Il Blog di Livia Turco

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Le donne lucane con Bersani

12 Novembre, 2012 (18:24) | Documenti | Da: Redazione

“Bersani ha voluto le primarie con un atto di grande coraggio ed è uno che la politica la intende come condivisione e partecipazione”, così Livia Turco, ieri a Potenza per la presentazione del “Comitato regionale delle donne lucane per Bersani”.

Vedi la rassegna stampa dell’incontro a Potenza.

Se non si finanzia il sociale,”no” al ddl stabilità

1 Novembre, 2012 (10:53) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

di Livia Turco, da l’Unità del 1 novembre 2012

Non voterò la legge di stabilità all’esame alla Camera se il governo non dimostrerà con atti concreti di voler invertire tendenza sulle politiche sociali. Se non deciderà di superare la vergogna di un miserrimo e indegno stanziamento di 220 milioni di euro per l’insieme delle politiche sociali.
Se non correggerà le misure ciniche e perverse introdotte nella legge di stabilità come l’aumento dell’Iva per le cooperative sociali, la tassazione delle pensioni degli invalidi di guerra che abbiano un reddito superiore a 15 mila euro. Non è più sopportabile la trascuratezza, la sottovalutazione politica e culturale che questo governo riserva al welfare ed in particolare alle politiche sociali. Non dimentico il merito grande di aver fermato la delega fiscale e assistenziale del Ministro Tremonti che avrebbe cancellato addirittura l’indennità di accompagnamento come diritto soggettivo. Abbiamo anche apprezzato la riformulazione che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fatto della Social Card e l’impostazione innovativa nell’utilizzo dei Fondi Europei destinandone una parte agli interventi sociali considerati finalmente come parte dello sviluppo del Paese.

Ma, di fronte alla gravità della crisi e proprio in nome dell’equità dello sviluppo che questo governo si è proposto di perseguire ci saremmo attesi e ci attendiamo una maggiore attenzione alle condizioni di vita delle persone più fragili.
Ci saremmo attesi e ci attendiamo un rifinanziamento del Fondo delle politiche sociali, un progetto per la non autosufficienza e misure più incisive contro la povertà. È esattamente questo il tema centrale che abbiamo posto nei nostri emendamenti votati all’unanimità nella Commissione Affari Sociali della Camera. Il taglio vergognoso alle politiche sociali non è responsabilità di questo governo. Il taglio da 2 miliardi e 800 milioni nel 2008 (governo Prodi) agli attuali 220 milioni, meno 90%, è cominciato sin dall’inizio della legislatura ed è interamente imputabile al duo Sacconi-Tremonti. Che peraltro lo hanno sempre rivendicato sostenendo con disprezzo che i “fondini sociali” non servono a nulla, che i servizi sociali sono contenitori freddi, che ciò che conta è la gratuità ed il dono.

Dunque, il massacro che è stato attuato a partire dal 2008 nei confronti delle politiche sociali non centra nulla con la crisi economica e con i problemi di sostenibilità finanziaria. Anche perché non è francamente comparabile il peso del fondo sociale che nei suoi anni migliori ha raggiunto i 3 miliardi di euro rispetto agli altri comparti della spesa pubblica, come sanità, scuola, previdenza e politiche del lavoro. Il massacro delle politiche sociali è stato compiuto dal  centro destra in nome di una certa cultura della gratuità e del dono che contrappone  questi valori alla responsabilità delle istituzioni pubbliche nel promuovere in modo attivo la solidarietà. Contraddicendo l’art. 3 della Costituzione. Tradendo l’insegnamento che ci hanno dato nel corso di tanti anni coloro che promuovono ogni giorno dono e gratuità – il nostro meraviglioso volontariato e no profit – che ha sempre sfidato la politica a fare la sua parte, ad essere coerente nel creare le condizioni affinché gratuità e dono possano essere efficaci. Questo può avvenire quando ci sono istituzioni attente, presenti, che ascoltano, condividono, progettano insieme e stanziano risorse.

