Il Blog di Livia Turco

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L’eguaglianza nella dignità del fine vita

12 Gennaio, 2018 (12:32) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Come tante e tanti ho nel cuore e davanti agli occhi l’immagine  di Marina Ripa Di Meana che ci parla con la voce e lo sguardo morente. Attraverso l’aiuto di Maria Antonietta Coscioni ci ha lasciato un testamento speciale. Che non dobbiamo dimenticare . Il testamento della “ dignità del fine vita”.

Lo ha fatto offrendoci  se stessa ma anche  dicendo parole importanti. Per morire con dignità ,senza dolore ,dopo tanti anni di sofferenza e giunta nella fase terminale della vita, pensava  che l’unica soluzione fosse andare in una clinica in Svizzera .Poi  ha scoperto che esiste una legge italiana  che prevede  come forma di cura palliativa la sedazione profonda per le persone che sono nella fase terminale della vita dando loro la possibilità  di vivere questo  ultimo tempo con serenità  e dignità. Marina Ripa Di Meana ha voluto far sapere a tutti che esiste questa possibilità che è un diritto  per tutti e tutte.

Voglio raccogliere questo suo appello  che da’ forza al mio impegno di cittadina nel promuovere la cultura delle cure palliative. Abbiamo una delle leggi più avanzate d’Europa( cui ebbi l’onore di lavorare prima come Ministra della Salute poi nella Commissione parlamentare in modo trasversale con tutte le forze politiche e con donne come Maria Antonietta Coscioni e Paola Binetti.), la legge 38/2010” Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative ed alle terapie del dolore”. Bisogna applicarla in tutte le sue parti , a partire da una informazione capillare che raggiunga tutti i cittadini.

Tanto più importante oggi che è stata approvata la legge sul testamento biologico. E’ difficile parlare della morte.E’ difficile parlare del dolore. Eppure dobbiamo farlo. Dobbiamo sentirci tutti impegnati, innanzitutto come cittadini , a promuovere una cultura della  dignità del fine vita per tutte e per tutti. Dobbiamo sentirci impegnati perché la dignità del fine vita non sia un privilegio per pochi.

Tanto più a fronte di una legge che propone le cure palliative e le terapie antidolore come diritto esigibile da garantire in modo uniforme su tutto il territorio nazionale  dal sistema Sanitario Nazionale attraverso apposite reti che integrano gli hospice ed i reparti ospedalieri con le strutture territoriali e quelle domiciliari , puntando soprattutto sull’assistenza domiciliare. Ritengo inaccettabile che chi è povero  e solo non possa ricevere il sollievo delle cure palliative perché non sa che cosa sono o perché non gli sono accessibili.

Compito primario della Legge 38/2010 è quello di costruire l’eguaglianza nella dignità del fine vita, con l ‘aiuto di medici ,degli infermieri dei farmacisti, dei volontari. Colpisce invece constatate che troppe persone e famiglie vivono nella solitudine della inguaribilità. Liberare le persone dal dolore significa dare dignità, riconoscere diritti consentire alla persona di stare in contatto con gli altri, donare se stesso agli altri.

Liberare dal dolore il corpo malato è una forma d’amore e la concreta pratica della dignità. Un punto qualificante della legge è la formazione del personale sanitario e la individuazione di figure professionali appropriate, altrettanto importante è la promozione delle cure palliative pediatriche. Quanto il tema della lotta al  dolore e della dignità del fine vita è stato al centro dell’agenda politica del Governo, delle Regioni, del Parlamento?

