Il Blog di Livia Turco

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Categoria: Interviste

Legge 40: “Sconfitta l’ideologia, vince la vita vera”

9 Aprile, 2014 (12:03) | Interviste | Da: Redazione

Intervista a Livia Turco su La Stampa del 9 aprile 2014

Livia Turco è ormai lontana dalle aule parlamentari ma della legge 40 è stata una delle protagoniste, prima come parlamentare di opposizione durante l’approvazione e poi come ministra della Salute quando la legge era in vigore manifestando la sua contrarietà. Non sa nulla della sentenza, ride quando apprende che i giudici della Corte hanno dichiarato illegittimo il divieto di eterologa. “Che gioia! Ora la legge 40 non esiste più! E’ la vittoria della vita reale, dei sentimenti contro l’ideologia. La legge 40 era una camicia di forza che si è sovrapposta costringendo la vita delle persone a fare quello che non era nei loro desideri, nella loro natura”.

Non è un caso che la Corte Costituzionale e i tribunali la stiano smontando.
“Sì, è così. La 194 è stata una legge frutto dell’ascolto di tutte le forze parlamentari e infatti è una legge che resiste molto bene al tempo, ed è lungimirante e efficace . La legge 40, invece, è stata imposta dalla maggioranza, è stata un emblema dello svuotamento del Parlamento rendendo impossibile ogni tentativo di modifica da parte dell’opposizione. E’ una legge indifferente che non ha ascoltato i bisogni degli italiani e quindi si è rivelata del tutto inefficace”.

Lei riuscì almeno a abolire il divieto di diagnosi reimpianto sull’embrione.
“Sì ma dopo una lotta immane. Lo feci con un blitz facendo pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale le linee guida prima di lasciare il ministero. Erano linee guida che avevano superato tutti i passaggi istituzionali, che permettevano solo una interpretazione esatta della legge ma per impedirmi di approvarle mi arrivarono le telefonate di tutti i capi del centrosinistra che prima non mi avevano mai telefonato. Ebbi l’esatta percezione del potere di ingerenza delle autorità ecclesiastiche. Per fortuna esistono i cittadini e le associazioni, persone come Filomena Gallo che con la loro determinazione hanno permesso di arrivare al grande risultato di oggi”.

Flavia Amabile

Sla. Ci voleva il morto, anche il Pd ha taciuto

25 Ottobre, 2013 (16:40) | Interviste | Da: Redazione

 Intervista di Livia Turco a L’Unità del 25 ottobre 2010

È un paradosso della incapacità dell`Italia di fare riforme, a parole tutti sono d`accordo che l`assistenza domiciliare dà sollievo a malati e famiglie e fa risparmiare il servizio sanitario. Ma si taglia sempre lì. Livia Turco, ex ministro alle politiche sociali, ex ministro della sanità è furibonda.

Perché i malati d i Sla devono fare lo sciopero della fame e della sete e protestare davanti al Mef?

«Premetto che leggo con grande favore i cinque punti dell`accordo raggiunto con il ministero dell`economia. Do atto con piacere che questo governo ha invertito la tendenza stanziando dei soldi nella legge di stabilità. Cose importanti e concrete che vanno nella direzione giusta».

Questa è la premessa. Qual è il “ma”?

«Il problema che mi pongo, pur avendo ben presente la durezza del governare, è come sia possibile che alcune cose si perdano per strada. I punti indicati nell`accordo al Mef erano già legge nel 2008. L`aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza era in un decreto del governo Prodi».

Poi c`è stato il governo Berlusconi

«Il centro destra ha azzerato, revocato il decreto, considerato troppo costoso e non in linea con i tagli alla sanità. Con il ministro Balduzzi, i Lea dovevano essere aggiornati entro il 2012. Ora lo stesso aggiornamento è finito nel Patto sulla salute per il quale il governo ha allestito ben 10 tavoli. E stiamo parlando di cose chiarissime, acquisite, indispensabili, come il nomenclatore tariffario e l`assistenza domiciliare. Mi sconcerta che, pur avendo le leggi, si debba sempre ricominciare da capo».

