diritti individuali, in una cultura delle identità con le loro differenze. Che ha fatto dimenticare la forza e l’urgenza dei diritti sociali.

Come spiegarci il deserto sociale attorno a noi? La nostra incapacità di costruire vere pratiche  sociali ,di tessere legami profondi , di creare comunità? Un limite questo che viene da lontano. Dopo la scomparsa del Partito Comunista che già viveva una sua crisi  di legame con la società, la mia generazione non è  riuscita ,per ragioni che sarebbe molto utile indagare , a ricostruire una nuova dimensione e pratica della politica popolare .Anche se questo è stato per molti un cimento, un progetto molto consapevole, un tentativo esplorato con generosità. Penso alla scelta operata dai DS con il Congresso di Pesaro, segretario Piero Fassino, dopo la sconfitta del 2001. Penso alla riflessione che facemmo sul  “riformismo dall’alto ed il riformismo senza popolo” di cui aveva parlato proprio Massimo D’Alema. Per rinascere la sinistra deve ripartire da questa grande nodo irrisolto, addirittura scomparso dal suo dibattito ed dalla sua ricerca : quale e come un moderno partito popolare. Che rimanda a quale forma della democrazia e della rappresentanza politica.

Per rinascere la sinistra ha bisogno di pensieri  e proposte politiche che vanno costruite  nel vivo della vita quotidiana  delle persone attivando pratiche sociali di presa in carico delle persone medesime. La pratica  del prendersi Cura, della costruzione di legami umani e sociali. E’ questo il vero cimento. Perché impegnativo, non è la semplice diffusione del volantino o il comizio. E’ la costruzione di una relazione umana con una persona ,è prendersi cura di lui/lei. Prendersi cura delle persone  deve essere considerato  un ingrediente della politica, della cittadinanza e della democrazia. E non solo il buon cuore del volontariato. Se non si ricostruisce il legame umano e sociale le politiche restano asfittiche, senza anima, non coinvolgono le persone e dunque non si costruisce nessun alternativa politica. Mai come in questo momento i processi politici sono legati ai processi sociali. Una sinistra politica rinasce solo  se ascolta, accompagna le nuove pratiche sociali che stanno nascendo  e solo  se anch’essa si cimenta nei luoghi della vita quotidiana a costruire legami personali e sociali  di cura delle persone. Solo la vicinanza alle persone, di cura e presa in carico può restituire credibilità alla politica. Solo a partire dalla pratica del legame umano e sociale si possono costruire alleanze politiche. Solo a  partire da qui rinasce la sinistra. Quella del futuro. Bisogna intrecciare pratiche sociali e pensieri nuovi, conoscenza della  società in cui viviamo. Sarà importante la qualità del dibattito che si svolgerà nel PD e nel  il suo congresso Sarebbe molto utile avere dei luoghi liberi che promuovano incontri di riflessione di elaborazione e lo facciano mettendo insieme, costruendo un “ rammendo sociale” tra le  pratiche ed i tanti pezzi di sinistra e centrosinistra , di pensieri, che sono diffusi nel nostro paese. Luoghi che favoriscano l’incontro, la tessitura di relazioni, lo scambio e la produzione di  pensieri. Un grande Forum di donne e uomini della sinistra per discutere  “come rinascere a sinistra”. Un sollecito, il mio,  rivolto alle Fondazioni che si rifanno al centrosinistra che  insieme potrebbero offrire luoghi e momenti di questo tipo che considero  vitali.

Livia Turco

da Huffington Post

Uomini e donne per una società migliore

26 Ottobre, 2018 (16:58) | Documenti | Da: Redazione

Per rinascere la sinistra deve ripartire dalla costruzione del legame umano e sociale con le persone per costruire una Società umana, a misura di donne e uomini. Un idea di società ed una pratica sociale per rendere più umana la nostra società, la nostra vita, per rendere concreto ed effettivo il rispetto della dignità umana  e l’uguaglianza di rispetto delle persone.

Ciò che colpisce di questo nostro tempo  è ’impoverimento delle relazioni umane, la rottura del legame comunitario, le tante forme di solitudine che coinvolgono sia i giovani che gli anziani , sia gli uomini che le donne. Permane la mancanza o la difficoltà  di comunicazione tra donne e uomini e la difficoltà degli uomini a comprendere il valore ed il senso della libertà femminile. Che è la radice fondamentale dei tanti fenomeni di violenza degli uomini sulle donne. La crisi economica scatenatasi a partire dal 2008 ha aumentato le diseguaglianze e le povertà , ha fatto crescere la solitudine ed un sentimento di rancore che si è scagliato contro le èlite ed il potere genericamente inteso. I processi di globalizzazione hanno spogliato tante volte i territori dei  tradizionali luoghi  di lavoro che erano anche luoghi di identità sociale e comunitaria , di cultura. Ci sono stati gli arrivi degli immigrati , necessari alla nostra vita e generalmente ben integrati con l’aiuto del volontariato, dei comuni, del sindacato, delle chiese. Ma, in fase di crisi economica, e di identità sociale  rancorose sono diventati il “ capro espiatorio” delle nostre paure, la ragione concreta, visibile di ciò che ci far stare male, il nemico da colpire. Si sono costruite delle comunità intese come “ Guscio”, luoghi di separazione, di chiusura, di difesa, di contrapposizione all’altro .