I dati contenuti nella relazione ministeriale al Parlamento dicono che si è fatto poco e che bisogna fare molto di più. Lo confermano anche alcuni dati che erano stati illustrati dalla Fondazione Gigi Ghirotti che svolge un eccellente lavoro di informazione, formazione e sostegno dei pazienti , relativi ad una indagine condotta con la collaborazione della Conferenza Stato Regioni e resi pubblici lo scorso 15 marzo a Roma. L’analisi ricavata da 13.347 schede di rilevazione compilate dai pazienti c dicono che il 63%(due italiani su tre) non conosce la legge e non sa cosa siano le cure palliative, il 45% degli intervistati vive da oltre sei mesi il problema senza trovare soluzione al problema. Un dato reso ancora più drammatico dal fatto che il 17% degli intervistati non trova rimedi efficaci per oltre 5 anni. Il 35% degli utenti è stato indirizzato  alle terapie antidolore dal proprio  medico di fiducia ad una visita specialistica presso i centri di terapia del dolore.

Bisogna informare i cittadini, formare e motivare gli operatori sanitari a  partire dai medici di famiglia. Sostenere il Volontariato. Sarebbe importante costruire una Rete tra tutte le associazioni di volontariato e le Onluss impegnate sul tema oltre chè le Società Scientifiche per promuovere una cittadinanza attiva e realizzare un monitoraggio ,a partire dall’esperienza diretta, dello stato di applicazione della legge. Si potrebbe pensare ad un monitoraggio da parte  dei cittadini che sfoci in un forum annuale che potrebbe tenersi ogni 15 marzo giorno della entrata in vigore della legge. L’eguaglianza nella dignità del fine vita è una frontiera difficile ma cruciale della  moderna battaglia contro le diseguaglianze ! Mettiamola al centro dell’agenda politica ed anche della attenzione e mobilitazione delle forze politiche a partire da quelle della sinistra!  Un modo  concreto pe raccogliere  il testamento cos1 umanamente intenso  di Marina Ripa di Meana.

Livia Turco

pubblicato su il Manifesto 

Ius Soli. Questo Parlamento mi ha deluso

28 Dicembre, 2017 (14:12) | Interviste | Da: Redazione

“Il Pd pose questa legge come prioritaria nel programma del 2013 ma poi non è stato cosi. Anzi è stato penoso per chi ci aveva creduto, lo spettacolo dell’Aula del Senato semivuota quando si dovette affrontare questa riforma”.

Livia Turco non usa mezzi termini parlando con Tiscali.it è amareggiata con quello che è stato il suo partito per una vita. Dice infatti: “E’ grave che questa legge non sia stata una priorità, è gravissimo. Il Pd avrebbe dovuto affrontarla all’inizio della legislatura cioè cinque anni fa e non permettere che, approvata alla Camera, restasse ferma per due lunghi anni al Senato”. Ma una speranza, secondo l’ex ministro, arriva dalla bellissima lettera intitolata “Non lasciateci soli” che è stata inviata in questi giorni a  Sergio Mattarella dai giovani della associazione “Italiani senza cittadinanza”.

“Questa associazione di giovani meravigliosi si è battuta con tutte le sue forze per ottenere la riforma della legge sulla cittadinanza per i figli dei migranti nati e venuti in Italia” sottolinea la Turco. Una lettera commovente in cui i nostri italiani, di fatto, ma non per legge, ricordano  che il 27 dicembre di settanta anni fa era stata approvata in via definitiva La Costituzione Italiana. E proprio da qui deve partire la discussione politica, argomenta Livia Turco, in particolare dall’articolo 3. “È in nome della Costituzione che i giovani reclamano di essere riconosciuti per quello che sono ossia “italiani di fatto” prosegue Turco “Viene da chiedersi a questo punto quanti siano i giovani italiani che conoscono così bene la Costituzione. Questi giovani cresciuti con i nostri figli, amici dei nostri figli, che hanno studiato in Italia ne conoscono storia culturale e regole che amano il  nostro Paese. Allora perché non devono essere riconosciuti italiani?”. Secondo l’ex ministro il compito della sinistra (quella vera) è di non lasciare cadere il loro appello.

“Dobbiamo cancellare nella mente e nei cuori dei ragazzi” prosegue “questa pagina di brutta politica che è stato il dibattito sulla riforma  legge sulla cittadinanza”.

