Il Blog di Livia Turco

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Perché il Pd “ricostruisca” la sua comunità

27 Maggio, 2013 (13:32) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

di Livia Turco, da l’Unità del 27 maggio 2013

Il  Partito Democratico se vuole ripartire, se  vuole interloquire  con la sofferenza che hanno nel cuore tanti elettori che silenziosamente ci stanno voltando le spalle deve darsi una scossa morale, recuperare una dimensione etica della politica, ricostruire una comunità.
Deve riscoprire e far rivivere la fraternità. Altrimenti gli aggiornamenti delle analisi,gli studi,le proposte concrete, le iniziative saranno inefficaci perché non troveranno la testa ed il cuore su cui camminare e  non trasmetteranno quell’elemento essenziale che li rende credibili:il sentimento,la passione di chi ci crede e mette a disposizione se stesso per realizzarle. Ma, questo mettersi  a  disposizione presuppone che  si sia parte di una comunità,che ci sia una fraternità con altre donne e uomini con cui quelle idee si portano avanti e si condividono. Diventano parte di un progetto e di una battaglia politica condivisa.

Le vicende che hanno portato alle dimissioni di Pierluigi Bersani segnano la rottura della comunità del PD.
Personalmente la vivo  cosi’. Sento che non siamo più una comunità.
Quando  in un  passaggio cruciale per l’Italia  , un grande partito come noi siamo ,che ha contribuito a salvare l’Italia dal baratro della crisi finanziaria battendosi  ostinatamente   per la giustizia sociale, si trova per la prima volta di fronte alla responsabilità di concorrere per il governo del Paese,   vede   parte di suoi eletti  tradire nel segreto dell’urna le regole  discusse in modo collettivo  senza che nessuno,tranne rari casi, pubblicamente motivi le ragioni del dissenso, sacrificando cosi’ due Padri del nostro partito e del nostro Paese,allora non siamo solo di fronte al fallimento della politica ma alla rottura di una comunità. E non è sufficiente la discussione sugli errori di linea o di gestione,qui c’è un elemento che attiene alla moralità dei comportamenti politici,al rapporto tra etica e politica.

E’ utile ritornare sul discorso che Pierluigi Bersani ha svolto nella riunione della direzione quando confermò le sue dimissioni”noi vogliamo costruire un soggetto politico o vogliamo allestire uno spazio politico”?
Non è questione di pluralismo. Anzi,benedetto è il pluralismo quando comporta idee che si confrontano ed hanno la curiosità di ascoltarsi reciprocamente,di competere  per poi arrivare ad una sintesi.  Se la politica è bene comune ,se il partito è una comunità a servizio del Paese  allora non basta esprimere le proprie differenze,bisogna fare la fatica della sintesi .Quando   ci siamo riusciti  siamo stati utili al Paese,credibili,autorevoli e sono state belle le relazioni umane tra di noi.

Per recuperare credibilità la politica ha bisogno non solo di proposte efficaci ma di persone che ci credono. Proposte senz’anima non comunicano nulla. Bisogna saper trasmettere l’empatia,il trasporto emotivo,che non si inventa .O c’è o non c’è. C’è se dentro brucia la passione politica,se c’è la determinazione e la generosità a battersi ed a spendersi per gli altri..
Dobbiamo liberarci ,noi dirigenti, dalla” patologia dell’io” in cui siamo caduti, recuperare il senso della fraternità, smetterla d i viverci come tribù che si guardano in cagnesco. La nostra gente soffre molto di tutto questo.

Ciò di cui parlo non è questione di sentimenti o di buone maniere ma è l’anima della politica,ciò che la rende efficace. In questo tempo di crisi economica ma anche morale e culturale per battere le diseguaglianze,per creare giustizia sociale non bastano le risorse economiche. Bisogna mettere in campo le relazioni umane,stare accanto alle persone,condividere i loro problemi,creare legami comunitari. Non si costruisce inclusione sociale senza relazioni umane,non si costruisce la democrazia senza la partecipazione attiva degli ultimi e dei penultimi. C’è una parola che appartiene al vocabolario della Chiesa e del volontariato  e che credo oggi dovrebbe costituire  una  parola ed una  pratica eccellente della politica:”condividere”.
Condividere significa mettersi nei panni degli altri,di chi sta peggio,poter dire a chi ti sta di fronte”io ci sono, Io capisco,io mi prendo cura”.

