Il Blog di Livia Turco

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De Luca contro la Bindi. Non parla così uomo delle Istituzioni

18 Novembre, 2016 (18:40) | Dichiarazioni | Da: Redazione

“Ieri (17 novembre) Vincenzo De Luca, con quelle inaudite parole contro Rosy Bindi, ha fatto carta straccia dell’art. 54 della Costituzione”. Lo rileva Livia Turco che esprime solidarietà “mia personale e di tutte le donne della Fondazione Nilde Iotti” alla presidente della commissione Antimafia. “Stupisce che un uomo da tempo immemorabile nelle Istituzioni - aggiunge LiviaTurco - abbia tradito l’art. 54 della Costituzione che dice come chi sta nelle Istituzioni deve esercitare la sua funzione ‘con disciplina e onore’”.

“Vicende come questa non sono delle gaffe da sottovalutare - prosegue l’ex ministro - Sono espressione di un’arroganza che fa molto male specie in questi tempi difficili, soprattutto da chi dovrebbe dare l’esempio”.

(ANSA)

Veronesi: “Uomo buono ci ha insegnato cura persone”

9 Novembre, 2016 (20:18) | Dichiarazioni | Da: Redazione

“Un grande abbraccio a Umberto Veronesi, un uomo buono che ci ha insegnato cosa vuol dire prendersi cura delle persone”. Livia Turco, ex ministro della Sanità, non vuole ricordare oggi solo “lo scienziato e il medico di fama” ma, dice “l’uomo sempre disponibile a parlare con i suoi malati”.

“Nella mia esperienza di governo, come ministro della sanità - aggiunge Livia Turco - ho avuto in Veronesi un interlocutore prezioso. Ma il mio legame con lui è stato più che altro umano e di confronto sui temi etici”. “Da uomo buono qual’è stato - conclude - mi ha sempre dato consigli amorevoli. Per questo ci mancherà moltissimo”.

Fonte: ANSA

Ciao Tina

2 Novembre, 2016 (18:33) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Cara Tina Anselmi,

ci hai lasciato nel riserbo della tua casa a  Castelfranco Veneto .Da parecchio tempo non sentivamo più la tua voce chiara e non vedevamo quel tuo sorriso largo, limpido, accogliente. Ma non abbiamo mai dimenticato le parole  che pronunciavi e la bellezza del tuo sorriso. Ci hai lasciato consegnandoci  una grande eredità : quella della bella politica e della dignità femminile.

Sapessi  quanto è stato importante in questo anno in cui in tante scuole si è discusso con i giovani e  le  giovani dei Settant’anni della nostra Repubblica  e della conquista del voto alle donne poter  raccontare loro la storia della partigiana Gabriella, insieme a quella di Teresa Noce, Teresa Mattei, Lina Merlin e tante altre.

La scelta di diventare partigiana come racconti nel bel libro di “Storia di una passione politica” la maturasti dopo  che, giovane studente dell’Istituto Magistrale di Bassano del Grappa, foste costrette dai fascisti ad assistere alla impiccagione di 43 giovani che erano stati presi  dopo un rastrellamento sul Grappa. Ti confrontasti con il tuo parroco e con gli amici dell’Azione Cattolica alla quale eri iscritta.

Avevi 16 anni  e  diventasti staffetta della brigata autonoma Cesare Battisti.  Colpisce la tua ironia a proposito della paura che i partiti avevano che le donne non esercitassero il diritto di voto,  disertando le urne , che non erano pronte.” Il tempo delle donne è stato sempre un enigma per gli uomini “.Il tuo impegno politico cresceva e si qualificava, diventavi un autorevole dirigente della Democrazia Cristiana.

