Il Blog di Livia Turco

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Una legge contro il dolore

6 Ottobre, 2008 (13:20) | Documenti | Da: Livia Turco

Riconoscimento pieno del diritto dei cittadini ad accedere alle terapie contro il dolore e alle cure palliative. Senza discriminazioni e superando le attuali deficienze normative e assistenziali che vedono l’Italia in coda nella lotta al dolore rispetto agli altri Paesi europei.

E’ questa la finalità principale della proposta di legge, prima firmataria Livia Turco, presentata il 22 maggio scorso ed ora finalmente in agenda alla Commissione Affari Sociali della Camera.

Un ddl organico per venire incontro alle esigenze di centinaia di migliaia di persone affette da dolori cronici o conseguenti di malattie molto gravi che, in almeno il 50% dei casi, non è in Italia assistito a dovere contro il dolore.

Prima di tutto occorre semplificare le norme per la prescrizione dei farmaci specifici e per questo il ddl prevede che si possa prescriverli usando il ricettario normale superando così il ricettario speciale la cui difficile reperibilità è causa di molte disfunzioni nella fruibilità di questi farmaci. Nello steso tempo si vuole ampliare la sfera di prescrizione dei farmaci oppiacei anche a patologie non oncologiche e quindi per le malattie croniche e invalidanti.

E poi nuovo impulso agli ospedali senza dolore e il via ad un vero e proprio piano di finanziamento triennale per lo sviluppo della rete delle strutture per le cure palliative.

Clicca qui per leggere il testo integrale del ddl

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La Sanità di Berlusconi: una ricetta sbagliata

6 Ottobre, 2008 (10:44) | Articoli pubblicati | Da: Livia Turco

La sanità non funziona? La ricetta di Berlusconi è semplice: federalismo fiscale e privatizzazione degli ospedali. La nuova uscita del presidente del Consiglio va presa sul serio e analizzata bene. A partire da quella panacea di tutti i mali che rischia di diventare il federalismo fiscale. Berlusconi dice che solo dando autonomia e responsabilità tributaria alle Regioni i conti pubblici potranno essere messi a posto. Peccato che per la sanità il progetto Calderoli sia al momento inapplicabile. Il perché è presto detto. Il ddl prevede che il finanziamento pubblico sia erogato sulla base di costi standard ottimali secondo determinati indicatori. In altre parole finanziare solo il “giusto” e nulla di più per ogni prestazione o servizio. Un obiettivo ovviamente condivisibile e sul quale occorre lavorare, sapendo però che ci vorrà tempo e grande attenzione e questo perché, purtroppo, il nostro sistema sanitario non è attualmente in grado di effettuare la standardizzazione dei suoi costi. E a dirlo non sono l’opposizione o qualche disfattista ma l’Istat, l’Isae e la Ragioneria generale dello Stato che, nel corso di una recente audizione in Parlamento, hanno fatto presente che i data base per poter calcolare i costi standard sono tutti da costruire. “Di conseguenza - come ha giustamente notato un esperto di finanza come il professor Paladini dell’Università La Sapienza di Roma - non si hanno neppure informazioni attendibili su quali siano i rapporti tra la spesa sanitaria storica e quella calcolata sui costi standard per ciascuna regione”.

E allora di che parliamo? Di qualcosa che non c’è e che non ci sarà a breve ma che si sbandiera come ricetta risolutiva già pronta all’uso per colpire sprechi e inefficienze. Solo fumo negli occhi, quindi, anche per coprire la realtà di oggi, fatta di tagli ai finanziamenti, con una riduzione del fondo sanitario di ben 6,5 miliardi in tre anni decisi dalla manovra di luglio, e alle prestazioni, con il ridimensionamento dei livelli essenziali di assistenza già annunciato dal governo.

