l’Unità 16 aprile - Maria Zegarelli intervista Livia Turco
Al Senato abbiamo preso quasi 1,5 milioni di voti in più rispetto a Ds e Margherita, un anno in più di Prodi e sarebbe stata un’altra storia.L’operazione Pd prosegue, dovremo però essere più strutturati e a contatto con il territorio. L’azione riformista da sola non basta. «Certo avremmo potuto ottenere un risultato migliore, ma il 33,2 alla Camera e il 33,7% al Senato non erano scontati considerando l’attuale fase economico-politico-sociale che attraversa il Paese. Sarebbe bastato un altro anno di governo Prodi per sconfiggere il berlusconismo e restituire fiducia ai cittadini».
Livia Turco ha davanti i dati definiti delle elezioni, regione per regione ed è sulle percentuali della Lega che più si interroga.
Il 33% può davvero ritenersi un buon risultato? «Penso che sia un risultato importante, anche se è ovvio che ci aspettavamo di più, ma non scontato. Il Pd è un nuovo partito, sei mesi di vita, con un nuovo simbolo che è comunque riuscito ad affermarsi al Senato con un 1.439.000 voti in più rispetto
a Ds
e Margherita insieme nel 2006 e alla Camera con 164.636 voti in più. Sono convinta che se fosse proseguita la legislatura si sarebbero ottenuti i risultati dell’azione del governo Prodi in termini redistributivi. C’è un evidente dis
agio sociale, che noi avevamo percepito esattamente. A cui avrebbero dato una risposta i provvedimenti della Finanziaria Prodi se il governo avesse tenuto».
Che idea si è fatta del paese durante questa campagna elettorale?«Di un Paese angosciato dal potere d’acquisto, dal reddito inadeguato rispetto al costo della vita». Lei parla di un Pd giovane, con un nuovo simbolo C’è chi fa notare che anche il Pdl in fondo è un nuovo partito con un nuovo simbolo. Eppure ha vinto…
«Il Pdl è un cartello elettorale, non una forza politica giovane. E’ nato da una scelta solitaria durante un viaggio del Cavaliere. Casini si è ribellato al diktat mentre Fini si è adeguato tanto che An ha preferito dare i propri voti alla Lega. ll Pd ha avuto un percorso diverso, ha coinvolto 3,5 milioni di elettori per decidere il segretario, è passato attraverso i congressi Ds e Margherita, si è dato Statuto, Manifesto dei valori e Codice etico attraverso un ampio percorso partecipativo. E poi, guardiamoli i risultati: il Pdl rispetto al 2006 al Senato guadagna 73mila voti, alla Camera ne perde 123mila. Il risultato strepitoso si chiama Lega Nord».
Lo sfondamento del Pd al centro non c’è stato, né si è fatto il pieno di voti da sinistra. Come va interpretato questo dato? «L’elettorato che ha scelto Pd è composito: di sinistra, della Margherita, giovane, cattolico. Milioni di persone che guardano a noi con fiducia, anche se non abbiamo raggiunto il 35 o il 4O% è comunque una forte affermazione. Non stiamo dicendo che abbiamo vinto le elezioni, le abbiamo perse visto che non governeremo il paese. Ma in questa sconfitta c’è una grande novità: un nuovo progetto politico che non finisce con le elezioni e che ha già svolto una funzione importante, la funzione di innovare la politica. Oggi non c’è soltanto una semplificazione della politicain parlamento, fortemente voluta dagli italiani, c’è un grande partito riformista, con il 33,7% al Senato e il 33,2% alla Camera. Il Pd si presenta come un robusto soggetto collettivo». Come si creano le condizioni per diventare non solo un grande partito riformista ma anche un partito maggioritario alle prossime elezioni?«Proseguendo sulla strada dell’innovazione programmatica, conquistando un maggior pezzo di società italiana. Per fare questo dobbiamo partire dal dato che arriva dalle urne: noi dobbiamo capire gli umori profondi della società. La vittoria della Lega, la riconferma di Berlusconi, mettono questa tema al centro delle nostre riflessioni. Il Pd dovrà lavorare per essere molto più in contatto con la vita delle persone, dovrà essere un partito fortemente strutturato, radicato, con una grande robustezza culturale e la capacità di condurre forti battaglie culturali. Non basta capire la società italiana, bisogna anche combattere le spinte più retrive che ci sono». La Lega ha spopolato. Altro che boomerang la storia dei fucili…
«Conosco bene il Nord. La Lega è un partito popolare, che fa il porta a porta, parla alla gente, va ai mercati. Durante questa campagna elettorale ha fatto leva sul dis
agio sociale ed ha interpretato meglio di Sa il dis
agio degli operai, del precari, ovviamente cavalcandolo, perché adesso voglio vedere come faranno, dovranno tirare fuori la bacchetta m
agica. Ma la presenza della Lega ci dice anche che dovremo essere più forti e combattivi sul piano culturale, non può passare l’idea che gli immigrati vanno bruciati e cacciati, che il Paese va diviso. Non c’è bisogno soltanto di un’azione riformista, ma di una vera azione culturale».
La Lega più forte e la Sinistra Arcobaleno che non è più in parlamento. Questo cosa implica per la politica del Pd? «Intanto diciamo che il Pd èla sinistra. Poi, per quanto mi riguarda, sono d’accordo con Veltroni: il fatto che non sia rappresentata Sa in parlamento è una perdita per
la democrazia. Per questo sarà necessario un rapporto costante con questa sinistra che rappresenta valori e persone preziose per il Paese. E necessario anche costruire un lavoro comune partendo da una convinzione: deve esserci l’unità di tutte le componenti della sinistra nel governo del paese. Non si può essere di governo e di opposizione nello stesso tempo. Quello è stato un errore e le urne lo hanno detto con chiarezza».