Il Blog di Livia Turco

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Il riformismo di Nilde Iotti

3 Luglio, 2019 (11:33) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Una riformista con il Vangelo della Costituzione sempre in mano: così vedo Nilde Iotti quarant’anni dopo la sua elezione a Presidente della Camera. Nel suo costante impegno per riformare le istituzioni ,per costruire un rapporto positivo tra politica ed istituzioni risiede la modernità di Nilde Iotti.

Dall’inizio del suo mandato da Presidente,  il 20 giugno 1979, fino a quando lasciò l’Aula di Montecitorio nel 1993,il suo cimento è stato quello di fare vivere i valori della Costituzione attraverso la messa in campo di un azione riformatrice per rendere il Parlamento e le istituzioni capaci di svolgere quella funzione centrale di rappresentanza, di guida,  di indirizzo e di governo necessari al Paese.

Lo aveva anticipato nel discorso pronunciato il giorno della sua elezione a Presidente : “Affrontare quelle parti della Costituzione che il tempo e l’esperienza hanno dimostrato inadeguate…tutelare in primo luogo i diritti delle minoranze ma anche il diritto dovere della maggioranza di governare “. La democrazia deve rinnovarsi se vuole essere democrazia.

La democrazia ha in sé la forza per rinnovarsi: questa era la sua idea guida. Lei autorevole Costituente non esitò a dire fin dall’inizio che “vi sono nella Costituzione stessa parti che già al momento della sua approvazione erano per così dire vecchie, in quanto rispecchiavano il passato (penso ad esempio al sistema dei controlli).

Ed altre che  il trascorrere  degli anni ha inevitabilmente logorato”. (Camera 11 ottobre 1979,sessionededeicata al bilancio interno). Proprio perché voleva far vivere il principio costituzionale della centralità del parlamento era essenziale che il parlamento funzionasse. La funzionalità del Parlamento-ecco il suo primo assillo. Bisognava altresì che il governo potesse esercitare in tempi certi la sua funzione per rispondere ai problemi del paese. Bisognava inoltre che i partiti si rinnovassero e fossero i primi soggetti capaci di far vivere nel Parlamento le fondamentali scelte politiche e costruire nel Parlamento il necessario dialogo, confronto ed anche scontro.

“La sovranità popolare vive attraverso il Parlamento ,voglio ribadirlo . Ed è il Parlamento che deve investire il Governo della responsabilità della direzione politica del paese ,di cui delinea e verifica gli indirizzi fondamentali. Questa non è un idea vecchia della democrazia ma il modo di far convergere le varie forme di pluralismo che la società esprime, il tentativo- esso si moderno- di ”governare in molti”.

Centralità  del parlamento, funzionalità del medesimo, governabilità, efficace sistema delle autonomie locali  sono stati i suoi punti fermi derivanti dai principi  dello Stato fondato nella Costituzione: la sovranità popolare, il sistema delle libertà, il sistema delle autonomie.

Il suo pensiero si tradusse in azioni, lotte, proposte di riforme istituzionali. Questo avveniva nei difficili anni ottanta segnati da grandi mutamenti nella società, nel modo di essere dei partiti, anni appena successivi alla ferocia del terrorismo e che si misurarono con la ferocia dell’attacco mafioso, con l’aprirsi di una crisi dei partiti che sfociò nella vicenda di Tangentopoli e che vedeva le istituzioni troppe volte arretrate rispetto ai processi reali. Il suo impegno prioritario fu la riforma dei regolamenti parlamentari. Nel gennaio del 1980 durante la discussione alla Camera sul Decreto Cossiga in materia di Antiterrorismo, Nilde Iotti decide di separare la discussione degli emendamenti dal voto di fiducia, in modo da impedire l’ostruzionismo.

Il cosiddetto LODO IOTTI poi rimasto come importante precedente della prassi parlamentare. Nel novembre del 1981 viene varato il primo pacchetto di riforma dei Regolamenti definito da Nilde Iotti “Difensivo” perché volto ad evitare pratiche ostruzionistiche .Proprio sull’approvazione della modifica la Iotti viene duramente contestata dalle minoranze ed in particolare dal gruppo radicale che propone oltre 50.000emendamenti.Per evitare la manovra Nilde Iotti stabilisce che gli emendamenti possono essere assunti sotto forma di principi riassuntivi e sottoposti ad un solo voto. Nel 1982 in ottobre inizia la sperimentazione della “sessione di bilancio” che prevede un contingentamento dei tempi di parola al fine di approvare il bilancio dello Stato senza ricorrere al bilancio provvisorio.