Una legge, aggiungiamo noi, che ha una storia

La prima occasione in cui in Italia in modo pubblico si affronto la riforma della legge sulla cittadinanza fu il febbraio 1999 con il Governo dell’Ulivo: Ministra della Solidarietà Sociale era appunto Livia Turco che parlò in un convegno dal titolo “Riformare la le legge sulla cittadinanza”. Va ricordato che la legge sulla cittadinanza italiana consente di acquisire la cittadinanza solo attraverso il legame di sangue o attraverso il matrimonio. E’una legge familiare e ius sanguinis  integrale, l’unica in Europa che preveda che un giovane per rivolgere domanda di cittadinanza deve essere vissuto ininterrottamente per 18 anni in Italia. Se deve tornare in patria dai genitori per qualche anno - cosa assai grave - perde il diritto di rivolgere domanda di cittadinanza.

La prima proposta di legge di riforma fu presentata dall’ex ministro nell’agosto 2001 (legge Turco-Violante).Nella precedente legislatura di allora ci fu una forte mobilitazione sociale ed una grossa battaglia parlamentare. Il centrodestra che era in maggioranza ne impedi l”approvazione. Il Pd nel programma del 2013 pose questa legge come prioritaria e invece è andata come è andata, malissimo” annota ancora Turco “adesso bisogna raccogliere l’appello dei ragazzi.Sarà il Presidente Mattarella a decidere cosa fare circa il dibattito parlamentare. Ma a quei giovani dico: grazie. Non mollate, siete la nostra meglio gioventù. Mobilitatevi in campagna elettorale e chiedete ad ogni singolo partito che si impegni a far approvare questa legge come la prima legge della prossima legislatura. E’ il modo giusto per onorare e festeggiare i settant’anni della entrata in vigore della Costituzione, per applicare guardando al futuro il suo fondamentale articolo 3 contro le discriminazioni e per l’uguaglianza”.


Monica Setta

Tiscali.it 

Il ruolo delle donne nella crisi economica di questi anni

14 Dicembre, 2017 (09:48) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

C’è un dato che emerge  dopo questi anni di dura crisi economica e sociale: una determinata,  forte consapevolezza di se’ delle donne italiane. Sono quelle che hanno retto l’impatto della crisi economica a volte sostituendo con il loro lavoro quello perso del marito o compagno, si sono adattate a qualunque lavoro, hanno attivato quella straordinaria catena della cura – donne che curano  le madri ed aiutano  le figlie a crescere i loro figli, il tutto con servizi inadeguati sia per la presa in  carico delle  persone fragili che per i bambini.

C’è stata una maggiore fatica che si è tradotta in maggiore consapevolezza  delle discriminazioni subite  ma anche del proprio valore di donna. Che le sprona ad essere più esigenti verso la società, la politica e le istituzioni. Sappiamo che quello delle donne è un universo multiforme attraversato da differenze e diseguaglianze. Ma credo che dopo anni di questa crisi ciascuna a modo suo possa dire: ce l’ho fatta. Non  solo le donne hanno retto sul piano sociale e nella conduzione della loro vita quotidiana  ma sono state e sono autrici di pratiche di buon  governo a livello locale che andrebbero conosciute e valorizzate e sono animatrici di tante iniziative di impegno sociale, formativo e di cittadinanza attiva.

Ne ho incontrate  tantissime in questi anni in cui ho fatto politica fuori dalle istituzioni dedicandomi al volontariato sociale ed alla Fondazione Nilde Iotti. Insomma a me pare che le donne non siano andate a casa, non siano chiuse nei loro gusci, siano invece consapevoli, determinate ed arrabbiate. Il punto di fondo è che questo sentire e fare delle donne è molto lontano dalla politica e dalle istituzioni. Perché queste ultime in questi anni non si sono messe in atteggiamento di dialogo e di ascolto delle donne italiane e nuove italiane.