E veniamo alla seconda ricetta, quella della privatizzazione degli ospedali. Anche qui occorre ragionare con calma senza fermarsi alle pur giuste dichiarazioni di principio sul primato del pubblico in un ambito delicato come quello della tutela della salute. Il tema del rapporto pubblico-privato in sanità non è infatti nuovo. Sono anni che se ne dibatte senza essere riusciti a compiere effettivi passi avanti. Come ho già avuto modo di dire al ministro Sacconi, che con il suo Libro Verde sul Welfare ha aperto un’autostrada ideologica per favorire l’ingresso di forti privatizzazioni nel sistema di protezione sociale italiano, ribadisco anche oggi al presidente del Consiglio che non siamo certo noi Democratici a paventare l’efficienza e la qualità del privato in sanità (quando ci siano realmente).

Il punto è un altro. La sanità è un settore troppo complesso e delicato per pensare di risolverne i problemi con qualche parolina magica. Privatizzare gli ospedali. Ma cosa vuol dire? Si sta forse pensando a tante “cordatine” alle quali svendere un patrimonio di competenze professionali e tecnologiche fatto di centinaia di ospedali e di decine di migliaia di professionisti, tenendoci i debiti e dando ai privati i profitti? Spero proprio di no. E allora ragioniamo su come far sì che i nostri ospedali tornino ad essere quello che dovrebbero essere e cioè dei luoghi per la cura delle patologie acute, dove si fa ricerca e formazione, ben integrati nel sistema sanitario locale e in costante collegamento con i servizi medici territoriali.

Non esistono ricette uniche o modelli validi per ogni luogo o realtà. Ma è certo che su alcune linee generali c’è una radicata condivisione. Prima di tutto sulla loro dimensione. Oggi non ha più senso avere tanti piccoli ospedali, occorre che essi siano riconvertiti offrendo ai cittadini di quelle località valide alternative e la certezza di avere comunque facile accesso ad un ospedale rinnovato e moderno.

Nei due anni scarsi di governo del centro sinistra abbiamo fatto molto in questa direzione. A cominciare dal riammodernamento strutturale e tecnologico della nostra rete sanitaria. Abbiamo infatti siglato ben 13 accordi di programma con 11 regioni italiane, per un totale di 1 miliardo e 900 milioni di euro stanziati per la realizzazione di 335 interventi in edilizia e tecnologie sanitarie. Grazie a questi accordi si stanno costruendo 11 nuovi ospedali, se ne amplieranno altri 25 e se ne ristruttureranno altri 194. Parallelamente si è investito sul territorio, avviando oltre 80 interventi di riassetto dei servizi di sanità extraospedaliera nella logica della rete e della risposta ai nuovi bisogni assistenziali.

Ma non ci siamo fermati qui. Con le nostre due leggi finanziarie abbiamo infatti stanziato altri 5,5 miliardi di euro ai quali si aggiungono ulteriori 3 miliardi di euro dei fondi strutturali europei destinati ai servizi sanitari del mezzogiorno. Insomma abbiamo messo sul piatto un totale di poco meno di 10,5 miliardi di euro di investimenti, con l’obiettivo di ridisegnare completamente il contesto, la struttura e la stessa organizzazione operativa della sanità italiana.

E’ stato un grande lavoro di cui si è parlato purtroppo poco ma che consentirà di dare agli italiani una rete sanitaria pubblica completamente rinnovata nel giro di pochi anni. Il presidente Berlusconi e i suoi ministri, invece di parlare di project financing con il privato senza sapere che sono già in atto, sarebbe bene si occupassero di gestire gli investimenti che gli abbiamo lasciato in eredità, monitorando la realizzazione delle opere per tenere sotto controllo tempi e costi di attuazione.

E se il privato vuole portare il proprio contributo a questa grande opera di ammodernamento del Paese, ben venga se sarà capace di promuovere nuove opportunità e nuove possibilità di tutela e di servizi.

Ma stiamo attenti alle sirene di un privato di per sé efficiente e migliore. Rischieremo di svendere un patrimonio straordinario, che appartiene a tutti gli italiani, per un piatto di lenticchie.