Ma il tuo legame fondamentale era con la gente della tua terra , con le donne delle filande di cui ricordavi le mani “lessate”, mani doloranti dopo che erano state tutto il giorno nelle bacinelle di acqua bollente per lavorare i bossoli. Non a caso quando nel 1976 sei diventata la prima Ministra, donna Ministra al Lavoro  ti sei dedicata a promuovere i diritti delle lavoratrici come conferma l’importante legge che porta la tua firma , legge n. 903 del 1977 “ Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro” costruita in dialogo con le donne dei sindacati, di tutti i partiti ed associazioni femminili.

Perché   questo era il tuo , il vostro,  modo di concepire l’esercizio della rappresentanza e l’azione di governo: rapporto quotidiano con le persone e dialogo con tutti i soggetti sociali. Eri disponibile a misurati con le elaborazioni  innovative come potei constatare  nel 1987 quando  ti consegnai  la  proposta di legge di iniziativa popolare “ LE donne Cambiano I tempi”.

Si parlava di tempi di vita e di lavoro, di conciliazione tra lavoro e famiglia. Si proponevano i congedi parentali e si prevedeva il diritto alla paternità. Elaborazione guardata con sufficienza dagli uomini compresi quelli del mio partito( il PCI )  ma molto apprezzata da te, da Nilde Iotti e da trecentomila donne che la sottoscrissero, dalle braccianti del caporalato alle imprenditrici.

Ci sono  alcuni  momenti che mi legano in particolare alla tua persona .Erano gli anni settanta, eravamo nel pieno dello scontro terroristico che portarono alla morte di Aldo Moro. Tu eri Ministra Della Sanità. Io ero una giovane dirigente della Federazione Giovanile Comunista a Torino. Fu una scoperta dolorosa l’esistenza di un terrorismo rosso e fu sconvolgente la morte di Aldo Moro.

Ma, Cara Tina, ti assicuro che fu  molto difficile per giovani con i nostri ideali   sostenere un governo delle Larghe Intese presieduto da Giulio Andreotti. Massimo D’Alema, il nostro segretario, ed Enrico Berlinguer ci convinsero sollecitandoci a praticare un rigoso riformismo che metteva sul piatto del governo i problemi dei giovani e pretendeva delle soluzioni.

Ricordo le battaglie unitarie per il lavoro, per la riforma del Servizio Militare. Ma, ricordo in particolare quel 1978 con te Ministra della Sanità e l’approvazione delle tre leggi della “ speranza” : la 833 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, universalistico e solidale, la riforma della psichiatria, legge Basaglia, la legge 194 sulla tutela sociale della maternità e l’interruzione volontaria della Gravidanza. Leggi che erano il frutto di intense battaglie sociali .In particolare le donne.

Leggi che avevano lacerato il paese, le forze politiche ma che avevano anche consentito l’intrecciarsi di un dialogo profondo tra persone differenti per storia e cultura. Ricordo il tuo con Giovanni Berlinguer .Ricordo il dialogo tra le donne. Quelle riforme difficili furono approvate in un momento eccezionale perché  ancora una volta nella politica prevalse   il dialogo, l’ascolto della società.

Tu ne fosti una eccezionale protagonista. Quando nel 1987 entrai  in Parlamento con tante altre donne giovani, tra cui Anna Finocchiaro, fu grazie ad una battaglia per la democrazia paritaria che conducemmo con la forza di un progetto politico la Carta delle Donne “ Dalle donne la forza delle donne”. Vincemmo , anche se il PCI perse molti voti e non fu facile essere orgogliose e fra valere il senso di quel risultato quando il tuo partito perde. Ricordo quando in Parlamento mi cercasti, mi venisti incontro, per congratularti  “ma come avete fatto.. come siete state brave”.

Non sai quanto coraggio mi diede quella tua stretta di mano, quel tuo sorriso largo che incrociavo direttamente per la prima volta. Mi ha sempre colpita il rispetto e l’amicizia che c’era tra donne democristiane e donne comuniste, il tuo legame con Nilde Iotti ma anche con Giglia Tedesco e Marisa Rodano. Con noi più giovani.