Nel 1988 viene votata la riforma dell’articolo 49 della Costituzione al fine di generalizzare il sistema del voto palese e di limitare quello segreto. Nel 1992 Nilde Iotti entra a far parte della Commissione Bicamerale per le riforme istituzionali presieduta da Ciriaco De Mita che sarà chiamata a presiedere il 10 marzo del 1993.La Commissione porta a termine i lavori nel gennaio del 1994 ma il clima politico non consente di passare dalla fase dello studio a quello della discussione ed approvazione della riforma. Il suo ultimo intervento sulle riforme istituzionali  fu svolto il 28 gennaio 1998 a sostegno delle proposte  emerse nel corso della Commissione Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema.

Le sue idee riformatrici erano: centralità del parlamento, il superamento del bicameralismo per costituire il Senato delle autonomie locali, la riduzione del numero dei parlamentari, maggiori poteri all’esecutivo con l’introduzione dell’istituto della sfiducia costruttiva, ampliamento dei poteri d’inchiesta e di controllo da parte del Parlamento . Era consapevole e lo sottolineò in molte occasioni che per far vivere la democrazia della nostra Costituzione non fosse sufficiente la riforma delle istituzioni ma fosse necessario un rinnovamento profondo della politica a partire dal sistema politico e dai partiti. Come ebbe ad affermare in modo mirabile in un suo discorso nel 1992 ( La tecnica della libertà).

“La strada è quella del rinnovamento dei partiti, radicale e profondo, fatto a viso scoperto, in modo trasparente, sotto il controllo dell’opinione pubblica, che deve veder cambiare non tanto e solo le facce ma i metodi di azione, i comportamenti nelle responsabilità pubbliche, le scelte, le selezioni dei nuovi gruppi dirigenti che devono essere democratiche e cristalline, in modo che non si possa dire che il lupo perde il pelo ma non il vizio.” Parole e pensieri che suonano molto attuali. Europeista convinta fu una delle costruttrici dell’Unione europea, impegnandosi nella discussione interna al PCI affinchè  abbracciasse  questa visone e compisse in modo convinto questa scelta strategica. Nel 1969 viene eletta membro della Assemblea parlamentare  europea che aveva il compito di definire le istituzioni europee , carica che ricopre fino al 1979 quando viene eletto per la prima volta a suffragio universale il Parlamento Europeo.

Durante la sua presidenza intensificò le relazioni tra i parlamenti degli stati europei e si dedicò con passione a coltivare le  relazioni internazionali .Sostenne in modo convinto la candidatura di Altiero Spinelli nelle liste del PCI al Parlamento Europeo. Continuerà a dedicarsi all’Europa impegnandosi dal 1996 al 1999 alla assemblea del Consiglio d’Europa.

Nilde Iotti fu una donna delle istituzioni ma aveva ben presente nel cuore e nella testa che il nutrimento fondamentale delle istituzioni è la partecipazione popolare. Essere rappresentanti nelle Istituzioni e delle istituzioni significa far vivere  nelle istituzioni medesime la vita del popolo italiano. Il legame tra vita e politica tra persone e politica : questo è il cuore e l’anima della democrazia.

Lei coltivò sempre e fino all’ultimo il rapporto con le persone, con quelle che appartenevano ai ceti più deboli per sostenere la loro battaglia della giustizia sociale, con le donne con cui costruì un legame speciale anticipato in modo mirabile nel suo discorso di insediamento alla Presidenza della Camera: ” Comprenderete la mia emozione per essere la prima donna nella storia d’Italia a ricoprire una delle più alte cariche dello Stato. Io stessa- non ve lo nascondo-vivo in modo quasi emblematico questo momento, avvertendo in esso un significato profondo che supera la mia persona e investe milioni di donne che attraverso lotte faticose  pazienti e tenaci si sono aperte la strada verso la loro emancipazione. Essere stata una di loro ed aver speso tanta parte del mio lavoro per il loro riscatto, per l’affermazione di una loro pari responsabilità sociale ed umana, costituisce e costituirà sempre un motivo di orgoglio nella mia vita.”

“Sono una donna che lavora “; “ sono una di voi”: queste erano sue espressioni ricorrenti proprio per significare il legame di prossimità che aveva con le donne italiane. Ed era ricambiata tanto che come raccontano indagini e sondaggi del tempo(Indagine Doxa del 1981) era la donna più popolare, veniva prima persino a Sofia Loren ed a Monica Vitti. Fu sempre dalla parte delle donne anche se non amava definirsi femminista ed io credo che lei non capì il femminismo. La mia collaborazione con lei fu più intensa a partire dal 1986 quando fui nominata responsabile nazionale delle donne del PCI.