Livia Turco

(articolo pubblicato su L’Unità del 4 ottobre 2008)

Povertà: prevenirla e combatterla si può

1 Ottobre, 2008 (12:47) | Documenti | Da: Livia Turco

Prevenire e combattere la povertà, con tutti i mezzi e le iniziative possibili e a disposizione delle istituzioni. Definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (lep) previsti dalle legge 328 del 2000 ma mai ratificati. Previsione di un “reddito minimo di inserimento” per le famiglie sotto la soglia di povertà. Nuove iniziative contro la discriminazione dei migranti. Sono solo alcune delle misure e delle iniziative proposte dalla “mozione per il contrasto della povertà e della diseguaglianza sociale” presentata il 25 settembre scorso alla Commissione Affari Sociali della Camera per iniziativa di Livia Turco e di altri parlamentari. La Commissione ha già avviato il dibattito e si attende ora il voto finale nelle prossime settimane.

Clicca sotto per leggere il testo integrale della mozione

testo mozione povertà

Livia Turco: ”Berlusconi sta già privatizzando il Ssn”

29 Settembre, 2008 (13:02) | Dichiarazioni | Da: Livia Turco

Viareggio, 27 set. (Adnkronos Salute) - “Che la politica del Governo Berlusconi fosse la privatizzazione della sanità, lo sapevamo”. L’ex ministro della Salute, Livia Turco, in visita al Festival della salute a Viareggio commenta così all’Adnkronos Salute le frasi del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, sulla privatizzazione degli ospedali pubblici nelle regioni in difficoltà.

”È quanto scritto pure nel Libro verde sul Welfare del ministro Sacconi - sottolinea Turco - dove ci sono tanti concetti condivisibili, ma la sostanza di quelle belle parole è che bisogna ridurre la sanità pubblica. Purtroppo, nulla di nuovo sotto il sole”.
Ma secondo l’ex ministro “non è che Berlusconi ha annunciato, Berlusconi ha fatto. Con il decreto legislativo 112, infatti, si è già imposto alle Regioni di tagliare posti letto e ridurre personale. Un decreto che prevede il taglio di 5 miliardi di euro per i prossimi anni nella sanità. E non è casuale - conclude l’esponente del Pd - che questo Governo abbia cancellato i nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea), che ampliavano l’assistenza sanitaria pubblica”.

Immigrazione: “Governo si fermi e rifletta sul fenomeno”

25 Settembre, 2008 (13:04) | Dichiarazioni | Da: Livia Turco

 

Il governo prenda in seria considerazione una fonte autorevole come quella del monsignor Marchetto. Dopo la fase di improvvisazione e dopo la volontà di dare come unica risposta la tolleranza zero, bisogna avviare una riflessione pacata per affrontare e governare in modo efficace il fenomeno dell’immigrazione. Fino ad oggi abbiamo visto solo brandire la clava contro gli immigrati e, in sostanza, un non governo del fenomeno. Abbiamo assistito ad un aumento dell’immigrazione clandestina, alla riduzione dei diritti degli immigrati, ad un aumento della precarietà delle loro condizioni di vita e a una difficoltà per le imprese e le famiglie di conoscere i dati sui nuovi ingressi. Tutto ciò accompagnato da un totale disimpegno nella promozione della convivenza.

Livia Turco

Migranti, il Vaticano attacca il governo

Welfare: “Non svendiamo tutto per un piatto di lenticchie”

5 Agosto, 2008 (08:00) | Articoli pubblicati | Da: Livia Turco

Articolo pubblicato sul “il Sole 24 ore sanità” del 5 agosto 2008 a commento del Libro Verde sul welfare presentato dal ministro Sacconi

di Livia Turco

Il Libro Verde sul futuro del modello sociale ha l’indubbio fascino della novità. E’ un testo agile che porta il lettore per mano verso analisi e tesi suggestive, quanto però sfumate nei dettagli. Le proposte concrete sono infatti rimandate a un secondo appuntamento. Quello con il Libro Bianco. Che sarà sfornato in autunno, a conclusione di un dibattito pubblico (in quali sedi non è ancora chiaro) che si dovrebbe alimentare attorno alle 25 domande inserite nel documento e rivolte alle istituzioni centrali, alle regioni, alle parti sociali, alle associazioni e agli altri soggetti coinvolti.