Come scrive Bauman  nel suo libro “ Voglia di comunità”  questa comunità del guscio accentua le ragioni dell’ansia moderna che risiede nel processo di atomizzazione, in quel cercare soluzioni individuali a problemi che sono comuni.” Nel mondo sempre più globalizzato viviamo tutti una condizione di interdipendenza e di conseguenza nessuno di noi può essere padrone del suo destino. Ci sono compiti con cui ogni singolo individuo si confronta ma che non possono essere affrontati e superati individualmente. Tutti noi abbiamo la necessità di acquisire il controllo sulle condizioni nelle quali affrontiamo le sfide della vita, ma per gran parte di noi tale controllo può  essere ottenuto solo collettivamente. Se mai può  esistere  una comunità nel mondo degli individui può essere ed è necessario che sia una comunità intessuta di comune e reciproco interesse; una comunità responsabile, volta a garantire il pari diritto di essere considerati esseri umani e la pari capacità di agire in base a tale diritto. Bisogna elaborare positivamente questa condizione di interdipendenza che lega gli uni agli altri .Bisogna costruire la comunità non come separazione ma la comunità come costruzione di un reciproco interesse”.

La questione dell’impoverimento delle  relazioni umane ci riporta ad una questione ancora più di fondo: la mutazione antropologica che ha sostituito la persona , il soggetto in relazione aperto all’altro , che è alla base delle moderne Costituzioni europee e sicuramente della nostra Costituzione , con l’io solitario, individualista, consumatore, che si realizza nel consumo e nel godimento individuale. Questa mutazione antropologica è frutto del capitalismo finanziario globale, dei mutamenti dei sistemi di comunicazione  ed anche di correnti culturali, anche progressiste,  che hanno esaltato la libertà individuale perdendo di vista il valore del legame comunitario, hanno messo al centro i diritti civili trascurando a volte la condizione sociale con una banalizzazione della libertà individuale medesima e  della concezione dei diritti. Il  tema del cambiamento coincide con una nuova rivoluzione antropologica , ritrovare il senso profondo della relazione che unisce l’uno all’altro , avere la consapevolezza che la soggettività umana è interdipendente , che la libertà individuale è connessa alla elaborazione positiva della interdipendenza che ci lega gli uni agli altri , alle altre. La apertura all’altro come parte della propria libertà personale, della propria autonomia. Il bisogno dell’altro per  stare bene, scoprire che fare del bene fa stare bene come mi disse un volontario.

Bisogna dunque far rinascere questa soggettività aperta che investe nel legame umano, sociale e comunitario .Tanto più oggi che viviamo in un mondo interdipendente dove i problemi sono comuni e ci legano gli uni agli altri: l’ambiente, il lavoro, la produzione, la cultura.

Bisogna costruire una soggettività umana ed una cittadinanza incentrata sul valore- necessità di prendersi cura dell’altro e sulla ambizione di una vita che esprima e dia valore a tutti i talenti ed a tutte le dimensioni della esistenza umana e sociale. Bisogna riprendere l’idea marxiana e rielaborata da Antonio Gramsci dell’Uomo Onnilaterale che vive e vuole vivere con pienezza tutti i tempi della vita: lavoro, cura, formazione, mobilità, dono, tempo per sé. Promuovere una trasformazione economica e sociale che renda possibile vivere con pienezza tutte le dimensioni della vita. In questa società umana dovrà esserci molto spazio per i beni comuni, per la conservazione del territorio, della comunità, della cultura e dovrà avere un forte attaccamento alle tradizioni. Bisognerà costruire una solidarietà tra le generazioni come quella che in questi anni di dura crisi ha unito le madri con le figlie con le nonne con le bisnonne  che sono state l’anello forte della solidarietà famigliare e sociale  consentendo di far fronte ai compiti di cura, alle fragilità, alla precarietà economica  ed ha saldato  una alleanza culturale che ha consentito di tramandare affetti e saperi. Bisognerà anche accettare i “ confini porosi”, imparare la mescolanza tra popoli e tra culture , una mescolanza  vissuta come necessità e ricchezza scoprendo non solo la fatica ma la curiosità della convivenza tra persone con storie e culture diverse. La società umana è quella che fa vivere la coscienza del limite “ non tutto quello che si può si deve fare”. Innanzitutto nei confronti dei processi sempre più invasivi della mercificazione del corpo umano e della vita umana come la pratica dell’utero in affitto. Limite e responsabilità  sono il nutrimento del diritto , altrimenti i diritti individuali diventano un catalogo di cose, merci, di rivendicazioni. Diritto è dignità umana , esercizio della responsabilità, rifiuto della mercificazione dei corpi, della natura, delle sfere di vita.

Sviluppo umano; Europa dei popoli ed Europa Sociale; Dignità del lavoro; Welfare della solidarietà tra le generazioni, tra i generi, tra le genti che investe sui beni comuni, un Welfare Generativo che investe sul futuro e punta sui servizi alle persone valorizzando  tutte le risorse e gli attori economici e sociali presenti sul territorio; la democrazia partecipata che include nella partecipazione attiva tutte le persone a partire da quelle più fragili come indica l’articolo 3 della Costituzione; la società della convivenza basata sulla interazione tra italiani e nuovi italiani, migranti.

La società umana è quella a misura di donne e uomini.