Ricapitoliamo la storia di questa legislatura.
Il duo Tremonti-Sacconi ha esordito con la cancellazione del Fondo per le politiche di  integrazione degli immigrati, ha proseguito con i tagli al Fondo sociale, a quello per la famiglia ed il servizio civile, per le pari opportunità. Poi è stata la volta delle leggi Brunetta, che in nome della lotta ai falsi invalidi hanno cercato di modificare la legge 104 relativa ai congedi e ai permessi per le persone disabili, poi l’attacco alla legge 68 sull’inserimento lavorativo, poi ancora la riduzione del numero degli insegnanti di sostegno. Fino alla famigerata delega fiscale ed assistenziale che con un’accorta azione di alleanze e attraverso il prolungamento dei tempi del dibattito parlamentare siamo riusciti a fermare. E, come ho detto, va dato atto al governo Monti di aver fatto cadere la parte relativa al riordino dell’assistenza che avrebbe cancellato ogni diritto esigibile per le persone disabili. Rivendico la coerenza con cui noi del PD abbiamo, tante volte in solitudine, contrastato questi tagli ed avanzato proposte innovative per le persone  non autosufficienti, per le famiglie e l’infanzia, per combattere le povertà. E in particolare richiamo il testo di legge unificato “Dopo di noi” che affronta un’emergenza sociale che si sta consumando nella solitudine delle famiglie. La solitudine di quei meravigliosi genitori di ragazzi disabili gravi che grazie alle loro battaglie ed il loro amore, sono riusciti a migliorare la qualità dei loro figli ed allungare il loro tempo di vita.

Ora, questi genitori vivono il dramma “che ne sarà di loro, dopo di noi, quando noi non ci saremo più” come scrive in modo mirabile il papà del bambino autistico raccontata nel bel libro “Se ti abbraccio non avere paura”. Questi genitori chiedono di non essere lasciati soli, che le istituzioni li aiutino a promuovere la presa in carico dei loro ragazzi, sostenendo ciò che fanno con le loro forze, con il loro associazionismo, con la pratica del mutuo aiuto. A sostenere i servizi che si sono inventati come le famiglie comunità, il dopo di noi, che accolgono genitori e figli quando i genitori invecchiamo. Questa legge a sostegno del dopo di noi è stata approvata all’unanimità dalla Commissione Affari Sociali ed ora giace da mesi in Commissione Bilancio. In un contesto così difficile e negativo le famiglie, le associazioni, gli operatori sociali hanno reagito si sono uniti, hanno costruito una rete un cartello. Hanno elaborato proposte portando in piazza in tante occasioni migliaia di persone come è avvenuto anche ieri. Fondo sociale, programma per la non autosufficienza, misure contro la povertà, inserimento delle persone disabili: sono proposte che un Paese civile non può che fare sue. A partire da una consapevolezza: i servizi e le prestazioni sociali non sono assistenza ma volano per lo sviluppo. Creano lavoro e benessere sociale. Creano giustizia sociale. Gli strumenti e le leggi ci sono. Bisogna applicarle. Le abbiamo costruite insieme durante una grande e bella stagione delle politiche sociali, ma non bastano. Bisogna guardare avanti, bisogna innovare. La crisi economica oggi ha bisogno di un welfare forte. Bisogna passare dai piani di zona previsti dalla legge 328 ai patti territoriali per lo sviluppo sociale, coinvolgendo nella promozione della solidarietà tutti gli attori economici e sociali, prevedendo anche, a mio avviso, fondi regionali pubblici cofinanziati con risorse private. Bisogna sostenere e potenziare il welfare aziendale e le forme di mutualità integrativa. Bisogna costruire una nuova stagione di partecipazione democratica facendo leva sulle competenze dei cittadini e rivalutando nel suo significato reale la parola sussidiarietà che è fare insieme e non delegare alle famiglie il costo della cura e della solidarietà. I servizi sociali sono un oro che non luccica, bisogna tirare fuori queste miniere d’oro, farle luccicare perché se ne comprenda il valore umano, sociale ed anche economico. Per questo bisogna cambiare strada rispetto a quella percorsa in questi ultimi anni, bisogna fermare il massacro e costruire una nuova primavera delle politiche sociali.
 

Livia Turco

No ai tagli alla sanità. Grazie a chi ha manifestato

27 Ottobre, 2012 (11:20) | Dichiarazioni | Da: Redazione

Grazie di cuore a medici, infermieri e in generale a tutti gli operatori sanitari che hanno dimostrato ancora una volta con grande generosità il loro affetto per il Sistema Sanitario nazionale.

Una manifestazione di grande rilievo, che sostiene la nostra battaglia per contrastare i tagli annunciati dal governo. Ci auguriamo che questa legittima protesta convinca l’esecutivo a prendere in considerazione gli emendamenti presentati dalla Commissione Affari Sociali per aumentare le risorse del fondo per le politiche del Welfare, ripristinando i 600 milioni sottratti con la spending review, e per cancellare la vergognosa norma che aumenta l’Iva per le cooperative sociali.

L’importante manifestazione di oggi deve spingere il governo a invertire la tendenza. Bisogna smettere di tagliare sulla sanità perché si tratta di un settore cruciale per lo sviluppo del Paese.