Fu una madre autorevole ma anche complice e materna. La sentii accanto nelle battaglie più audaci come la CARTA DELLE DONNE COMINISTE, la politica dei tempi di vita e di lavoro, le norme antidiscriminatorie nella politica, le cosiddette quote rosa, la legge contro la violenza sessuale ecc. Le ho voluto molto bene e la porto costantemente nel mio cuore e nei miei pensieri

Livia Turco

(Articolo pubblicato su il Sole 24 Ore) 

A Livia Turco il Premio Barocco 2019

25 Maggio, 2019 (10:01) | Post | Da: Redazione

La presidente della Fondazione Nilde Iotti ha ricevuto oggi a Gallipoli il Premio Barocco. Tra le motivazioni l’aver ripreso il concetto di “avere cura degli altri” come compito della Politica. Livia Turco ha ricevuto il premio dal prefetto Maria Teresa Cucinotta e dal questore Andrea Valentino

Europee. Sinistra sia decisa sui migranti

6 Maggio, 2019 (17:28) | Dichiarazioni | Da: Redazione

“La Sinistra prenda una posizione decisa sul tema dell’immigrazione e promuova il dibattito culturale sulla convivenza civile e la solidarietà nel nostro Paese. Ci troviamo davanti ad una crisi dei modelli di integrazione. Non ci sarà nessuna efficace idea di Europa se non si parte da come si misurano e si confrontano le differenze, ma questo tema non è purtroppo all’ordine del giorno nel dibattito politico del nostro Paese”.

dichiararlo è Livia Turco, presidente della fondazione Nilde Iotti, a conclusione del convegno “L’Europa delle donne” che si è svolto a Roma nel corso del quale associazioni femminili come ‘Se non ora quando - Libere’, il Centro Italiano Femminile, la Lobby Europea delle Donne si sono confrontate su convivenza, welfare, sostegno alle donne sul lavoro e nella maternità.

 ”Sfide che possiamo vincere solo sul piano europeo - ha sottolineato Livia Turco - così come è stato dimostrato in questi anni dalla storia della istituzione europea, fondamentale per la crescita della democrazia e della pace”. Al termine del convegno la Fondazione Nilde Iotti ha lanciato la proposta di istituire un tavolo permanente, uno strumento di monitoraggio delle politiche europee allo scopo di valorizzare i pensieri delle associazioni di donne, contribuendo a costituire un’iniziativa partecipata.

 ”Pensiamo - ha concluso Livia Turco - ad un appuntamento annuale che instauri un dialogo tra parlamentari europei e associazioni femminili per discutere delle politiche europee e avanzare proposte concrete, affinchè i temi della convivenza e della solidarietà civile, in Europa come in Italia, non siano legati alle sole elezioni”. (Ansa)

Europee, perché “l’Ue conviene alle donne”

4 Maggio, 2019 (17:38) | Interviste | Da: Redazione

 “Le partita europea è una partita sui diritti delle donne ed è importante che le donne ne abbiano consapevolezza e ne siano protagoniste”. E’ il messaggio che Livia Turco, presidente della Fondazione Nilde Iotti, intervistata dall’agenzia Dire, lancia alle istituzioni e alla società civile sulle prossime elezioni europee e che sarà al centro del convegno ‘L’Europa delle donne’ che si terrà sabato 4 maggio a Roma alla Casa internazionale delle donne alla presenza, tra gli altri, di Francesca Koch, presidente della Casa internazionale delle donne, di Silvia Costa, europarlamentare, e Pia Locatelli, vicepresidente dell’internazionale socialista.

“L’Europa conviene in modo particolare alle donne” secondo Livia Turco, basta pensare a tutte le conquiste che sono arrivate dall’Unione Europea: “Gli impulsi dati dalle direttive, quelle sul congedo parentale e sulla parita’ salariale” pur “con tutti i burocratismi e le criticita’ che vanno superati. Non dimentichiamo- aggiunge ancora- che le donne sono state madri costruttrici dell’Europa, e non parliamo solo di politiche”.

Si dice stupita Livia Turco quando pensa che uno strumento cosi’ importante come “la Carta europea dei diritti umani fondamentali, che all’articolo 23 ha proprio la promozione delle pari opportunità, venga sempre trascurata eppure è una carta cogente a tutti gli effetti per la quale si puo’ ricorrere alla corte di giustizia europea”.