La dualità del genere umano , la differenza maschile e femminile è una ricchezza dell’esperienza di vita. Sollecita un processo di trasformazione sociale , propone un ripensamento del pensiero e dello sguardo sulla vita. Per costruire una nuova amicizia e nuove relazione tra donne e uomini .Al difuori degli stereotipi di genere e superando ogni forma di gerarchia e di supremazia degli uomini sulle donne. Dopo tanti anni di femminismo e di battaglie legislative e culturali bisogna chiedersi quanto siano cambiate le relazioni tra donne e uomini sia nelle generazioni mature che in quelle giovani. Il cambiamento più significativo è rappresentato dall’ingresso nel lavoro delle donne in tutte le professioni che ha portato una differenza di approcci di qualità ed ha sollecitato gli uomini ad assumersi la responsabilità di padri. Questa rottura dei ruoli storicamente così radicata nel nostro paese , gli uomini che lavorano e che fanno i papà  prendendosi del tempo, le donne che si affermano nel lavoro dedicandosi ai figli costituisce anche una rottura profonda sul piano  piano simbolico e non solo pratico. Costituisce il definitivo superamento di quella distinzione per cui la sfera pubblica e la razionalità compete agli uomini, la cura delle persone alle donne. Consente di trasmettere ai giovani una nuova definizione di maschile e di femminile in cui ciascuno vive la pienezza della responsabilità e dei tempi di vita, in cui ciascuno è al contempo cura della vita, relazioni pubbliche, partecipazione attiva alla polis a partire dal lavoro .Siamo solo agli inizi di questo processo , permangono stereotipi , discriminazioni, diseguaglianze tra donne e uomini e tra le donne. Ma la  strada di una nuova identità maschile e femminile è tracciata. Essa va alimentata con buone politiche pubbliche , con la strategia dei congedi parentali incentivando quello dei padri, i servizi all’infanzia, la buona e piena  occupazione femminile. Credo che la consapevolezza della differenza sessuale possa oggi svolgere una funzione preziosa  nella umanizzazione della società. Può  spronare le donne di tutte le generazioni  a  far vivere la loro differenza , il loro legame speciale con la vita, il loro speciale prendersi cura delle persone come energia, forza per rendere espansivo questo principio, per espandere la cultura del prendersi cura quale risorsa economica ,sociale, culturale e politica.

Gli  uomini possono agire la loro differenza libera dalla gabbia degli stereotipi del possesso, della gerarchia, elaborando la loro nuova esperienza del prendersi cura e della mescolanza dei tempi di vita per farla diventare, con la loro forza ed influenza, motore della trasformazione sociale e culturale.

Livia Turco

Una società umana per i nostri figli

26 Ottobre, 2018 (16:55) | Documenti | Da: Redazione

Nella storia del welfare e delle politiche sociali, il Servizio Sociale e la figura professionale dell’Assistente Sociale è stata ed è la metafora ed il  motore dell’innovazione del welfare e delle politiche sociali. E’ la metafora e lo strumento concreto per il superamento del welfare categoriale, caritatevole, basato su interventi monetari ed emergenziali. E’stata ed è  la metafora e lo strumento concreto del welfare che promuove il benessere delle persone, ne valorizza le competenze e le abilità, promuove la rete integrata dei servizi sociali, sanitari, educativi e di inserimento lavorativo. Il welfare locale e comunitario che mette al centro come risorsa fondamentale la relazione umana. Un welfare  sociale che ha trovato la sua traduzione coerente nella legge 328/2000 “Disposizioni per un sistema integrato di interventi e servizi sociali” tanto attuale quanto inapplicata. Che dobbiamo applicare pur in contesto diverso da quello di vent’anni fa e   bisogna farlo con spirito innovativo.

STORIA DELLE POLITICHE SOCIALI

Ritengo utile ,anche onorando i settanta anni della nostra Repubblica, ricordare le tappe più importanti della evoluzione delle politiche sociali nel nostro Paese.

Il pensiero corre alle nostra Madri Costituenti che proprio sui temi del welfare sono state le  grandi e decisive protagoniste ponendo le basi di un welfare innovativo.