La Sanità pubblica ha bisogno di buone politiche sociali e su questo punto altrettanto rilevante sarà la manifestazione di mercoledì 31 ottobre “Cresce il Welfare, crescono i diritti”. Serve quindi una grande battaglia che promuova il benessere delle persone e combatta la povertà. Su questo il Partito Democratico sarà determinato e impegnerà tutte le sue energie per evitare un danno irreparabile al sistema del welfare che mai come oggi necessita di politiche adeguate ed efficienti.

Livia Turco

Manifestazione dei medici in difesa della sanità pubblica

25 Ottobre, 2012 (11:17) | Lettere aperte | Da: Redazione

Ecco la mia lettera con la quale ho comunicato la mia convinta adesione alla manifestazione indetta per il 27 ottobre a Roma dai sindacati della dirigenza medica, sanitaria e amministrativa del Ssn.
Livia Turco

Alle organizzazioni sindacali promotrici della manifestazione “Diritto alla cura. Diritto a curare”

La mia è una adesione convinta. Con la testa e con il cuore. Credo da sempre nella sanità pubblica e in tutti coloro, medici e operatori a tutti i livelli, che dedicano la loro vita alla salute dei cittadini.
La loro è una missione, nel senso vero e alto del termine. Lo è fin dall’inizio, quando decidono di dedicare anni di studi in materie difficili e impegnative e lo è ancor di più dopo, quando dalla teoria passano ai fatti. Trasformandosi in veri tutori del bene più importante che abbiamo: la nostra salute e quella dei nostri cari.
Ma svolgere oggi questa missione è sempre più difficile. Sotto la minaccia di una crisi economica drammatica anche le politiche sanitarie hanno segnato il passo. Con continue manovre di contenimento dei finanziamenti alla sanità pubblica.
Ma ora è il momento di dire basta.
Di tagli, e soprattutto tagli lineari senza una strategia reale di razionalizzazione e ottimizzazione della spesa, mirando a colpire con precisione le reali inefficienze e non genericamente il complesso del settore, la sanità pubblica muore.
Muore nelle corsie, senza letti, senza personale e senza investimenti per l’ammodernamento strutturale e teconologico. Muore nella medicina del territorio, che attende da anni gli investimenti indispensabili per diventare una reale alternativa all’ospedale. Muore nelle liste d’attesa inaccettabili cui sono costretti migliaia di cittadini e muore nella piaga della migrazione sanitaria dal Sud al Nord del Paese, perché dopo decenni non siamo ancora riusciti a dotare il Meridione d’Italia di una sanità degna del livello di civiltà di un Paese come il nostro.
A tutto questi i sindacati del Ssn hanno deciso di dire basta. E io con loro.
La sanità pubblica italiana costa meno di quella dei nostri partner europei ed è giudicata tra le migliori del Mondo. Un primato che ormai rischiamo di perdere se non si interrompe la miopia di provvedimenti a senso unico che stanno portando anche le Regioni con un servizio sanitario “virtuoso”, efficiente e di qualità, verso un inarrestabile declino.
La sanità italiana, poi, è anche un volano straordinario di risorse e conoscenze per lo sviluppo del Paese. E lo dimostrano i dati che mostrano con chiarezza come, a fronte di un 7,3% di incidenza sul Pil della spesa sanitaria pubblica, corrisponda oltre il 12% di ricchezza prodotta dalla filiera della salute. Una ricchezza che si prosciugherà presto, dopo i tagli sommari operati dal precedente Governo Berlusconi, ma anche dall’attuale Governo Monti. Sia con la spending review che con l’ultima legge di stabilità.
La sanità pubblica e chi ci lavora devono essere salvaguardati. Rappresentano una sorta di “ultima e invalicabile” trincea per la tenuta sociale del Paese. Tagliare la sanità vuol dire tagliare la vita, la solidarietà, la coesione sociale già messa a durissima prova da questa crisi e dagli interventi per contenerla.
Per tutti questi motivi, come parlamentare del Pd, come ex ministro alla Salute che si è sempre battuta per innalzare il livello e la qualità del nostro Servizio sanitario nazionale e come cittadina e “utente” della sanità pubblica, ribadisco ancora una volta la mia adesione alla manifestazione del 27 aprile, augurandomi che sia di stimolo al Governo per rivedere le sue politiche sanitarie, favorendo la riapertura di quel tavolo di confronto tra tutti gli attori del sistema che deve portare alla sigla di un nuovo e innovativo Patto per la Salute.
Livia Turco