In gioco nelle prossime elezioni europee c’è il modello di Europa che si vuole e proprio in tal senso le donne possono giocare un ruolo chiave. “E’ importante- ribadisce Livia Turco nel corso della sua intervista- che non vincano i sovranismi perché in tutti i paesi in cui c’è sovranismo assistiamo ad un arretramento dei diritti e questo le donne lo devono sapere“.

Lo scenario italiano, secondo Turco, è quello di “un governo che sta proponendo uno spaventoso arretramento culturale in cui i maschi parlano come se le donne non esistessero, che sta riproponendo la vecchia divisione dei ruoli, ma del resto bisogna pur dire che l’Italia è un paese particolarmente maschilista”, se pensiamo al ddl Pillon poi, dichiara senza mezzi termini: “Lì siamo all’obbrobio”.

“Democrazia ed eguaglianza” sono i due pilastri concettuali sui quali deve stare il futuro politico dell’Europa. Le donne devono essere protagoniste del cambiamento che parte da “piu’ indennità di welfare, maggiore democratizzazione, piu’ forme participate, ma certamente piu’ Europa”. Così come sul tema dell’immigrazione e dell‘integrazione “dovremo riconoscere- continua ancora- che bisogna trovare una nuova strada tra multiculturalismo e assimiliazionismo. Non basta riformare Dublino, ma ragionare su una forma nuova di convivenza e questo è un tema sparito dal dibattito di tutte le forze politiche”. Anche questa è una partita politica che le donne devono giocare. “Quale Europa lascio a mio figlio? Unita nella diversita’” secondo Livia Turco, che non risparmia il governo: “Raccontano frottole sullo stop agli sbarchi, ma invece aumentano i morti in mare”, “stanno aumentando l’irregolarita’, hanno bloccato le quote”. E quanto alla sicurezza e alla difficile prova dell’integrazione e della convivenza Turco ricorda “che se si fa come la sindaca Virginia Raggi, che decide di portare i rom in quartieri già disperati, allora lì manca proprio l’A, B, C della politica”.

Nel convegno di sabato sulla ‘Europa delle donne’ si parlerà di “lavoro, formazione, congedo dei padri, lavoro di cura e queste- spiega Livia Turco- sono le grandi questioni dell’Italia e dell’Europa che vogliamo mettere al centro dell’agenda politica”. Durante la durissima crisi economica “le donne hanno retto benissimo, con una catena generazionale fatta di nonne, madri e figlie con le quali sostituito il welfare e preso il posto dei tanti uomini disoccupati. Questa forza femminile va rivendicata. Le donne sono resistenti e resilienti”.

Sulla leadership e la sensazione che le donne siano a rimorchio dei leader maschi ammette che “c’è ancora una doppia difficoltà da parte delle donne: l’autostima e una difficoltà tutta attuale a costruire trasversalità e lavoro di squadra. La storia insegna che le donne hanno vinto sempre cosi: unendosi’”.

In questi giorni in cui la cronaca racconta di un’ennesima violenza sessuale Turco ricorda “la legge del 1996 grazie alla quale la violenza sessuale divenne reato contro la persona. Noi di sinistra- aggiunge Turco- ne eravamo state protagoniste, ma la relatrice fu Alessandra Mussolini”. “Sì esiste un nuovo femminismo- riconosce Turco- lo vedo nelle giovani. Un femminismo non separatista che ha anche argomenti nuovi come l’ambiente. Ma c’è anche la mia generazione che continua a combattere e che è abituata alle grandi battaglie”. La Fondazione Nilde Iotti che sul testamento di questa figura porta avanti una missione di “valorizzazione del patrimonio culturale e costituzionale” crede nel messaggio dell’”unità e delle alleanze”. Ma attenzione perché “il gioco di squadra non è un pranzo di gala”.

Silvia Mari (Agenzia Dire) 

Nuove idee per la sinistra: la promozione sociale

27 Aprile, 2019 (12:39) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

La promozione sociale delle persone  in questo nostro tempo ha il suo ingrediente fondamentale  nella “relazione umana”, nella “cura” delle persone , nel progetto di una Società Umana a misura di donne e uomini. Il legame umano e sociale, la relazione di riconoscimento, cura, condivisione ,apertura verso l’altro sono il nutrimento del benessere delle persone, della inclusione sociale, della comunità, della cittadinanza.