Teresa Noce, Maria Federici, Lina Merlin sono state le Relatrici nella Terza Sottocommissione dell’Assemblea Costituente  dedicata ai problemi economici e sociali. Nelle loro relazioni hanno  delineato un  Welfare moderno basato sulla distinzione tra Previdenza ed  Assistenza, sulla centralità della persona, sui diritti dei lavoratori e lavoratrici, sulla conciliazione tra lavoro e famiglia e sul sostegno ai figli ed alle famiglie numerose, sulla lotta alla povertà ed al sostegno ai bisognosi. Ricordo l’articolo 3 che prevede la promozione della “eguaglianza di fatto” ed il superamento  delle discriminazioni basate sul sesso oltre che sulla razza e le religioni. Un concezione moderna ed avanzata di eguaglianza che obbliga le istituzioni a promuovere politiche che superino le discriminazioni e promuovano concretamente la giustizia sociale e l’eguaglianza sostanziale. Fu la giovane Costituente Teresa Mattei a proporre l’emendamento che contiene la dizione  “eguaglianza di fatto”. Articoli fondamentali della nostra Costituzione , 2, 3, 29, 30, 31, 32, 37, 38 per una impostazione avanzata della promozione della dignità umana, della inclusione sociale, di una democrazia inclusiva, della trasformazione sociale, della dignità del lavoro, delle politiche di welfare a partire dal riconoscimento  della parità uomo donna. Innovazioni straordinarie se rapportate alla storia del nostro paese contrassegnato da una pervicace cultura patriarcale codificata nel Codice civile del 1865  e nell’istituto  “dell’autorizzazione maritale”, articolo 134 del Codice Medesimo che negava alle donne di stabilire contratti economici  e di trasferire proprietà ed in quanto tale erano escluse dalla vita pubblica e relegate ai margini della società. Sono state brave le nostre Madri Costituenti perché sono state determinanti, attraverso un  mirabile gioco di squadra tra di loro, ad incidere su articoli fondamentali della Costituzione, e, con il sostegno delle associazioni femminili, dei sindacati, dei  partiti popolari cattolici e di sinistra  sono riuscite a tradurre fin dall’inizio le norme Costituzionali in Leggi di Riforma. Cosa non scontata visto il dibattito durato alcuni anni  tra Costituzionalisti e  tra politici sulla cosiddetta normatività della Costituzione, cioè quanto i principi costituzionali dovessero rimanere tali e quanto dovessero tradursi in norme. Non è casuale se le prime due leggi di riforma della Repubblica Italiana sono state depositate da parlamentari donne e riguardano la condizione femminile. Si tratta della Legge Teresa Noce sulla Tutela Sociale della Maternità  depositata il 14 giugno del 1948 ed approvata due anni dopo diventando la legge Noce- Federici, due Costituenti, una Comunista e l’altra Democristiana e il 6 agosto del 1948 fu  depositata la legge Lina Merlin per la chiusura delle Case di Tolleranza in cui si esercitava la prostituzione di Stato e che fu approvata ben 10 anni dopo. Su questi temi mi permetto di segnalare il  volume curato dalla Fondazione Nilde Iotti “ La Repubblica delle donne” Settanta anni di battaglie e di conquiste (Donzelli Editore).Le altre tappe legislative importanti sono state: la conquista della legge 833/78 per un Servizio Sanitario Universalistico e solidale, basato sulla medicina territoriale e sulla integrazione socio sanitaria; la legge 112/98 “Conferimento  delle funzioni e dei compiti amministrativi alle Regioni ed agli Enti Locali in attuazione del capo 1 della legge 15 marzo 1997,n.59”.L ’articolo 5  della medesima legge colloca i Servizi Sociali nella più ampia accezione dei servizi alla persona ed alla comunità ;in tale contesto è implicito il processo volto ad osservare nel rispetto degli art.2,3,32,38 il principio della coesione sociale, dell’inclusione sociale e dell’empowerment. A livello locale il Comune deve  promuove una “ comunità competente” quale titolare primario delle politiche sociali. La legge 23 marzo1993,n.84 “Ordinamento della professione dell’Assistente Sociale ed istituzione dell’Albo Professionale”, frutto delle vostre tenaci battaglie. La legge 285/97  “Disposizioni per la Promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e dell’adolescenza” e la legge sulla Sperimentazione del Reddito Minimo d’Inserimento contro la povertà del 1998 , che mettono  al centro la costruzione della rete integrata dei servizi sociali e la valorizzazione del welfare locale e comunitario con un ruolo centrale di programmazione da parte del pubblico ed un significativo stanziamento di risorse. Entrambe pongono come centrale  nella costruzione della  rete integrata dei servizi  il ruolo del Servizio Sociale. Infine, la più importante di tutte, la Legge Quadro sulle Politiche Sociali, la 328/2000, la legge della dignità sociale. L’art. 22 comma 4 della legge quadro 328/2000  definisce il servizio sociale professionale ed il segretariato sociale un livello essenziale di assistenza ; l’art.5 della medesima legge quadro prevede  la internalizzazione del servizio sociale professionale e  del segretariato sociale. Ulteriormente articolato  e valorizzato nel primo ed unico Piano Sociale Nazionale del 2000. Leggi, che lo dico ai più giovani, furono elaborate attraverso la pratica della condivisone, dei tavoli apparecchiati presso il Ministero della Solidarietà Sociale  con la partecipazione di tutti i soggetti competenti ed interessati. Della legge quadro 328/2000 voglio citare alcuni articoli molto dimenticati ma che trattano di un tema molto attuale : l’articolo 23 REDDITO MINIMO D’INSERIMENTO che prevede la discussione in Parlamento entro il 30 maggio  2001della Relazione Tecnica che fu redatta da un  gruppo di competenze eccellenti scelte dal Ministero della Solidarietà Sociale contenente una accurata valutazione sulla sperimentazione dell’RMI attuata nel 1998 per poi, con successivo provvedimento, mettere a regime l’RMI medesimo considerato nell’articolo 22della 328/2000  primo livello essenziale di assistenza. L’articolo 28-