Qual è la sua opinione, perché si fa come il gambero?

«Bisogna decidere le vere priorità del paese e, su questo, c`è una differenza radicale fra centro destra e centro sinistra. Quando abbiamo governato noi, sanità pubblica, politiche sociali e livelli essenziali di assistenza sono stati priorità assolute, poi stralciate dal centro destra. Anche ora, c`è stato un incremento nella legge di stabilità e nel documento in cinque punti si annuncia un ulteriore incremento. Ma, se devo essere schietta e chiara, bisognava fare di più».

L`incremento del governo Letta è stato dopo che i fondi per l`autosufficienza erano stati ridotti all`osso.

«Azzerati. Il governo di centro destra li ha azzerati. E il governo Monti non ha fatto nulla, se non aumentare un po` la social card e, dare un po` di soldi dopo lo sciopero dei malati di Sla. Ricordo il ministro Fornero, in commissione, sostenere che il sociale è solo assistenza, quindi il sociale per il governo Monti non era una priorità. E il governo Letta ha fatto passi troppo timidi».

Perché questa sordità?

«C`è un tremendo buco culturale. Gli unici a capire sono i sindaci, che hanno a che fare con la gente in carne e ossa, che sanno cosa significa assistenza domiciliare integrata, cosa sono i centri diurni e i trasporti pubblici per portare i disabili a scuola. Servizi essenziali che si stanno riducendo, si taglia sulla carne viva delle persone. E purtroppo non sento dire che le politiche sociali sono una grande priorità neanche dal partito democratico».

È critica verso il suo partito?

«Sì, sono polemica anche con il mio partito. Non mi basta criticare il centro destra che ha azzerato i fondi, chiedo al mio partito, per favore, di essere più energico. Si parla molto di esodati e di cassa integrazione. Benissimo. Ma ci vuole il morto, in questo dannato paese, per scoprire che ci sono anche i malati di Sla. Anche. Non mi sta bene quell`anche. Persone fragili, disabili gravi, costrette a manifestare e a rimetterci la pelle per farsi vedere e ascolta re. E non ci vorrebbero molti soldi per affrontare il problema. Se si investe sempre, in modo continuativo, sulla rete del servizio domiciliare integrato, è un euro al giorno. Ma, se tagli, si arriva a zero. E il mio partito ha taciuto».

Via la Bossi-Fini. Intervista a l’Unità

7 Ottobre, 2013 (15:35) | Interviste | Da: Redazione

Le leggi delle donne. Intervista a Livia Turco

3 Ottobre, 2013 (11:02) | Interviste | Da: Redazione

Ascolta l’intervista su Radio Articolo 1 a Livia Turco, sul libro “Le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia“, edito da Ediesse e curato dalla Fondazione Nilde Iotti, appena uscito in libreria.

http://www.radioarticolo1.it/jackets/cerca.cfm?str=livia+turco&contenuto=audio

Una vita da politica. La mia

2 Agosto, 2013 (12:41) | Interviste | Da: Redazione

Intervista a Livia Turco su “La Guida” del 2 agosto 2013

“Ho fatto un passo a lato e rivendico di non aver chiesto la deroga come altri”. “Il Pd dopo il voto contrario a Marini e Prodi deve ricostruirsi sul piano dei valorti e nel modo di strae insieme”.

Laggi tutta l’intervista.

Kyenge, pasionaria dello ius soli

7 Luglio, 2013 (12:20) | Interviste | Da: Redazione

Intervista di Andrea Malaguti a Livia Turco su La Stampa del 7 maggio 2012
«Io?», insiste. «No, è stato Letta. È lui che ha scelto Cecile». Ma quelle parole - «hai scelto tu, lo sanno tutti» - evidentemente le piacciono. Ci gode Livia Turco. E lo confessa con un po’ di imbarazzo che questa storia la gratifica. Ma in fondo va bene così. Di fatto è una certezza che se non ci fosse stato l’ex ministro cuneese - una donna capace di fare un passo indietro, di rinunciare alla poltrona in cambio dello spazio per due dei suoi pupilli cresciuti in Italia e nati da un’atra parte del mondo - oggi Cecile Kyenge Kashetu, quarantanovenne congolese non sarebbe seduta sui banchi del governo. Donna. E nera. La prima. «È una persona dolce e determinata, che sa che cosa significa lavorare in gruppo. Sono fiera di lei. Così come sono fiera di Khalid Chaouki».