Investire nelle relazioni umane , valorizzare le capacità di tutte le persone, creare relazioni umane significative è una responsabilità di ciascuna persona, della comunità, delle istituzioni ed anche della politica. Non a caso l’articolo 2 della nostra Costituzione recita” La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica economica e sociale”. Ciò che colpisce di questo nostro tempo  è l’impoverimento delle relazioni umane, la rottura del legame comunitario, le tante forme di solitudine che coinvolgono sia i giovani che gli anziani , sia gli uomini che le donne. Penso in particolare alla povertà educativa che  rende più triste la vita dei nostri bambini e ragazzi e restringe gli orizzonti della loro vita; alla solitudine delle famiglie che hanno persone fragili anche perché le politiche pubbliche stanno dimenticando le fragilità mettendole a carico esclusivo delle famiglie; la solitudine delle persone che vivono la fase finale della vita.

Penso anche al permanere di situazioni di incomunicabilità tra donne e uomini ed alla difficoltà degli uomini a comprendere il valore ed il senso della libertà femminile. Che è la radice fondamentale dei tanti fenomeni di violenza degli uomini sulle donne. Esiste una scomoda verità sull’Europa. Quasi un terzo dei nostri bambini e dei nostri giovani è povero o rischia di diventarlo , milioni di giovani non riescono a trovare un lavoro che consenta loro di costruirsi un futuro e più della metà degli adulti in Europa ritiene che le giovani generazioni avranno un vita peggiore della loro. I nostri giovani, questi figli della precarietà, sono la più grande questione politica e sociale che sta difronte al nostro paese  ed all’Europa, il punto da cui deve ripartire la sinistra per rinascere. Sono una bella gioventù che troppo poco conosciamo, che si arrovella nel cercare  la propria strada, che è consapevole di dover  percorrere sentieri inesplorati dai padri e dalle madri, che ha bisogno di adulti autorevoli che ascolta volentieri se questi adulti sono capaci di costruire empatia , sanno ascoltarli e li sollecitano ad essere  protagonisti del loro futuro.

Guardando la nostra società dal punto di vista della relazione umana si scopre che molteplici e nuovi sono i fattori che generano diseguaglianze: non solo il lavoro ed il reddito ma la possibilità o meno di muoversi nel mondo globale; la possibilità di vivere con pienezza i tempi  di vita o la costrizione a subire la tirannia del tempo di lavoro che condiziona tutti gli altri tempi della vita e che tante volte porta alla rinuncia della maternità e paternità; l’incidenza che i contesti di vita e di lavoro, il livello d’istruzione e le condizioni famigliari,  hanno sulla salute delle persone; la formazione e la  frequentazione di luoghi sociali; il permanere della diseguaglianza di genere.

Questo sguardo sulle diseguaglianze ha delle ricadute sull’agenda politica e di governo ,definisce le priorità politiche, la qualità dello sviluppo e del welfare.

I processi di globalizzazione hanno spogliato tante volte i territori dei  tradizionali luoghi  di lavoro che erano anche luoghi di identità sociale e comunitaria , di cultura. Ci sono stati gli arrivi degli immigrati , necessari alla nostra vita e generalmente ben integrati con l’aiuto degli imprenditori, del volontariato, dei comuni, del sindacato, delle chiese. Ma, in fase di crisi economica, e di identità sociali  rancorose sono diventati il “ capro espiatorio” delle nostre paure, la ragione concreta, visibile di ciò che ci far stare male, il nemico da colpire. Si sono costruite delle comunità intese come “ Guscio”: luoghi di separazione, di chiusura, di difesa, di contrapposizione all’altro .Come scrive Bauman  nel suo libro “ Voglia di comunità”(Laterza Ed.)  questa società del Guscio accentua le ragioni dell’ansia moderna che risiedono invece  nel processo di atomizzazione, in quel cercare soluzioni individuali a problemi che sono comuni. ”

Nel mondo sempre più globalizzato viviamo tutti una condizione di interdipendenza e di conseguenza nessuno di noi può essere padrone del suo destino. Ci sono compiti con cui ogni singolo individuo si confronta ma che non possono essere affrontati e superati individualmente. Tutti noi abbiamo la necessità di acquisire il controllo sulle condizioni nelle quali affrontiamo le sfide della vita, ma per gran parte di noi tale controllo può  essere ottenuto solo collettivamente. Se mai può  esistere  una comunità nel mondo degli individui può essere ed è necessario che sia una comunità intessuta di comune e reciproco interesse; una comunità responsabile, volta a garantire il pari diritto di essere considerati esseri umani e la pari capacità di agire in base a tale diritto. Bisogna elaborare positivamente questa condizione di interdipendenza che lega gli uni agli altri .Bisogna costruire la comunità non come separazione ma la comunità come costruzione di un reciproco interesse”(Baumann).

