Il Blog di Livia Turco

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Decreto Balduzzi. L’intervento di Livia Turco in Aula

15 Ottobre, 2012 (10:30) | Documenti | Da: Redazione

La relazione in Aula di Livia Turco come relatrice al decreto sanità.

Il provvedimento in esame «Conversione in legge del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute» costituisce uno strumento importante e lungimirante, ma anche urgente, per promuovere l’ammodernamento del sistema sanitario, la qualità e la sicurezza delle cure.
In questo provvedimento la salute dei cittadini è, finalmente, considerata parte integrante dello sviluppo del Paese sia nel senso che, migliorare la salute dei cittadini significa promuovere i valori costituzionalmente tutelati della dignità della persona e del suo benessere psicofisico sia nella consapevolezza che il benessere della persona costituisce un capitale umano prezioso per garantire sviluppo e crescita del Paese.
D’altra parte «la filiera della salute» è un comparto fondamentale della struttura produttiva e della ricerca scientifica del nostro Paese. Obiettivo del decreto-legge messo a punto dal Governo e dal Ministro Balduzzi è proprio quello di accrescere la competitività di questo comparto sia migliorando la qualità dell’assistenza e delle cure sia accrescendo i livelli di efficienza nel funzionamento del sistema.
Abbiamo imparato, nel corso degli anni, quanto sia prezioso il circolo virtuoso tra l’equità, l’efficienza, l’appropriatezza.
Il rilancio e l’aggiornamento alla luce dei problemi attuali del circolo virtuoso tra equità, efficienza, appropriatezza costituisce infatti il filo conduttore che unisce i sedici articoli del presente decreto-legge. A ciò dobbiamo aggiungere, in ogni momento, l’attenzione forte ai cittadini, alle loro percezioni del sistema sanitario, alle loro competenze per far crescere il sentimento di fiducia verso il sistema sanitario pubblico, universalistico e solidale.
È questo, peraltro, il cuore di un buon Governo della sanità: rendere il cittadino protagonista e responsabile verso la cura della sua persona e verso il sistema sanitario.
La sanità funziona se il cittadino vede rispettati i suoi diritti ma anche se percepisce i suoi doveri. Il dovere di non ammalarsi, il dovere di rispettare ed avere cura del Servizio Sanitario Nazionale per contribuire a renderlo universalistico e solidale deve accompagnarsi alle rivendicazioni dei diritti. Altro aspetto cruciale del buon Governo della sanità è la partecipazione attiva dei professionisti, attraverso il metodo della trasparenza, del coinvolgimento, della valutazione dei risultati ottenuti in termini di salute della popolazione, della promozione delle capacità e della selezione sulla base del merito.
Per queste ragioni è cruciale l’articolo 4 di questo decreto-legge che raccoglie, peraltro, un lungo ed importante lavoro, svolto nel corso della legislatura nell’ambito della Commissione Affari Sociali.
Il testo che approda in Aula, è il decreto del Governo che però ha avuto la saggezza di ascoltare i suggerimenti del dibattito parlamentare e del lavoro dei componenti della Commissione Affari Sociali che attraverso lo strumento delle audizioni ha coinvolto ed ascoltato le istituzioni, a partire dalle Regioni, le professioni, le forze economiche e sociali impegnate nel settore.
L’ammodernamento del sistema sanitario ed il miglioramento delle qualità e della sicurezza delle cure non può che partire da una presa in carico dei nuovi bisogni di salute. Cronicità, lunga convivenza con la malattia, nuovi disturbi e patologie connesse agli stili di vita, al disagio assistenziale, l’accentuarsi delle diseguaglianze nella salute in relazione agli effetti che i «determinanti» della salute (lavoro, reddito, istruzione, legami familiari e personali, differenza di genere) hanno sulla vita delle persone: questi sono gli aspetti cruciali dal punto di vita epidemiologico e dello stato della salute della nostra popolazione. Ad essi si riferiscono gli articoli del decreto-legge in esame. A partire dall’articolo 1 che propone la costruzione, finalmente, del secondo pilastro della sanità, l’assistenza territoriale che è e deve sempre più essere la medicina vicina ai cittadini.
L’articolo 1 pone in essere un cambiamento dell’organizzazione sanitaria già avviato in molte regioni, già tentate nei precedenti provvedimenti legislativi. Mi si consenta di citare l’articolo 5 del disegno di legge collegato alla finanziaria 2008 «Interventi per la qualità e la sicurezza del Sistema Sanitario Nazionale».
L’articolo 1 del decreto-legge completa il cambiamento avviato e lo traduce in un sistema coerente. È stato importante il confronto serrato che si è svolto con le Regioni e con i sindacati medici, in particolare la FIMG, che hanno dato un contributo importante di idee e proposte.
L’articolo 1 reca il «riordino dell’assistenza territoriale e della mobilità del personale delle aziende sanitarie». Il sistema dell’assistenza territoriale delineato nell’articolo 1 demanda alle Regioni, sulla base di chiari principi, il compito di organizzare il sistema delle cure primarie.
I principi sono: l’integrazione tra servizi sociali e sanitari compresi quelli ospedalieri; il tema multi professionale per realizzare il dialogo ed il lavoro comune tra diverse professionalità al fine di garantire la continuità assistenziale e la presa in carico del paziente nella sua globalità, avendo come oggetto e come fine la persona e non il corpo malato.