Una politica che non sa condividere,che non sa praticare i luoghi della società a partire da quelli del disagio e della sofferenza è una politica inutile  perchè inefficace. Me ne rendo conto quando sono nei luoghi in cui
ho scelto di ritornare a svolgere attività di volontariato,tra i poveri e gli immigrati dell’ospedale S.Gallicano  di Roma o nelle associazioni che si occupano di disabilità grave. Da  qui  sento il silenzio assordante della politica,non solo perché si ostina considerare marginali le politiche sociali ma perché non è animata  da  persone che vanno incontro agli altri.

Alcuni giorni fa su questo giornale Michele Ciliberto scrivendo del rapporto che si è interrotto tra sovranità e rappresentanza  ci mette in guardia da un sentimento profondo che pervade il nostro paese che è quello del “risentimento” come rivalsa,rivolta,rovesciamento e rifiuto dei valori civili e politici ordinari,a partire da quelli della democrazia rappresentativa. Per contrastare questo”risentimento” , io credo,c’è bisogno di una politica capace di decidere,di risolvere i problemi  e  che  riscopra la bellezza di essere umana e prossima. Il congresso del PD sarà di vera rifondazione non solo se  realizzerà  un confronto approfondito sulle idee, non solo se metterà in campo il progetto  di  un nuovo modello di sviluppo e di democrazia ma se farà una discussione animata dalla curiosità verso le persone in carne ed ossa,per diventare un partito che vive nel territorio,che conosce e pratica i luoghi della vita quotidiana,che tesse relazioni umane. Insomma, se costruisce se stesso come una comunità accogliente.

Livia Turco

Immigrazione. Il coraggio di scrivere una nuova legge quadro

4 Maggio, 2013 (12:11) | Dichiarazioni | Da: Redazione

Dichiarazione di Livia Turco, presidente del Forum Politiche Sociali e Immigrazione del PD

“Sull’emigrazione no alle ventennali contrapposizioni dobbiamo trovare nuove sintesi. Se partiamo dai fatti, se valutiamo gli effetti e i risultato delle leggi possiamo, anche in un ottica di collaborazione, rivedere le norme risultate inefficaci. Sicuramente è profondamente inefficace e disumano il trattenimento fino ai 18 mesi nei Cie che, contrariamente a quanto dice Maroni, non è affatto imposto dalla Direttiva Europea ma è solo una opzione possibile all’interno di un contesto il rimpatrio volontario assistito che è l’opposto del sistema del trattenimento forzato e dell’espulsione. Sempre se guardiamo ai fatti risultano profondamente inadeguate le norme sul lavoro contenute nella Bossi-Fini, per non parlare poi della solitudine dei comuni nel gestire le politiche dell’integrazione. Dunque, se vogliamo il bene del Paese e governare in modo efficace l’immigrazione dovremmo metterci intorno ad un tavolo e scrivere una nuova legge-quadro che si collochi nel nuovo contesto europeo ed euro mediterraneo. E sulla cittadinanza ai figli degli immigrati Gasparri deponga il suo elmetto e ascolti le sagge parole di Napolitano, prenda atto della nuova cultura che c’è nel paese e dia il suo contributo per fare una legge saggia ed equilibrata”.