Sono convinta che le donne  siano state  un nerbo fondamentale della grande esperienza dell’Ulivo di cui tu fosti convinta sostenitrice. Ti ricordo gli ultimi anni quando non eri più parlamentare. Capitava di incontrarti in qualche riunione di donne o in parlamento. Ti fermavi “ come va, cosa succede, cosa  fai?” chiedevi curiosa guardando negli occhi  e dando fiducia. Tu sapevi  trasmettere  fiducia a chi era più giovane. Grande dote che bisogna saper esercitare in ogni tempo .Soprattutto in quello attuale.

Hai scritto “ Si, sono stata una ragazza fortunata, noi giovani del dopoguerra siamo stati fortunati perché non ci è mancato l’insegnamento, anche da parte dei nostri  capi politici, che per noi sono stati dei maestri ; da loro abbiamo imparato , innanzitutto , che la democrazia non  è tale se non ha profonde radici etiche. E questa lezione è una lezione che non si cancella. Jaques Maritain ha scritto una cosa molto bella : non si costruisce democrazia se non c’è amicizia. Allora eravamo amici ,quando pur eravamo avversari”. Grazie carissima Tina . Donna semplice. Madre della nostra Repubblica.


Livia Turco

Un nuovo Umanesimo per la sinistra

14 Ottobre, 2016 (09:09) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

In un interessante articolo Emanuele Macaluso pone con la sua consueta lucidità una questione cruciale che dovrebbe essere  al  centro dell’agenda politica di tutti i partiti del Socialismo Europeo: la necessità di una conoscenza puntuale dei cambiamenti che hanno investito le nostre società.

 Una conoscenza, è la mia opinione,  che si avvalga non solo degli  studi e delle competenze  degli  intellettuali  ma anche della conoscenza diretta dei luoghi e  delle persone. Si avvalga dunque di una buona politica, quella che è in relazione con le persone, le ascolta, dialoga con  esse, si prende cura dei loro problemi, costruisce comunità e relazioni umane. 

Questa politica oggi non c’è.  Non c’è neppure nel PD. Il  distacco tra  politica e vita quotidiana comporta una perdita di autorevolezza della politica , la rende poco efficace ed efficiente. Nel momento in cui si discute in tutto il paese della riforme delle nostre  istituzioni per  renderle più efficienti,  per consentire che i tempi della politica siano in relazione con i tempi della vita delle persone , è doveroso porre sul tappeto il tema dei nostri  legami sociali , la necessità di una nuova politica popolare ,in cui “prendersi cura dell’altro”  diventi  ingrediente della cittadinanza  ed anche dell’agire politico.

Questo comporta  una modalità di esercitare l’azione di governo in cui ci sia rapidità e decisione ma anche capacità di relazione e di condivisione. Una responsabilità,  una pratica  non solo affidata  a   chi sta nelle istituzioni ma che  sia condivisa ed esercitata  da tante persone,  coinvolte  da soggetti  collettivi,  prima di tutto dai partiti politici. Ricordandoci l’articolo 3 comma 2 della nostra Costituzione  e l’articolo 49 sul ruolo dei partiti politici. Se la politica non costruisce  una  relazione con le persone anche le più belle ed importanti riforme non saranno efficaci.

Non conosceremo i  cambiamenti della società. Non potremo innovare le politiche della sinistra e ridare senso e vigore ai suoi valori. Insomma il tema  non è solo l’efficienza delle istituzioni ma ricostruire il senso della rappresentanza ed il suo esercizio efficace ed autorevole.  Efficienza e rappresentatività  sono le due facce della stessa medaglia.