L’integrazione di servizi e la collaborazione tra professionali è cruciale per migliorare la qualità dell’assistenza per prendere in carico quei nuovi bisogni di salute come le cronicità, la lunga convivenza con la malattia, la formazione di stili di vita salutari.
A ciò servono le aggregazioni funzionali territoriali (AFT) che prevedono forme organizzative monoprofessionali che hanno il compito di condividere in forme strutturate, obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida e le forme organizzative multi professionali denominate Unità complesse di cure primarie (UCCP) che erogano, in coerenza con la programmazione regionale, prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e l’integrazione dei medici, delle altre professioni convenzionate con il sistema sanitario, gli infermieri, della professionalità ostetriche tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e del sociale a rilevanza sanitaria.
In particolare le Regioni disciplinano le unità complesse di cure primarie, privilegiando la costituzione di reti di poliambulatori territoriali dotati di strumenti di base, aperti al pubblico per tutto l’arco della giornata, nonché nei giorni prefestivi e festivi con idonea turnazione, che operano in coordinamento ed in collegamento telematico con la struttura ospedaliera. Quando sarà realizzato tutto ciò la Sanità italiana avrà un altro volto e sarà davvero più amica dei cittadini.
È dunque fondamentale il coinvolgimento dei professionisti, la loro valorizzazione, a partire dai medici di famiglia e dal personale convenzionato, così come proposto nei commi 2 e 3 dell’articolo.
Il comma 2 prevede che le unità complesse di cure primarie e le aggregazioni funzionali territoriali eroghino l’assistenza primaria attraverso il personale convenzionato.
Il comma 3 individua il personale convenzionato nei medici di medicina generale, nei pediatri di libera scelta e negli specialisti ambulatoriali. Quest’ultima è una novità importante ed inderogabile per realizzare l’obiettivo della continuità assistenziale. Per i medici di medicina generale è istituito il ruolo unico, disciplinato dalla convenzione nazionale. Si tratta di una misura importante che pone fine alla frammentazione delle categorie e figure di medici di medicina generale e ne qualifica la professionalità.
Cruciale è il comma 4 che va a novellare l’articolo 8 del decreto legislativo 502 del 1992 «disciplina dei rapporti per l’erogazione delle prestazioni assistenziali» relativamente al rapporto tra Servizio Sanitario Nazionale ed i medici di medicina generale.
Le innovazioni introdotte nell’articolo 8 del decreto legislativo 502, da questo comma 4, sono di grande rilievo e vanno nella direzione di rendere più stringente il rapporto tra Servizio Sanitario Nazionale e medicina generale, logica conseguenza della scelta di costruire il sistema delle cure primarie di cui i medici di famiglia, i pediatri, gli apprendisti ambulatoriali sono il perno.
Pertanto le attività disciplinate dalla convenzione sono individuate tra quelle previste dai livelli essenziali di assistenza - articolo 4 comma a). La nuova organizzazione dell’assistenza territoriale rientra nei compiti delle convenzioni e dunque diventa cogente per le figure mediche convenzionali, comma 4 B-bis. Importante è anche l’innovazione contenuta al comma 4 lettera h) là dove si prevede che l’accesso al ruolo unico per le funzioni di medico di medicina generale del Servizio Sanitario Nazionale avviene attraverso una graduatoria unica per titoli, predisposta annualmente a livello regionale. Analoga situazione vale per i pediatri e gli specialisti ambulatoriali (per questi ultimi la graduatoria è provinciale).
La riformulazione dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 502 secondo i contenuti prima indicati consente di promuovere una valorizzazione delle figure mediche della medicina generale e della pediatria rendendo strategica tale professionalità nell’ambito della nuova assistenza territoriale.
Questo è l’amore e la responsabilità per i medici di famiglia, i pediatri, che loro stessi hanno auspicato, dimostrando lungimiranza per una professione che cresce quando è al servizio di un miglioramento complessivo dell’oggetto assistenziale e dunque contribuisce a realizzare un miglioramento nella qualità e nella sicurezza delle cure rivolte ai cittadini. In questo caso, le professionalità dei medici di medicina generale, la loro disponibilità ad innovare l’esercizio della professione attraverso l’associazionismo e il team multi professionale è dirimente per adeguare il nostro sistema sanitario all’impellente bisogno di salute che è la cronicità e la lunga convivenza con la malattia, coglierlo da parte loro e decidere di praticare queste innovazioni è il modo migliore per onorare se stessi e far accrescere il prestigio delle loro professioni.
L’articolo 2 («Esercizio delle attività libero professionale intramuraria») si fa carico delle criticità emerse nell’applicazione della legge n. 120 del 2007 che governa in modo organico la materia e con l’intento di delineare il passaggio a regime dell’attività libero professionale intramuraria, ne indice le tappe applicative: ricognizione straordinaria degli spazi; infrastruttura di rete per il collegamento telematico; mezzi di pagamento che ne aggancino la tracciabilità; convenzione annuale per il collegamento in rete tra studi privati ed aziende sanitarie; rideterminazione delle tariffe.