INTERVENTI URGENTI CONTRO LA POVERTA’ ESTREMA- con un finanziamento dedicato. Tali norme sono state successivamente abbandonate e riprese vent’anni dopo con la misura del Reddito d’Inclusione Sociale. E’ il caso di dire  “ perché  perdere vent’anni di tempo? “ Vi è qui una delle patologie del nostro sistema democratico per cui le leggi non vengono valutate nei loro esiti, nel loro funzionamento, nei risultati che conseguono ma abbandonate o radicalmente cambiate solo su opzioni politiche. Dopo vent’anni abbiamo finalmente una misura nazionale ed universalistica contro la povertà. La legge recente istitutiva del Reddito di Inclusione Sociale  è una misura molto importante che coniuga sostegno al reddito ed inclusione lavorativa e sociale attiva  e nella cui applicazione si è ancora una volta riscontrata la centralità della competenza del Servizio Sociale e dell’Assistente Sociale. Legge elaborata con il coinvolgimento attivo della società attraverso la Alleanza contro la Povertà che considero un evento importante e prezioso avvenuto nel nostro Paese. Un nuovo pilastro delle Politiche Sociali. Va detto che questa legge avrebbe dovuto essere approvata all’inizio della legislatura dotandola di risorse più consistenti. Infine ricordo l’importantissima legge  che riconosce e valorizza il Dopo Di NOI , anch’ essa con una storia che inizia con uno stanziamento di risorse nel Fondo per le Politiche Sociali nella Legge Finanziaria  2000, seguìto dal Testo unificato approvato in Commissione Affari Sociali nel 2012 e lì rimasto perché il Governo Monti non lo considerò una priorità e non lo finanziò. Anche questa legge è frutto della competenza delle associazioni e delle famiglie che la proposero al Legislatore. Ribadisco anche in questa occasione la mia gratitudine a queste associazioni ed a queste famiglie. Ho citato in questo breve percorso non tutte le leggi sociali ma quelle  importanti per costruire le reti dei servizi e dei professionisti e che prevedono un ruolo centrale del Servizio Sociale.

La fase politica attuale mi pare caratterizzata da un sostanziale disinteresse nei confronti dei temi del welfare, tutto incentrato su Reddito di cittadinanza e sulla  Previdenza. Si vagheggiano interventi monetari ma la questione dei grandi beni comuni come la scuola pubblica, la sanità pubblica e la rete integrata dei servizi sociali non sono presenti nel dibattito pubblico.

Preoccupa il dibattito sul reddito di cittadinanza, per due ragioni. Perché in nome dell’ottimo e della novità si interrompe un processo faticosamente avviato ma positivo della applicazione della misura del Reddito di Inclusione Sociale; perché la questione della povertà, soprattutto la povertà minorile che è la grande emergenza del nostro Paese , non si risolve con interventi monetari ma con azioni integrate di presa in carico, con l’attivazione di relazioni umane e sociali , di umanizzazione dei contesti di vita, di miglioramento degli interventi e delle opportunità formative. Perché esso è  previsto solo agli italiani, così come l’accesso gli asili nido. E’ quanto  si legge nei documenti governativi fino ad predisposti. Sono evidenti per una professione come l’Assistente Sociale ed il Servizio Sociale gli aspetti di incostituzionalità di tale limitazione  “solo agli italiani”  e la sua contraddizione rispetto all’elementare e fondamentale principio di Inclusione sociale.

In generale in questi ultimi anni abbiamo assistito ad un arretramento culturale che segnala la incomprensione del valore della Rete integrata di interventi, servizi e prestazioni sociali al fine di una presa in carico attiva della persona e per promuovere una effettiva inclusione sociale.

Si è proseguito sulla strada dei bonus e degli interventi monetari come conferma la mancata definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza, alla elaborazione di un Nuovo Piano Sociale Nazionale e la decurtazione pesante delle risorse pubbliche per il Sociale. Le poche esistenti sono frammentate nei diversi Fondi: per la famiglia, per i giovani, per la non autosufficienza, per il sostegno alla locazione, per il Servizio Civile ecc.. Con un impatto negativo sul personale sempre più carico di oneri e responsabilità ed a cui si chiedono molte competenze , personale sempre più scarso rispetto alla quantità e qualità dei bisogni sociali. Con un preoccupante processo si esternalizzazione dei servizi ed anche del personale.

Nonostante le difficoltà proseguono i Piani Di Zona, proseguono in tanti territori politiche sociali innovative. Il punto è la disomogeneità degli interventi.

L’inversione di tendenza, il cambio di passo rispetto alla cultura della 328/2000  è datato 2001 con l’avvento del Governo di Centro-Destra  con i Ministri  Tremonti, Sacconi, Maroni  che avevano teorizzato i Welfare del Dono e della Gratuità in cui il ruolo del pubblico doveva essere quello di valorizzare il volontariato ed il privato sociale considerando secondario il ruolo dei Servizi sociali. A questa svolta culturale e pratica il Centrosinistra non ha sempre reagito con coerente fermezza ed anche l’ultima legislatura, se ha visto le  leggi importanti già citate , insieme con la Riforma del Terzo Settore , tuttavia non si è ritenuto prioritario investire sulla Rete Integrata dei Servizi  incrementando Fondo Sociale Nazionale ,definire i Livelli Essenziali di Assistenza, investire  sulle professioni sociali. Che considero una assoluta priorità per costruire un sistema di welfare attivo e garantire un omogeneo ed equo accesso ai servizi.

IL SISTEMA PAESE ED I NUOVI BISOGNI SOCIALI

La professione dell’assistente sociale fin dalla  sua nascita pone  alla base della sua deontologia professionale la capacità di individuare i bisogni sociali, di leggere la società e le persone, di sollecitare le istituzioni ad aggiornare le loro risposte e le loro politiche.

Oggi pertanto un grande ruolo del Servizio Sociale  è quello  di aiutare tutti noi, cittadini ed istituzioni, a capire nel profondo questo nostro Paese, quali sono i bisogni sociali emergenti.

Aumento delle diseguaglianze e delle povertà, emergenza della povertà minorile, cambiamento delle condizioni di vita nelle famiglie e tra i giovani per la  mancanza di lavoro e per la  precarietà del lavoro, la grande emergenza lavoro.