Siamo orgogliosi di Cécile e dei nuovi italiani

30 Aprile, 2013 (13:24) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Livia Turco, su L’Unità del 30 aprile 2013
Che emozione, cara Cécile, vederti al Quirinale e sentirti pronunciare “giuro di essere fedele alla Repubblica Italiana ed alla Costituzione”. Ho pensato ai tanti cittadini che vengono dal tuo continente e che lavorano nelle nostre fabbriche, a quei tanti  che subiscono lo sfruttamento del lavoro nero,a quelli che vivono nelle nostre famiglie e studiano nelle nostre università. Ho pensato ai tanti cittadini del mondo che vivono con noi da tanti anni e che ci hanno aiutato nella vita di tutti i giorni a diventare un paese migliore. Ho pensato a noi cittadini vecchi Italiani. Credo che in quel momento,in tutti,sia cresciuto il sentimento di appartenenza alla nostra Nazione ed in tutti sia stato più forte il senso del legame che ci unisce,quello della  dignità umana.

La tua nomina a Ministro dell’Integrazione fa onore al Presidente del Consiglio che ti ha scelta, Enrico Letta,ed evidenzia la forza della tua storia e della tua personalità. E’ il coronamento di tante battaglie condotte dai migranti e dai cittadini italiani che hanno saputo combattere le paure ed i pregiudizi per costruire l’Italia della convivenza. Consentimi di ricordare l’emozione quando  nel Consiglio  dei Ministri del Governo Prodi approvammo la prima legge quadro sull’immigrazione che prevedeva diritti e doveri e tra questi anche il diritto di voto amministrativo,norma che fu poi brutalmente cancellata dal cento-desta nel corso del dibattito parlamentare. Sono stati belli questi anni più recenti in cui abbiamo vissuto l’esperienza del Forum immigrazione del Pd,dove ci siamo scambiati esperienze,pensieri ed elaborato proposte importanti che credo siano un utile contributo all’azione che il governo ora deve compiere. In particolare la battaglia per il riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia.

Abbiamo costruito un forza collettiva ed un bel gioco di squadra. Sostenuti dal l’impegno e dalla vicinanza del mosto segretario Pierluigi Bersani che ringrazio dal profondo del cuore. In questi mesi il tema dell’immigrazione e’scomparso dall’agenda politica. Bisogna riportarlo al centro. La cittadinanza,le discriminazioni sul lavoro,la disoccupazione,i giovani e le ragazze che restano indietro nel percorso formativo,l’inaccettabile condizione dei Cie, il sostegno ai comuni per le politiche di integrazione,la promozione della lingua e cultura italiana,il servizio civile per i giovani. Se ci fosse stato il governo Bersani queste sarebbero state delle priorità. Devono esserlo
anche nel governo Letta. Sarà più difficile perché sono temi che hanno profondamente diviso le forze politiche che ora governano insieme.

Ma questa è la grande opportunità”del governo Letta:costruire finalmente una politica bipartisan sull’immigrazione,cercando mediazioni e convergenze fino ad ora inedite. Il fuoco di sbarramento aperto nei tuoi confronti, per ciò che rappresenti, dalla Lega Nord, non deve intimidire e va contrastato in nome della ragionevolezza, del principio di realtà evidenziando  l’inconsistenza dei  loro ormai logori pregiudizi ideologici. Hai un compito difficile, cara Cécile, ma la tua esperienza ed umanità’ ti doteranno della forza del dialogo,della convergenza oltreché della concretezza. Ma avrai bisogno anche di noi ,del forum Pd,dell’iniziativa politica sul territorio e con tutti i soggetti sociali. Noi continueremo in questo impegno. Infine, consentiti una considerazione personale che riguarda la politica ed il Pd. Già due anni fa avevo scelto di passare il testimone ai giovani scegliendo di non ricandidarmi in Parlamento. Mi sono impegnata con determinazione per la elezione tua e di Khalid Chaouki.

Sono fiera di  questa  scelta e di questo risultato. Sono fiera di aver passato il testimone a te ed a Khalid e sono grata a te ed a Khalid per aver dimostrato riconoscimento e gratitudine. Questa è la svolta generazionale di cui ha bisogno il Paese. Madri e padri che lasciano spazio ai figli/e. Giovani che cercano la loro strada e la percorrono in autonomia ma sanno imparare da chi c ‘e’stato prima.