L’articolo 3: (responsabilità professionale dell’esercente le professioni sanitarie) affronta un tema cruciale al fine di promuovere la relazione di fiducia tra il medico ed il paziente che è il cuore della buona sanità. Evitare il contenzioso medico legale superare la medicina difensiva è possibile se il medico svolge la sua opera in un ambiente sicuro che gli consente di prevenire gli errori e se sa che è perseguito penalmente quando c’è il dolo e non per colpa lieve, quando c’è un sistema di assicurazione che lo tutela. In particolare, è importante il comma 1, riformulato secondo i pareri della Commissione giustizia e dei suggerimenti pervenuti nelle audizioni. «L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento delle proprie attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del Codice Civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo».
È importante altresì la formazione di un Fondo per garantire idonea copertura assicurative agli esercenti le professioni sanitarie di fronte a determinate e ben definite categorie di rischio professionale - articolo 2 lettera a). Per creare una relazione di fiducia oltre alla tutela del medico vi deve essere quella del paziente così come indice il nuovo comma c bis) del comma 2, articolo 1.
Per prevenire il rischio clinico e per promuovere la sicurezza delle cure è necessario estendere la costituzione in ogni struttura ospedaliera della Unità di Risk management con l’obiettivo in particolare indicato nel comma 1, lettera a).
Non mi soffermo sull’articolo 4 già illustrato dall’onorevole Barani. Sottolineo l’importanza dell’articolo 4-bis che, al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza, consente l’assunzione di personale, con misure volte a superare le condizioni di precarietà.
L’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza è il contenuto dell’articolo 5. Un articolo importante perché indica una data 3 dicembre 2012 entro cui il Ministero si impegna ad emanare il decreto di aggiornamento dei medesimi indicando tra le priorità la riformulazione dell’elenco delle malattie rare e delle malattie croniche.
Si chiude così una fase di grave incertezza che ha attraversato l’intera legislatura, dopo che il Governo Berlusconi, appena insediato decise la revoca del decreto sui nuovi LEA varato dal Governo Prodi.
Il dibattito nella Commissione ha arricchito l’articolo con due proposte importanti. L’impegno del Governo a procedere entro il 31 maggio 2013 all’aggiornamento del nomenclatore tariffario sulle protesi e gli ausili. La costituzione di un fondo per finanziare i livelli essenziali di assistenza con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia intesa come patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in danaro così come definite dall’OMS attingendo ai proventi dei giochi autorizzati dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.
Parlando di livelli essenziali di assistenza il mio pensiero si sofferma su una particolare forma di dolore e sofferenza, di quella delle persone che vivono la fase terminale della vita. Questo Parlamento ha varato in materia una legge importante che deve essere applicata e rispetto alla quale il Ministro ha dimostrato sensibilità.
Per questo esprimo il rammarico profondo per il fatto che sia stato giudicato inammissibile un emendamento dei relatori che prevedeva il riconoscimento dell’esperienza maturata negli ospedali dai medici palliativisti prevedendone l’assunzione dal sistema sanitario. Mi auguro che tale emendamento venga riproposto nel corso del dibattito in Aula.
Il Capo II del decreto-legge è dedicato alla «Riduzione dei rischi sanitari connessi all’alimentazione ed alle emergenze veterinarie».
Si tratta di misure importanti perché affrontano disagi e disturbi emersi in questi ultimi anni nella nostra società, coinvolgendo in modo particolare i giovani, come l’abuso di alcool, la dipendenza da giochi, la crescita dell’obesità.
La discussione in Commissione, anche avvalendosi dei contributi emersi nel corso delle audizioni ha migliorato il sistema delle tutele. Mi riferisco alla sanzione amministrativa pecuniaria nei confronti di chi vende bevande alcoliche ai minori di diciotto anni.
L’ultimo capitolo cruciale è quello relativo ai farmaci.
Il settore farmacologico è cruciale per la tutela della salute ed è essenziale l’investimento nella ricerca. Esso costituisce un pilastro fondamentale del comparto produttivo del nostro Paese. È fondamentale una politica pubblica del farmaco che investe nella ricerca e nella innovazione e sostenga questo bene prezioso.
Nei vari provvedimenti relativi alla crescita ed allo sviluppo presentati da questo Governo è utile ed auspicabile che siano previste misure di sostegno ma questo settore cruciale. Quello farmaceutico è anche il settore in cui insieme agli investimenti bisogna perseguire con scrupolo la valutazione dell’appropriatezza, il superamento di diseconomie e sprechi.
Riteniamo pertanto essenziale l’articolo 11 che prevede la revisione straordinaria del Prontuario farmaceutico e le collocazioni in fascia e dei farmaci terapeuticamente superati e quelli la cui efficacia non risulti sufficientemente dimostrata, alla luce delle evidenze rese disponibili dall’immissione in commercio consideriamo molto grave la cancellazione, avvenuta in Commissione, dei commi 3 e 4. Ci auguriamo che il confronto in Aula solleciti un ripensamento dei colleghi ed un intervento del Governo per ripristinare, con una formulazione che metta maggiormente in risalto il legame tra economicità del farmaco e tutela della salute, i commi che sono stati soppressi. Concludo manifestando ancora una volta in questa sede che una preoccupazione sfugge nel corso di tutto il dibattito parlamentare: quella delle risorse.
Questa legge se non già dotata di adeguate risorse si tradurrà in una legge manifesto. È fondamentale dunque invertire tendenza e tornare ad investire nella salute.

