Il Blog di Livia Turco

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Month: Ottobre, 2009

RU 486: nessuno vuole l’aborto a domicilio

2 Ottobre, 2009 (16:11) | Dichiarazioni | Da: Livia Turco

“La legge 194 l’ho voluta con tutta me stessa e oggi la difendo senza esitazioni. Proprio per questo mi batto perché sia attuata in ogni sua parte. Il sottosegretario Roccella non faccia domande retoriche e offensive per chi ha lottato per avere anche in Italia una legislazione sull’aborto a tutela della salute delle donne”. Lo ha detto Livia Turco, capogruppo Pd in commissione Affari sociali della Camera.
“Nessuno ha parlato di aborto a domicilio – prosegue Turco -. Non è questo il tema. Io che mi sono impegnata fortemente a favore della 194, quella legge me la tengo ben stretta e la difendo tenacemente. Roccella e Sacconi non hanno un minimo di credibilità per difendere la legge sull’aborto. Sfido il sottosegretario dalla replica sempre pronta a trovare una mia dichiarazione, un atto di governo o una proposta di legge che avrebbero favorito l’aborto al di fuori di strutture ospedaliere e, quindi, in violazione della 194. Piuttosto Roccella pensi a fare qualcosa per la prevenzione dell’aborto e la tutela della maternità, temi per i quali il governo non sta facendo nulla. Faccia qualcosa per potenziare i consultori, favorire l’educazione sessuale nelle scuole e dare sostegno alle donne immigrate. Su questo il sottosegretario in più di un anno di governo si è distinta per la più completa inerzia. Niente di niente. Sono io che chiedo a lei cosa sta facendo su questi temi. Batta un colpo, faccia qualcosa invece di prodigarsi in esternazioni e interviste”.

Testamento biologico: sì al diritto “mite”

2 Ottobre, 2009 (16:08) | Post | Da: Livia Turco

Credo anch’io come Angelo Panebianco (vedi Corriere della Sera del 30 settembre scorso) che la strada da percorrere per una buona legge sulle dichiarazioni anticipate di volontà sia quella di una legge “il più possibile liberale, che lasci alle persone spazi di autonomia dallo Stato e che scommetta sulla responsabilità degli informati e competenti sul caso singolo”. Citando l’importante documento degli Ordini dei medici e delle Società scientifiche votato in un  convegno a Terni nello scorso aprile, la strada è quella del “diritto mite”, per costruire un bilanciamento di valori tra rispetto della volontà del paziente e la sua presa in carico costante ed amorevole per rispettarne fino all’ultimo la dignità umana, e dunque la vita. Ciò può essere ricercato e costruito solo all’interno di una relazione di cura medico-paziente che sia relazione di fiducia e nella comunità di affetti che circonda la persona malata. È questa, io credo, la zona grigia di cui parla Panebianco. Ed è proprio questa relazione e questa comunità di affetti, una sorta di diritto affettivo, che la legge deve riconoscere, sostenere e valorizzare. Anche perché solo all’interno di questa relazione di fiducia e di amorevolezza la volontà della persona può formarsi, esprimersi ed essere ascoltata. La volontà non è una decisione solipsistica governata dalla signoria della mente ma un progetto di vita. Le dichiarazioni anticipate di volontà non sono un succedaneo del consenso informato, non devono dire ora un sì o un no per un determinato trattamento. Esprimono un progetto di vita e di coerenza, indicano una scelta. Non a caso la Convenzione di Oviedo nell’art. 9 dice che bisogna “tenere in considerazione i desideri espressi dal paziente”. Per questo credo che anche sull’argomento controverso della nutrizione e idratazione la legge deve riconoscere, sostenere e rispettare la relazione di fiducia tra medico e paziente che non può che basarsi sulla esplicitazione e il riconoscimento della volontà del paziente medesimo. La forza e la intensità della relazione di cura  e della comunità di affetti è la sola che può consentire di attualizzare la volontà e la scelta al letto del paziente. Può arrivare anche a disattendere quanto il paziente ha indicato nella Dat se il medico e i familiari ravvisano una  motivata prospettiva di beneficio terapeutico da scrivere nella cartella clinica e fino a quando essa sia ragionevolmente attesa. Sono convinta che questo possa essere un interessante punto di incontro.