E’ un gioiello la nuova legge sul” DOPODINOI “ votata dal Parlamento e voluta dal Governo, è  un piccolo tesoretto la nuova legge contro la povertà con la misura del  Reddito di Inclusione Sociale. Ma se non ci sarà una politica diffusa, popolare che prende in carico le persone disabili, che  va a” scovare” le persone in condizioni di povertà  e le incoraggia ad avere fiducia nelle istituzioni accettando di utilizzare un reddito ma soprattutto di misurarsi con un percorso di integrazione sociale  quelle leggi resteranno monche, non  saranno pienamente efficaci.

La politica legata alla vita quotidiana delle persone, consente di costruire la convivenza tra italiani ed immigrati. Perché mescolandosi con le persone, la buona politica, le aiuta  a superare le distanze, a guardarsi in faccia, a compiere  la fatica di conoscersi e riconoscersi, a scoprire di avere come cittadini di una comunità  obiettivi  comuni e comuni interessi.

Questa  scoperta  incentiva le persone  a lavorare insieme a cooperare tra di loro. Ricostruire un legame tra politica, istituzioni, vita delle persone toglie acqua al populismo perché  esso si alimenta anche del senso di solitudine, del bisogno di costruire una comunità calorosa ed accogliente in cui vivere. Questa  nuova politica popolare deve essere dotata di una visione della società. Per me  è  la“ società umana”,  è un Nuovo Umanesimo.

Credo che questo sia l’ideale di una moderna Sinistra. Realizzare questo ideale è molto impegnativo. Perché  le diseguaglianze hanno impoverito la qualità della  vita  delle persone e non solo ridotto il reddito ed allungato le distanze tra strati sociali. ” Nell’esperienza quotidiana la sperequazione economica si traduce in distanza sociale: l’èlite si colloca ad una distanza incommensurabile dalla massa, le aspettative ed i problemi di un camionista e quelli di un banchiere non hanno alcun terreno comune”(Richad Sennet). Le diseguaglianze   frantumano  quella  grande competenza che è la collaborazione tra le persone. Creano  solitudini  e separazioni.  

Alimentano il rancore. Realizzare un Nuovo Umanesimo è molto impegnativo perché significa fare ciò  che fino ad ora la cultura di sinistra non ha fatto: guardare in faccia la società tecnologica e tecnica in cui viviamo, conoscere in profondità  i cambiamenti che essa ha introdotto nella vita della persone, migliorandola tante volta ma anche cambiando il senso di fondamentali esperienze umane . Si pensi  a come sono  cambiati il senso e le modalità della maternità e della paternità. Ad esempio con la diffusione della pratica dell’utero in affitto.

Costruire un Nuovo Umanesimo significa avere il coraggio di parlare della necessità di operare una mutazione antropologica . Assumere come riferimento la persona umana nella sua dimensione relazionale, l’uomo e la donna aperti all’altro che riconoscono la propria interdipendenza con l’altro.

Nulla di astratto ma la realizzazione del dettato Costituzionale là dove all’articolo 2 afferma : “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione antropologica in un epoca in cui, i processi economici, il capitalismo della finanziarizzazione dell’economia ha prodotto  l’io solipsistico, l’uomo consumatore e  dipendente dal desiderio, in cui la libertà è  intesa come libertà del desiderio.

Temi grandi ma anche urgenti che dobbiamo conoscere, discutere in una discussione pubblica. Che sarà tanto più coinvolgente, bella e d efficacie in quanto  potrà avvalersi del sapere  e della competenza di una politica che ha intessuto un legame profondo con la vita delle persone.

Un Nuovo Umanesimo ha bisogno   di  cultura  e  di una politica che fa scoprire  ogni giorno alle persone il  gusto della collaborazione, la bellezza dello stare insieme, la curiosità  del conoscersi e riconoscersi, il dovere di prendersi cura dell’altro. Costruire questa politica e  proporsi  l’ideale di un Nuovo Umanesimo, di un Umanesimo Integrale è, secondo me, una sfida, una necessità, una vitale speranza. 