Conosco la fatica del  lavoro parlamentare  e di governo , conosco  le molte ed eccellenti leggi che son state fate con l’impegno prima di tutto delle donne. Ma quanto questa fatica è stata condivisa e  quanto si è cercato il dialogo con le donne? Come e quanto si è cercato  un rapporto tra la politica e la vita quotidiana delle persone?  Molte e molti  lo avranno fatto individualmente sul loro territorio. Ma il punto è quello della pratica politica condivisa, della modalità di essere partito e soggetto politico. E’ mancato un dialogo , una relazione tra donne nelle istituzioni e le donne della nostra vita quotidiana, quelle impegnate in tante forme di associazioni, in momenti che fossero visibili che dessero il senso della rete, della squadra, dell’interesse delle istituzioni ad ascoltare la voce delle donne.

Non a caso, nella sua unicità è  stato molto significativo il 25 novembre voluto dalla Presidente Boldrini giornata contro la violenza sulle donne con l’Aula di Montecitorio che ascoltava ed accoglieva le donne. Ma, in molte hanno detto “grazie, ma perché solo ora, perché solo una volta”.  Non riferendosi a quella specifica modalità ma a forme di relazioni costanti e visibili.

Dalle donne emerge che la questione cruciale per ridare autorevolezza alla politica è quella di ricostruire un RAMMENDO TRA LA POLITICA E LA VITA QUOTIDIANA DELLE PERSONE.

Dunque è decisiva la PRATICA  POLITICA che oggi per essere efficace deve essere scandita da queste parole condividere, prendere in carico, essere utili, trasmettere calore umano, costruire comunità e legami sociali. Risiede qui il senso e la funzione della sinistra in questo momento di  distacco dalla politica, di impoverimento economico, di solitudini ed impoverimento delle relazioni  umane .Solo a partire da questa pratica politica si possono affrontare in modo efficace i grandi problemi della lotta alla povertà, del rapporto con i giovani, della convivenza tra italiani ed immigrati. Pratica politica che deve essere illuminata da un pensiero critico e da un progetto.

Per me quel progetto è “ la società umana, a misura di dinne e uomini”. Le donne per essere forti devono dotarsi di un progetto , essere maestre nella pratica politica del prendersi  cura , mettere in gioco senza timidezze la propria autorevolezza, fare rete e pretendere di essere riconosciute per questa loro forza. Ricordando quanto insegna la storia: le donne hanno inciso e sono state forti quando hanno espresso la loro differenza e quando hanno fatto gioco di squadra. Sono state forti nei partiti  quando sono state forti nella società. La storia insegna, ce lo insegnano le nostre madri Costituenti. che la  rappresentanza politica ed istituzionale si fonda prima di tutto  sul  legame profondo con la vita delle persone.

Livia Turco

da il Manifesto 

Solo uomini in politica? Turco: “Donne faranno differenza nel voto”

11 Dicembre, 2017 (19:34) | Interviste | Da: Redazione

La polemica ē nata dopo la foto finale del lancio di Liberi ed Uguali che immortalava quattro maschi (Speranza, Grasso, Civati, Fratoianni) ma nessuna donna.

Adesso é arrivata Laura Boldrini che va a coprire le cosiddette “quote rosa” di Mdp. Alessandro Gilioli sottolinea, argutamente, nella sua rubrica “Piovono rane” sull’Espresso che anche nel fatidico 1994 - anno molto evocato in questi tempi dalla politica di centro destra perchē data cruciale della prima discesa in campo di Silvio Berlusconi- la foto della gioiosa macchina da guerra di occhiettiana memoria era monogenere con otto maschi Progressisti sul palco senza che nessuno muovesse appunti di genere.

Ma il tema della partecipazione reale delle donne alla vigilia di una complessa campagna elettorale tiene banco, eccome tanto da scatenare il think tank (letteralmente: serbatoio di pensiero in inglese) in Rete. ” Periodicamente ci si lamenta dell’assenza delle donne in politica o della loro emarginazione” scrive in un post su facebook la giornalista Ritanna Armeni giungendo velocemente ad una originale conclusione:  non è vero che sono gli uomini ad escluderci, forse siamo noi a preferire l’estraneità. Le donne non sono presenti nel partito o nel dibattito pubblico, sentenzia la donna che fu un tempo portavoce di Fauso Bertinotti, perchē scelgono istintivamente, programmaticamente di fare altro.