Livia Turco

La scelta di Cecile Kyenge è una gioia

26 Aprile, 2013 (13:34) | Dichiarazioni | Da: Redazione

Provo una profonda emozione nel vedere Cecile Kyenge nel governo del nostro Paese. Con lei si premia una lunga battaglia per i diritti dei migranti e per l’Italia della convivenza che il Pd ha perseguito sempre con grande determinazione. La scelta di Cecile Kyenge è una gioia personale perché è una figura portante del forum immigrazione del Pd e porterà nel governo la ricca esperienza maturata in questa sede. Voglio infine augurare buon lavoro alle donne del nuovo governo, tutte figure belle e significative.

Livia Turco (dichiarazione all’Ansa)

Un governo “contro” la povertà

8 Aprile, 2013 (11:05) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

di Livia Turco, su l’Unità del 7 aprile 2013

Tra le inderogabili priorità che un governo di cambiamento deve affrontare vi è la definizione di una misura contro la povertà, a partire dalla povertà assoluta. Vale a dire gli oltre tre milioni di persone che non dispongono di un paniere essenziali di beni. Tra gli otto punti presentati da Bersani nel corso dell’ultima direzione vi è il reddito minimo di inserimento. Una scelta importante. Bisogna entrare nel merito per definirla in modo preciso. E’ dirimente un chiarimento teorico concettuale, di cui molto opportunamente si è discusso in vari articoli su questo giornale.

Il reddito minimo di inserimento (sperimentato con risultati positivi dal governo Prodi e poi totalmente abbandonato e dimenticato) costituisce  una misura di ultima istanza, di carattere universalistico, di durata limitata che promuove l’uscita dalla povertà attraverso il sostegno e l’inserimento attivo nel lavoro e nella società. Non è da confondere con gli ammortizzatori sociali e  con il reddito di cittadinanza. Quest’ultimo si propone come forma di salario sociale che slega la cittadinanza dalla ricerca attiva del lavoro ed io credo sia da rifiutare proprio per questo aspetto culturale prima ancora che per la difficile sostenibilità finanziaria. L’RMI (reddito minimo di inserimento) contro la povertà parte dal presupposto che il fondamento della cittadinanza e della dignità della persona risieda nel lavoro e dunque prioritario sia il sostegno nel e per il lavoro.

Tuttavia esistono situazioni di caduta nella povertà che non sono connesse solo alla mancanza di lavoro. Ricordiamo che le forme storiche della povertà nel nostro paese, che pre-esistono alla crisi attuale, sono quelle che colpiscono gli anziani soli che vivono nelle aree urbane, le famiglie numerose nel sud, le donne sole con figli a carico,il livello elevato di povertà minorile,tra i più alti d’Europa. Forme di povertà che rinviano alle carenze del nostro Welfare, in particolare  riferite alla rete dei servizi sociali, alle politiche famigliari e per la non autosufficienza. Inoltre nella povertà assoluta si riflettono situazioni di marginalità sociali e di fragilità che non sono solo riconducibili alla mancanza di lavoro. Ho riscontrato nel dibattito aperto sul tema del disagio sociale un approccio troppo lavoristico, che risolve troppo facilmente tali problemi con l’accesso al lavoro e gli ammortizzatori sociali.

Questo approccio rischia di non vedere le tante cause e le diverse facce del disagio sociale, ad esempio quelle connesse alla fragilità della persona e all’impoverimento delle relazioni umane. Penso ai ragazzi soli che abbandonano la scuola, alla disabilità, ai disturbi psichici che si vanno diffondendo, alle varie forme di dipendenza. Bisogna ricordare che nel nostro ordinamento è già previsto il reddito minimo di inserimento. Mi riferisco agli artt. 22,23,28 della legge quadro 328/2000 per un sistema integrato di prestazioni e servizi sociali. Mi riferisco  all’art.117 comma m della riforma costituzionale che ha attribuito allo Stato il compito di promuovere i diritti civili e sociali ed al decreto legislativo sul federalismo fiscale che prevede la definizione dei livelli essenziali di assistenza sociali e non solo sanitari. Mi riferisco alla riforma della social card attuata dalla sottosegretaria Cecilia Guerra.