 Livia Turco

L’Unità, 13 ottobre 2016

No del Consiglio d’Europa alla maternità surrogata

12 Ottobre, 2016 (19:49) | Dichiarazioni | Da: Livia Turco

“Sono felice che il Consiglio d’Europa abbia bocciato la regolamentazione della maternità surrogata o ‘utero in affitto’, pratica che considero abominevole”.

È quanto dichiara all’Ansa Livia Turco, già ministro per la Sanità. “Una pratica che - secondo Turco - lede la dignità della donna e riduce la relazione madre-figlio, che si costruisce durante la gravidanza, a puro fatto biologico”. “In nome di una non meglio specificata idea di libertà - aggiunge - con la maternità surrogata si legittima una bieca forma di sfruttamento delle donne più povere”.

“Mi auguro dunque - conclude Livia Turco - che la bocciatura del Consiglio d’Europa incentivi il dibattito perché cresca il rifiuto culturale di questa pratica”.

San Camillo. Turco: “Troppi ritardi sulle cure palliative”

6 Ottobre, 2016 (12:10) | Dichiarazioni | Da: Redazione

“Il pronto soccorso per un malato terminale è il luogo più improprio. Non volevo credere che nessuno avesse informato la famiglia sulle possibilità della presa in carico nel fine vita”. Livia Turco, ex ministro della Salute, si dice “indignata” dalla vicenda di Marcello Cairoli, malato terminale di tumore, deceduto in una sala del Pronto Soccorso al San Camillo di Roma. 
 
“I familiari - spiega ad Askanews - avrebbero dovuto essere orientati dal medico di famiglia e dall’oncologo: sapere di aver la possibilità di rivolgersi a una struttura per le cure palliative. E di poter attivare l’assistenza domiciliare. Non volevo credere che un malato terminale fosse al Pronto Soccorso. Chissà quanti ce ne saranno, e questo purtroppo, pur avendo noi una legge avanzatissima, la 38 del 2010, una delle più avanzate d’Europa, e che per quanto riguarda i malati terminali prevede non soltanto il potenziamento degli Hospice, ma anche le cure domiciliari”.
 
L’ex ministro della Salute individua più facce del problema: nessuno ha indirizzato la famiglia, nessuno l’ha informata sui suoi diritti “una cosa sconcertante”. Ma anche il fatto che “i temi della fase terminale della vita, del dolore, della dignità del fine vita e più in generale delle terapie anti dolore, non abbiano adeguata considerazione nella cultura medica e nella cultura politica e amministrativa. C’è un arretramento - denuncia Turco all’Askanews -: non è spiegabile, che ad anni dal varo di una delle leggi più avanzate d’Europa, queste norme non siano conosciute e siano così poco applicate. Medici, infermieri, farmacisti: tutte le strutture sanitarie devono essere preparate, devono informare, devono orientare”.
 
E il fatto che “a volte le strutture dedicate siano carenti nel nostro paese” non rappresenta una scusante: “c’è caduta di interesse su questo tema. Serve una forte azione di formazione, di sensibilizzazione. Bisogna fare in modo che questo tema torni ad essere vissuto come importante. Stiamo parlando della dignità del fine vita dopo tanta retorica e scontri sul testamento biologico poi abbiamo un malato terminale che muore nel Pronto soccorso?”. E, osserva: “non è una questione di risorse: questo è un diritto. E’ un livello essenziale di assistenza”.
 
E poi è una questione di umanità, avverte l’ex ministro della Salute: “serve calore umano da parte dei medici e da parte di tutti. Perché non solo un malato terminale non va inviato al Pronto Soccorso, ma una volta lì chi gestisce la struttura non può non attivarsi per trovare un’altra soluzione. Stiamo parlando di persone non di numeri. Umanità. Questo serve. Non posso credere che gli operatori del San Camillo non abbiano sentito questa responsabilità: alzare il telefono e indirizzare il paziente in un Hospice di Roma. Non ci posso credere! Non puoi lasciarlo morire in barella in pronto soccorso”.