Il processo di impoverimento  delle  relazioni umane ci riporta ad una questione ancora più di fondo: la mutazione antropologica che ha sostituito la persona , il soggetto in relazione aperto all’altro , che è alla base delle moderne Costituzioni europee e sicuramente della nostra Costituzione , con l’io solitario, individualista, consumatore, che si realizza nel consumo e nel godimento individuale. Questa mutazione antropologica è frutto del capitalismo finanziario globale, dei mutamenti dei sistemi di comunicazione  ed anche di correnti culturali, anche progressiste,  che hanno esaltato la libertà individuale perdendo di vista il valore del legame comunitario, hanno messo al centro i diritti civili trascurando a volte la condizione sociale con una banalizzazione della libertà individuale medesima e  della concezione dei diritti.

Il  tema della promozione sociale della persona coincide con una nuova rivoluzione antropologica per ritrovare il senso profondo della relazione che unisce l’uno all’altro , avere la consapevolezza che la soggettività umana è interdipendente, che la libertà individuale è connessa alla elaborazione positiva della interdipendenza che ci lega gli uni agli altri , alle altre. L’ apertura all’altro è parte della  libertà personale, della  autonomia individuale. Per stare bene c’è bisogno dell’altro ; ” fare del bene fa stare bene” dicono le persone impegnate nel volontariato. Bisogna dunque far rinascere questa soggettività aperta che investe nel legame umano, sociale e comunitario .Tanto più  oggi che viviamo in un mondo interdipendente dove i problemi sono comuni e ci legano gli uni agli altri: l’ambiente, il lavoro, la produzione, la cultura.

Bisogna costruire una soggettività umana ed una cittadinanza incentrata sul valore- necessità di prendersi cura dell’altro e sulla ambizione di una vita che esprima e dia valore a tutti i talenti ed a tutte le dimensioni della esistenza umana e sociale. Bisogna riprendere l’idea marxiana e rielaborata da Antonio Gramsci dell’Uomo Onnilaterale che vive e vuole vivere con pienezza tutti i tempi della vita: lavoro, cura, formazione, mobilità, dono, tempo per sé. Promuovere una trasformazione economica e sociale che renda possibile vivere con pienezza tutte le dimensioni della vita. In questa società umana dovrà esserci molto spazio per i beni comuni, per la conservazione del territorio, della comunità, della cultura e dovrà avere un forte attaccamento alle tradizioni. Bisognerà costruire una solidarietà tra le generazioni come quella che in questi anni di dura crisi ha unito le madri con le figlie con le nonne con le bisnonne  che sono state l’anello forte della solidarietà famigliare e sociale  consentendo di far fronte ai compiti di cura, alle fragilità, alla precarietà economica, alle carenze del nostro welfare  ed ha saldato  una alleanza culturale che ha consentito di tramandare affetti e saperi. Bisognerà anche accettare i  “confini porosi”, imparare la mescolanza tra popoli e tra culture , una mescolanza  vissuta come necessità e ricchezza scoprendo non solo la fatica ma la curiosità della convivenza tra persone con storie e culture diverse.

E’ attraverso la fatica del  “conoscersi” e “riconoscersi” che le persone con storie e culture diverse possono vivere insieme, scambiarsi forza ed umanità, dirimere i conflitti ed i contrasti, agire insieme per migliorare la qualità della vita del proprio territorio. Non basta stare l’uno accanto all’altro senza fare la fatica del conoscersi e riconoscersi. Non basta il principio della tolleranza. L ‘esperienza dimostra che con il tempo nascono dei conflitti. Bisogna costruire un orizzonte condiviso di valori, promuovere il rispetto di diritti e doveri. Attraverso la pratica della interazione e la cura delle relazioni umane e sociali. Che è la via della convivenza e della sicurezza come dimostrano tante esperienze positive realizzate da comuni, scuole , fabbriche, servizi sociali, ospedali, chiese, reparti  di maternità. Bisogna dare volto e voce a questa Italia della convivenza anche attraverso azioni concrete come un Forum nazionale della Convivenza che esponga, valorizzi e discuta ogni anno  le buone pratiche della convivenza.

La pedagogia dell’esperienza trasmette un contagio positivo “se ci sono riusciti loro possiamo farcela anche noi”, crea cultura, allarga il pensiero. La relazione umana consente  e favorisce la Conversazione , lo scambio tra  gli interlocutori al fine di trovare un accordo su qualche elemento di discussione.” La Conversazione rimane la via maestra per arrivare all’accordo, e dunque alla convivenza pacifica e reciprocamente vantaggiosa, collaborativa e solidale: e ciò perché la Conversazione non ha rivali, né alternative praticabili” (Baumann).  Bisogna  promuovere in modo diffuso un dibattito pubblico ed una partecipazione di italiani ed immigrati nella polis per affrontare insieme i problemi della propria comunità. Si potrebbero attivare nei Municipi e nei Comuni i “Tavoli della Convivenza”  con la partecipazione di associazioni italiane e di migranti in una logica di interazione. Per aprire finalmente nel nostro paese il dibattito pubblico sul tema: come si costruisce l’unità nella diversità? Che è il motto originario dell’Unione Europea. Quale società della convivenza e quali politiche per realizzarla?