L’impoverimento delle relazioni umane , la povertà relazionale. Il cambiamento delle famiglie e la grande difficoltà economica e sociale  ad avere i figli che si desiderano. Considero questa una grande priorità politica del nostro Paese non riducibile alle misure dei bonus. Sono aumentate le diseguaglianze nella salute: per l’accesso alle cure ed a prestazioni non garantite dal servizio sanitario Nazionale e che risultano troppo costose; per l’impatto che sulla Salute hanno i cosiddetti “Determinanti della salute”: il lavoro, l’istruzione, le relazioni sociali, l’abitazione. Tema cruciale per promuovere una buona ed efficace politica per la salute . Come scrive lo studioso Marmot nel suo libro “La Salute Diseguale”:  “a che serve curare le persone e poi  riportarle nelle condizioni che le hanno fatte ammalare?” Sono cresciuti di importanza per le famiglie  i grandi temi della non autosufficienza, della disabilità, della salute mentale che sono quasi scomparsi dall’agenda dei soggetti pubblici e lasciati alla responsabilità ed alla solitudine delle famiglie. Come se la crisi di questi anni avesse operato una sorta di gerarchizzazione  del disagio sociale per quanto riguarda l’intervento pubblico che si è concentrato sul sostegno economico alle famiglie anche perché inedito per numero e qualità di famiglie coinvolte. Lasciando tante volte sole le famiglie con persone fragili. Bisogna, inoltre, misurarsi con i nuovi fattori che generano la diseguaglianza come il fattore tempo. I tempi di vita e di lavoro  per alcune fasce di popolazione diventano così difficili da conciliare anche perché si è affermata una “tirannia” del tempo di lavoro sugli altri tempi di vita. Perché  è difficile per tante persone trovare un po’ di tempo per sé e per la cura della famiglia. Il tempo diventa fattore di diseguaglianza tra chi può riuscire a conciliare e vivere con pienezza tutti i tempi della vita e chi deve sacrificare il tempo della cura ed il tempo per sé alla tirannia del tempo di lavoro. Per questo resta cruciale la politica tanto auspicata dalla Unione Europea della conciliazione vita lavorativa e vita famigliare attraverso la condivisone delle responsabilità famigliari tra donne e uomini attraverso una coerente strategia  dei congedi parentali e di servizi sociali alla persona ed alle famiglie. Ricordo su questo tema l’elaborazione svolta negli anni 80’ -90’ dalle donne che è approdata nelle legge 53/2000 .

E’ aperta da tempo una riflessione sugli effetti della globalizzazione, sul bisogno di sicurezza , di confine, sulla ricerca del guscio entro cui ripararsi, sul bisogno di protezione.

Non c’è dubbio che per tanto tempo abbiamo tessuto le lodi della globalizzazione mettendo in risalto le opportunità che si aprivano  per i nuovi continenti, l’importanza per il nostro paese dell’apertura al mondo  e di essere competitivo sul piano mondiale. Poi abbiamo cominciato a vedere che la globalizzazione significava anche chiusura di fabbriche, spostamento in altri parti del mondo di nostre produzioni, flessibilità del lavoro, precarietà del lavoro, rottura dei legami sociali. Questo ha ingenerato un sentimento profondo di insicurezza  alimentato da una cultura dell’individuo solitario, che fa da se’, dei diritti individuali scissi dai legami sociali. Un individualismo esasperato basato sul mito dell’apparire che riduce la persona umana a consumatore. E’ cosi cresciuta un ‘ idea ed un bisogno di comunità intesa come separazione, chiusura, appunto, il Guscio entro cui difendersi dagli altri, dagli estranei. Questo sentimento profondo di insicurezza ha avuto bisogno di trovare il nemico contro cui scagliarsi ed il nemico sono stati gli immigrati o gli altri soggetti più deboli. Cerchiamo soluzioni individuali a problemi che sono comuni, cerchiamo la salvezza individuale da problemi che sono comuni. Gli estranei diventano il bersaglio contro cui si focalizzano le nostre paure soffuse e frammentate. Contro gli estranei si ricerca la comunità  che diventa però una comunità basata   sulla divisione, sulla segregazione, sul mantenimento delle distanze. Questa comunità anziché proteggerci aumenta le ragioni dell’ansia, che risiede nel processo di atomizzazione in quel cercare soluzioni individuali a problemi collettivi. Riporto qui una acuta riflessione di Bauman tratta dal suo libro di qualche anno fa “ Voglia di comunità” Ed.Laterza.  Scrive Bauman:” Nel nostro mondo sempre più globalizzato viviamo tutti in una condizione di interdipendenza, di conseguenza, nessuno di noi può essere padrone del suo destino. Ci sono compiti con cui ogni singolo individuo si confronta, ma che non possono essere affrontati e superati individualmente. Tutto ciò che ci separa e ci istiga a mantenere le distanze dagli altri , a tracciare confini ed erigere barricate, rende sempre più ardua la gestione di tali compiti. Tutti noi abbiamo la necessità  di acquisire il controllo sulle condizioni nelle quali affrontiamo le sfide della vita, ma per la gran parte di noi tale controllo può essere ottenuto solo collettivamente. Proprio qui, nell’espletamento di tali compiti, l’assenza di comunità è maggiormente avvertita e sofferta, ma sempre qui, una volta tanto, la comunità ha l’occasione di smettere di essere assente. Se mai può esistere una comunità nel mondo degli individui, può essere (ed è necessario che sia) soltanto una comunità intessuta di comune e reciproco interesse; una comunità responsabile, volta a garantire il pari diritto di essere considerati esseri umani e la pari capacità di agire in base a tale diritto.” Mi soffermo su questo tema del sentimento di insicurezza, sulla difficoltà a costruire legame sociale perché credo che proprio  la costruzione dei legami sociali, la tessitura di comunità sia il compito fondamentale delle politiche sociali e più in generale sia il compito di ciascun cittadino democratico e  di una autentica ed efficace politica democratica. Sulla costruzione di relazioni umane che sollecitino le competenze delle persone e sulla tessitura di comunità molto può dare il Servizio sociale ed una professione come quella delle assistenti Sociali.