“Io lascio, ma devono farlo anche gli altri”

12 Ottobre, 2012 (12:51) | Interviste | Da: Redazione

Intervista a Livia Turco di Wanda Marra - Il Fatto Quotidiano del 12 ottobre 2012

Sta ferma, incollata alla sedia della Commissione Affari sociali, Livia Turco. Si votano gli emendamenti al decreto sulla Sanità (che va in Aula lunedì) e in questi giorni da fuori si sente quasi solo la sua voce. Non molla un attimo. Eppure è pronta a non ricandidarsi. “L’ho detto parlando a una Conferenza delle donne del Partito democratico: sono pronta a lasciare. Però se lascio io lo devono fare anche gli altri”.

È provata Livia Turco. È tirata. Ma d’altra parte i numeri parlano chiaro: sono 7 legislature che siede in Parlamento. E lo Statuto del Pd fissa l’asticella a 3. Certo, fatta la legge trovato l’inganno: e c’è sempre la possibilità di una deroga. Questa volta, però, tra il tormentone rottamazione firmato Matteo Renzi e l’odio verso la casta non c’è da stare troppo tranquilli. Massimo D’Alema (7 legislature anche lui) ha appena annunciato che lui di passi indietro non ne fa. E che anzi, “Renzi si farà male”.

“Sia chiaro: io per la deroga a D’Alema sono pronta a fare le barricate”, dice con passione la Turco. Lei è da sempre tra le più vicine al Lìder Maximo, è di quelle che quando si parla di lui dice “D’Alema è D’Alema”. Non uno come gli altri. “Le deroghe devono essere tre: D’Alema, Veltroni e Bindi. Per questo sono pronta a battermi. Sì, perché “D’Alema ha portato il centrosinistra al governo, Veltroni ha fondato il Pd e la Bindi, con tutti i suoi difetti, è la presidente del partito”.