Mi sembra quindi più giusto rimandare a questo futuro Libro Bianco l’analisi delle proposte in materia del Governo Berlusconi. Evitando così di anticipare giudizi e pareri su un testo che, oggi come oggi, è più dichiarazione di intenti che documento programmatico.Ciò che invece mi preme fare subito, anche nell’interesse dei cittadini e degli operatori, è di interrogarmi sul cui prodest di quest’iniziativa. Anche perché una risposta chiara e diretta non si ritrova nel Libro Verde. Quindi, con un pizzico di diffidenza, ispirata più dai primi atti di questo governo (tagli alla sanità, agli assegni sociali, ai diritti dei precari) che dai propositi dichiarati, provo ad azzardare una mia risposta.La finalità principale di questo lavoro non è quella di un welfare migliore (il miglioramento è dato infatti per scontato ma solo come conseguenza di determinate azioni) quanto piuttosto quella di spostare notevolissime poste finanziarie, dell’ordine delle decine di miliardi di euro, dal settore pubblico a quello privato.Ciò, lo dico subito, non deve suscitare di per sé tremori o anatemi ideologici.

Ma è chiaro che, se si fosse posto con chiarezza questo obiettivo, con onestà intellettuale e progettuale, chiarendone i traguardi in termini di bilancio pubblico ma anche di risultati sociali, la comprensione del documento sarebbe risultata più limpida e forse meno scontata. In fondo si tratta di ritornare a discutere su un’opzione culturale, sociale ed economica non nuova nel dibattito politico italiano. Mi riferisco al ruolo del pubblico e del privato in ambito sociale, previdenziale e sanitario. Un dibattito che, riconosciamolo, non è riuscito a fare molti passi avanti rispetto a quando fu lanciato con forza negli anni ’80, con lo slogan “meno Stato, più mercato”.Da allora, con capacità tutta italiana, ci siamo avvitati. Con difese di parte così esasperate, da portare i fautori del “più Stato” ad incensarne meriti e capacità strategiche che purtroppo esistevano solo in un terzo della Penisola e i fautori del “più mercato” a disegnare un privato tanto teso al bene della collettività, quanto disinteressato al profitto. Un errore che il Libro Verde rischia di ripercorrere, quando stigmatizza un sistema pubblico al capolinea, fatto solo di disfunzioni, sprechi e costi insostenibili.

Mi auguro che Sacconi abbia il coraggio di aprire un confronto serio e non ideologico su questi temi. Partendo però da un welfare inteso non come “apparato” ma come espressione articolata della società e della collettività. Un welfare pubblico che, fino ad oggi, con tutti i suoi difetti e le sue elefantiasi, ha contribuito a costruire un’Italia migliore, garantendo pace sociale, diritti e tutele per tutti. Senza distinzioni.

Oggi tutto questo appare superato? Forse lo è. Ma lo è per chi nella società ha più opportunità, non per chi resta l’ultimo e il più debole. Nel lavoro e nella vecchiaia, come nella malattia. E allora ben venga l’iniziativa privata ma se sarà capace di promuovere nuove opportunità e nuove possibilità di tutela e di servizi. Tutele e servizi che già oggi il cittadino più abbiente o più favorito contrattualmente si procura da solo. Ma attraverso formule spesso poco favorevoli sia in termini di costo che di redditività.Confrontiamoci su questo piano. Anche a partire dall’attuazione del Decreto, da me varato allo scadere della legislatura, che ha dato il via al secondo pilastro della sanità integrativa. Un lavoro già fatto, con la condivisione di tutti gli attori interessati. Pubblici e privati. Se veramente si vuol fare e non propagandare, si parta da lì.Ma stiamo attenti alle sirene di un privato di per sé efficiente e migliore. Rischieremo di svendere un patrimonio straordinario che appartiene a tutti gli italiani per un piatto di lenticchie.