Il SEVIZIO SOCIALE E LE POLITICHE DI  WELFARE

Mi insegnate che c’è un legame molto forte tra il ruolo del Servizio sociale e la qualità delle politiche di welfare. Il nostro sguardo deve partire dall’Europa. Abbiamo bisogno di un Europa Sociale con una precisa e forte Agenda Sociale. Su questo punto , di elaborazione e di battaglia politica , dobbiamo sentirci impegnati come cittadini, professioni, attori sociali che hanno a cuore il valore della  solidarietà. Guai se si rompe l’Europa. Le politiche sociali, per la salute, per l’occupazione, per la parità di genere, contro la povertà hanno avuto nell’Unione Europea- nel corso degli anni- pur tra molte contraddizioni, un punto di riferimento importante. Potremmo elencare: le decisioni della Corte di giustizia e degli organi di governo europei che hanno mirato ad estendere da un paese all’altro i diritti sociali dei cittadini europei, il libero movimento dei lavoratori, la salute e la sicurezza sul lavoro, l’uguaglianza di genere, il Fondo sociale europeo, la legislazione sulla non discriminazione, la protezione contro i licenziamenti, l’inclusione sociale, le politiche pensionistiche e sanitarie Sottolineo in particolare il valore della Carta Europea dei Diritti Umani Fondamentali. Che costituisce la carta d’identità di una comunità politica sopranazionale e che è diventata giuridicamente rilevante con il Trattato di Lisbona. La Carta dei diritti disegna un modello sociale europeo distinto e più avanzato  rispetto alle altre regioni del mondo. Attraverso le 5 parole chiave - Dignità,  Uguaglianza, Solidarietà, Cittadinanza, Giustizia- sono declinati i diritti- doveri fondamentali che riguardano la complessità delle persona e del tessuto economico e sociale. Nel Preambolo della Carta leggiamo “ Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale , l’Unione si fonda sui valori indivisibili ed universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà. l’Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, di sicurezza e  di giustizia.”

 

Bisogna andare avanti con più Europa e più Europa Sociale.

Bisogna costruire il Welfare delle 3 G :Generazioni, Generi, Genti .Solidarietà tra le generazione; le pari opportunità tra donne e uomini ed anche una nuova relazione, una nuova amicizia, una nuova grammatica dei sentimenti; la convivenza tra italiani ed immigrati. Nella consapevolezza, come insegna l’esperienza che “ insieme si può”. Si possono risolvere i conflitti perché si può lavorare insieme per combattere la povertà,  il degrado urbano, la criminalità; insieme si possono costruire contesti di vita umani e sicuri.

Bisogna investire sui grandi beni pubblici come il lavoro, la scuola, la sanità. Promuovere la salute in tutte le politiche come indica l’Unione Europea attraverso Piani Intersettoriali per la salute.

Bisogna investire sulla Rete Integrata sei Servizi Sociali, con servizi sanitari, scuola, inserimento lavorativo. Bisogna promuovere  una forte battaglia culturale sul valore dei servizi sociali nella vita delle persone. I servizi sociali sono  “oro” nella vita delle persone ma è un oro che non “brilla”. Bisogna farlo Brillare . Bisogna promuovere una nuova idea del Sociale. Non solo politiche specifiche ma il Sociale, la Solidarietà, l’Inclusione Sociale Come Parametro dello Sviluppo economico e sociale. Le politiche sociali come politiche di sviluppo. Ed allora il Sociale, la Solidarietà deve attraversare tutte le politiche  della città e le politiche nazionali.  Il Sociale e la Salute in tutte le politiche. Il lavoro, l’ambiente, le infrastrutture,  l’urbanistica ,la casa, l’istruzione. Bisogna fare il Piano Sociale Nazionale ed il Piano Sociale  delle città che non solo indichi i Livelli Essenziali di Assistenza ma traduca concretamente l’idea del Sociale come parametro che orienta l’insieme delle politiche, e declinare le diverse politiche secondo il valore della solidarietà e dell’inclusione sociale che dunque deve essere coordinato dal Presidente del Consiglio, dal Presidente della Giunta Regionale, dal Sindaco della città. Bisogna promuovere un nuovo ruolo del pubblico che deve avere la capacità di programmazione, di scelta nello stanziamento delle risorse ma in più ed in modo spiccato deve porsi come  “Sollecitatore di Responsabilità” verso tutti i soggetti economici e sociali. Il Pubblico autorevole, l’istituzione pubblica autorevole è quella che mette attorno ad un tavolo ,per programmare politiche di sviluppo che investano sul capitale umano, sulla lotta alle diseguaglianze , tutti gli attori economici e sociali chiedendo a ciascuno di fare la sua parte. Ma di farlo non in modo frammentato, ciascuno per conto suo ma in modo coordinato secondo una visone condivisa del Benessere Sociale ,condividendo le priorità delle politiche di sviluppo e delle politiche di benessere sociale necessarie al Paese e ad un determinato territorio.