E gli altri? “Per gli altri, il discorso è diverso. Perché poi: D’Alema ha fatto la storia di questo partito e di questo paese. Ma anche io, anche io faccio parte della storia della sinistra italiana”. E allora, se io sono pronta a fare “un passo di lato” devono farlo anche gli altri. Dalle 4 alle 7 legislature ci sono tutti i capi corrente del Pd: 7 legislature, oltre a D’Alema e Turco, Anna Finocchiaro (che qualcuno tira in ballo pure come possibile candidata al Colle).

“Perchè, se me ne vado io non se ne dovrebbero andare gli altri? Ci sono altre mie colleghe che hanno qualcosa più di me?” A 6 legislature ci sono Franco Marini e Anna Serafini che sulla possibilità di lasciare non hanno detto una parola. Poi, Giovanna Melandri che si è data alla politica filantropica come presidente della Human Fondation. E Veltroni, che sta zitto, ma è “a disposizione” del partito.

Per una deroga, ovviamente. A 5, tra gli altri Castagnetti (che ha annunciato il gran ritiro) e la Bindi, che più battagliera non potrebbe essere. La sua insofferenza contro chiunque parli di big che devono lasciare ai giovani (sia Renzi o Matteo Orfini) trasuda da tutti i pori. Chi le è vicino arriva ad augurarsi che nella nuova legge elettorale ci siano le preferenze, perché così nel Pd capirebbero chi prende i voti. Con 4 Sposetti ha annunciato che farà il nonno, ma Fioroni proprio non ci pensa.

Insomma, è una bella richiesta quella che fa la Turco, che le deroghe siano solo tre. “Una cosa però la voglio dire - e l’ho anche scritto - a chi come Orfini e i giovani turchi dice che siamo stati incapaci di resistere al liberismo, che siamo una generazione fallita.

Questo non è vero, è inaccettabile. Siamo una generazione che ha fatto tante cose”. Sul dopo Parlamento la Turco non si sente (ancora) di parlare. Quel che è certo è che tiene molto alla Fondazione Nilde Iotti, di cui è Presidente. Obiettivo strategico: “Far diventare le donne classe dirigente”. Lei però, intanto, ha qualche altro sassolino dalla scarpa da levarsi: “Non mi sta bene essere additata come la casta, come quelli che mangiano, che rubano. Io mi sono fatta sempre il culo: è una cosa che non tollero”.

Perché “uno stipendio intero da parlamentare non l’ho mai visto in vita mia. Ho sempre versato al partito: prima al Pci, ora al Pd”. E non è finita qui: Bersani è pronto a chiedere un contributo ulteriore a chi lo sostiene alle primarie. “Faremo tutto, daremo tutto”.

Legge 194. Introdurre la RU 486 è stata una buona scelta

9 Ottobre, 2012 (18:50) | Dichiarazioni | Da: Redazione

La relazione del ministro Balduzzi sulla legge 194, oltre a confermare un dato molto positivo, cioè la diminuzione costante del ricorso all’aborto, conferma che l’utilizzo della pillola RU486 è una buona scelta.

Questo metodo ha garantito la salute delle donne, visto che nella stragrande maggioranza dei casi non ci sono state complicazioni, e non comporta l’aumento degli aborti: questi erano i due argomenti principali di chi si opponeva alla commercializzazione di questo farmaco ma entrambi sono stati smentiti. I dati di oggi mettono all’angolo le crociate.

“Se passano nuovi tagli alla sanità, stop al decreto Balduzzi”

9 Ottobre, 2012 (18:47) | Dichiarazioni | Da: Redazione

La sanità ha già dato e il paventato taglio di oltre un miliardo sarebbe un colpo inaudito per il Ssn oltreché incoerente con i recenti provvedimenti del Governo.
Se fossero confermate queste indiscrezioni sarebbe meglio accantonare i lavori del decreto perché è evidente che per colpa dei tagli sarebbe impossibile riorganizzare la medicina territoriale e garantire una continuità assistenziale h24 per tutta le settimana su tutto il territorio nazionale, né si potrebbero evitare gli errori in campo medico e promuovere maggiore sicurezza per i pazienti, per non parlare dell’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza. Senza questi aspetti il decreto sarebbe di fatto svuotato. Tanto vale allora interromperne la discussione.