Non hanno tempo per cose inutili mentre la politica, per Armeni, é oggi, tutto sommato abbastanza inutile. Tesi suggestiva, condivisa in parte sui social da svariate donne fra cui Barbara Palombelli o Tiziana Maiolo.

Realistica? Non si direbbe a giudicare dall’attivismo di tantissime anonime militanti registrato, andando in giro per iniziative fra la gente, dall’ ex ministro Livia Turco, una che di politica se ne intende davvero essendo diventata parlámentare la prima volta nel 1987 anno in cui l’allora numero uno del Pci Alessandro Natta la volle per rinnovare dal punto di vista generazionale la segreteria del partito.

“Ci si chiede dove sono finite le donne, ma la domanda é mal posta, perchē non esiste passività femminile nel rapporto con la politica, anzi, la partecipazione cresce anche se lo fa parallelamente al distacco con i partiti o le istituzioni” spiega la Turco presidente della Fondazione Nilde Jotti a Tiscali.it .

“Fuori dal sistema partitico, la cittadinanza civica femminile è forte, vivace ma sconta un limite fisiologico: la frammentazione. Giro l’Italia in lungo ed in largo, ascolto le donne, gli uomini, credo che se tutta la vitalitå politica che riscontro si mettesse in rete diventando sistemica, sarebbe una forza reale con cui fare i conti”.

“Le donne potranno fare la differenza nel voto perchē negli anni ē cresciuto l’astensionismo femminile dunque chi vuole recuperare consensi deve parlare alle donne” prosegue l’ex ministro “Ritengo comunque che sia un bene ascoltare le donne perchē esse sono portatrici di una idea di cambiamento della politica che una forza di sinistra deve raccogliere. Quale? L’idea di un “rammendo”  fra politica e vita delle persone che serve per riconnettere il paese reale alle istituzioni o ai partiti”.

Monica Setta

Pubblicato su Tiscali.it

Il sorriso di Giglia

16 Novembre, 2017 (13:01) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

E’il titolo del convegno organizzato dalla Fondazione Nilde Iotti a lei dedicato giovedì 16 novembre a Roma.Giglia e’stata per me e per tantissime donne una Madre politica ed una compagna speciale.L’ascoltai e l’incontrai per la prima volta ad un corso di formazione alle Frattocchie nel luglio del 1976 e rimasi colpita dalla sua simpatia umana ,dalla freschezza del suo pensiero,dal suo atteggiamento di apertura e di curiosità  verso gli altri e le altre.

Donna di dialogo, per tutta la sua vita e’stata dirigente e militante del suo partito , dirigente e militante del movimento delle donne.Partecipava sempre alle nostre riunioni e ci sollecitava  ad essere concrete ed a guardare al futuro.Ci insegnava ad avere sempre un legame con le persone.Aveva sostenuto con grande forza la Carta delle donne “dalle donne la forza delle donne” e la politica dei tempi di vita e di lavoro perche ritrovava in esse una radice importante per cambiare la vita delle donne e rendere più umana la società.

E’stata protagonista di riforme importanti come la legge sulle adozioni, il diritto di famiglia, la legge 194 per la tutela della maternità e l’interruzione volontaria della gravidanza di cui fu relatrice.

Giglia apparteneva ad una famiglia illustre ,il nonno era Ministro liberale giolittiano, Francesco Tedesco;il padre Ettore fu un deputato  liberale che scelse l’Aventino prima dell’avvento del fascismo. Lei cattolica,comunista,moglie di Tatò si iscrisse nel 1945 all’Unione Donne Italiane, nel 1946 al PCI.Fece parte della Presidenza Nazionale dell’Udi dal 1957 al 1972.E’stata senatrice dal 1968 al 1994  Vice presidente del Senato nella nona legislatura.