Premio Melograno 2012. Dedicato alle donne

19 Ottobre, 2012 (11:27) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

di Livia Turco, da l’Unità del 19 ottobre 2012

Debutta oggi alla Biennale di Venezia la “Rete Donne del Mondo” ed il Premio Melograno per la civile convivenza.
L’iniziativa è promossa dalla Fondazione Nilde Iotti e dal Comune di Venezia ed ha l’ambizione di costruire una rete tra associazioni di donne italiane e donne immigranti, per realizzare scambio, comunicazione, reciproco riconoscimento. Donne italiane e immigrate, italiane e nuove italiane, da molti anni ormai abbiamo imparato a vivere insieme riconoscendo che abbiamo bisogno le une delle altre. Per ciascuna ciò che è stato ed è in gioco è la libertà, la possibilità di costruire una vita nuova per creare con maggiore consapevolezza i legami familiari e crescere i nostri figli.
Insieme abbiamo costruito un pezzo della nostra emancipazione. È importante riconoscere questa interdipendenza, questo legame che ci unisce le une alle altre.

Un legame che non è stato e non è facile, non è privo di conflitti perché talvolta in questi legami si riflettono disparità e diseguaglianze tra le une e le altre. Nel corso degli anni le donne sono state le attrici seppur invisibili dell’Italia della convivenza. Nelle scuole, nelle famiglie, nelle chiese e nei luoghi di culto le donne hanno imparato quanto sia importante costruire relazioni umane, fare la fatica di conoscersi e riconoscersi, perseguire obiettivi comuni per migliorare la qualità della vita di tutti. Le donne hanno scoperto che le relazioni umane sono quelle che abbattono le barriere, superano le paure, accendono la curiosità della conoscenza reciproca.
In questi ultimi anni il clima culturale nel nostro Paese è stato impregnato di ostilità verso gli immigrati attraverso l’azione di quegli “imprenditori della paura” che hanno raccontato agli italiani un Paese che non corrisponde alla realtà, hanno creato lo stereotipo dell’immigrato usurpatore che ruba il lavoro, la casa, i servizi sociali agli italiani.
Questo ha alimentato un clima di sospetto e di paura. La crisi economica rende dura e difficile la vita quotidiana di tanti cittadini italiani che rischiano di sentire gli immigrati concorrenti nella ricerca del lavoro. Peraltro molti immigrati stanno ritornando nei loro paesi di origine.

La crisi economica rischia di accentuare le distanze tra italiani e immigrati, di alimentare le divisioni e le incomprensioni. Per questo bisogna dare forza e visibilità all’Italia della convivenza, che c’è, resiste e cresce nei nostri quartieri, nelle nostre scuole, nelle nostre chiese, nei reparti di maternità, nelle nostre fabbriche ed imprese.
Le donne possono e devono diventare le protagoniste autorevoli dell’Italia della convivenza, l’Italia europea, ponte con il Mediterraneo, con l’Africa ed aperta al mondo.
Per questo proponiamo la “Rete delle Donne del Mondo”  per conoscerci da vicino, italiane e donne del mondo che vivono in Italia; per costruire una relazione positiva tra noi; per promuovere nella scena pubblica le capacità e i talenti delle donne immigrate e sollecitarle ad essere protagoniste della vita sociale, politica e culturale.
Dobbiamo costruire un patto, una alleanza tra italiane ed immigrate per una Italia migliore per una Europa di pace, per un mondo di pace.
Dobbiamo realizzare un confronto tra le nostre culture e religioni per rendere concreti ed arricchire i  valori della nostra Costituzione e la Carta Europea dei Diritti Fondamentali.

Dobbiamo batterci insieme per alcuni obiettivi comuni: la cittadinanza per i figli degli immigrati, la scuola interculturale, la dignità del lavoro, i servizi sociali. Per suggellare questa alleanza, questo patto tra immigrate ed italiane, abbiamo scelto un simbolo, il melograno, frutto della fecondità e dell’interculturalità, che diventa il Premio Melograno per la Civile Convivenza, che sarà un appuntamento annuale e che, in questa prima edizione, viene consegnato a: Giuseppina Beppa Carasin che conduce ed anima un coro multietnico “Voci dal Mondo” nella città di Venezia, Mirela Macovei Presidente della Cooperativa Sociale “NewHope” di Caserta,  che si occupa della formazione professionale di donne che hanno subito maltrattamenti e abusi ed infine, un premio speciale a Alphonsine Yao Adjoua operatrice socio-sanitaria, che durante il terremoto in Emilia Romagna si è occupata dei disabili pur vivendo in una macchina.