D’accordo con la collega di partito è Ignazio Marino che invita il Pd ad opporsi all’ennesima “legge che impoverisce la sanità pubblica e ne ferisce gli operatori”, non votando quindi eventuali ulteriori tagli al Ssn.

“I nuovi tagli alla sanità previsti dalla legge di stabilità non si possono votare – spiega Marino –. Il Partito Democratico non può sostenere l’ennesima legge che impoverisce la sanità pubblica e ne ferisce gli operatori. Dopo 21 miliardi di tagli, aggiungere altri 1,5 miliardi significa dare l’impulso per il tracollo definitivo”.

“Nelle Regioni più ricche – ricorda Marino –, gli ospedali pubblici offrono un’assistenza di buon livello solo per l’abnegazione di medici, tecnici e infermieri: manca il sapone nei bagni, l’acqua potabile per il personale che fa il turno di notte e addirittura, nei casi più gravi, si finisce per rimandare a casa i pazienti che soffrono per un tumore, perché mancano i farmaci chemioterapici”.

“Se il Governo vuole percorrere la strada già progettata in passato da Silvio Berlusconi – conclude Marino – e distruggere il Servizio Sanitario Nazionale fino ad arrivare ad una sanità privata sul modello americano, lo dica chiaramente. I cittadini non ne possono più e il Paese non lo accetterà”.

Cordoglio del Pd per scomparsa mons. Schettino

21 Settembre, 2012 (14:32) | Dichiarazioni | Da: Redazione

Esprimo a nome mio personale e del Partito Democratico il più sentito cordoglio per la scomparsa, avvenuta questa notte, del monsignor Bruno Schettino. Una perdita che lascerà un grande vuoto. Con lui scompare una persona che con passione, generosità e lealtà, si è sempre impegnata per una società più giusta. Un amico di quegli immigrati che sulla nostra terra cercano una vita più dignitosa. Insieme a loro continueremo le sue battaglie, con la determinazione di portare avanti i valori e i principi che mons. Schettino ci ha insegnato.

Livia Turco

Le nuove generazioni del Pd

15 Settembre, 2012 (09:48) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

di Livia Turco, da L’Unità del 15 settembre 2012

I giovani dirigenti del PD chiedono alla generazione più vecchia e autorevole di farsi da parte, di rinunciare a candidature e cariche di Governo. È normale che sia così, ciò che conta sono le argomentazioni e lo stile con cui si sostiene tale  tesi.
Ho avuto la fortuna di vivere, in ogni passaggio, la mia lunga militanza politica e di tanti anni in Parlamento (che lascerò) come grande passione. Sono stata una figlia privilegiata, scelta, tanto da trovarmi a trent’anni illustre sconosciuta (ma con una  gavetta tosta e dopo avere superato esami severi nella mia Torino) nella mitica segreteria nazionale del PCI. Ho potuto beneficiare della fiducia di madri e padri autorevoli, come Nilde Iotti, Giglia Tedesco, Alessandro Natta e so cosa vuol dire avere dei padri e delle madri che non smetteresti mai di ascoltare e che ti dicono “vai è il tuo tempo”.

Conservo dentro di me la forza che mi sprigionava lo sguardo complice di Nilde e di Giglia quando intrapresi le battaglie nel PCI come la Carta delle Donne, I Tempi delle Donne, la Rappresentanza di Genere, per sentire ora la bellezza di voler trasmettere analoga forza alle più giovani. È ciò che cercai di dire nel mio intervento nella prima Conferenza Nazionale delle Donne del PD quando parlai di passaggio di testimone e dell’importanza di costruire finalmente nella scena pubblica una genealogia femminile che unisca le madri e le figlie. È possibile costruire questa solidarietà tra generazioni nel PD? Non credo che il problema sia stanare quelli che sono inchiodati al potere o combattere presunti patti di sindacato. La questione è il senso, il progetto con cui una generazione si candida a governare, il compito e la funzione che vuole svolgere nella società italiana.