Tanto più in questo tempo in cui il welfare è diviso in tre comparti: il welfare pubblico sempre più residuale; il welfare aziendale; le Fondazioni Bancarie.

Non penso certo che bisogna annullare questa pluralità. Penso che bisogna investire molto di più sulla Rete Integrata dei servizi sociali e sanitari, sui Beni pubblici. Bisogna integrare i tre welfare attorno ad una visione condivisa delle priorità da perseguire , attraverso un azione di Rete. Promossa e sollecitata dalle istituzioni pubbliche.

In questo contesto il  ruolo del Servizio Sociale è particolarmente rilevante. Perché  costituisce:

IL GARANTE DELLA PRESA IN CARICO DELLA PERSONA NELLA PIENEZZA DELLA SUA DIGNITA’;

IL PILASTRO DELLA RETE INTEGRATA DEI SERVIZI SOCIALI,SANITARI, PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO E SCOLASTICO;

IL PARADIGMA DI UN WELFARE ATTIVO E COMUNITARIO CHE INVESTE SULLE COMPETENZE DELLE PERSONE; SULLE RELAZIONI UMANE ; SULLA COMUNITA’; SULLA EDUCAZIONE E PROMOZIONE DELLA CITTADINZA ATTIVA DELLE PERSONE.

Bisogna rilanciare il Piano Sociale Nazionale ed i Livelli essenziali di assistenza con relativo finanziamenti.

Bisogna valorizzare le professioni sociali puntando sul lavoro in cooperazione, investendo sulla professionalità e valorizzando al contempo la peculiarità di ciascuna. Bisogna rilanciare la figura dell’assistente sociale quale professionista di prossimità, in grado di realizzare il segretariato sociale e di realizzare il servizio sociale professionale secondo il principio della competenza e della responsabilità. I comuni sono pertanto obbligatoriamente tenuti ad assicurare tale servizio evitando esternalizzazioni che ne inficiano la qualità prevedendo al riguardo il calcolo del rapporto assistente sociale popolazione servita pari a 1/5000 abitanti anche attraverso piante organiche intercomunali per le amministrazioni in piccola dimensione, aggregate in Unioni di Comuni.

Il ruolo dell’assistente sociale è fondamentale per promuovere il cambiamento che favorisce l’accesso dei cittadini, soprattutto quelli più fragili, ai servizi territoriali ma anche per costruire sul territorio la rete tra i diversi attori pubblici e privati che vi operano , per attivare buone pratiche, per sollecitare la partecipazione attiva dei cittadini, la loro capacità di proposta e di controllo, ricercando le alleanze possibili con tutti gli attori sociali. Come avete scritto nel vostro Manifesto per il welfare , l’assistente sociale come “ catalizzatore sociale” e “sensore sociale”. Efficacia degli interventi, Partecipazione attiva, Connessione tra le diverse istituzioni: sono gli ingredienti preziosi della vostra professione.

Da cittadina , militante del sociale, che ha sempre avuto a cuore la professione dell’assistente sociale vedo oggi 4 funzioni preziose che solo voi potete svolgere:

1) promuovere cittadini competenti;

2) promuovere legami sociali e comunità;

3) incidere nell’agenda politica portando la vostra competenza ed esperienza in tutti i luoghi della discussione pubblica, della partecipazione e della decisione politica;

4) promuovere una battaglia culturale per far capire il valore dei servizi sociali, essenziali non solo per le persone fragili ma per la qualità della vita di ciascuna persona e per il benessere della società. Bisogna far brillare l’Oro contenuto nei  servizi sociali.

l compito che sta difronte a tutti noi è quello di costruire una società più giusta e più umana. “Prendersi cura delle persone” è un dovere di ciascuno di noi, è compito della politica, è compito delle politiche di welfare. Per vivere meglio tutte e tutti, italiani e immigrati; per vivere  sicuri e sereni. Per lasciare una Società Umana ai nostri figli.

Livia Turco

Relazione al Convegno degli assistenti sociali - Trento 20 settembre 2018 

Razzismo: Fontana parla di tutto meno che di famiglia

3 Agosto, 2018 (15:20) | Dichiarazioni | Da: Redazione

‘Quando presenterà un piano contro la povertà e per i disabili?’ “Da un Ministro della Famiglia ci si attende che avanzi proposte concrete per l’aiuto alle famiglie italiane. Fino ad ora il ministro Fontana si è dedicato ad attaccare le persone, a minacciare l’abrogazione di leggi non di sua competenza come la legge 194, e ora addirittura vuole abrogare la Legge Mancino per aggregarsi al coro razzista del governo”.

Lo dichiara Livia Turco, presidente della Fondazione ‘Nilde Iotti’ ed ex ministro per la Solidarietà Sociale.

“Non abbiamo sentito da Fontana - aggiunge - nessun riferimento ai problemi concreti delle famiglie italiane, come la povertà minorile, gli asili nido, la solitudine delle persone con disabilità. Il Ministro della famiglia sembra dunque snobbare le famiglie ed i loro concretissimi problemi preferendo parlare d’altro”. ”Quando ci presenterà un piano di proposte concrete? - chiede Livia Turco - Le famiglie italiane e nuove italiane, tradizionali e gay attendono e non hanno molto tempo”.

“Ci parli di fatti Signor Ministro ci faccia vedere quanto le stanno a cuore i problemi delle famiglie” conclude. (ANSA).

Le donne che han fatto l’Italia

27 Luglio, 2018 (17:15) | Interviste | Da: Redazione