Per realizzare la promozione sociale delle persone c’è bisogno di una democrazia inclusiva che dia potere alle persone medesime come indica l’articolo 3 della nostra Costituzione. Considero molto interessante quanto scritto a questo proposito nel Rapporto della Commissione Indipendente del Gruppo dell’Alleanza Progressisti dei Socialisti e Democratici Europei ne il  Rapporto sull’Uguaglianza Sostenibile: Ripristinare una Democrazia per tutti “ Rafforzare la democrazia attraverso un contratto dei cittadini di Democrazia sostenibile per tutti per promuovere un piano in 8 punti che comprenda il rafforzamento dei sindacati, la società civile, la democrazia partecipativa, la trasparenza, la piena partecipazione delle donne alla vita economica e politica ,politiche regionali dal basso verso l’alto, mezzi d’informazione ed una magistratura indipendente ed obiettivi di politica pubblica al di là dei soliti indicatori di Pil”.

Non c’è promozione sociale se non si rigenera la democrazia. Troppe volte abbiamo dimenticato anche a sinistra che la democrazia è vitale ed efficace quando è  democrazia inclusiva.

Sollecita la partecipazione attiva di tutte le persone a partire da quelle più fragili, più deboli, quelle  la cui  condizione sociale   pone ai margini della società. Non bastano le leggi ed i provvedimenti ci vogliono soggetti che agiscano  il conflitto sociale ,  promuovano mobilitazione , dibattito pubblico. Bisogna reinventare una politica popolare ed anche il senso e la pratica della  rappresentanza, due aspetti della stessa medaglia. Come ci insegna la storia del nostro paese a partire dall’esempio dei nostri Padri e delle nostre Madri Costituenti. Non bastano i referendum, le primarie. Bisogna costruire una “Democrazia deliberativa” in cui le persone siano  coinvolte nella discussione e nella deliberazione pubblica delle scelte che devono essere assunte a tutti  i livelli delle istituzioni. Quando i cittadini deliberano si scambiano le proprie opinioni,  discutono le loro rispettive idee  sulle principali questioni politiche e pubbliche. La democrazia deliberativa è quella che tira fuori , con arte maieutica, le competenze di ciascuna persona . Per renderle , appunto, capaci della  “deliberazione” sui temi del governo del paese .Che devono incidere  nelle decisioni pubbliche.

La promozione sociale della persona è quella che fa vivere la “ coscienza del limite: “ non tutto quello che si può si deve fare”. Innanzitutto nei confronti dei processi sempre più invasivi della mercificazione del corpo umano e della vita umana come la pratica dell’utero in affitto. Limite e responsabilità  sono il nutrimento del diritto , altrimenti i diritti individuali diventano un catalogo di cose, merci, di rivendicazioni. Diritto è dignità umana , esercizio della responsabilità, rifiuto della mercificazione dei corpi, della natura, delle sfere di vita.

Sviluppo umano; Europa dei popoli ed Europa Sociale; Dignità del lavoro; Welfare delle 3 G: solidarietà tra  generazioni,  generi,  genti; un Welfare Generativo che promuove i beni comuni, costruisce il futuro a partire dai problemi dell’oggi. Un Welfare Europeo che realizzi un piano europeo contro la povertà, promuova il diritto alla mobilità delle persone attraverso un reddito minimo d’inserimento europeo ed una base minima di Protezione Sociale conforme alle raccomandazioni Oil, promuova ed estenda l’esperienza degli Erasmus ed il Servizio Civile Europeo. Il comparto Europeo dei Diritti Sociali adottato nel 2017 deve essere integrato in provvedimenti legislativi.

Il Welfare non può limitarsi oggi a promuovere politiche redistributive attraverso il soggetto pubblico. Le politiche di Welfare sono strettamente connesse alle politiche di sviluppo e devono essere considerate politiche di sviluppo. Bisogna puntare su uno sviluppo che valorizzi il capitale umano, i beni comuni, l’inclusione sociale. Tutti i soggetti economici devono sentirsi coinvolti nella promozione dell’inclusione sociale, del benessere delle persone , dei territori, della sostenibilità ambientale.