La scuola da cui provengo, ci insegnò che si conta nel partito se si conta nella società. Credo che questo insegnamento resti attuale. Per la nostra generazione, quella degli anni ’70 la FGCI di D’Alema e Veltroni (che vedeva sull’altro versante a condurre la stessa battaglia, Rosy Bindi, Marco Follini ed altri) che si trovò a combattere tra la crisi della democrazia e la violenza terroristica, il compito fu rifiutare ogni forma di violenza, combattere in modo limpido l’idea di una violenza legittima e rivoluzionaria ed al contempo impegnarsi per un cambiamento radicale della democrazia che ne ampliasse la partecipazione, la rappresentatività e la capacità di decisione. Aver vinto il terrorismo ed essere riusciti a costruire una democrazia dell’alternanza attraverso l’esperienza dei governi dell’Ulivo e della prima volta della sinistra al governo del Paese, in tempi di continua emergenza e di crisi profonda della democrazia, credo resti il merito fondamentale di quella generazione, di chi l’ha diretta, e della classe dirigente che lì si è formata.

Così mi chiedo, con profondo sconcerto, come si può definire l’esperienza dei governi dell’Ulivo, subalterna al neo liberismo? Quei governi non solo risanarono i conti pubblici e ci portarono nell’euro, non solo seppero costruire una lungimirante politica estera ma si contraddistinsero per una saldatura tra rigore e giustizia sociale.
Costruire una politica economica e sociale che aveva nella redistribuzione, nell’equità e nella giustizia sociale un tratto molto forte. Che si tradusse in provvedimenti anche emblematici come la lotta alla povertà (l’unico strumento nella storia repubblicana era il reddito minimo di inserimento che risale al 1997) le politiche per l’infanzia (l’unico stanziamento di risorse rilevante nella storia della Repubblica è la legge 285 decisa nella finanziaria che ci portò nell’euro) e forti investimenti nella sanità pubblica, nella scuola pubblica e nelle politiche sociali, nelle politiche culturali.
Insieme alla lotta all’evasione fiscale e alle liberalizzazioni. Per essere precisa voglio ricordare anche il “Protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l’equità e la crescita sostenibile” votato nel 2007 da 5 milioni di lavoratori che prevedeva tra l’altro la 14° mensilità per le pensioni fino ai 700 € e il blocco dell’indicizzazione di quelle più alte e misure contro la precarietà a favore dei giovani e delle donne.  Ricordo ancora l’ultima finanziaria del governo Prodi, 2007, approvata senza voto di fiducia che prevedeva un intervento per gli incapienti, la cancellazione dell’ICI sulla prima casa per i ceti più popolari,  il fondo per la non autosufficienza e gli asili nido e ben 8 miliardi in più per la sanità pubblica. Come sarebbe stata diversa la storia politica ma anche economica e sociale del nostro Paese se fosse proseguito il governo Prodi, proprio dopo l’approvazione di una legge finanziaria contenente politiche così significative per la redistribuzione e lo sviluppo. Si sarebbe potuta fare quella riforma del welfare che giustamente viene auspicata. Per non parlare di quel tema rilevante su cui si vincono e si perdono le elezioni, come il governo dell’immigrazione.
Chiedo: la legge 40 del 1996, quella che prevedeva anche il voto amministrativo agli immigrati, fu subalterna al neo liberismo? O non fu piuttosto profondamente riformista e lasciata sola nella società,  priva di quella battaglia ideale e culturale che solo un soggetto politico riformista poteva compiere. Proprio il tema dell’immigrazione mi porta a focalizzare quello che fu il vero limite dell’esperienza dei governi dell’Ulivo. Il loro deficit non fu nelle politiche di governo ma nella soggettività politica dell’Ulivo e della coalizione che lo sosteneva. Il limite fu “il riformismo dall’alto, il riformismo senza popolo”. Il limite fu il soggetto politico riformatore.

Per questo è stato importante scegliere il PD proprio il PD questo nostro bel partito come dice Pierluigi Bersani è l’eredità più preziosa che la nostra generazione consegna ai giovani. A mio modo di vedere il compito (arduo) dei più giovani è quello di ricostruire le fondamenta civiche e morali del nostro Paese, e combattere le diseguaglianze e le povertà, di ritessere un sentimento di fiducia questo richiede buone e nuove politiche, ma non solo. Richiede un nuovo partito popolare. Perché povertà e diseguaglianze si sconfiggono con il calore delle relazioni umane, con la capacità di prendere in carico chi ti sta accanto, di guardarlo negli occhi e dirgli “io ci sono, io capisco ciò che stai vivendo, tu devi essere protagonista”. Compito dei più giovani è fare i ministri, ma anche governare con la forza di un partito popolare che faccia incontrare l’azione di governo con la vita delle persone e torni a renderli davvero protagonisti.

Livia Turco