Benvenuti nel nuovo mondo, dove i dirigenti del Pd, il partito più sgangherato della galassia, per scegliere il ministro dell’Integrazione hanno bizzarramente usato un criterio di qualità, portando al ballottaggio uno scrittore, politico e giornalista di Brazzaville, Jean Leonard Touadi, e una mamma medico di Modena, nata a Kambove e italiana per matrimonio. «Ha vinto Cecile solo perché è donna e nera. E da un punto di vista dell’immagine in questo momento funziona di più», spiega cinico un dirigente democratico fumando nel cortile di Montecitorio. È vero? Forse.

Di certo Enrico Letta si accorse di Cecile, quando la vide a Torino a un incontro del Forum Nazionale per l’Immigrazione. Lui, lei, la Turco. La dottoressa era una donna dai modi morbidi e dai concetti chiari, con un’ossessione chiamata «ius soli», diritto di cittadinanza per chi nasce in questa terra. Una bestemmia? Un’ovvietà. Se hai emesso il tuo primo vagito negli Stati Uniti. Da noi no. In ogni caso lei ci credeva. Al punto da firmare - appena eletta - una proposta di legge assieme a Bersani, re senza terra che aveva deciso di consegnarle un seggio sicuro inserendola nel proprio listino di irrinunciabili.

Donna curiosa, Cecile. Diversa da tutte. Un diesel. Una che va dritto allo scopo. Forse perché con un padre poligamo e 37 fratelli ha capito in fretta che era inutile sprecare parole. «Ha la pazienza per arrivare a dama. È moderna. Preparata. E di sicuro non gioca a fare il panda». Scusi? Il deputato modenese Davide Baruffi si illumina. «Io la conosco dal 2006. Lei viene dai Ds, poi è passata nel Pd. Conosce e lavora per il partito. Non bara. Non strumentalizza. Combatte una battaglia in cui crede. E sa quello che dice. Per questo Letta ha puntato su di lei». E lei, portavoce della rete Primo Marzo (l’associazione che nel 2010 organizzò lo sciopero degli immigrati) non ha tremato davanti al compito.
Alla prima occasione pubblica ha dichiarato: «Io non sono di colore. Io sono nera». Applausi. Boati. E una valanga di inevitabili improperi internettistici. «Questo è il governo del bonga bonga», disse schiumando tutta la sua volgarità l’europarlamentare leghista Borghezio.

E alla seconda (facendo mille precisazioni sui propri ruoli e competenze e su quelli del ministro dell’Interno Angelino Alfano): «Lavorerò per l’introduzione dello ius soli e per l’abolizione del reato di immigrazione clandestina». E anche qui boati, applausi e improperi. Di una sgradevolezza dolorosa. Accompagnati da rampogne infastidite e fastidiose di Renato Schifani, Maurizio Gasparri e Bobo Maroni. E da commenti nebbiosamente velenosi come quello della parlamentare Pdl Elvira Savino. «Dopo il ddl sullo ius soli, il ministro intende presentarne uno anche sulla poligamia praticata dalla sua famiglia in Congo?». Ottusità da bar di periferia. «O anche opinioni da mettere in conto, d’altra parte Gasparri non sarebbe lui se non usasse certi toni. E io non mi starei a spaventare. Non lo farà neppure Cecile. Il suo non è un compito facile. Ma il Paese è pronto ad andare avanti. Lei dovrà essere brava a coinvolgere gli altri componenti del governo», chiosa la Turco.

Brava? Una fuoriclasse. Perché per non sentirsi come una farfalla finita in un bicchiere, il più facile degli spot del governo del cambiamento annunciato, dovrà convincere un Parlamento intero che il multiculturalismo non è uno scioglilingua da salotto, ma vita di gente vera. Un salto mortale triplo. Carpiato. E rovesciato.