Nel 1989 l’anno della svolta di Occhetto, di cui fu convinta sostenitrice ,era presidente della commissione di garanzia del partito e diresse i lavori di quel difficile e cruciale congresso,compreso quello di Rimini in cui si consumo ‘ la scissione di Rifondazione Comunista e mancarono  i voti per eleggere Occhetto segretario del partito.Il suo equilibrio,il suo rigore la sua umanità furono doti preziose per reggere quel passaggio così importante e così delicato.Fu un innovatrice.A favore della svolta fu una appassionata sostenitrice della nascita del PD.

La sua passione erano le persone e per lei la politica era stare con le persone ed essere utile al bene comune.Lo ricordano bene le lavoratrici della Lebole di Arezzo o le compagne ed i compagni di Roma  sempre disponibile a partecipare alle riunioni delle sezioni.Cercavi Giglia e lei era sempre disponibile.

Oltre alle grandi riforme ciò che di prezioso ci lascia in dote e’proprio questa concezione e pratica della politica:con le persone per le persone..Insegnamento quanto mai  utile in questo momento.

Nel suo libro scritto con  Anna Maria Rivello dice di se’:”Ho imparato tre cose dalla vita.Dal PCI ho imparato che il “noi” e’piu’ importante dell’io.Da mio marito ho imparato che bisogna guardare al futuro,alle cose che bisogna fare.Dal movimento delle donne che bisogna sempre partire dalla propria esperienza.Che e’una risorsa insostituibile”.

Grazie carissima compagna Giglia.Ti portiamo nel cuore e nei nostri pensieri.

Livia Turco

(tratto da Striscia Rossa)

Giglia Tedesco, a San Macuto convegno a 10 anni dalla morte

12 Novembre, 2017 (14:06) | Post | Da: Redazione

Saranno le testimonianze di D’Alema, Veltroni, Salvato, Chiaromonte e tanti altri politici a ricordare Giglia Tedesco a dieci anni dalla morte in un convegno, organizzato dalla Fondazione ‘Nilde Iotti’ a San Macuto il 16 novembre prossimo. 

Giglia Tedesco apparteneva ad un’illustre famiglia, il nonno era il Ministro Liberale giolittiano Francesco Tedesco; il padre Ettore Tedesco fu un deputato liberale, che scelse l’Aventino, prima dell’avvento del fascismo.

Lei, cattolica comunista, moglie di Antonio Tatò, ha vissuto la sua vita tra l’impegno sociale e quello politico-istituzionale. Era entrata a far parte dell’Unione Donne Italiane nel 1945. Dal 1959 al 1973 aveva fatto parte della presidenza nazionale.

Si era poi iscritta al Partito Comunista Italiano nel 1946. Nel 1960 entra nel comitato centrale del partito, nel 1984 nella Direzione. È stata senatrice dal 1968 al 1994 e Vice Presidente del Senato nella IX Legislatura.

Ha fatto parte della Commissione Giustizia e della Commissione per la riforma del diritto di famiglia. È stata relatrice della legge sull’aborto, la 194. Nel libro ‘Ho imparato tre cose. Conversazioni con Giglia Tedesco’ raccontò che, appunto, erano tre le cose che la vita le aveva insegnato: “Dal Pci ho imparato che il noi è più importante dell’io”.

“Da mio marito ho imparato che bisogna guardare al futuro, alle cose che bisogna fare”. “Dal movimento delle donne, che bisogna sempre partire dalla propria esperienza. Che è una risorsa insostituibile”.

Ad aprire il convegno ‘il sorriso di Giglia Tedesco’, il 16 novembre alle 16.30 nella sala Refettorio di palazzo San Macuto, sarà la vice presidente della Camera Marina Sereni. A presiedere i lavori sarà Livia Turco, presidente della Fondazione ‘Nilde Iotti’. (Ansa)