Livia Turco

larticolo di panebianco

RU 486: l’abbaglio de La Stampa

2 Ottobre, 2009 (10:27) | Lettere aperte | Da: Livia Turco

Sul quotidiano “La Stampa” di ieri , a corredo di un articolo sulla pillola RU 486, è apparso un breve trafiletto, reso però piuttosto evidente da una mia foto pubblicata a fianco, nel quale si indicava Livia Turco come responsabile di un fantomatico blocco alla procedura di approvazione della pillola RU486 al tempo in cui svolgeva l’incarico di ministro della Salute.
Una notizia evidentemente priva di qualsiasi fondamento, alla quale ho risposto con questa lettera inviata al direttore del quotidiano torinese, che penso sia comunque di interesse per tutti coloro che volessero ricostruire i termini esatti della questione RU 486.
Ecco la lettera:

Alla cortese attenzione
Dottor Mario Calabresi
Direttore de La Stampa

Gentile direttore,
la “notizia” riportata oggi da La Stampa secondo la quale avrei bloccato nel 2007 l’iter di approvazione della RU 486 è assolutamente falsa e priva di fondamento.
Semmai è vero l’esatto contrario. Fui proprio io, fin dall’inizio del mio mandato di ministro della Salute nel maggio 2006, ad avviare tutte le procedure utili affinché anche in Italia fosse garantita la possibilità di un’alternativa farmacologica per l’interruzione volontaria di gravidanza, come già avviene in quasi tutti i Paesi del mondo.
Il primo ostacolo che dovetti affrontare fu la ritrosia, da parte della ditta francese titolare del farmaco, a formulare la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio anche in Italia. E’ bene ricordare, infatti, che finché la ditta produttrice non chiede l’autorizzazione non può scattare alcuna procedura.
Fino ad allora, conscia dell’ostilità manifesta delle autorità italiane verso questo farmaco, la ditta francese aveva infatti deciso di non inserire il nostro Paese nella procedura europea di mutuo riconoscimento con la quale il farmaco era stato già autorizzato, oltre che in Francia, in Austria, Belgio, Germania, Danimarca, Grecia, Spagna, Finlandia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Estonia, Norvegia, Regno Unito e Svezia.
All’appello mancavano solo Ungheria, Lettonia, Portogallo, Romania e, appunto, l’Italia.
La domanda della ditta giunse all’Agenzia italiana del farmaco il 7 novembre 2007.
E, come, si può facilmente verificare, è da allora che sono scattate tutte le procedure previste dall’iter, ora finalmente giunto alla sua fase conclusiva.
Fui sempre io, poi, a sollecitare l’8 gennaio 2008 il Consiglio superiore di sanità a fornire un proprio parere sulle modalità di impiego della RU 486 nel rispetto della legge 194, al fine di sgomberare il campo rispetto a strumentali obiezioni che nel frattempo si erano manifestate sulla compatibilità di questo farmaco con la nostra legge sull’aborto.
Affermare che sia stata io a bloccare l’autorizzazione di questo farmaco è quindi veramente inaccettabile.
Ps. Per completare la sua informazione al riguardo, le segnalo infine che l’unico blocco all’iter di autorizzazione giunse dall’estero, a seguito di una richiesta di arbitrato europeo formulata dall’Ungheria. Questa richiesta sospese l’iter nei cinque Paesi, compresa l’Italia, oggetto della nuova richiesta di mutuo riconoscimento. Sempre per completezza, la informo che quella richiesta fu respinta, sbloccando nuovamente l’iter di approvazione in tutti e cinque i Paesi.

Livia Turco

Roma, 1 ottobre 2009