Per dare attuazione al reddito minimo di inserimento si può partire dalla definizione dei livelli essenziali di assistenza contro la povertà assoluta prevedendo tre strumenti: a) il punto unico di accesso nell’ambito della rete dei servizi sociali che fa capo al comune il quale è soggetto responsabile della presa in carico della persona; b) il potenziamento della rete integrata dei servizi sociali; c)l’ integrazione al reddito per il sostegno dell’autonomia economica attraverso l’attivazione di un programma nazionale denominato reddito minimo di inserimento che fa capo all’INPS.
Il punto unico di accesso prende in carico la persona che si rivolge ad esso e definisce un progetto personalizzato,  orienta la persona nell’uso dei servizi e valuta i requisiti della medesima per accedere alla integrazione al reddito, formula la domanda e la trasmette all’INPS che ne è il soggetto erogatore. Il reddito di inserimento è concesso solo se la persona, oltre ad averne i requisiti, accetta un percorso di inserimento lavorativo e di integrazione sociale. Per evitare di cadere nella trappola dell’assistenzialismo e perché per uscire dalla povertà sono importanti le opportunità di cui la persona dispone in termini di reddito e di lavoro ma è altrettanto importante attivare e valorizzare le capacità delle persone ed arricchire le loro competenze e le loro motivazioni.

Per questo è essenziale che ci sia la rete integrata dei servizi in cui si realizzi un gioco di squadra tra servizi sociali,sanitari,per l’inserimento lavorativo e per la formazione .E’ essenziale che il soggetto pubblico,il comune,solleciti tutti gli attori economici del proprio territorio  a promuovere l’inclusione sociale considerandola ingrediente per lo sviluppo, attraverso iniziative di vario tipo come il welfare aziendale,il cofinanziamento di un fondo comunale e/o regionale per  la promozione sociale all’interno di patti locali per lo sviluppo sociale. Facendo vivere concretamente l’idea che le politiche sociali sono politiche di sviluppo. Basti pensa a quale volano occupazionale possono costituire i servizi sociali. Che,se ben gestiti,con risorse limitate, sono capaci di sprigionare le  capacità e le energie dalle persone più fragili. Possono essere di accompagnamento ai normali e quotidiani compiti di cura delle persone e delle famiglie prevenendo i disagi e promuovendo il benessere.  Sono troppo sottovalutati questi servizi sociali..Eppure sono “oro” nella vita di tante persone e di tante famiglie. Sono “oro” che non luccica. Bisogna farlo luccicare. Bisogna sprigionare la loro luce. Nell’interesse delle persone e di tutta la comunità. Per creare equità ma anche sviluppo.

Dunque, partire dalla lotta alle povertà estreme significa non solo compiere una scelta di giustizia ma ricercare strade nuove nelle politiche di welfare e di sviluppo.

Livia Turco

Nuovo ricorso contro legge 40. Turco “Serve nuova legge”

5 Aprile, 2013 (10:58) | Dichiarazioni | Da: Redazione

La nuova ordinanza emessa dai giudici di Milano sulla legge 40 è una decisione importante che conferma quanto sia necessario modificare in modo significativo questa legge.
Serve una legge che riesca a garantire il giusto equilibrio tra tutela della salute, difesa della coppia e diritto alla vita. Ora la parola spetta alla politica e in particolare al Parlamento. E a questo Parlamento così pluralista, giovane e con una vasta rappresentanza di donne diciamo “se non ora quando”?
Modificare la legge 40 deve essere una delle principali sfide che devono affrontare le donne del nostro Parlamento. Chiediamo loro di rimboccarsi le maniche per cambiare una norma ingiusta e dimostrare così capacità di governo e volontà di vero cambiamento.

Livia Turco