Livia Turco

“Basta umiliare e liquidare un’intera generazione”

16 Ottobre, 2012 (11:53) | Interviste | Da: Redazione

Intervista a Livia Turco di Maria Zegarelli, su l’Unità del 16 ottobre 2012
«Non è Matteo Renzi a doverci dire cosa dobbiamo o non dobbiamo fare. Io ho annunciato un anno fa che non mi sarei ricandidata alle prossime elezioni». Livia Turco non si lascia intimidire, spiega al telefono, dagli «attacchi umilianti» del sindaco di Firenze. Rilancia: «La classe dirigente del partito deve rispondere con fermezza a tutto questo».

Onorevole, lei prese la sua decisione un anno fa. La questione del rinnovamento esiste o Renzi sta esagerando?

«Io annunciai la mia decisione durante un’Assemblea delle donne parlando di passaggio di testimone e solidarietà tra le generazioni. Di madri e di figlie che si riconoscono reciprocamente…».

Oggi il clima è diverso. Vi chiedono molto esplicitamente di farvi da parte.

«Non a caso ho voluto ricordare il contesto e il messaggio di un anno fa che era diametralmente opposto a quello che oggi ci propone Renzi e non solo lui. Non siamo soltanto difronte ad un atteggiamento liquidatorio nei confronti di una generazione, ma anche di fronte ad un messaggio pericoloso e contraddittorio per i giovani perché da una parte si avalla l’idea che sia sufficiente il dato anagrafico per avere competenze, dall’altra si valorizza il merito. Per non parlare, poi, di un elemento di umiliazione personale che è inaccettabile».

Lei dice: D’Alema, Veltroni e Bindi devono restare in Parlamento. Non le sembra di andare contro quello che sembra un sentimento diffuso che vuole facce nuove?

«Il rinnovamento va portato avanti ma vanno valorizzate competenze, simboli e storia che non sono aspetti secondari in politica. Questa è la battaglia che sto facendo e trovo molto consenso, la domanda di rinnovamento è forte, lo voglio io per prima, ma deve avvenire nel rispetto tra le generazioni e la storia delle persone. In un momento come questo è facile cavalcare le semplificazioni ma il compito della politica è di andare oltre e di guidare in maniera responsabile il ricambio della classe dirigente. La campagna denigratoria in atto verso alcuni, penso in particolare a Massimo D’Alema, deve essere respinta e contrastata a viso aperto dal gruppo dirigente del Pd, senza timidezze. Qui non è in gioco soltanto il rispetto di un autorevolissimo dirigente del partito ma è in gioco il modo stesso di intendere il Pd».

Anche Bersani dovrebbe essere più deciso nel difendervi?

«Bersani ha dato un messaggio molto chiaro da Bettola. Ha detto una cosa bellissima: non possono esserci nuove foglie senza radici robuste. Io lo interpreto come un riconoscimento delle persone e della storia delle persone, dopodiché se un po’ tutti dicessimo in modo corale che l’attacco a D’Alema è un attacco che colpisce tutti sarebbe un gesto apprezzabile».

D’Alema dice che sarà il partito a decidere sulla sua candidatura. Perché deve decidere il partito e non i singoli?

«Ha ragione D’Alema perché mette l’accento sulla responsabilità collettiva. Come dice Bersani in un partito conta il collettivo e quindi ciascuno di noi deve rimettersi ad una decisione collettiva. Sono dispiaciuta della scelta di Veltroni, che è stato un gesto di grande disponibilità, perché Walter è un simbolo importante per il nostro partito e il suo posto dovrebbe essere in Parlamento».

Tiziano Treu, che non si ricandiderà, spera che il Pd non conceda molte deroghe. Lei che ne pensa?

«Ha ragione Treu, ci sono delle regole e noi dobbiamo rispettarle. Le deroghe dovranno essere molto limitate e decise con grande trasparenza».

Dopo la sfida di Renzi resta della sua idea o anche lei si rimette alla decisioni del partito per la ricandidatura?

«Non si fa politica solo in Parlamento, dunque, sono e resterò in pista. Anzi, di fronte a questi attacchi, a questi metodi così grossolani del sindaco di Firenze, sono ancora più motivata. Mi sento di dirgli che non c’era bisogno che arrivasse lui a dirci come si fa il rinnovamento, che non ha nulla da insegnarci. Ha allestito il suo camper e gira l’Italia soltanto per dirci che dobbiamo farci da parte: gli rammento che Bersani ha già costruito un partito di giovani e non credo affatto che a Renzi stia a cuore il nostro partito e il rinnovamento, ma soltanto l’umiliazione di alcune persone. C’è una bella differenza».