Le politiche pubbliche devono sollecitare tutti gli attori economici e sociali a promuovere il Welfare locale e comunitario ed  i Patti territoriali per lo sviluppo solidale; devono realizzare  l’indicazione dell’Unione Europea “ La Salute ed il Benessere sociale in tutte le politiche” attraverso programmi intersettoriali per la salute ed il benessere sociale,  regionali e nazionali .

La promozione sociale delle persone non può dimenticare che la persona non è un soggetto neutro. La dualità del genere umano , la differenza maschile e femminile è una ricchezza dell’esperienza di vita. Bisogna riscoprire questo pensiero e far rivivere questa consapevolezza. Essa sollecita un processo di trasformazione sociale , propone un ripensamento del pensiero e dello sguardo sulla vita.

Per costruire una nuova amicizia e nuove relazione tra donne e uomini .Al difuori degli stereotipi di genere e superando ogni forma di gerarchia e di supremazia degli uomini sulle donne. Dopo tanti anni di femminismo e di battaglie legislative e culturali bisogna chiedersi quanto siano cambiate le relazioni tra donne e uomini sia nelle generazioni mature che in quelle giovani. Il cambiamento più significativo è rappresentato dall’ingresso nel lavoro delle donne in tutte le professioni che ha portato una differenza di approcci di qualità ed ha sollecitato gli uomini ad assumersi la responsabilità di padri. Questa rottura dei ruoli storicamente così radicata nel nostro paese - gli uomini che lavorano e che fanno i papà  prendendosi del tempo per i figli- le donne che si affermano nel lavoro dedicandosi ai figli- costituisce una svolta  profonda sul piano  simbolico e non solo pratico. Costituisce il definitivo superamento di quella distinzione per cui la sfera pubblica e la razionalità compete agli uomini, la cura delle persone alle donne. Consente di trasmettere ai giovani una nuova definizione di maschile e di femminile, in cui ciascuno è al contempo cura della vita, relazioni pubbliche, partecipazione attiva alla polis a partire dal lavoro.

Siamo solo agli inizi di questo processo , permangono stereotipi , discriminazioni, diseguaglianze tra donne e uomini e tra le donne. Ma la  strada di una nuova identità maschile e femminile è tracciata. Essa va alimentata con buone politiche pubbliche come  la strategia dei congedi parentali incentivando quello dei padri, i servizi all’infanzia, la buona e piena  occupazione femminile. Credo che la consapevolezza della differenza sessuale possa oggi svolgere una funzione preziosa  nella umanizzazione della società in questo tempo delle  solitudini e delle relazioni umane impoverite. Può  spronare le donne di tutte le generazioni  a  far vivere  il loro legame speciale con la vita, il loro speciale prendersi cura delle persone come energia, forza per rendere espansivo questo principio, per espandere la cultura del prendersi cura quale risorsa economica ,sociale, culturale e politica. Gli  uomini possono agire la loro differenza libera dalla  gabbia degli stereotipi del possesso, della gerarchia, elaborando la loro nuova esperienza del prendersi cura e della mescolanza dei tempi di vita per farla diventare, con la loro forza ed influenza, motore della trasformazione sociale e culturale.

Livia Turco

Il nostro 25 aprile

25 Aprile, 2019 (12:49) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Un 25 Aprile di lotta, di impegno, di profonda fiducia e amore per i valori della nostra Costituzione.

Un 25 Aprile per dire un fermo no alla cultura dell’odio e della discriminazione che chi ci governa sta seminando nel nostro Paese.

Un 25 Aprile per dire alla Sinistra: riprendi con vigore la battaglia per l’uguaglianza, la giustizia sociale, la democrazia inclusiva.

Un 25 Aprile per dire che noi donne continuiamo con determinazione la nostra battaglia per la dignità femminile come ci hanno insegnato le donne che hanno combattuto il fascismo, il nazismo e hanno costruito la democrazia.

Dignità femminile vuol dire diritto al lavoro, alla possibilità di avere i figli che si desiderano, a combattere le violenze, lo sfruttamento, la mercificazione dei corpi.

Un 25 Aprile di lotta per costruire un futuro dignitoso per i nostri figli e una società umana.

In conclusione, La Fondazione che mantiene vivo il ricordo di Nilde Iotti fa una proposta :

“Un 25 Aprile con un impegno concreto: intitoliamo piazze, strade, scuole alle nostre 21 MADRI COSTITUENTI che hanno contribuito a scrivere la Costituzione più bella.

Livia Turco